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La tesi della ridondanza dei fattori epistemici Una critica del modello d

2. Il Programma Forte in sociologia della scienza

2.4. La tesi della ridondanza dei fattori epistemici Una critica del modello d

Il principio della simmetria – escludendo dalle analisi della storia della scienza ogni considerazione relativa ai meriti epistemici di una teoria – ha messo in serio pericolo l'autonomia del sapere scientifico. È vero che le procedure simmetriche di spiegazione rappresentano un principio metodologico, ma è altresì vero che l'immagine della scienza fornita dalle analisi sociologiche del Programma Forte ha come conseguenza filosofica la tesi forte dell'esclusione dei fattori epistemici nelle procedure di confronto e di valutazione delle teorie. Come dimostrano i casi storici sopra esposti, la spiegazione sociologica delle credenze scientifiche esclude l'operatività dei fattori epistemici; in quest'ottica la lotta tra teorie alternative non si svolge sul terreno epistemico del confronto razionale, ma piuttosto sul terreno sociale del confronto politico64.

Prima di criticare il principio della simmetria proposto dai sociologi del Programma

p. 160.

64 Riassumendo la logica della spiegazione sociologica, Shapin e Schaffer scrivono: "Abbiamo tracciato tre connessioni: abbiamo cioè tentato di mostrare (1) che la soluzione al problema della conoscenza è politica, in quanto dipende dalla fissazione di regole e convenzioni circa le relazioni tra le persone nella comunità politica intellettuale; (2) che la conoscenza così prodotta e autenticata diviene un elemento di azione politica nella comunità politica in senso ampio; è impossibile giungere a comprendere la natura dell'azione politica senza far riferimento ai prodotti della comunità intellettuale; (3) che la lotta tra forme di vita alternative e tra le loro caratteristiche forme di prodotti intellettuali dipende dal successo politico che le varie opzioni riportano nell'insinuarsi nelle attività di altre istituzioni e gruppi d'interesse. Vince chi ha il maggior numero e i più potenti alleati". Cfr. Shapin e Schaffer (1985), trad. it. pp. 426-427.

Forte, è opportuno chiarire ulteriormente il tipo di spiegazione causale da essi sostenuto. Vi sono fondati motivi – come abbiamo visto – per attribuire a Bloor l'adozione di un modello di spiegazione basato su leggi di copertura. B. Barnes, che pare dello stesso avviso, insiste che, sebbene non vi sia una differenza logica tra una spiegazione naturale ed una spiegazione sociologica, in quest'ultima il numero di "condizioni necessarie" da prendere in considerazione è assai elevato:

Le cose avrebbero potuto essere differenti se le costellazioni di condizioni necessarie fossero state differenti. Gli spettri avrebbero potuto essere differenti in presenza di un campo magnetico. L'azione avrebbe potuto essere differente se l'attore fosse stato di cattivo umore o ubriaco [...]. Certamente colui che agisce rappresenta un sistema in cui le condizioni necessarie sono numerose e altamente variabili, cosicché è meno facile da predire rispetto alle emissioni spettrali, ma questa non è una questione rilevante per quanto riguarda l'appropriatezza della spiegazione causale65.

Il passaggio appena citato conferma l'impressione che il tipo di causalità cui il Programma Forte fa riferimento dovrebbe riguardare le "cause sufficienti". L'assenza dei fattori elencati infatti, è condizione necessaria per l'occorrenza della data azione; e considerando il numero elevato dei fattori disturbanti ciò equivale ad affermare che una certa circostanza è condizione sufficiente di un dato fenomeno solo a condizione che valga la clausula "ceteris paribus". La causalità sostenuta dai sociologi del Programma Forte sembra dunque essere la seguente:

Principio di causalità: C è una causa di E se e solo se C ed E sono eventi reali di un certo tipo e C è "ceteris paribus" sufficiente per l'occorrenza di E.66

Il modello di spiegazione causale proposto dalla scuola di Edimburgo deve essere inteso, quindi, in modo estremamente generale. Barnes, ad esempio, si dichiara esplicitamente contrario ad un utilizzo del termine "causa" in modo semplicistico. Egli infatti, nelle

65 Cfr. Barnes (1974), p. 75.

66 Questa formulazione del principio di causalità sostenuto da sociologi del Programma Forte si trova in Barrotta (1995), p. 38. Essa utilizza la definizione di "spiegazione causale" data da Hempel. Cfr. Hempel (1965), p. 349.

ricostruzioni storiche, rifiuta la "tendenza di stabilire una corrispondenza univoca tra una credenza o insieme di credenze e un particolare tipo di classe sociale o interesse di gruppo"67; questo perché "le idee si adattano agli scopi non a causa di qualche relazione

logica, ma perché sono naturalmente adatte a particolari tipi di uso entro un sistema esistente di credenze e di norme"68.

Bloor, elencando i quattro principi fondamentali del Programma Forte, specifica che "esistono naturalmente altri tipi di cause, oltre a quelle sociali, che concorrono alla produzione delle credenze"69. Qual è la natura di questi altri tipi di cause? Bloor sostiene che

"l'intero edificio della sociologia presuppone la nostra capacità di reagire in modo sistematico al mondo mediante l'esperienza, cioè mediante la nostra interazione causale con esso"70, e che "il materialismo e l'affidabilità dell'esperienza sono perciò presupposti della

sociologia della conoscenza e non è consentito recedere da questi assunti"71. Rispondendo

alla critica di Ben-David, egli afferma che "nessuna plausibile immagine sociale della conoscenza può eliminare la situazione in cui, per esempio, l'esperienza sensibile influenza certe persone e innesca un mutamento nella loro cultura. Queste possibilità non eliminano o banalizzano la componente sociale della conoscenza"72. Da questi passaggi sembra che Bloor

abbia in mente cause naturalisticamente intese, come quelle studiate dalla psicologia e dalla biologia. La prospettiva del Programma Forte, dunque, è favorevole ad una integrazione delle spiegazioni di carattere sociologico da parte di altre discipline. Piuttosto la sua tesi deve essere espressa negativamente: in ogni spiegazione delle credenze scientifiche che vuole imporsi come una indagine causale non devono rientrare i meriti epistemici della teoria o della credenza.

Questa tesi, nota come la tesi della ridondanza dei fattori epistemici, è stata criticata da alcuni autori sulla base che "buone ragioni" possono essere cause di credenze scientifiche73.

In effetti Bloor sembra assumere senza alcuna giustificazione che le spiegazioni di credenze scientifiche basate su ragioni epistemiche non possano avere carattere causale. Certo, si potrebbe pensare che Bloor non vuole eliminare l'operatività causale dei fattori epistemici nei processi di formazione delle credenze, ma piuttosto limitarsi ad affermare che

67 Cfr. Barnes (1974), p. 116. 68 Cfr. ibidem.

69 Cfr. Bloor (1976), trad. it. p. 12. 70 Cfr. Bloor (1976), trad. it. p. 51. 71 Cfr. ibidem.

72 Cfr. Bloor (1976), trad. it. p. 229.

un'indagine causale delle credenze, se vuole assumere uno statuto scientifico, deve rinunciare ad ogni tipo di spiegazione che faccia affidamento a fattori di ordine epistemico. Anche in questo caso però, Bloor non sembra fornire alcuna giustificazione; egli si limita infatti ad un ritratto piuttosto caricaturale delle correnti filosofiche che non rispettano i principi della causalità e della simmetria. Inoltre, come abbiamo avuto modo di vedere, il Programma Forte non possiede alcun carattere scientifico.

Il controesempio più ovvio della tesi della ridondanza dei fattori epistemici ci è stato proposto da Laudan e riguarda le inferenze deduttive.

Se l'accettazione di una certa credenza x sembra derivare naturalmente e razionalmente dalla precedente accettazione delle credenze y e z, sembra che non ci sia alcuna ragione per sostenere che l'accettazione di x sia direttamente causata da circostanze sociali o economiche74.

Concediamo pure che y e z siano socialmente causate. Anche in tal caso "possiamo dire che l'accettazione di x (razionalmente dettata da y e z) è indirettamente il risultato di una situazione sociale. Ma questo non è in contrasto con l'affermazione che la spiegazione più diretta e fondamentale per l'accettazione di x da parte di un pensatore è che essa segua razionalmente da y e z"75.

I filosofi, come mostra chiaramente il caso dell'inferenza deduttiva, non hanno mai detto che le credenze scientifiche non sono causate; piuttosto hanno sempre sostenuto, almeno implicitamente, che le ragioni epistemiche sono tra queste cause.

Bloor e Barnes hanno risposto alla critica di Laudan sostenendo che le stesse regole di inferenza sono socialmente condizionate. Essi sostengono infatti che la logica è "una massa di procedure convenzionali, utili limitazioni, dichiarazioni, massime e regole ad hoc"76, e

che "l'autorità [della logica] è morale e sociale, ed in quanto tale rappresenta un mirabile materiale per la ricerca e la spiegazione sociologica"77. I due sociologi si chiedono in che

modo sia possibile spiegare l'asserita universalità di alcune inferenze logiche elementari, come l'inferenza "p e q, dunque q". Come essi scrivono, vi sono due possibili approcci:

74 Cfr. Laudan (1977), trad. it. p. 237.

75 Cfr. Laudan (1977), trad. it. p. 259. Corsivo mio. 76 Cfr. Barnes e Bloor (1982), p. 45.

77 Cfr. Barnes e Bloor (1982), p. 45. Bloor, occorre segnalarlo, si è sempre mostrato sensibile ai problemi che la logica può porre al Programma Forte. Per questo gran parte dei suoi studi sociologici sono dedicati alla "negoziazione" nel pensiero logico e matematico. Cfr. Bloor (1973; 1976; 1981b; 1983).

"possiamo cercare le cause del fenomeno oppure cercare di fornire ragioni in suo favore"78.

Appoggiandosi all'analisi del concetto di "validità analitica" condotta dal logico A. N. Prior, Barnes e Bloor scartano la seconda opzione. Com'è noto, la risposta tradizionale al problema del significato dei connettivi logici afferma che il significato dei connettivi è fissato attraverso convenzioni "stipulative"79. Prior ha efficacemente dimostrato che, contrariamente

alla concezione tradizionale, un connettivo logico "deve avere qualche significato determinato in modo indipendente prima di poter scoprire se le inferenze in cui compare sono valide o meno"80. Questa conclusione, come si può immaginare, viene utilizzata da

Barnes e Bloor per sostenere che le cause sociali sono fondamentali per comprendere precisamente il "modo indipendente" in cui viene fissato il significato dei connettivi: la validità delle inferenze della logica deduttiva non è frutto di convenzioni "stipulative", ma di convenzioni "sociali".

Ai due sociologi si potrebbe obiettare che l'analisi di Prior ha messo certamente in crisi la concezione convenzionalistica classica, tuttavia ha spinto i logici a portare "ragioni" in favore dei loro sistemi81. Barnes e Bloor potrebbero a loro volta rispondere che le "buone

ragioni" si fondano, in ultima analisi, sulle nostre convenzioni sociali o, meglio ancora, sulla struttura biologica82. Questa risposta, per quanto ammissibile, rivela però una fallacia

argomentativa. Essa, infatti, non esclude che le valutazioni epistemiche possano rientrare tra le cause che spiegano il perché una credenza è accettata; piuttosto si limita ad ammettere che è sempre possibile fornire una spiegazione sociologica o biologica degli esistenti criteri epistemici. In questo senso la tesi della ridondanza dei fattori epistemici si trasforma in una tesi molto più "debole": non ci si impegna più nel mostrare la ridondanza delle valutazioni epistemiche, ma semplicemente che tali valutazioni possono essere oggetto di indagine sociologica e biologica83.

Ritorniamo ora al controesempio posto dalle inferenze deduttive. Se – come vorrebbero

78 Cfr. Barnes e Bloor (1982), p. 40. 79 Cfr. Carnap (1937).

80 Cfr. Prior (1960), trad. it. pp. 255-256. La dimostrazione di Prior avviene attraverso l'introduzione di un connettivo di pura fantasia, denominato "tonk". Se è vero che le regole di inferenza – come vorrebbe la risposta tradizionale – determinano il significato dei connettivi logici, allora si può specificare il significato di "tonk" mediante due semplici regole di inferenza: 1) da "p" possiamo dedurre "p tonk q"; 2) da "p tonk

q" possiamo dedurre "q". Ma così facendo il connettivo "tonk" consentirebbe la deduzione di qualsiasi

proposizione da qualsiasi premessa in modo perfettamente valido!

81 Sembra essere questa la posizione – giusto per citare due esempi – di Prawitz (1980) e Read (1989). 82 Cfr. Barnes e Bloor (1982), pp. 43-44.

83 Questa posizione, tra l'altro, è dimostrata da una affermazione di Bloor: "coloro che studiano il retroterra sociale dei fattori epistemici […] non stanno prefiggendosi il sociale anziché l'epistemico. Essi stanno aiutando a mostrare il carattere sociale dell'epistemico". Cfr. Bloor (1984), p. 303.

Barnes e Bloor – le premesse di un'inferenza deduttiva e le stesse regole di inferenza sono socialmente determinate, dobbiamo concludere che la conclusione è socialmente determinata? Naturalmente no. Infatti, la causa "immediata" delle conclusioni è data dal ragionamento svolto in accordo con le premesse e le regole di inferenza, mentre le cause sociali possono solo svolgere il ruolo di cause "remote", le quali spiegherebbero perché sono state adottate certe regole di inferenza e non altre. In altri termini, se ammettiamo che le "regole" del gioco della scienza siano socialmente determinate ed abbiano una natura convenzionale, non segue necessariamente che anche le "mosse" del gioco della scienza siano convenzionali e socialmente determinate.

L'errore di Barnes e Bloor ci permette di effettuare una distinzione tra "fondamenti" e "procedure". I fondamenti delle scienza, così come le regole di un gioco, non sono l'immagine precostituita di quello che gli scienziati faranno. Non predeterminano e non precorrono a volo le procedure che gli scienziati seguiranno mediante il loro impiego; e questo perchè i fondamenti rappresentano lo strumento con cui gli scienziati faranno qualcosa, non l'immagine delle procedure che seguiranno. Barnes e Bloor – probabilmente perché troppo presi da una indagine di tipo causale e simmetrico – sembrano trascurare questa basilare distinzione.

Il controesempio delle inferenze deduttive ci permette di introdurre anche una critica del tipo di dimensione sociale della scienza proposto dai sociologi del Programma Forte.

La rappresentazione della scienza come una struttura teorica coerente con una formazione economico-sociale e con l'ideologia che vi prevale, in un senso specifico e "forte" del termine, pone problemi anzitutto dal punto di vista analitico. Se, infatti, la scienza è espressione di strategie intellettuali fondamentalmente determinate da problemi e interessi sociali, c'è da chiedersi allora se a tale asserzione competa effettivamente un significato. Se tale enunciato ha un significato – e non è pertanto una pura definizione – esso deve permettere almeno di distinguere, tra i fatti dell'esperienza, quella classe di fenomeni che sono le teorie scientifiche. Inoltre deve essere possibile anche la sua negazione, e cioè deve avere un significato anche l'enunciato che descriva una teoria o classe di teorie delle quali non si possa dire che esse sono espressioni o prodotti di processi e strutture sociali.

L'asserzione dei sociologi del Programma Forte che identifica la scienza con le strategie sociali, in realtà, non sembra adempiere a questi due compiti. Ci si dovrebbe poter infatti domandare: come sarebbe una teoria scientifica se non fosse l'espressione di un'ideologia e

di una struttura socio-economica? Quali sono le caratteristiche peculiari che distinguono quella classe particolare di fenomeni costituita dalle teorie scientifiche? Se l'enunciato fosse significante ci si dovrebbe poter porre domande come questa. Se ha senso la sua affermazione, ha senso anche la sua negazione. Il fatto è che la scienza è certamente anche un fenomeno sociale, ma non ogni processo sociale è anche una scienza; inoltre il sapere scientifico presenta dei tratti distintivi che lo distinguono dalle altre forme di cultura di tipo interpretativo.

Le analisi sociologiche, nonostante il loro carattere "naturalistico", non prendono in considerazione queste due possibilità. Certo, i sociologi del Programma Forte potrebbero rispondere che le loro analisi dimostrano la validità del tipo di dimensione sociale della scienza che abbiamo esposto sopra. In realtà si potrebbe facilmente controbattere che tali analisi – in virtù della tesi della ridondanza dei fattori epistemici contenuta nei principi metodologici – assumono preventivamente una definizione della dimensione sociale del sapere scientifico che esclude ogni considerazione di ordine epistemologico. Così facendo esse commettono un errore sistematico, poiché eliminano strategicamente "a priori" il momento del controllo, cioè il confronto di un'ipotesi di legge scientifica con i dati osservativi.

A. G. Gargani esprime bene la natura di questo errore sistematico:

La connessione di un'ipotesi scientifica con schemi di tipo socio-culturale non esaurisce il significato di tale ipotesi. Ovviamente una teoria scientifica è influenzata dai codici culturali della società alla quale appartiene. Ma resta vero, nondimeno, che attraverso un impiego definito e controllato degli schemi concettuali e linguistici di quella società, la scienza stabilisce connessioni controllabili sperimentalmente tra i fatti; ossia, formula delle leggi ed è pertanto in grado di fare previsioni84.

Finora abbiamo parlato di fattori sociali che esercitano una influenza di tipo causale sui processi di formazione e consolidamento delle credenze scientifiche. Abbiamo inoltre illustrato, attraverso l'esposizione di alcuni case studies, la natura di tali nessi causali. Dal momento che il Programma Forte, come abbiamo più volte ripetuto, rappresenta un

programma sociologico "naturalistico" di analisi della storia della scienza, ci si aspetterebbe che i sociologi che ne condividono i presupposti si limitino a giustificare lo statuto scientifico del proprio programma, e a mostrare la dimensione sociale della scienza. In realtà, come abbiamo avuto modo di osservare, entrambe queste due prerogative vengono disattese: non solo non si giustificano i riferimenti al carattere scientifico del metodo di analisi sociologica proposto, ma la stessa immagine della scienza risulta a-prioristicamente determinata.

Il Programma Forte quindi, contrariamente ai propri intenti programmatici, si fonda su una specifica immagine del sapere scientifico. All'analisi dei presupposti epistemologici di tale immagine saranno dedicati i prossimi due paragrafi.