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Dal laboratorio alla società Latour e l'Actor-Network-Theory

Indubbiamente la metamorfosi che conduce a trasformare una asserzione (una pretesa di

56 Woolgar afferma che "le teorie e le descrizioni del mondo, i risultati sperimentali e le interpretazioni dei fenomeni sono tutte sottodeterminate dai fatti del mondo naturale. […] [Ciò] costituisce la base degli studi sociali costruttivistici della scienza". Cfr. Woolgar (1983), p. 244. Allo stesso modo Knorr-Cetina nota che "vi sono varie linee argomentative comunemente citate in sostegno della nuova sociologia della conoscenza scientifica. Esse possono essere sintetizzate nel migliore dei modi con la tesi che le teorie scientifiche sono sottodeterminate rispetto all'evidenza". Cfr. Knorr-Cetina e Mulkay (1983), p. 3.

conoscenza) in un solido "fatto" scientifico (che tuttavia come sappiamo può essere sempre messo in discussione, almeno in via di principio) non può terminare in laboratorio. I fatti che sono stati costruiti in laboratorio devono essere portati fuori, cioè "trasferiti", e "valere" presso differenti udienze e contesti, a cominciare dagli altri scienziati e laboratori, ma anche da parte di utilizzatori che decidono di incorporarli in artefatti tecnici. Solo superando il fossato che divide le negoziazioni di laboratorio dalla società più ampia, possiamo dire che i fatti scientifici si "stabilizzano" come vere e proprie costruzioni sociali inserite nel fondo delle conoscenze accettate.

Per la visione comune della scienza questo passaggio non costituisce un problema. La verità della scienza spiega ogni cosa. Essa è riconosciuta valida universalmente, indipendentemente dai contesti che l'hanno prodotta, perché corrisponde alla realtà. Rappresenta un problema invece per i costruttivisti che non formulano ipotesi circa corrispondenza o realtà. Inoltre ciò li obbliga ad estendere la loro problematica ben oltre il laboratorio, in un ambito di problemi meno naturalmente congeniali ad un approccio microsociologico che ha sottolineato il carattere locale e contingente (contestualizzato) delle operazioni scientifiche.

Qui ci soffermeremo sulla risposta che a questo problema fornisce Latour nel libro Science in Action, perché la sua rappresenta la risposta più affascinante, anche se certamente discutibile, a proposito. Latour conia anche un termine per definire il nuovo dominio di analisi: tecnoscienza. Scienza e tecnologia vengono considerate in maniera strettamente parallela come pratiche guidate da un orientamento tecnico strumentale. Con il termine di tecnoscienza egli si riferisce a tutti gli elementi, per quanto apparentemente estranei o imprevisti, che intervengono nell'attività che produce conoscenze scientifiche o tecnologiche. La tecnoscienza è descritta da Latour con le caratteristiche di 1) un network, che connette insieme elementi eterogenei, umani e non umani; ed in base a 2) un modello d'azione conflittuale che si lascia alle spalle molte delle assunzioni "consensualiste" circa il funzionamento della scienza.

L'imperativo di Latour è che le pretese di conoscenza (asserzioni) si trasformano in fatti nelle mani di altri utilizzatori. La loro solidità non si basa su qualità cognitive intrinseche ma sul fatto di essere accettate o no e soprattutto incorporate in altre asserzioni, cioè utilizzate da altri ricercatori. Il successo di una asserzione è la sua sopravvivenza (nelle mani di altri). Solo questa occorrenza stabilizza una asserzione in un fatto della scienza. Latour espone tale

imperativo in quella che chiama "seconda regola metodologica":

Per stabilire l'oggettività o la soggettività di un'asserzione, e l'efficienza o il grado di perfezione di un meccanismo, non dobbiamo cercare le loro qualità intrinseche, ma tutte le trasformazioni che seguiranno in seguito nelle mani di altre persone57.

Il modello che Latour propone è quasi-darwiniano. Latour non lo qualifica così ma il paragone senza dubbio aiuta a capire il suo procedimento. Le asserzioni o pretese di conoscenza costituiscono nello scenario darwiniano una popolazione di varianti. Devono superare in primo luogo la soglia dell'attenzione (e molte non vi riescono) ed in seguito competere con affermazioni alternative che le minacciano e sopravvivere alle dispute che ad ogni momento ne possono compromettere l'esistenza. Sono cioè esposte – in un linguaggio darwiniano – ad un ambiente selettivo. Solo alcune superano la sfida: essere incluse negli interessi, nella pratica e nella conoscenza di altri attori e in tal modo riuscire a stabilizzarsi. Il modello però è quasi-darwiniano perché l'incontro tra popolazione di varianti (le asserzioni e in generale i prodotti del laboratorio) e ambiente selettivo, non è cieco o casuale come in Darwin; c'è interazione tra di essi. Gli scienziati infatti, sono partecipanti attivi ed interessati nei tentativi per accrescere la possibilità di sopravvivenza delle loro affermazioni.

Gli scienziati, per esempio, possono in parte anticipare le risposte selettive modificando le proprie strategie di ricerca in modo da incorporare caratteristiche dell'ambiente nei propri risultati. Si tratta di negoziazioni e decisioni che vengono prese in laboratorio ma tengono conto di interessi e di relazioni che vanno al di là del laboratorio e della stessa comunità scientifica per includere, per esempio, agenzie di finanziamento, clienti, investitori industriali, politici e ministeri rilevanti oltre ad una varietà di altri soggetti.

Questa idea di una rete di risorse, che entra nelle decisioni di laboratorio e nella costituzione degli oggetti scientifici, viene ampliata da Latour che ne fa il centro del suo programma teorico ed empirico. In lui, tuttavia, la tecnoscienza si colora di valenze più spiccatamente conflittuali, modellate sulla politica. Per Latour scienziati ed ingegneri sono impegnati in azioni strategiche per modificare l'ambiente di selezione in modo da facilitare la sopravvivenza delle proprie asserzioni scientifiche o dei propri artefatti tecnologici. Egli

scruta con attenzione l'azione del protagonista della tecnoscienza, lo scienziato-ingegnere, per scoprirne le mosse. Chiudere vittoriosamente una controversia tecnico-scientifica richiede un formidabile cumulo di forze. Per questo la tecnoscienza è vista come una sorta di lotta politica che vede scienziati ed ingegneri impegnati ad estendere la loro base di potere.

Latour ci descrive come lo scienziato-ingegnere mobilita risorse e accumula forze nel corso di una ipotetica controversia scientifica che lo contrappone ad un tenace obiettore che contesta le sue affermazioni. Un primo modo con cui lo scienziato può difendere le sue tesi è di sostenerle facendo riferimento alla letteratura. Ecco i suoi primi alleati: tanti autori, tanti papers, tanti libri. L'articolo scientifico, in cui lo scienziato presenta le sue tesi, è d'altronde già organizzato a questo scopo come uno strumento retorico che trasforma la precedente letteratura a suo vantaggio. Egli può anche difendere le sue tesi arruolando sul suo fronte tutti coloro che hanno citato il suo articolo. L'obiettore ora può convincersi oppure alzare la posta e dichiararsi non convinto. Deve però sapere che ad ogni rilancio il costo dell'obiezione aumenta. Il dibattito diventa sempre più tecnico e l'obiettore, che a questo punto non può più essere un signore qualsiasi ma solo un altro scienziato, deve ora seguire l'autore dell'articolo nel suo laboratorio.

Nel laboratorio l'autore-scienziato ha pronti altri alleati: tecnici, strumenti sofisticati, procedure complesse, protocolli di ricerca, iscrizioni, tabelle, campioni di sostanze, culture di microbi o di cellule, ma anche leggi e pezzi di teoria che sostengono i suoi esperimenti. Una montagna di dettagli tecnici difficili da maneggiare. Ora l'autore può parlare, ad esempio, di endorfina indicando le iscrizioni che compaiono da un fisiografo, o di neutrini solari mostrando le tracce in uscita da giganteschi strumenti collocati in una galleria sotto il Gran Sasso. La forza proviene dal fatto di essere portavoce di molte persone e cose concatenate insieme, di rappresentare un network che allinea una lista eterogenea di risorse e di alleati a sostegno delle sue tesi.

La strategia dell'autore è chiara: quanto più alleati di questo tipo sono mobilitati a sostegno di una pretesa di conoscenza, tanto maggiore è il prezzo del dissenso e minore il numero dei possibili oppositori.

Il prezzo del dissenso cresce notevolmente ed è inversamente proporzionale al numero di persone in grado di tenerlo vivo. È un prezzo interamente stabilito dagli autori a cui desideriamo contrapporci. Gli

scettici non possono essere da meno degli autori e, pertanto, devono raccogliere più forze per sciogliere il legame tra i portavoce e le relative tesi58.

L'onere della prova si sposta gradualmente dalla parte dell'obiettore che ora non deve più confrontarsi con lo scienziato e le sue asserzioni ma con una formidabile rete di supporto. Egli dovrebbe contestare teorie, strumenti, pratiche scientifiche e competenze, tutte cose molto difficili da decostruire. Per questo dovrebbe inoltre essere in grado di riunire strumenti, uomini, competenze, almeno paragonabili a quelle dell'autore per contestarlo su questo terreno.

Secondo Latour le asserzioni vengono trasformate in fatti scientifici (o in artefatti tecnici) assumendo il controllo di un network di alleati e di risorse che rende difficile o costoso l'onere di obiettare a queste risorse. Ma la partita non si limita ad uno scontro di potere interno alle comunità scientifiche. Le forze mobilitate, che includono laboratori, strumenti, risorse, richiedono una cerchia di alleanze ben più estesa. La tecnoscienza allarga le reti che lo scienziato deve essere in grado di controllare. Il network di alleanze e di risorse che viene in tal modo costruito, è una rete eterogenea che riunisce una quantità di elementi differenti; il che rende la questione se essi siano "scientifici", "economici" o "politici", priva di significato.

Qui, all'interno delle reti, scienziati e ingegneri fanno circolare meglio tracce di ogni tipo aumentando la loro mobilità, velocità, affidabilità e capacità di combinarle. Sappiamo anche che tali reti non sono composte di materiale omogeneo ma, al contrario, devono intessere una molteplicità di elementi diversi che rendono trascurabile la questione se siano 'scientifici', 'tecnici', 'economici', 'politici' o 'generali'59.

Dietro i prodotti della tecnoscienza ci sono, e dobbiamo imparare a vedere, le reti eterogenee che li sostengono. Questi prodotti valgono e durano tanto quanto durano e sono solide le reti che li compongono.

Latour dice che anche i network vengono costruiti attraverso processi di "traslazioni" e di

58 Cfr. Latour (1987), trad. it. p. 104. 59 Cfr. Latour (1987), trad. it. pp. 312-313.

"arruolamento". Il concetto di traslazione è un importante operatore nel dispositivo concettuale di Latour. Esso sta a significare le operazioni che stabiliscono legami tra entità in un network. Qui Latour non fa che estendere fuori dal laboratorio il meccanismo di "traslazioni" che abbiamo visto operare al suo interno: strumenti che si convertono in tracce, tracce in iscrizioni, e infine iscrizioni in asserzioni. Una catena che rappresenta un processo continuo di trasformazioni e riadattamenti in cui i passaggi non sono mai dati per scontati. Solo l'unità della catena, conferendo continuità a questi passaggi, consente di stabilire quell'equivalenza fra i due estremi che permette ad una asserzione di rappresentare e di farsi portavoce dei fatti, alla scienza di rappresentare la natura.

Al di fuori del laboratorio, la nozione di traslazione si collega ai processi di reclutamento e di cooptazione messi in moto per estendere il network di sostegno e di circolazione della scienza. Gli scienziati possono identificare e catturare il supporto di "alleati" cercando di stabilire equivalenze fra quelli che sono gli scopi del laboratorio e gli scopi di altre persone, persuadendole che esse possono risolvere meglio i loro problemi attraverso la ricerca del laboratorio. Mediante questo processo di traslazione di interessi, lo scienziato coopta e recluta gli alleati presentando il suo laboratorio come "punto di passaggio obbligatorio" per gli scopi di altri attori. Nel processo di traslazione diventa essenziale il concetto di traduzione degli interessi, ovvero "l'interpretazione data dai costruttori di fatti dei propri interessi e delle persone reclutate nell'impresa''60. Il reclutamento di "alleati" avviene grazie

ad una mediazione tra gli "interessi" dello scienziato e quelli dei suoi possibili alleati.

Così, sebbene le differenze di interessi, poniamo, fra un Pasteur che scruta microbi in un disco di Petri nel suo laboratorio parigino ed un contadino allevatore della Bauce siano enormi, Latour ci spiega che il primo è stato in grado di convincere i contadini – ma anche i veterinari, che fino a quel momento non si erano mai curati della ricerca che si svolge in un laboratorio di biologia – che il solo modo per risolvere la piaga dell'antrace negli allevamenti "fosse quello di andare a trovarlo nei suoi laboratori presso l'Ecole Normale Supérieure di Rue d'Ulm, a Parigi"61. Il laboratorio diventa il centro di un network di forze "arruolate" e

"controllate". La forza di Pasteur è quella di riuscire ad essere portavoce di altri interessi62.

Pasteur tuttavia, può fare ciò solo se nello stesso tempo è in grado di farsi portavoce anche delle sue culture di batteri attenuati dai quali è possibile produrre un vaccino. Se egli

60 Cfr. Latour (1987), trad. it. p. 145. 61 Cfr. Latour (1987), trad. it. p. 164.

non fosse riuscito a far cooperare e controllare i suoi microbi e ottenere successo – non fosse stato in grado cioè di rappresentare adeguatamente63 la natura – l'intero network si

dissolverebbe. La morale per Latour è che se la rete non si comporta in modo coerente in tutta la sua estensione ed eterogeneità delle sue componenti, l'organizzazione delle interazioni e delle traslazioni che la compongono svanisce. Batteri, contadini, scienziati e veterinari andrebbero per strade differenti rompendo l'ordine del network. Al contrario quest'ultimo si stabilizza e si consolida, in modo anche potenzialmente irreversibile, quando le sue componenti diventano maggiormente interdipendenti e complementari.

Come si può vedere, in quest'ottica, gli interessi assumono una connotazione completamente differente rispetto a quelli chiamati in causa dalla spiegazione sociologico- causale del Programma Forte. In quel caso infatti, il sociologo deve guardare agli interessi contingenti delle classi sociali dell'epoca e alle teorie scientifiche più adatte a servire i loro scopi in quel dato e specifico contesto sociale. Per Latour una tale posizione è inammissibile; e questo perché il concetto sociologico di "classe sociale" – allo stesso modo dei "fatti" – è anch'esso il prodotto sociale di un network. In questo senso l'Actor-Network-Theory non è solamente uno strumento di analisi dell'azione costruttiva degli scienziati, ma è anche uno strumento attraverso il quale il discorso di Latour si fa ambiziosamente proiettato verso una riconcettualizzazione di categorie sociologiche e filosofiche, la cui portata va ben al di là delle premesse originarie del costruttivismo. Indubbiamente Science in Action modifica considerevolmente la problematica tradizionale della sociologia della scienza e apre il problema di chiarire dove esattamente si situi questo spostamento, in quale direzione esso conduca, e se debba essere considerato come un passo nella giusta direzione.

A nostro avviso il punto centrale degli ultimi sviluppi del lavoro di Latour è costituito dall'affermazione che il destino di un fatto scientifico o di un artefatto tecnico sta nelle mani dell'ultimo dei suoi utilizzatori. Il compito che viene assegnato all'analista è di attendere e vedere ciò che accade. Si devono seguire le strategie che gli scienziati mettono in opera e constatare – quando ormai un'asserzione si è trasformata in un "fatto" – come sono andate le cose: come una controversia si è chiusa, come un oggetto di conoscenza o un artefatto tecnico si è costituito. Ciò che è rigorosamente tenuto fuori da questo dispositivo analitico è il riferimento al contenuto concettuale di conoscenza o alle caratteristiche intrinseche dell'oggetto scientifico o tecnologico: nel modello dell'Actor-Network-Theory questi aspetti

63 Ovviamente non ci si vuole qui riferire ad una rappresentazione "descrittiva" della natura, ma piuttosto alla capacità da parte di Latour di traslare anche gli interessi degli elementi non umani, e cioè dei microbi.

non sono influenti per capire come procede la scienza.

In contrasto con la precedente tradizione di studi della scienza è netto. Gli studi della scienza, inclusa la sociologia della scienza, nello spiegare il perché alcune asserzioni vengono accettate ed altre no prendono direttamente in esame i contenuti delle asserzioni e delle teorie scientifiche64. I realisti lo fanno perché formulano ipotesi di corrispondenza fra le

rappresentazioni della scienza e il mondo naturale per spiegare come gli scienziati raggiungono un accordo su questioni di fatto. Latour, in sintonia con la tradizione sociologica precedente, rifiuta questa posizione ma, contrariamente a ciò che accade ad esempio con il Programma Forte, qui non troviamo neppure ipotesi sociologiche che cerchino di stabilire delle relazioni tra determinate interpretazioni della natura e relazioni sociali o forme culturali. Né egli mostra attenzione ad analizzare le caratteristiche del ragionamento scientifico, un tema che come abbiamo visto costituisce un interesse preminente per costruttivisti come Knorr-Cetina.

Latour, semplicemente, non è interessato ad analizzare il contenuto concettuale delle conoscenze scientifiche e ad entrare nel gioco che si apre fra la flessibilità delle interpretazioni e ipotesi sociologiche che spiegherebbero la chiusura delle controversie, nella linea del Programma Forte e soprattutto della Scuola di Bath. Il suo punto di vista è alquanto radicale e coerente nell'adottare un approccio che intende limitarsi a seguire in modo disincantato le mosse degli scienziati senza assegnare rilievo a questioni che riguardano il contenuto concettuale delle loro affermazioni o i conflitti e le negoziazioni interpretative. Un'asserzione si trasforma in un fatto scientifico attraverso il controllo di un network. Ciò che interessa Latour sono gli aspetti dell'attività scientifica come le iscrizioni, i processi discorsivi e testuali, i network di traslazioni e traduzioni, le reti di sostegno e di risorse. Processi cioè che, senza coinvolgere direttamente i contenuti concettuali o le qualità delle conoscenze, ne permettono la circolazione e la stabilizzazione.

Non senza ragione si è parlato di una "svolta semiotica" che accompagna la scomparsa in Latour di interesse per gli aspetti contenutistici, concettuali ed interpretativi della scienza. Questa svolta è rintracciabile nell'uso che Latour fa di una terminologia di origine semiotica – come "attante" "portavoce" "delegazione", ecc.65. Una svolta senza dubbio legittima ed

anche fruttuosa, come mostrano molte penetranti analisi da lui condotte. Il pericolo è che la pratica della scienza venga ridotta ad operazioni letterarie e strategie politiche, e questo

64 Cfr. De Vries (1988), p. 9.

sembra proprio essere il crinale verso il quale muove Latour.

Indubbiamente il punto che manifesta in maniera concentrata il radicalismo filosofico dell'actor-network theory è rappresentato dal principio di "supersimmetria" (o "simmetria generale") e dalla lotta contro ogni tipo di dualismo . Come sappiamo Bloor, e con lui tutta la Scuola di Edimburgo, ha applicato un approccio simmetrico, cioè relativistico, all'analisi del dualismo vero-falso, razionale-irrazionale, rifiutando alla scienza una posizione epistemologica privilegiata. Latour generalizza il relativismo epistemologico di Bloor, estendendo il principio di simmetria in modo da dissolvere tutta una serie di dicotomie standard che hanno dato forma al pensiero occidentale, a cominciare dalla grande barriera66,

così come egli la chiama, tra natura e società, umani e non-umani, soggetto e oggetto, interno e esterno, sociale e cognitivo, micro e macro-analisi.

Latour vede nel dualismo tra natura e società, come in tutti i dualismi, il risultato di un processo di negoziazione fra attori sociali piuttosto che un dato metafisico iniziale che può venire dato per scontato. In ogni caso le conseguenze che ne trae sono radicali, come mostrano queste altre due regole di metodo67:

Terza regola di metodo: poiché la risoluzione di una controversia è la causa della rappresentazione della Natura, e non la conseguenza, non possiamo mai usare tale conseguenza, la Natura, per spiegare come e perchè una controversia è stata risolta.

Quarta regola di metodo: poiché la risoluzione di una controversia è la causa della rappresentazione della Società, e non la conseguenza, non possiamo mai usare tale conseguenza, la Società, per spiegare come e perchè una controversia è stata risolta.

Queste regole ci impongono il divieto sia di usare spiegazioni "realiste" sia spiegazioni "sociologiche" per dar conto della stabilità dei fatti scientifici e degli artefatti tecnici. E tanto meno di combinare due "riduzionismi" di segno opposto utilizzando insieme i due tipi di spiegazioni. La risposta di Latour – che parlerà di "irriduzionismo"68 – costituisce in pratica

66 Cfr. Latour (1987), trad. it. pp. 284-288. Latour approfondisce questo concetto, da un punto di vista storico-