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I limiti della costruzione dei fatti Una critica filosofica

Il termine "costruttivismo" fa sorgere la domanda di specificare meglio "chi costruisce che cosa". Per quanto riguarda la risposta relativa al "chi", i sociologi del Programma Forte hanno indicato una via ben precisa: i moventi sono dati dagli interessi dei gruppi sociali cui

appartengono gli scienziati. In questo senso essi hanno formulato una precisa definizione del tipo di dimensione sociale della conoscenza scientifica in linea con la spiegazione sociologico-causale da loro proposta: il sapere scientifico è una struttura coerente con una formazione economico-sociale e con gli interessi che vi prevalgono. Come abbiamo visto la via tracciata dalla Scuola di Edimburgo ci pare difficilmente percorribile, ma ciò non toglie che sociologi come Barnes e Bloor siano riusciti a specificare il "soggetto-costruttore" della conoscenza scientifica. I costruttivisti, al contrario, evitano di dare una risposta precisa; e questo perché essi – rifiutando la vecchia distinzione tra sociale e cognitivo, e tra approccio internalista ed approccio esternalista – sembrano estendere in modo indefinito la dimensione sociale della scienza rendendo questa stessa dimensione alquanto evanescente. Eliminando il confine tra conoscenza scientifica e società, viene meno la possibilità di specificare un "soggetto-costruttore" di carattere sociale. Certo, si potrebbe ripondere che sono gli scienziati a costruire gli oggetti della scienza; ma una risposta del genere non sarebbe esplicativa, perché in realtà gli studi e le analisi dei costruttivisti dovrebbero indicare i motivi che spingono gli scienziati, in un contesto specifico, a reificare un concetto piuttosto che un'altro.

A questo primo problema se ne aggiunge immediatamente un altro. Poniamo che i costruttivisti riescano a rispondere in modo convincente alla domanda relativa al "chi". Rimane ancora da chiarire "che cosa" viene costruito55. I costruttivisti affermano con forza

che i "fatti" sono costruiti. Ma che cosa sono i fatti?

Per rispondere a quest'ultima domanda ci è utile fare ricorso all'analisi di due differenti asserzioni:

1) Tutti i cigni sono neri.

2) L'aria deflogisticata consente la respirazione.

Entrambe le asserzioni, come si può facilmente notare, sono false. Tuttavia esse non sono false per lo stesso motivo. L'asserzione 1) è falsa perché, in realtà, vi sono anche cigni di colore diverso dal nero; l'asserzione 2) è falsa perché oggi si ritiene che l'aria deflogisticata non esista. Si può dire che l'asserzione 1) ha una portata ontologica corretta nonostante sia falsa; e che l'asserzione 2) sia falsa perché ha una portata ontologica scorretta.

Le tesi dei costruttivisti sulla costruzione dei fatti scientifici non sembrano tener conto di una importante caratteristica della scienza: un'asserzione può essere giudicata falsa nonostante abbia un correlato ontologico giudicato corretto. Possiamo supporre – ed è senza dubbio un'ipotesi molto affascinante – che le entità siano socialmente costruite; tuttavia ciò non comporta necessariamente che le relazioni tra le entità siano anch'esse socialmente costruite. Detto in termini linguistici: si può ammettere che tutti i termini presenti nell'asserzione 1) siano socialmente costruiti, ma non per ciò le relazioni esistenti tra tali termini devono essere anch'esse socialmente costruite. Se si considerano attentamente le distinzioni ontologiche tra "fatti" ed "entità" – alle quali corrispondono le distinzioni linguistiche tra "enunciati" e "termini" – si può facilmente ritagliare un posto di primo rilievo per la natura e per l'esperienza; e questo perché le relazioni tra entità (o termini) che sanciscono la verità di un fatto (o enunciato) sarebbero direttamente riferibili alla natura o all'esperienza, sempre all'interno di una cornice ontologica, o – per riprendere un termine caro a Kuhn – di un "lessico" specifici.

Possiamo a questo punto rispondere alla domanda formulata sopra: che cosa cono i fatti? I costruttivisti non specificano le differenze tra entità (o termini) e fatti (o enunciati), pertanto utilizzano il termine "fatto" in due significati differenti, riferendosi al medesimo tempo alle prime ed ai secondi. La distinzione tra entità (o termini) e fatti (o enunciati) è in grado di evidenziare i limiti della tesi della "costruzione" del reale; e ciò perché per quanto le entità (o termini) possono risultare socialmente costruite, non vale necessariamente che siano costruiti anche i fatti (enunciati) a loro correlati.

Nel caso in cui anche le relazioni tra entità (o termini) fossero socialmente costruite, l'argomento appena proposto verrebbe confutato. Tuttavia, come abbiamo visto in precedenza, i costruttivisti sono pronti ad ammettere una realtà esterna "resistente" alle manipolazioni del laboratorio, e se vogliamo prendere sul serio tale ammissione abbiamo delle buone ragioni per ritenere che le nostre critiche colgano il bersaglio.

L'affermazione che i fatti non possono essere costruiti allo stesso modo delle entità è sufficiente a reintrodurre i fattori epistemici che i costruttivisti, così come i sociologi del Programma Forte, cercano di eliminare come cause o ragioni dell'accettazione delle credenze scientifiche. Infatti, è possibile far leva sulle anomalie e le smentite sperimentali per screditare una teoria; ed anche se ciò non riabilita l'idea che esistano esperimenti cruciali, è sufficiente per affermare la possibilità concettuale di argomentazioni empiriche avanzate allo

scopo di mettere in difficoltà una teoria.

Bisogna tuttavia rilevare che i risultati filosofici conseguiti sono piuttosto modesti. Rimangono infatti del tutto inaffrontati quei problemi posti dalla tesi dell'incommensurabilità che abbiamo in precedenza esposti. In effetti i costruttivisti, così come i sociologi del Programma Forte, sembrano avanzare a sostegno delle proprie tesi argomenti filosofici senza alcuna loro preventiva analisi e giustificazione. In questo caso l'argomento più forte – come essi esplicitamente dichiarano – è la tesi della sottodeterminazione empirica delle teorie56.

Ma tale tesi, che pure è ancora oggi oggetto di dibattito, non viene mai messa in dubbio, ed anzi utilizzata come se fosse una "verità incontrovertibile".

In sostanza, ci pare lecito affermare che il modo di procedere dei costruttivisti è caratterizzato da un uso retorico degli argomenti di ordine filosofico. Ovviamente ciò non toglie che le loro analisi dei processi di costruzione della scienza siano, da un punto di vista metodologico, di grande interesse. In effetti il metodo "etnografico" da essi proposto rappresenta una grande novità nel panorama epistemologico. Tuttavia l'analisi filosofica del contenuto teorico delle loro analisi sembra riportarci irrimediabilmente a problemi e questioni che la filosofia della scienza affronta in modo approfondito da ormai cinquant'anni.

A causa di un banale errore analitico, la tesi della "costruzione del reale" non ci pare sostenibile. Nonostante ciò ci sembra doveroso esporre ed analizare brevemente il modello che Latour ha elaborato per interpretare il trasferimento dei fatti costruiti in laboratorio al di fuori del suo ambiente artificiale e strettamente scientifico. Questo ci permetterà di comprendere meglio perché i costruttivisti – e tra questi Latour in particolare – non siano riusciti a rispondere alle domande che riguardano il "chi" e il "che cosa" della costruzione sociale.