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Finitismo Ovvero: la dimensione sociale del linguaggio

2. Il Programma Forte in sociologia della scienza

2.6. Finitismo Ovvero: la dimensione sociale del linguaggio

I sociologi della Scuola di Edimburgo hanno mostrato di avere un occhio di riguardo per il linguaggio. È proprio all'interno della sfera linguistica che la dimensione sociale della conoscenza scientifica si rivela in tutta la propria forza. Barnes, che tra i sociologi del Programma Forte è sicuramente quello che più si è dedicato alle questioni linguistiche, sostiene che "classificazioni alternative sono convenzioni nei confronti delle quali nè la 'realtà' nè la 'pura ragione' possono decidere. I sistemi di classificazione accettati rappresentano istituzioni che sono socialmente sostenute"102. Da dove deriva questa

posizione radicale in merito alla natura del significato e delle classificazioni linguistiche? Essa deriva direttamente dalla teoria semantica di Kuhn dei termini empirici. Il punto di partenza della discussione di Barnes infatti, è rappresentato dall'esempio fornito da Kuhn in Nuove riflessioni sui paradigmi, nel quale si descrivono le modalità di apprendimento del significato dei termini empirici. Prima di procedere ci pare necessario riassumere brevemente la posizione di Kuhn.

Innanzitutto secondo la teoria semantica kuhniana dei termini empirici i concetti empirici non vengono imparati grazie ad un insieme di condizioni necessarie e sufficienti che definiscono il concetto in senso tradizionale, ma attraverso l'esposizione ad oggetti che costituiscono esempi del concetto. In questo senso il significato di un concetto empirico non

deve essere equiparato alla sua definizione. Ciò che è stato imparato è la corretta applicazione dei termini in base a certe relazioni di somiglianza e dissomiglianza e questo non equivale a fornire una definizione del termine.

In secondo luogo ciò che condividono coloro che parlano all'interno della stessa comunità linguistica è un insieme di relazioni di somiglianza e di dissomiglianza che classificano certi oggetti come appartenenti ad una certa classe, e non ad una delle classi vicine. Da questo segue che è l'insieme delle relazioni di somiglianza e di dissomiglianza che costituisce il significato dei termini di tipo empirici, indipendentemente dal modo in cui i singoli individui che appartengono alla comunità rendono operative tali somiglianze e dissomiglianze.

In terzo luogo i termini di tipo empirici non vengono imparati in isolamento l'uno dall'altro; e questo perché le somiglianze che caratterizzano gli oggetti che appartengono ad una stessa classe implicano dissomiglianze da parte di tali oggetti nei confronti di oggetti simili ma appartenenti a classi differenti. Di conseguenza l'acquisizione dei concetti di tipo empirico richiede l'apprendimento di un modo di classificare gli oggetti, e quello che viene imparato durante il processo di acquisizione del significato di un concetto è parte di una tassonomia che viene utilizzata dalla rispettiva comunità linguistica.

Sulla base della teoria semantica kuhniana dei termini empirici, Barnes formula una radicale conclusione:

Nulla può essere appreso fin da principio semplicemente con mezzi verbali […]. Ne deriva che tutti i sistemi di conoscenza empirica si devono basare su relazioni di somiglianza apprese, trasmesse mediante ostensione o dimostrazione pratica, e che ciò a cui si riferisce ogni termine dato in un tale sistema non può mai essere caratterizzato senza riferirsi a relazioni di somiglianza apprese, in altri termini ad aggregati finiti di esempi accettati di quei termini. La conoscenza è in ogni suo aspetto convenzionale103.

Le implicazioni della posizione semantica di Barnes – che egli chiama finitismo – hanno una vasta portata. Sostenere che il significato di ogni termine utilizzato da una teoria viene appreso in modo ostensivo equivale ad affermare che l'inclusione di un oggetto in una specifica classe dipende da una decisione convenzionale di carattere sociale e collettivo.

Riassumendo, l'applicazione di un concetto è argomento di giudizio a livello individuale, e di accordo a livello collettivo; non ha limiti precisi ed è sottoponibile a revisione. Non esiste nulla nella natura delle cose, del linguaggio o della consuetudine passata che determini il modo di utilizzare, e di utilizzare correttamente, i termini di cui disponiamo104.

In questo senso non sono i fatti a stabilire se la classificazione è avvenuta correttamente. Ad esempio se la comunità linguistica alla quale apparteniamo dovesse cominciare a chiamare "anatra" la nostra auto, noi saremmo costretti dal carattere istituzionale del linguaggio che utilizziamo a fare lo stesso.

Barnes mostra le differenze tra la propria posizione e la posizione estensionalista "classica" attraverso un diagramma (fig. 1.1.). Inoltre, utilizzando una efficace raffigurazione grafica, riesce a rappresentare l'influenza degli interessi nello sviluppo dei concetti (fig. 1.2.).

Fig. 1.1. Differenze tra la semantica estensionale e il finitismo

Fig. 1.2. Sviluppo dei concetti e ruolo degli interessi.

Il finitismo si inserisce nella prospettiva aperta dalla tesi dell'incommensurabilità e dalla dimensione ontologica delle teorie scientifiche: anche in questo caso infatti, le teorie non descrivono il mondo, piuttosto costituendosi come reti o quadri concettuali lo strutturano e lo costruiscono. Il rifiuto di una concezione "descrittiva" delle teorie, unita all'abbandono del modello ipotetico-deduttivo classico, deriva – in questo caso specifico – dall'adozione di una concezione "modellistica" delle teorie105. Teorie e modelli non sono costituiti da una serie di

postulati da cui è possibile dedurre una serie di enunciati controllabili empiricamente, al modo dei sistemi assiomatizzabili deduttivamente chiusi. Piuttosto essi rappresentano una rete concettuale alla quale si può attingere per ridescrivere ciò che si è già sperimentato e osservato. Si opera prendendo una rete di concetti consolidata per descrivere situazioni familiari, e la si utilizza per ridescrivere un insieme di situazioni nuove. Lo slittamento (shift) linguistico – che non riguarda l'intera rete ma solo un'area specifica di essa – non può essere predetto in alcun modo. In questo senso lo slittamento è assurdo, poiché non disponiamo di regole istituzionalizzate grazie alle quali è possibile comprendere logicamente la ridescrizione. Non vi è quindi alcun rapporto logico tra teorie successive; e non solo non è possibile prevedere le implicazioni di una teoria, non è nemmeno possibile comprendere logicamente la teoria in modo esaustivo106. In questo senso il finitismo incorpora una

105 In questo caso Barnes richiama esplicitamente il lavoro di M. Hesse. Cfr. Hesse (1974; 1980).

106 Quest'ordine di riflessioni è stato affrontato anche da Black (1962). Questo testo, così come i due di Hesse, viene continuamente citato da Barnes.

specifica immagine dell'impresa scientifica: il lavoro dello scienziato si identifica con l'estensione creativa delle rete concettuale. In primo luogo l'estensione della rete si esplica attraverso un processo di modellizazione (modeling) o analogia (analogy): la produzione della nuova conoscenza scientifica consiste nel ricondurre analogicamente l'ignoto al noto. In secondo luogo tale processo è aperto (open-ended): l'estensione delle teorie scientifiche può seguire un numero indefinito di differenti direzioni, non c'è niente che possa fissare il suo futuro sviluppo. La dimensione aperta che caratterizza questo modello crea un problema: come deve essere intesa la strategia di chiusura, il processo in base al quale si può raggiungere consenso intorno all'estensione della conoscenza scientifica?

Il finitismo risponde a queste due domande concentrandosi su due aspetti della dimensione sociale della conoscenza scientifica: 1) l'aspetto strumentale della conoscenza scientifica, 2) l'azione degli scienziati. Nello specifico gli scienziati si servono delle credenze scientifiche – a loro volta strutturate in reti concettuali più o meno complesse – come strumenti che possono servire interessi personali, di gruppo e di classe. L'introduzione del concetto sociologico degli interessi serve a risolvere il problema della chiusura in due modi: innanzitutto gli attori estendono la cultura scientifica solo nella direzione coerente con i propri interessi, in secondo luogo gli interessi svolgono la funzione di standard ai quali le reti concettuali devono conformarsi. Come abbiamo notato nei casi storici analizzati sopra una valida estensione della rete è quella che meglio si conforma agli interessi contingenti delle classi sociali dell'epoca e si dimostra più adatta a servire i loro scopi in quel dato e specifico contesto sociale.

Il carattere convenzionale della conoscenza deriva dall'estensione della teoria semantica kuhniana a tutti i termini che compaiono nelle teorie scientifiche, siano essi di ordine empirico o di ordine teorico. Barnes non sembra preoccuparsi troppo della correttezza filosofica e filologica della propria interpretazione del lavoro di Kuhn; e questo perché tale lavoro "dà sostegno a una posizione finitista e ci pone in condizione di vedere come la conoscenza possa essere compresa in modo sociologicamente così interessante"107. La

superficialità con cui Barnes si limita a riprendere ed utilizzare la teoria semantica kuhniana dei termini empirici non dovrebbe stupirci. Come abbiamo notato in precedenza, i sociologi del Programma Forte utilizzano spesso a proprio piacimento – e cioè senza fornire alcuna giustificazione – tesi epistemologiche che sottolineano la dimensione sociale della

conoscenza.

Anche Bloor adotta senza alcuna riserva la teoria semantica del finitismo. In un libro su Wittgenstein108 caratterizza il finitismo come:

la tesi secondo cui il significato di una parola non determina le sue future applicazioni. Lo sviluppo di un gioco linguistico non è determinato dalle sue anteriori forme verbali. Il significato è creato dall'uso. Come una città, esso è costruito "nel suo farsi" […] L'etichetta di "finitismo" è appropriata perché dobbiamo pensare che il significato può estendersi fino, ma non oltre, la gamma finita di circostanze in cui una parola è usata109.

Ed allo stesso modo di Barnes, individua il proprio obiettivo polemico nella concezione "estensionalista" del linguaggio.

Il cuore della teoria rivale [del finitismo] risiede nell'idea che ai predicati sia associata una "classe di riferimento" o "estensione". L'estensione di una parola è la classe che contiene tutte le cose nei confronti delle quali tale parola può essere correttamente predicata. L'estensione della parola "acqua" è ogni cosa, conosciuta o meno, che può essere chiamata acqua senza incorrere in errore110.

In logica e filosofia del linguaggio si è soliti distinguere tra intensione ed estensione di un termine, di modo che il significato di un termine assume una posizione ambigua tra queste due distinzioni. L'intensione di un termine si identifica con una descrizione di un insieme di caratteristiche; l'estensione con la classe di oggetti fisici a cui le descrizioni si riferiscono. Il finitismo non rappresenta l'unica alternativa possibile alle teorie estensionali del significato. Ad esempio secondo le teorie "descrittive" del significato l'intensione determina l'estensione; una volta che si è appresa la definizione di un termine, la classe degli oggetti fisici da essa

108 Anche il "secondo" Wittgenstein viene spesso indicato dai sociologi come uno dei padri del finitismo. Nonostante vi sia una chiara dipendenza tra l'idea del significato come "uso" e la concezione semantica del finitismo, pure in questo caso il rigore filologico e filosofico dell'interpretazione di Bloor è poco pertinente. Il testo dedicato al filosofo viennese pare più una introduzione alla sociologia della scienza che una interpretazione filosofica del suo pensiero.

109 Cfr. Bloor (1983), p. 25. 110 Cfr. ibidem.

denotata assume una consistenza completamente indipendente. In questo senso le teorie descrittive rappresentano una alternativa "intensionale" alle teorie estensionali del significato. Al di là della varietà delle concezioni "descrittive" del significato111, tutte

presentano un medesimo tratto comune: se il significato di un termine risiede in una o più descrizioni, allora il significato dipende da ciò che crediamo. Prendiamo il termine "atomo". Ovviamente questo termine ha una sua storia: esso compare nelle teorie atomiste di Democrito, nella teoria atomica di Dalton e nella teoria dei quanti. Dal momento che nel corso dei secoli le credenze riguardo all'atomo sono mutate, il termine "atomo" ha assunto differenti significati: sarebbe praticamente impossibile tentare di fornire una descrizione dell'atomo comune alle teorie degli atomisti, di Dalton, e della fisica contemporanea. La varianza di significato, come abbiamo visto in precedenza, presenta dei seri problemi filosofici112. Se le descrizioni del termine "atomo" fornite da Democrito, da Dalton e dai

fisici contemporanei sono differenti, allora ciò significa che essi stanno parlando di cose differenti. Ma se stanno parlando di cose differenti non si vede come sia possibile stabilire un rapporto di rivalità tra le tre differenti teorie che sostengono.

La tesi dell'incommensurabilità ha spinto i filosofi del linguaggio a trovare delle alternative alle teorie "descrittive" del significato. Alcuni – come S. Kripke e H. Putnam – hanno sostenuto che il significato dei termini non ha niente a che fare con le credenze113; D.

Davidson, per contro, ha negato che si possano avere dei mutamenti radicali di credenze114.

Al contrario di quanto si potrebbe pensare Barnes e Bloor non si inseriscono in questo ordine di considerazioni. Essi si limitano ad affermare che il finitismo è interessante da un punto di vista sociologico, pertanto deve essere accettato da coloro che vogliono fornire una analisi sociologica del sapere scientifico. Anche in questo caso assistiamo alla medesima strategia illustrata nel paragrafo precedente: i sociologi utilizzano risorse argomentative di origine filosofica senza fornire alcuna giustificazione indipendente dal tipo di dimensione sociale della scienza da essi sostenuta. Certo, la teoria semantica del finitismo, così come viene elaborata da Barnes e da Bloor, sembra legittimare l'introduzione di categorie sociali per spiegare la scelta di alternative coerenti con l'evidenza empirica; inoltre essa pare del tutto

111 In questo senso si possono distinguere almeno due alternative: 1) il significato di un termine consiste in una unica descrizione, oppure 2) il significato di un termine risiede in una molteplicità di descrizioni. La prima alternativa viene adottata da Frege (1892) e Russell (1905), la seconda da Searle (1970).

112 Cfr. Cap. 2.

113 Si tratta della Causal theory of meaning. Cfr. Putnam (1975), Kripke (1980).

114 Cfr. Davidson (1973). In questo testo Davidson cerca di dimostrare l'incoerenza dell'idea di intraducibilità, ed i limiti logici della nozione di schema concettuale.

coerente con la spiegazione causale delle credenze invocata dai loro principi metodologici. Tuttavia l'argomento filosofico del finitismo è circolare: la dimensione sociale della conoscenza scientifica giustifica il finitismo, e contemporaneamente il finitismo giustifica la dimensione sociale della conoscenza.

Al di là di questo problema, il finitismo ha un indiscusso merito. Esso introduce nelle discussioni semantiche una categoria pratica in grado di spiegare le varianze di significato. Questa mossa – che si integra in modo del tutto coerente con la prospettiva di una epistemologia descrittiva avanzata per la prima volta dalle filosofie della scienza di stampo storicista – imprime una svolta decisiva ai metodi di analisi della scienza, allargando il campo d'interesse dell'epistemologia da una sfera puramente concettuale ad una sfera pratica. La scienza, in quanto praxis, necessita di metodi di indagine che vadano al di là di una descrizione storica dei concetti, dei vocabolari e delle teorie da essa impiegati. L'analisi del lavoro degli scienziati "sul campo" non può limitarsi ad una disamina degli strumenti concettuali utilizzati, piuttosto deve essere integrata da una vera e propria teoria dell'agire.

Nei paragrafi precedenti abbiamo avuto modo di illustrare i principi metodologici dei sociologi della Scuola di Edimburgo individuandone i limiti e le novità. Abbiamo visto che lo statuto di scientificità della sociologia della scienza non è plausibile e che le conseguenze filosofiche dei principi metodologici sono facilmente criticabili. Inoltre le tesi filosofiche invocate per difendere e sostenere il Programma Forte – anche quando compatibili con il programma stesso – non lo supportano in modo efficace. Tutto ciò, a nostro parere, è sufficiente per concludere che la via tracciata dalla Scuola di Edimburgo non merita di essere percorsa.

Per quasi tutti gli anni Settanta, il panorama della sociologia della conoscenza è abbastanza facilmente riconoscibile negli sviluppi di due principali scuole: quella di Edimburgo e quella di Bath. Questa seconda scuola – sviluppata da H. M Collins e dai suoi collaboratori T. J. Pinch, G. D. L. Travis, A. Pickering e B. Wynne – per quanto si possa considerare uno sviluppo del Programma Forte con qualche importante modificazione, ha spostato l'attenzione della sociologia della scienza dalle macrovariabili sociali che influenzano le credenze scientifiche e da una indagine di tipo storico-sociologico, verso una analisi della scienza "attuale" e del processo sociale della costruzione della conoscenza scientifica. Dal momento che questo orientamento si presenta come una seria alternativa al Programma Forte, ci pare necessario dedicarvi un po' di spazio. Questo ci permetterà inoltre

di comprendere quelle varianti microsociologiche e costruttiviste che, insieme al Programma Forte, hanno sferrato un deciso attacco alla validità ed operatività dei fattori epistemici.