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Osservazione, esperienza, interpretazione

2. Il Programma Forte in sociologia della scienza

2.5. Osservazione, esperienza, interpretazione

La tesi della ridondanza dei fattori epistemici, come abbiamo visto, è stata criticata sulla base che alcune "buone ragioni" possono essere cause di credenze scientifiche. Come dimostra chiaramente il controesempio delle inferenze deduttive proposto da Laudan, i filosofi non hanno mai detto che le credenze scientifiche non sono causate; piuttosto hanno sempre sostenuto, almeno implicitamente, che le ragioni epistemiche sono tra queste cause. Nel capitolo precedente non ci siamo presi cura di specificare la natura di tali ragioni. Tuttavia, come si può facilmente immaginare, la via più semplice da percorrere pare quella che vorrebbe spiegare le credenze scientifiche ricorrendo unicamente alla loro "corrispondenza con i fatti".

A. Flew, ad esempio, afferma che i sociologi mirano di nascosto "a svalutare, come cause possibili delle credenze a cui capita di essere vere, tutti gli effetti esercitati su chi crede dai fatti che sono oggetto delle credenze"85. La fonte di ogni problema, secondo Flew, è il

postulato di simmetria: allo scopo di porre le credenze vere alla pari con quelle false si nega il riferimento ai fatti, così che si può dire che entrambe hanno lo stesso tipo di causa86.

Bloor ha risposto direttamente all'accusa di Flew. Chiedendosi che cosa sono i fatti, egli osserva che si possono dare due possibili risposte. La prima risposta dice che i fatti sono

85 Cfr. Flew (1982), p. 366. 86 Cfr. ibidem.

oggetti. In questo caso il principio della simmetria non dice che gli oggetti nel mondo non influenzano chi ha credenze vere (razionali) e credenze false (irrazionali) rispetto ad essi.

Il problema, qui, non è il mancato riconoscimento degli oggetti osservati. È che tali cause non bastano a giustificare la descrizione verbale che ne viene data. E ciò vale sia per le versioni che noi accettiamo come vere, sia per quelle che respingiamo come false87.

La seconda risposta dice che i fatti sono ciò che un enunciato afferma. In questo caso lo status epistemico dei contenuti proposizionali non può essere giustificato in base allo stesso contenuto proposizionale, ma in base a cause sociali. Se infatti cercassimo di giustificare lo statuto delle credenze rispetto al loro contenuto, non potremmo rispettare il principio della causalità.

In questo senso l'idealismo proposto dal Programma Forte è "compatibile con un materialismo soggiacente"88. Esso infatti non attacca la dimensione ontologica del realismo,

piuttosto cerca di spiegare il tipo particolare di autorità sociale che la verità esercita sugli individui. In sostanza se i fatti sono gli oggetti, nonostante essi esercitino una influenza causale sulle nostre credenze, ricorrere ad essi nella spiegazione causale delle credenze non basta. Se i fatti sono il contenuto proposizionale, spiegare causalmente la formazione delle credenze ricorrendo al loro contenuto ricalcherebbe la prospettiva "teleologica" secondo cui le credenze vere non hanno cause perché sono causa di loro stesse.

Barnes e Bloor, in un testo piuttosto recente, ritornano sulla questione. Essi si soffermano su una disputa classica in filosofia della mente89 – nello specifico quella tra J. Fodor e P.

Churchland – e si schierano apertamente dalla parte del primo90. Per la nostra trattazione non

ci sembra necessario scendere nei particolari delle argomentazioni addotte dai due filosofi della mente, tuttavia ci pare rilevante sottolineare che Fodor distingue tra due processi differenti: da un lato i "processi percettivi", dall'altro i "processi di formazione delle teorie e delle credenze". Fodor cita l'esempio delle immagini ambigue: anche se sappiamo che tali immagini sono ambigue esse non cessano di presentarsi per noi come immagini dalla natura ambigua. Di conseguenza Fodor non sostiene che le inferenze derivate da osservazioni

87 Cfr. Bloor (1976), p. 240. 88 Cfr. Bloor (1976), p. 242.

89 Cfr. Fodor (1983; 1988), Churchland (1988). 90 Cfr. Barnes, Bloor e Henry (1996), pp. 3-17.

debbano essere le medesime per tutti ma piuttosto che le percezioni su cui si basano le inferenze siano per tutti le medesime. Barnes e Bloor utilizzano queste considerazioni per ribadire che la realtà percepita esercita una influenza causale sui processi di formazione delle credenze, e che il Programma Forte non vuole assolutamente negare tale influenza; piuttosto le spiegazioni biologiche – per quanto ammissibili – non esauriscono il problema della spiegazione causale delle credenze.

L'attacco dei sociologi alle spiegazioni filosofiche delle credenze sembra trovare un indubbio sostegno nella tesi della sottodeterminazione empirica delle teorie. Infatti, se le teorie sono sottodeterminate rispetto alla base empirica allora si può ragionevolmente sostenere che è inevitabile ricorrere ai fattori sociali per spiegare l'accettazione di una teoria rispetto ad un'altra. Questa sembra essere proprio l'idea di Bloor:

Si può dire che in ogni momento dato gli scienziati conoscono soprattutto una visione teorica del mondo. È soprattutto nelle loro teorie che gli scienziati devono rifugiarsi quando viene loro domandato che cosa possono dirci sul mondo. Ma le teorie e la conoscenza teorica non sono date dalla nostra esperienza. Esse sono ciò che da un significato all'esperienza offrendo una versione di ciò che la fonda, la rende coerente e la spiega. Questo non significa che la teoria sia disinteressata all'esperienza. Al contrario; ma non è data insieme all'esperienza che spiega, né si regge unicamente su questa. Per orientare e corroborare questa componente della conoscenza è necessaria l'azione di un'altra forza, diversa dal mondo fisico. La componente teorica del mondo fisico è una componente sociale, ed è una parte necessaria della verità, non un mero indizio di errore91.

Anche Barnes, nel suo saggio su T. Kuhn, si appoggia chiaramente alla tesi della sottodeterminazione:

Uno sviluppo "ideologico" può sempre essere descritto come sensibile all'induzione nella stessa maniera in cui lo può essere uno sviluppo

"scientifico": ad esempio, nessuna delle […] "ideologie della distinzione sessuale" […] comporta alcuna deviazione dalle indicazioni necessarie alla "logica induttiva". Le strategie difensive di tipo duhemiano, che la loro conservazione implica, sono anch'esse un tipo di inferenza induttiva92.

La tesi della sottodeterminazione empirica delle teorie non è l'unico sostegno filosofico utilizzato dai sociologi del Programma Forte. Essi infatti fanno spesso ricorso – in maniera più o meno esplicita – alla tesi dell'incommensurabilità e alla tesi del carattere "impregnato di teoria" delle osservazioni. Queste due condizioni teoriche infatti, si sposano facilmente con il carattere ridondante dei fattori epistemici e con il tipo di dimensione sociale della conoscenza sostenuto dai sociologi del Programma Forte. Il momento della scelta tra due teorie (o paradigmi) alternative rappresenta il momento topico in cui la ragione dovrebbe farsi avanti. Ma l'argomento dell'incommensurabilità mostra, anche in questo caso, che logica ed esperienza non sono in grado di guidare compiutamente i nostri giudizi e dirimere valutazioni controverse nella scienza93. L'assenza di un linguaggio osservativo neutrale, unita

all'impossibilità di stabilire un rapporto di "conflittualità logica" tra teorie rivali, ha come conseguenza l'incomparabilità dei contenuti delle teorie. Questa prospettiva fornisce un indubbio sostegno all'idea che "quello che una determinata comunità considera reale non è un problema filosofico o fisico; è un problema sociologico che comporta l'esame di quelli che la comunità considera come compiti della sua cultura, e del modo in cui specifiche strategie realiste possono dimostrarsi capaci di contribuire a quei compiti"94.

In realtà Barnes e Bloor assumono senza alcuna argomentazione che l'introduzione di categorie sociali sia necessaria per spiegare la scelta teorica tra le possibili alternative coerenti con l'evidenza empirica. Essi si limitano ad inferire che, in base ai presupposti filosofici adottati, una spiegazione sociologica delle credenze è del tutto necessaria95.

Per comprendere i limiti della posizione dei sociologi del Programma Forte, può esserci utile l'esposizione di un semplice esempio. Consideriamo la prospettiva adottata da H. Poincaré nei confronti della geometria spaziale96. Lo spazio fisico – sostiene Poincaré – può

avere una struttura geometrica solo in relazione ad una particolare strategia di misurazione

92 Cfr. Barnes (1982), trad. it. pp. 162-163. 93 Cfr. Barnes (1982), trad. it. pp. 101-126. 94 Cfr. Barnes (1982), trad. it. p. 126.

95 Laudan nota giustamente che i sociologi del Programma Forte non forniscono alcun sostegno indipendente alla tesi della ridondanza dei fattori epistemici. Cfr. Laudan (1981).

delle lunghezze, e la scelta di tale strategia avviene in modo del tutto "convenzionale". Dal momento che non c'è alcuna evidenza empirica che ci costringe a scegliere una strategia piuttosto che un'altra, la geometria euclidea e le geometrie non euclidee si trovano sullo stesso piano. Se decidiamo di adottare una strategia di misurazione secondo cui le lunghezze variano nel momento in cui avviene l'atto di misurazione, allora la struttura geometrica dello spazio assume le sembianze della geometria euclidea; se invece decidiamo di adottare una strategia di misurazione secondo cui l'atto di misurazione non varia le lunghezze, allora la struttura geometrica dello spazio assume le forme della geometria non euclidea.

La prospettiva di Poincaré è stata oggetto di molte controversie97. Ciò che qui ci interessa

porre in rilievo è l'atteggiamento adottato dagli scienziati consapevoli che loro credenze scientifiche sono influenzate dalla tesi della sottodeterminazione. Poincaré sosteneva che i dati empirici a disposizione dei matematici e dei fisici non potevano decidere in maniera definitiva l'abbandono di una teoria geometrica. In conseguenza di ciò, riteneva che la scelta di un tipo particolare di geometria fosse il risultato di una convenzione. Ora, l'esistenza di una scelta convenzionale – anche in questo caso in cui lo scienziato riconosce esplicitamente il carattere convenzionale della propria scelta – non fornisce alcun sostegno alla tesi della ridondanza dei fattori epistemici, e nemmeno al tipo particolare di dimensione sociale della conoscenza scientifica sostenuto dai sociologi del Programma Forte. Alla fine Poincaré optò per la geometria euclidea perché riteneva che essa fosse più semplice da usare, e non perché la riteneva vera. Tale scelta non rifletteva forse gli interessi dello scienziato francese? Sicuramente, ma gli interessi che guidavano la sua scelta erano di tipo "pragmatico", e non avevano niente a che fare con gli interessi sociali propugnati dai sociologi del Programma Forte.

L'esempio di Poincaré ci permette di sottolineare una debolezza della spiegazione sociologica delle credenze scientifiche in base ad interessi sociali. Ammettiamo pure che la tesi della sottodeterminazione, così come le tesi dell'incommensurabilità e del carattere teorico delle osservazioni, dimostri la necessità di una spiegazione delle credenze scientifiche basata sugli interessi. Ma perché gli interessi presi in esame dovrebbero essere esclusivamente di tipo sociale? Non potrebbero forse esercitare un'influenza causale anche interessi di altro tipo?

Proviamo a rispondere adottando il punto di vista dei sociologi del Programma Forte.

Secondo quanto detto nelle pagine precedenti si hanno buoni motivi per ritenere che nella prospettiva della Scuola di Edimburgo gli interessi di tipo non-sociale possano essere ridotti ad interessi di tipo sociale; in questo senso qualunque interesse di carattere pragmatico, epistemico, estetico ecc. nasconderebbe una natura intrinsecamente sociale. Riprendiamo l'esempio di Poincaré. Lo scienziato francese, per sua stessa ammissione, è guidato nella propria scelta tra due teorie geometriche differenti da un interesse di tipo pragmatico. Un episodio del genere tuttavia, non dovrebbe assolutamente spaventare il sociologo. Egli infatti, potrebbe spiegare la teoria adottata da Poincaré dimostrando che l'interesse pragmatico sostenuto da quest'ultimo è a sua volta lo specchio fedele di interessi impliciti contingenti di tipo sociale.

Questa argomentazione, se a prima vista può apparire convincente, incorre in un banale errore logico. La spiegazione sociologica basata sugli interessi sembra infatti produrre un regresso all'infinito98. Sia I(ns)' un interesse di tipo non sociale utilizzato per spiegare

l'accettazione di una teoria T'. Secondo i sociologi del Programma Forte I(ns)' può essere interpretato come un interesse sociale I(s)' da poter utilizzare per spiegare la medesima teoria T'. Bene, fin qui nessun problema. I problemi sorgono quando il sociologo deve scegliere gli interessi sociali operanti. Dal momento che il sociologo deve guardare agli interessi contingenti delle classi sociali dell'epoca e alle teorie scientifiche più adatte a servire i loro scopi in quel dato e specifico contesto sociale, il legame tra interessi sociali e sistemi di credenze è indeterminato e contingente. Di conseguenza è solo attraverso un "atto interpretativo" che i sistemi di credenze possono essere connessi ad interessi sociali; e l'interesse I(s)' può essere continuamente reinterpretato come un differente interesse I(s)'', il quale a sua volta può essere reinterpretato come un interesse I(s)''', I(s)'''' e così via.

Il problema del regresso all'infinito può essere presentato anche percorrendo un'altra via. Perché – si chiede J. R. Brown99 – i sociologi adottano la tesi della sottodeterminazione solo

per supportare l'idea che la scelta delle teorie sia determinata da fattori sociali e non estendono tale tesi alle loro teorie sociologiche? Perché ciò – risponde Brown – porterebbe ad un regresso all'infinito. Se le osservazioni non sono decisive per una teoria, allora non lo sono nemmeno gli interessi. Infatti, proprio come l'osservazione è compatibile con molte teorie, così è per gli interessi:

98 L'argomento che mi appresto ad esporre è stato parzialmente ripreso da Yearley (1982). 99 Cfr. Brown (1989), pp. 54-56.

una particolare teoria T può servire gli interessi di uno scienziato, ma questo si può dire per più di una teoria. Di fatto, proprio come esistono infinite teorie differenti che possono adattarsi egualmente a un insieme finito di dati empirici, così esistono infinite teorie che possono egualmente adattarsi agli interessi di uno scienziato100.

L'adozione delle teorie frenologiche – argomenta Shapin – può essere spiegata ricorrendo agli interessi della borghesia scozzese del diciannovesimo secolo. Ma la tesi della sottodeterminazione ci dice che tali interessi avrebbero potuto essere rappresentati altrettanto bene da un numero infinito di teorie. Perché solo una di queste fu adottata dalla borghesia? Perché la borghesia scozzese scelse proprio la teoria frenologica?

Ciò che abbiamo è un insieme di teorie T', T'', T''', ... sottodeterminate dai dati empirici. Immaginiamo che una di esse, ad esempio T'', sia scelta perché rappresenta un interesse I'. I sociologi del Programma Forte si fermano qui; essi sono soddisfatti di aver spiegato la scelta di una specifica teoria da parte di un soggetto storico, dal momento che sono riusciti ad individuare l'interesse (o gli interessi) di tale soggetto. Tuttavia ci si potrebbe porre una nuova domanda: perché proprio T''? In effetti vi sono un numero infinito di teorie che possono ugualmente essere accettate sulla base dei dati empirici e dell'interesse I'; perché si preferisce una teoria in particolare? Si potrebbe rispondere che T'' è stata preferita alle alternative perché essa rappresenta un interesse I''. Tuttavia vi sono un numero infinito di teorie che possono ugualmente rappresentare l'interesse I''; e se per la spiegazione della scelta di T'' invocassimo un nuovo interesse I''', vi sarebbe ugualmente un numero infinito di teorie compatibile con esso. I sociologi possono fermare il regresso all'infinito della spiegazione basata sugli interessi sostenendo che, nella realtà storica, vi è solo un numero limitato di alternative teoriche, e che gli interessi possono unicamente determinare la scelta tra teorie rivali; così facendo però, essi negano la portata della tesi della sottodeterminazione. Pertanto Brown conclude che la tesi della sottodeterminazione empirica, anziché fornire un valido sostegno alla spiegazione sociologico-causale delle credenze, è del tutto incompatibile con una spiegazione sociologica basata sugli interessi: i sociologi si devono rassegnare ad abbandonare una delle due.

Bloor ha prontamente risposto a questa critica. Egli sostiene che Shapin avesse anticipato,

nel suo lavoro sulla frenologia, la questione posta da Brown.

Secondo Shapin, quello che contava veramente era poter disporre di una teoria che negasse con argomenti plausibili la filosofia allora esistente del "senso comune". Probabilmente qualsiasi argomento materialistico, empiristico e non esoterico sarebbe servito in opposizione a quanto sostenuto dall'élite. Fu una contingenza storica che fosse disponibile la frenologia, che perciò doveva essere sufficiente101.

Dal momento che le teorie a disposizione in un dato momento storico sono il risultato di una situazione contingente, Bloor risolve il problema del regresso all'infinito appellandosi al caso. È il caso che decide quali teorie si trovano a "portata di mano" dei soggetti storici. Una volta che abbia favorito una delle numerose teorie possibili, il caso può diventare il veicolo preferito per l'espressione degli interessi; poiché alcuni ritengono di poter usare una teoria e cominciano ad impiegarla, altri seguono il loro esempio; a questo punto il fatto che altri la usino diventa un ulteriore motivo per usarla. Bloor invoca in difesa del tipo di spiegazione sociologica modelli matematici utilizzati dagli economisti in cui le situazioni stabili sono ottenute grazie a una retroazione positiva. Questi meccanismi infatti, potrebbero spiegare come i ceti medi di Edimburgo avessero potuto fissarsi sulla frenologia proprio in quelle circostanze di sottodeterminazione descritte sopra.

La risposta di Bloor, in realtà, sembra restringere notevolmente il campo di indagine della sociologia della scienza: se il caso è responsabile delle teorie disponibili, allora non è possibile indagare causalmente quali sono i fattori sociali che hanno reso disponibili proprio quelle teorie e non altre. In questo senso la sociologia dovrebbe limitarsi ad una indagine sul perché, dato un numero molto limitato di teorie disponibili, solo una di esse è stata accettata dai soggetti storici. Ma questo equivale ad ammettere che la spiegazione sociologica delle credenze può essere solo parziale e non può estendersi a tutte le cause che determinano l'accettazione di una credenza.

I sociologi del Programma Forte, come abbiamo visto, utilizzano alcune risorse argomentative di origine filosofica. Tuttavia tali risorse – nello specifico la tesi della sottodeterminazione empirica delle teorie, la tesi del carattere teorico delle osservazioni e la

tesi dell'incommensurabilità – non rendono necessaria l'introduzione di categorie sociali per spiegare la scelta di alternative coerenti con l'evidenza empirica. Non solo, i presupposti filosofici richiamati costantemente dai sociologi della Scuola di Edimburgo sembrano difficilmente conciliabili con il tipo di spiegazione causale delle credenze da loro invocata.

Per sostenere che il sapere scientifico è una struttura coerente con una formazione economico-sociale e con gli interessi che vi prevalgono, Barnes e Bloor non si sono limitati a riciclare alcune condizioni teoriche della "nuova filosofia della scienza". Essi, elaborando un modello semantico almeno in parte nuovo, hanno fornito al proprio programma metodologico un argomento filosofico del tutto originale. A tale argomento sarà dedicato il prossimo paragrafo.