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2. Incommensurabilità

2.1. Una visione d'insieme

2.1.2. Kuhn

La tesi dell'incommensurabilità viene esposta per la prima volta da Kuhn nella sua opera più famosa, La struttura delle rivoluzioni scientifiche. In questo testo, che ha come obiettivo quello di delineare le caratteristiche storico-filosofiche dei mutamenti scientifici rivoluzionari, l'attività scientifica si struttura in periodi di "scienza normale" intervallati da episodi rivoluzionari. Per "scienza normale" Kuhn intende "una ricerca stabilmente fondata su uno o più risultati raggiunti dalla scienza del passato, ai quali una particolare comunità scientifica, per un certo periodo di tempo, riconosce la capacità di costituire il fondamento della sua prassi ulteriore"71. Nei periodi di "scienza normale" si ha, quindi, una crescita della

conoscenza di tipo cumulativo, diretta conseguenza dell'apparato metodologico tipico di tali periodi; la ricerca non è tesa a fondamentali innovazioni, ma piuttosto alla chiarificazione, all'esplicitazione e all'articolazione della conoscenza già disponibile, affermandosi attraverso il ricorso ad una particolare tradizione di problemi rompicapo.

Gli episodi rivoluzionari, al contrario, rompono questa cumulatività, perché si costituiscono come "mutamenti nella concezione del mondo"72, ovvero come momenti in cui

69 Cfr. Feyerabend (1965c), p. 105, nota 5. 70 Cfr. ibidem.

71 Cfr. Kuhn (1962), trad. it. p. 29. 72 Cfr. Kuhn (1962), trad. it. pp. 139-165.

un vecchio paradigma viene sostituito da un nuovo paradigma ad esso incommensurabile. Per comprendere la tesi dell'incommensurabilità nella sua variante kuhniana, è quindi necessario soffermarsi sul concetto di paradigma. Questo termine, in La struttura delle rivoluzioni scientifiche, assume almeno due significati, uno più ristretto ed uno più ampio. In primo luogo esso rappresenta un insieme specifico di problemi e di soluzioni condiviso da una comunità di specialisti; come scrive Kuhn: "con tale termine voglio indicare conquiste scientifiche universalmente riconosciute, le quali, per un certo periodo, forniscono un modello di problemi e soluzioni accettabili a coloro che praticano un certo campo di ricerca"73. In secondo luogo il paradigma si configura come un'ampia struttura teorica non

completamente formalizzabile che comprende assunti di ordine teorico, strumentale, concettuale e metodologico; come tali, i paradigmi "comprendono globalmente leggi, teorie, applicazioni e strumenti – forniscono modelli che danno origine a particolari tradizioni di ricerca scientifica con una loro coerenza"74. In entrambi i casi il paradigma riguarda ciò che,

in una data comunità scientifica, è soggetto al consenso; esso assume, se così si può dire, una matrice sociale.

La tesi dell'incommensurabilità, dicevamo, entra in scena quando si assiste ad una rivoluzione. Essa si configura, in virtù dell'ampio significato assunto dai paradigmi, come un rapporto multidimensionale che involve componenti metodologiche, semantiche e percettive. Fra paradigmi successivi esiste, in primo luogo, "un disaccordo sui problemi concreti che ogni teoria candidata a diventare paradigma dovrebbe risolvere. I loro criteri e le loro definizioni di scienza non sono gli stessi"75. Inoltre il nuovo paradigma nasce da quello

vecchio, e condivide con questo gran parte del suo apparato concettuale, strumentale e operativo; tuttavia gli elementi ereditati dalla tradizione non vengono utilizzati allo stesso modo: "entro il nuovo paradigma i vecchi termini, i vecchi concetti e i vecchi esperimenti entrano in nuove relazioni fra di loro"76. In terzo luogo, "i sostenitori di paradigmi in

competizione fra loro svolgono le loro attività in mondi diversi"77; questo comporta che gli

scienziati vedano gli stessi "oggetti" in modi differenti. In virtù di questo rapporto multidimensionale il passaggio ad un nuovo paradigma non può essere imposto dalla logica o da una esperienza neutra – come ad esempio un "experimentum crucis" – ma piuttosto da

73 Cfr. Kuhn (1962), trad. it. p. 10. 74 Cfr. Kuhn (1962), trad. it. p. 30. 75 Cfr. Kuhn (1962), trad. it. p. 180. 76 Cfr. ibidem.

un riorientamento gestaltico78, da una conversione:

Il trasferimento della fiducia da un paradigma ad un altro è un'esperienza di conversione che non può essere imposta con la forza. Una resistenza opposta per tutta la vita, particolarmente da parte di coloro la cui carriera produttiva è stata vincolata a una più vecchia tradizione di scienza normale, non è una violazione dei criteri scientifici, ma un'indicazione della natura stessa della ricerca scientifica79.

Anche in questo caso – come per Feyerabend – l'incommensurabilità si configura come assenza di una relazione logica tra paradigmi; tuttavia, in virtù dell'ampio significato del termine "paradigma", essa arriva ad assumere una prospettiva molto più ampia del solo aspetto semantico. Questa caratterizzazione dell'incommensurabilità, al medesimo tempo forte e vaga, verrà progressivamente abbandonata. A partire dalla fine degli anni Sessanta, infatti, Kuhn comincia a legare l'idea di incommensurabilità ai processi di acquisizione dei concetti appartenenti a teorie diverse: i cambiamenti dei problemi e dei criteri di soluzione, insieme al cambiamento di mondo, vengono associati al mutamento di significato dei termini contenuti nel vocabolario delle teorie.

La riformulazione dell'incommensurabilità in termini prevalentemente linguistici coincide con un raffinamento del concetto di paradigma. Kuhn, come abbiamo osservato, in La struttura delle rivoluzioni scientifiche utilizza tale termine sia in un senso ampio sia in un senso stretto, ed i critici hanno avuto buon gioco nell'attaccarlo su questo punto80. Già nel

1965, in un intervento al Bedford Colloquium81, Kuhn si propone di limitare questa

espansione di significato, sperando di arginare le critiche e la notevole confusione sorta intorno al concetto. Ma è nel 1969 – anno fondamentale per l'evoluzione del pensiero kuhniano – che Kuhn introduce la distinzione tra "matrice disciplinare" e "casi esemplari"82:

il primo termine sostituisce "paradigma" nel senso più ampio, il secondo nel senso più stretto. Dopo il 1969 Kuhn utilizza il termine "paradigma" solo nel senso più stretto di "casi esemplari", preferendo parlare di teorie e di scelta tra teorie diverse e non ricorrendo più

78 Cfr. ibidem.

79 Cfr. Kuhn (1962), trad. it. p. 183.

80 Cfr. Masterman (1970). In questo testo l'autrice contesta a Kuhn l'uso del termine "paradigma" in almeno ventuno significati differenti.

81 Cfr. Kuhn (1970a). 82 Cfr. Kuhn (1970b; 1970c).

all'etichetta di "matrice disciplinare". L'aggettivo "disciplinare" si riferisce al "possesso, comune a coloro che sono impegnati nella ricerca, di una particolare disciplina"83; la parola

"matrice" indica invece che essa è "composta di elementi ordinati di vario genere, ognuno dei quali esige una ulteriore specificazione"84. Kuhn ne elenca quattro: le "generalizzazioni

simboliche", i "modelli", i "valori", e le "soluzioni esemplari" di problemi. Il primo elemento consiste nelle asserzioni universali che esprimono le leggi di natura o le equazioni fondamentali di una teoria; il secondo elemento riguarda i modelli euristici o metafisici, i quali forniscono relazioni di somiglianza esterne o interne capaci di determinare un'applicazione analogica dei concetti agli oggetti o alle situazioni che si ritengono simili, e sono quindi costitutive dei significati di questi concetti; il terzo elemento si identifica con i fattori che determinano i processi decisionali degli scienziati, fattori che – a differenza di quanto si potrebbe pensare – non hanno un valore oggettivo, ma "possono essere condivisi da persone che differiscono fra loro nella loro applicazione"85. I primi tre elementi della

matrice disciplinare coprono il senso più ampio che Kuhn fa del concetto di paradigma, inteso come costellazione di credenze condivise da un gruppo; il senso più stretto è invece colto dal quarto elemento, i "casi esemplari", ovvero gli esempi condivisi da un gruppo di scienziati. Con tale termine si intendono "le concrete soluzioni di problemi che gli studenti incontrano fin dall'inizio della loro educazione scientifica, nei laboratori, agli esami o alla fine dei manuali scientifici"86; attorno agli esemplari si costituisce il gruppo, una comunità di

scienziati: "le differenze fra insiemi di casi esemplari forniscono la sottile struttura comunitaria della scienza"87. I casi esemplari esercitano una funzione normativa, nel senso

che nell'articolazione dei problemi si fa uso di un particolare sistema di concetti empirici. A partire dagli anni ottanta Kuhn chiama tale sistema "lessico", o "struttura lessicale": questo termine, preso in prestito dalla linguistica, si riferisce alla reciproca dipendenza fra i diversi concetti empirici appartenenti ad uno stesso paradigma. I concetti del lessico, anziché essere semplicemente illustrati dalle soluzioni dei problemi, acquisiscono il loro significato attraverso l'articolazione di tali soluzioni esemplari; in questo modo il lessico finisce col costruire il mondo dei fenomeni: i concetti strutturano una particolare regione del mondo e la rendono accessibile, e tutti i problemi analizzati in seguito dovranno necessariamente fare

83 Cfr. Kuhn (1970c), trad. it. p. 220. 84 Cfr. ibidem.

85 Cfr. Kuhn (1970c), trad. it. p. 224. 86 Cfr. Kuhn (1970c), trad. it. p. 226. 87 Cfr. ibidem.

riferimento ad essa.

Il raffinamento del concetto di paradigma come insieme di "soluzioni esemplari" di problemi spinge Kuhn ad una riflessione sempre più specifica sul problema del significato. Come scrive S. Gattei, l'analogia tra incommensurabilità e riorientamento gestaltico viene definitivamente abbandonata in virtù di una metafora basata sul linguaggio: "durante le rivoluzioni scientifiche gli scienziati incontrano difficoltà di traduzione quando tentano di discutere concetti propri di un altro paradigma, come se avessero a che fare con un'altra lingua. L'incommensurabilità diventa quindi una sorta di intraducibilità, e viene confinata nell'ambito della varianza di significato"88.

Kuhn approfondisce la questione del significato dal 1969 e nel corso degli anni viene elaborando una vera e propria teoria semantica dei termini empirici.

La ricerca di Kuhn parte da una serie di domande: in che modo impariamo i concetti empirici e a che punto viene completato il processo di apprendimento? L'idea che guida questa domanda è che dovrebbe essere possibile scoprire la natura del significato attraverso l'analisi del processo di acquisizione dei concetti. Quando qualcuno non conosce un concetto e poi, dopo un certo processo di apprendimento, lo conosce, quella persona deve aver acquisito il significato del concetto durante tale processo. In che modo avviene, allora, il processo di apprendimento di un concetto? E che cosa viene imparato esattamente?89

Innanzitutto è un fatto empirico che i concetti empirici non vengono imparati, in genere, grazie ad un insieme di condizioni necessarie e sufficienti che definiscono il concetto in senso tradizionale. Piuttosto l'allievo viene esposto tipicamente ad oggetti che costituiscono esempi del concetto, e ad altri che invece non lo sono. Di solito questa esposizione agli esemplari viene fatta attraverso l'ostensione di oggetti appropriati90. Come tale ostensione di

oggetti esemplari funzioni nel dettaglio è questione alquanto complessa, poiché non sono chiari quali siano i presupposti affinché le esposizioni abbiano successo. In ogni caso, all'allievo viene poi detto se il concetto si applica o meno all'oggetto in questione. In seguito, gli allievi devono riuscire a produrre da soli la necessaria coordinazione di oggetti e concetto, e per questo verranno rassicurati o corretti in base al fatto se hanno ragione o meno. Dopo un breve periodo di tempo gli allievi applicheranno il concetto allo stesso modo

88 Cfr. Gattei (2000), p. 333.

89 Per l'esposizione della teoria semantica dei termini empirici di Kuhn ci siamo serviti di Hoyningen-Huene (2000).

90 Kuhn sviluppa la sua teoria semantica attraverso un esempio concreto. Si tratta di un bambino, Gigetto, che sta compiendo una passeggiata con suo padre, durante la quale imparerà qualcosa a proposito di tipi diversi di uccelli, oche, anatre e cigni. Cfr. Kuhn (1974).

del loro insegnante: avranno cioè imparato il concetto. In altre parole, essi avranno acquisito il suo significato. Ma che cosa si è imparato nel processo di acquisizione del significato? Si sono imparate "relazioni di similarità" che si applicano agli oggetti individuati dagli stessi concetti, e, ugualmente importante, "relazioni di dissimilarità" che si applicano agli oggetti che appartengono a concetti simili.

Questo processo di apprendimento, come si può ben vedere, è lontano dall'essere di tipo puramente recettivo. Al contrario: nel processo di apprendimento l'insegnante non dice all'allievo cosa rende tutti gli oggetti appartenenti ad una classe tra di loro simili e non dice che cosa li rende dissimili dagli oggetti appartenenti a classi simili, ma viene detto soltanto quale oggetto appartiene ad una classe e quale non vi appartiene. L'allievo deve perciò individuare da solo le similarità e le dissimilarità che sono sufficienti tanto per identificare quanto per distinguere oggetti appartenenti alla stessa classe ed oggetti appartenenti a classi diverse.

Dalla teoria semantica di Kuhn seguono almeno quattro conseguenze. 1) Il significato di un concetto empirico non deve essere equiparato alla sua definizione. Ciò che è stato imparato è la corretta applicazione dei termini in base a certe relazioni di somiglianza e dissomiglianza e questo non equivale a fornire una definizione del termine. Quindi il processo di apprendimento non consiste nella trasmissione di un'appropriata ed esplicita definizione dei termini in questione. 2) Ciò che devono condividere coloro che parlano all'interno della stessa comunità linguistica è un insieme di relazioni di somiglianza e di dissomiglianza che classificano certi oggetti come appartenenti ad una certa classe, e non ad una delle classi vicine. Da questo segue che è l'insieme delle relazioni di somiglianza e di dissomiglianza che costituisce il significato dei termini di tipo empirici, indipendentemente dal modo in cui i singoli individui che appartengono alla comunità rendono operative tali somiglianze e dissomiglianze. 3) I termini di tipo empirici non vengono imparati in isolamento l'uno dall'altro perché, come si è già detto, le somiglianze che caratterizzano gli oggetti che appartengono ad una stessa classe implicano dissomiglianze da parte di tali oggetti nei confronti di oggetti simili ma appartenenti a classi differenti. 4) L' acquisizione dei concetti di tipo empirico richiede l'apprendimento di un modo di classificare gli oggetti. Quello che viene imparato durante il processo di acquisizione del significato di un concetto è parte di una tassonomia che viene utilizzata dalla rispettiva comunità linguistica91. In

91 "È necessario che dica che cigni, oche e anatre che Gigetto incontra durante la sua passeggiata con il padre erano ciò che avevo chiamato casi esemplari? Presentate a Gigetto con le loro etichette attaccate, esse

qualsiasi tassonomia i termini coinvolti possono stare tra loro soltanto in due relazioni: quella di inclusione o quella di esclusione. Kuhn chiama la rete delle relazioni in tale tassonomia la struttura del "lessico" dei concetti.

Nella teoria semantica di Kuhn, il significato dei termini empirici ha una forte dimensione sociale. Questo perché da un lato conoscere il lessico significa conoscere qualcosa di sociale con mezzi individuali: individui diversi possono differire nel modo in cui individuano i referenti e i non-referenti di un termine, ma questa differenza di solito non affiora durante la comunicazione. Dall'altro perché conoscere la struttura del lessico significa conoscere l'insieme di relazioni di somiglianza e dissomiglianza che valgono tra i rispettivi oggetti; e questo insieme rappresenta l'aspetto sociale del linguaggio poiché ogni persona che parla deve conoscerlo per appartenere alla comunità linguistica, o, in altre parole, per applicare i rispettivi concetti allo stesso modo degli altri membri della comunità.

Grazie a questa teoria semantica le rivoluzioni scientifiche diventano dunque "mutamenti lessicali"92. Dal momento che ogni struttura teorica si associa ad un sistema classificatorio di

concetti, una rivoluzione produce una nuova classificazione concettuale, nella quale alcuni termini fanno riferimento a nuovi referenti di classe. Gattei esprime bene questo cambiamento di rotta:

Una rivoluzione produce una nuova tassonomia lessicale, nella quale alcuni termini di tipo fanno riferimento a nuovi referenti che si sovrappongono con quelli individuati dai vecchi termini di tipo. Il prerequisito per una completa traduzione tra due tassonomie non è costituito da caratteristiche comuni di singoli concetti, ma da una comune struttura lessicale. Con "lessico" e "struttura lessicale" (termini che Kuhn tende ora a preferire a "paradigma") si intende un vocabolario strutturato di termini di tipo, che rappresenta una tassonomia di tipi naturali: affinché ci sia comunicazione tra i singoli è necessario non che questi adottino criteri

erano soluzioni di un problema che i membri della sua presumibile comunità avevano già risolto. La loro assimilazione è parte del procedimento di socializzazione con la quale Gigetto è condotto a fare parte di quella comunità e nel corso del processo si istruisce sul mondo che la comunità abita". Cfr. Kuhn (1974), p. 343.

92 "Un aspetto di ogni rivoluzione è […] che certe relazioni di similarità mutano. Oggetti che prima erano raggruppati nello stesso insieme sono ora raggruppati in insiemi diversi e viceversa. Pensiamo al sole, alla luna, a Marte e alla terra prima e dopo Copernico; alla caduta libera, al moto del pendolo e al movimento planetario prima e dopo Galileo; o ai sali, alle leghe e alla mescolanza di zolfo e limatura di ferro prima e dopo Dalton". Cfr. Kuhn (1970b), tr. it. p. 362.

comuni di applicazione dei termini al mondo, ma che essi operino con strutture lessicali omologhe, ovvero con un vocabolario strutturato che possieda lo stesso sistema tassonomico93.

È questa, negli ultimi scritti di Kuhn, la caratteristica fondamentale della sua idea di incommensurabilità. Essa non è semplicemente il risultato di una mancata traduzione di singoli concetti: gli scienziati sostenitori di diversi paradigmi si trovano ad affrontare problemi di incommensurabilità poiché costruiscono differenti classificazioni lessicali, e di conseguenza, classificano il mondo in modo differente.

Come si può notare dalla panoramica appena tracciata, la tesi dell'incommensurabilità, nella sua formulazione originale, assume in Feyerabend e Kuhn sfumature piuttosto differenti. Nel primo caso la relazione di incommensurabilità risulta determinata dal mutamento di significato dei termini impiegati dai differenti linguaggi utilizzati dalle teorie. Nel secondo caso essa si configura come un rapporto multidimensionale che involve non solo la componente semantica delle teorie, ma anche componenti metodologiche e percettive. Questa differente caratterizzazione deriva da una disparità di vedute circa il problema della dinamica delle teorie scientifiche: per Feyerabend tale dinamica si costituisce attraverso un mutamento linguistico radicale, per Kuhn attraverso un mutamento prevalentemente percettivo (e solo in un secondo momento anche linguistico e metodologico).

Nonostante ciò, con il passare degli anni, i due filosofi giungono ad una posizione piuttosto simile94. La tesi dell'incommensurabilità viene infatti caratterizzandosi come

"intraducibilità" dei linguaggi impiegati da teorie differenti, e, conseguentemente, come incomparabilità dei contenuti delle teorie ed assenza di una relazione logica. Il percorso che porta a questa visione unitaria segue però due itinerari differenti. Feyerabend – evidenziando la matrice costruttiva del linguaggio utilizzato dalle teorie scientifiche – abbandona definitivamente l'ipotesi di sviluppare una teoria del significato coerente e dettagliata; mentre Kuhn, dal canto suo, comincia ad interessarsi proprio alla questione del significato dei termini impiegati dalle teorie scientifiche, proponendo una teoria semantica capace di

93 Cfr. Gattei (2000), p. 335.

94 È Feyerabend stesso, nella seconda edizione di Against Method (1988), ad ammettere che le differenze che lo separano da Kuhn non sono poi così grandi come egli aveva precedentemente pensato. Cfr. p. 230.

svelare la matrice sociale del significato dei termini empirici.