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Censura di guerra e segreto militare in Italia

SECONDA PARTE

CAPITOLO 4: CORRISPONDENZA E CENSURA POSTALE

4.2 Censura di guerra e segreto militare in Italia

Quando il soldato scriveva a casa voleva rassicurare i familiari, far sapere loro dove e come si trovava. Oltre ai fatti privati, inevitabilmente venivano trasmesse alcune informazioni indiscrete, da cui si sarebbero potuti desumere avvenimenti e dati bellici di interesse più ampio: i pochi indizi sugli spostamenti della propria truppa potevano costituire una preziosa fonte di informazioni strategiche per i nemici. Inoltre la notizia di sconfitte, ferimenti e decessi poteva incidere negativamente sull'opinione pubblica.

In ogni guerra determinate rivelazioni sono temute e controllate dagli stati belligeranti: vi è la necessità di filtrare tutte quelle comunicazioni private che potrebbero danneggiare lo spirito delle forze operanti e del paese interno. Occorre una struttura complessa che soddisfi i criteri di efficienza e segretezza della mobilitazione: la censura della corrispondenza di guerra è una procedura ordinaria applicata alle comunicazioni postali per salvaguardare il segreto militare. Si vuole impedire che il nemico venga a conoscenza di informazioni riservate per l'andamento del conflitto in corso, pertanto si elimina dalla

corrispondenza dei combattenti ogni riferimento a dislocazioni, spostamenti, tipo e quantità di armi e equipaggiamento.

In diversi periodi storici e a varie latitudini diversi stati belligeranti sono ricorsi alla censura e ne hanno allestito l' organizzazione facendo riferimento ai precedenti conflitti oppure ispirandosi a servizi postali di più solida esperienza. In Italia la prima struttura di posta e censura militare italiana è stata organizzata

ex novo in occasione del primo conflitto mondiale, prendendo a modello gli

ordinamenti in uso negli eserciti austro-tedeschi7. Il Regio Decreto nº689 del 23 maggio 1915 sanciva la nascita di una censura postale totalitaria e repressiva riguardante non solo la corrispondenza diretta e proveniente dai militari ma anche quella tra civili sottoponendo tutto il Paese a gravi restrizioni sulla libertà di espressione. Data l'impossibilità di gestire agevolmente una massa di corrispondenza superiore alle aspettative, la censura postale civile venne prima ridotta ad una minima percentuale ed infine venne revocata il 20 luglio 1915 sopprimendo le commissioni civili di censura8. Le buste venivano aperte e ispezionate per accertare la presenza di scritte occulte, le lettere venivano lette e bollate con il numero distintivo del censore. Vigeva il divieto assoluto di diffondere informazioni relative alla forza, alla preparazione, alla difesa militare dello Stato, alla dislocazione e movimenti delle truppe. Costituiva reato denigrare l’esercito, i corpi militari e le operazioni di guerra o divulgare

7 Il Regio Decreto nº1513 del dicembre 1913 regolava la formazione del personale, la fornitura

del materiale necessario, l’allestimento dei vari uffici e le istruzioni relative al funzionamento pratico del servizio. Successivi decreti e adeguamenti normativi regolarono e perfezionarono il servizio.

8 Rimase in vigore la censura su tutta la posta proveniente e diretta ai militari, sulla

informazioni diverse da quelle dichiarate dal governo o dai comandi dell’esercito e notizie che potessero turbare l’ordine pubblico o danneggiare l’interesse collettivo. Se le parti incriminate erano di estensione ridotta, le frasi controindicate venivano cancellate con inchiostro di china; in caso contrario venivano rispedite al mittente oppure, in casi più gravi, trattenute per adeguati provvedimenti a cura delle autorità militari superiori. Dopo l'ispezione, le buste della corrispondenza destinata all'avvio venivano richiuse con apposite fascette di nastro gommato su cui era prestampata la scritta “verificato per censura”9.

Tutta la censura della corrispondenza diretta e in arrivo dai militari mobilitati veniva effettuata in percentuale variabile a seconda della provenienza10. Queste procedure avevano luogo presso l'“Ufficio Concentramento” di Bologna che rappresentò l'organo nevralgico del collegamento logistico postale italiano per tutta la durata del conflitto: qui avveniva la raccolta e lo smistamento del flusso postale tra l’Esercito e il Paese11. Diversi provvedimenti tentarono di alleviare la mole di lavoro, cui era sottoposto costantemente questo ufficio, apportando sostanziali e ripetute modifiche alla struttura dell'organizzazione censoria12. Nel 1915 l'intero disbrigo

9 Quando successivamente venne istituita la censura a livello reggimentale, i censori apposero

sopra la fascetta il proprio timbro personale e quello della zona di appartenenza.

10 L'Ufficio di censura di Bologna esercitava una parziale censura sulla corrispondenza diretta

dal paese all’esercito mentre la corrispondenza proveniente dal fronte fu pressoché totalitaria per tutta la durata del conflitto. B. Cadioli, A. Cecchi, La posta militare italiana nella prima guerra

mondiale, Roma, SME, 1978, allegato n. 3 p. 181 sgg.

11 La corrispondenza diretta ai soldati che le famiglie avevano spedito dagli uffici diposta civile

giungeva qui attraverso gli uffici postali provinciali, poi veniva smistata e inoltrata alle Direzioni postali d’Armata tramite collegamento ferroviario e quindi agli uffici postali delle varie Unità.

12 A supportarne il funzionamento si aggiunse temporaneamente l'ufficio di Concentramento di

Treviso per l'esame della corrispondenza militare e in seguito vennero istituite apposite commissioni di censura militare a Como, Novara e Sondrio.

della corrispondenza civile venne delegata ad apposite commissioni. «Il Ministro della Guerra incaricò i Prefetti d'Italia di organizzare specifiche commissioni provinciali, preposte al controllo sulla corrispondenza dei civili in tutto il territorio italiano: dei funzionari selezionati e degli ufficiali dell’esercito vennero incaricati di accertare che la posta non contenesse notizie riguardanti le forze, la preparazione e la difesa militare dello stato13». La sovrapposizione di enti e funzioni causava ritardi e disservizi, pertanto questa organizzazione venne presto gradualmente abolita14. Nell'agosto 1917 venne introdotta per i militari mobilitati la censura reggimentale, ovvero il controllo venne applicato per la prima volta alla corrispondenza in partenza, tramite “Commissioni di Censura Postale Militare” istituite presso ogni comando in possesso di proprio ufficio postale militare15.

Pur restando valide le linee direttive originarie, un susseguirsi di provvedimenti normativi tra loro contraddittori subentrarono a modificare ripetutamente il funzionamento del servizio e inasprire il controllo repressivo secondo sopraggiunte necessità. Occorreva garantire l'efficienza del servizio e regolare il flusso di corrispondenza in base alle mutate esigenze belliche di segretezza e di controllo dell'opinione pubblica: il flusso postale venne di volta in volta rallentato per evitare eccessivi contatti e influenze tra i combattenti e il

13 Loris Rizzi, Lo sguardo del potere. La censura militare in Italia nella seconda guerra

mondiale, 1940-1945, Milano, Rizzoli, 1984, p. 11.

14 Pur riducendo il controllo della corrispondenza civile, limitandosi al controllo di quella diretta

al fronte, la mole di posta corrispondenza si mantenne tuttavia alta: 30 milioni di civili e 5 milioni di militari erano difficilmente gestibili da un numero esiguo di censori.

15 Con il compito di censurare la corrispondenza in partenza, il personale delle commissioni

fronte interno, oppure agevolato affinché le mancate notizie non gravassero eccessivamente sul morale dei soldati16.

La censura svolse un ruolo fondamentale nella salvaguardia dei delicati equilibri politici e militari, supportata dalla struttura coercitiva che il Comando Supremo aveva allestito per imporre alla collettività un “modello esemplare” fatto di eroismo, patriottismo e spirito di sacrificio17. I censori inviavano periodicamente le loro segnalazioni al Servizio Informazioni, dipendente dal Comando Supremo, cui spettava il controllo dei contenuti; il Reparto Giustizia del Comando Supremo valutava infine l’opportunità di sanzioni disciplinari e gli eventuali provvedimenti penali. Il sistema coercitivo dei tribunali militari invariato per tutta la durata del conflitto fu esteso così anche alle rivelazioni scomode rintracciate nella corrispondenza militare: ad un limitato numero di accertamenti seguivano punizioni esemplari e sproporzionate alla gravità del reato. «Questo complesso sistema preventivo-repressivo prevedeva una giustizia militare dura e inflessibile, con iter procedurale molto rapido e condanne esemplari: la funzione preventiva-punitiva della giustizia militare era basata sull’uso strumentale della pena»18. Secondo una circolare emanata dal generale

16 Solo a titolo esemplificativo citiamo gli adeguamenti normativi datti nel giugno 1915 per la

creazione di un ufficio concentramento sussidiario a Treviso, dovuta la mole inattesa di corrispondenza. In seguito alla sfondamento di Caporetto, nel novembre 1917 l'Ufficio sussidiario di Concentramento di Treviso venne soppresso e i suoi compiti di controllo e smistamento vennero riassorbiti dall’Ufficio di Bologna.

17 La censura sulla stampa, i tribunali militari, l'inasprimento del Codice Militare e la

sorveglianza poliziesca sono solo alcune delle misure strumentali che riguardarono militari e civili.

18 Giovanna Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella grande guerra, Roma, Editori riuniti,

Cadorna la disciplina doveva essere ferrea perché la punizione servisse da «salutare esempio»19.

A partire dagli anni venti le procedure della censura postale relative al primo conflitto mondiale vennero recuperate e perfezionate dal governo fascista che le integrò in un complesso e progressivo sistema di indagine e controllo politico-poliziesco. Nel 1925 fu attivata la revisione postale degli Uffici di Statistica, un controllo segreto sulla corrispondenza effettuato dal Ministero dell'Interno tramite le varie prefetture che anticipava la duplice natura repressiva e informativa della censura postale fascista20. Il servizio statistica rimase attivo per quasi tutta la durata del conflitto e gli aspetti politici prevalsero a lungo su quelli militari fino al 1941, anno in cui le autorità militari si fecero avanti per assumere direttamente le basi dell'organizzazione21.

«Nell'agosto del 1930 una commissione interministeriale venne incaricata di elaborare «i compiti, le strutture e il funzionamento della censura in periodo bellico, affinché il servizio potesse al momento opportuno funzionare subito e senza inconvenienti di sorta»22. Sebbene «ufficialmente tale organizzazione non fu mai attivata prima della seconda guerra mondiale», a

19 Ibid., p.20.

20 La legge n° 969 del giugno 1925 oltre a formalizzare il piano di mobilitazione generale in

merito al “Servizio di revisione postale”, da adottarsi in Italia in caso di guerra, dava inizio alla prima censura postale civile occulta al fine di identificare i destinatari di stampa sovversiva antifascista. Inoltre venivano pescati dei campioni tra la corrispondenza scambiata con i paesi confinanti. La pratica della revisione della “posta sospetta” rendeva ancora più completo il progetto del regime fascista di stroncare le opposizioni attraverso il riconoscimento e la persecuzione degli antifascisti.

21 Venne soppresso il Controspionaggio Militare e Servizi Speciali e le pratiche relative alla

censura vennero assunte dal Servizio Informazioni Militari con conseguenti modifiche importanti per l'intera organizzazione.

22 A. Cignitti, P, Momigliano Levi, Ti racconterò tutto perché con la penna non posso

partire già dal 1935 vennero organizzati degli Uffici Censura Posta Militare presso gli Uffici di Concentramento e furono istituite delle commissioni censura presso i comandi di Grandi Unità in Africa Orientale e presso gli enti muniti di posta militare che operarono occultamente senza la pubblicazione di alcun decreto23. «A partire dalla campagna d'Etiopia operò in segreto una struttura organizzativa estremamente complessa, articolata e continuamente variata nel tempo, senza che si riuscisse mai a coordinarla adeguatamente, per l’evolversi della situazione politico-militare, le iniziative individuali degli alti comandi militari e coloniali e l’autonomia di cui godevano almeno in questo campo»24.

Solo quando i bombardieri tedeschi attaccarono la Polonia, l'Italia si affrettò a predisporre la censura. «Con i Decreti nº2247 e 2248 che istituirono formalmente la censura, furono formate commissioni provinciali di censura presso le direzioni postali composte di funzionari dell'Amministrazione dell'interno e alle dipendenze dei prefetti»25. I decreti in questione, denominati “Censura e controllo sui mezzi di comunicazione in tempo di guerra” e “Organizzazione del servizio di censura e di controllo sui mezzi di comunicazione in tempo di guerra” marcavano nettamente la grande differenza con la censura del primo conflitto bellico: la duplice dipendenza dal ministero

23 Cfr. B. Cadioli, A. Cecchi, La posta militare nella seconda guerra mondiale, cit, p 93. 24 B.Cadioli, La censura postale nella guerra italo-etiopica del 1935-36. Conversazione presso

l'Istituto Storico di Modena, 2011, p.5.

<http://www.memoriecoloniali.org/kcms/KWeb/ShowFile.aspx? tipoobj=E14C47EB3A734C1EA3D5E9D1F9299351&pkEntity = 08bb1048715a411d83c 2585d 3023c5cd,>.

[Ultima consultazione: 04/01/2014]

25 B.Cadioli, A.Cecchi, La posta militare italiana nella seconda guerra mondiale cit., p. 94.

Emanati il 12 ottobre 1939, il contenuto di questi decreti, non fu mai reso pubblico. La “Gazzetta Ufficiale” il 16 giugno 1940 si limitò a pubblicarne la notizia della avvenuta approvazione.

della Guerra per il controllo delle “zone di guerra” e dei prigionieri di guerra e dal ministero dell’Interno per il controllo della corrispondenza dei civili e dei militari nelle “zone territoriali”.

Il servizio di Censura di guerra sulla corrispondenza entrò ufficialmente in funzione su tutto il territorio nazionale tre giorni dopo l'entrata in guerra dell'Italia: la centralità logistica si trasferì dagli Uffici di Concentramento, cui rimase la funzione di smistamento della corrispondenza, alle Commissioni provinciali che divennero «l'ossatura portante di questo apparato di controllo»26. Sotto la dipendenza dei prefetti, le Commissioni erano presiedute da un funzionario civile del Ministero dell’Interno e ospitavano al loro interno una “Sezione Militare”, che divenne un organismo indipendente a partire dal 1942. Al loro interno lavoravano un numero variabile di ufficiali di complemento richiamati in servizio dal congedo e da una quindicina di censori civili accuratamente selezionati27. Per garantire maggior inflessibilità e miglior tutela del segreto epistolare alle diverse commissioni provinciali venivano assegnati censori provenienti da altre province che, assunti e pagati per invadere la privacy

26 L. Rizzi, Strutture, funzioni e risultati della censura sulla posta , cit., p. 526.

27 I censori della sezione civile si occupavano dello smistamento e controllo parziale della posta

proveniente e diretta a civili all'interno del territorio italiano. I censori in questione erano esclusivamente civili di sesso maschile e provenivano tutti dalla pubblica amministrazione: insegnanti, impiegati, avvocati e magistrati, tutti funzionari statali di provata fede fascista. La quantità di personale era proporzionale all'estensione geografica della provincia e alla quantità di corrispondenza in circolo nella provincia e tuttavia non sempre adeguato al carico di lavoro a cui i membri erano effettivamente sottoposti. Le richieste dei prefetti di fornire ulteriore personale aumentare, indirizzate al Comando Difesa Militare Territoriale, rimanevano spesso inascoltate.

e mutilare la corrispondenza di pensieri e opinioni personali, dovevano assolvere il proprio compito con zelo e discrezione28.

La censura veniva effettuata “in arrivo” nelle province di destinazione se si trattava di corrispondenza civile destinata a civili o a reparti militari con indirizzo “in chiaro” all'interno del paese, mentre tutta la corrispondenza dei reparti mobilitati serviti da “posta militare” veniva verificata “in partenza” dalla sezione militare del capoluogo di provincia di origine29. A questa sezione, di cui era responsabile il milite di più alto grado o il più anziano che dipendeva direttamente dal prefetto, spettava inoltre il controllo, al solo scopo militare, della corrispondenza postale e telegrafica proveniente dai paesi stranieri e diretta in Italia30. La corrispondenza proveniente dagli uffici di posta militare oltre confine aveva subito corso tramite l’ufficio postale civile dei capoluoghi di destinazione perché già verificata in partenza da “Commissioni Censura Posta Militare” attivate a partire dall'ottobre 1942 e operanti presso le Grandi Unità oltre confine; le missive entro i confini nazionali dirette a militari che ancora non erano censurate venivano invece inviate alla commissione provinciale di competenza31.

28 In realtà non sempre veniva rispettata la norma di prestare servizio in province diverse da

quelle di provenienza. Giuseppe Pardini, che si è occupato della censura postale nella provincia di Lucca, ha individuato numerosi documenti che dimostrano come questa norma venisse di fatto trascurata in questa provincia. Cfr. Id, Sotto l'inchiostro nero: fascismo, guerra e censura

postale in Luccchesia (1940-1944) Firenze, Mir, 2001, p. 24

29 Il controllo poteva essere totale oppure parziale in percentuale variabile in base alle diverse

esigenze del conflitto. Anche durante questa fase nuovi provvedimenti sopraggiunsero a definire e modificare i termini riguardo alla percentuale di censura da applicare o alle tipologie di oggetti ammessi al servizio postale stesso.

30 In alcune province dovevano occuparsi anche della corrispondenza diretta all’estero, che

normalmente è di competenza della sezione civile.

31 La posta nazionale diretta a militari presso reparti con destinazione in chiaro e quella destinata

Migliaia di lettere vennero amputate di parole, frasi, interi periodi e sostituite da tagli, righe scure, strisce di soluzioni chimiche e inchiostro a china. Reclutati soprattutto nel mondo impiegatizio e amministrativo, oltre settemila censori, militari e civili si trovarono a sopprimere in maniera parziale o totale tutto quello che al Regime sembra sconveniente. I criteri cui attenersi erano contenuti in due testi, le “Norme per il funzionamento delle commissioni censura” pubblicate in data 1° Ottobre 1935 e la versione successiva del giugno 1942, aggiornate e ricompilate in seguito alle modifiche importanti apportate dal SIM al servizio32. L'attenzione veniva rivolta non soltanto alle rivelazioni riguardo a movimenti e posizioni militari che potessero in qualche modo pregiudicare la sicurezza delle operazioni strategiche nazionali; vennero recise anche le manifestazioni di dissenso e pacifismo, di insofferenza, di critica politica o militare che potessero turbare o deprimere lo spirito degli italiani al fronte e in patria.

«Dare corso, previo obliterazione, alla corrispondenza contenente parole o frasi “ritenute” pericolose per la difesa dello del segreto militare o dannose per lo spirito dell’Esercito e del paese, senza tuttavia presentare gli estremi per essere ritenuta sospetta...non dare corso, mediante sequestro alle corrispondenza da considerare sospette perché presentino in modo spiccato le caratteristiche di cui al precedente capoverso...».33

Le procedure cui sottoporre la corrispondenza esaminata variavano secondo il caso e la “gravità” e la corrispondenza tolta di corso e incriminabile

relativa censura.

32 Nel labirinto intricato di prescrizioni e suggerimenti restava un margine minimo di intervento

personale, in cui l'esperienza e la sensibilità del censore erano fondamentali per interpretare e intervenire sapientemente in presenza di principi procedurali vaghi e contraddittori.

veniva ad essere spesso una questione di “sensibilità”, troppo sottoposta alla soggettività del censore. Dopo aver cancellato con inchiostro indelebile tutto ciò che al regime risultava indesiderato, il censore richiudeva la busta con una fascetta che riportava la dicitura “verificato per censura”, timbrava con il bollo della rispettiva commissione provinciale di censura e con il proprio numero di riconoscimento.

Le lettere considerate sospette o incriminabili venivano tolte dal corso e inviate al Capo Sezione del Servizio Informazioni Militari e agli organi di polizia per le dovute procedure di indagine e i provvedimenti del caso. Le Commissioni di Censura erano tenute a stilare una relazione settimanale da inviare al ministero dell’Interno e una quindicinale diretta al Servizio Informazioni Militari. Secondo precise griglie tematiche, le relazioni riferivano il morale dei civili e delle truppe e vi allegavano gli stralci più significativi con pensieri, opinioni e sentimenti particolari. Altri stralci dovevano essere inviati al Direttorio del Partito nazionale fascista e ai segretari federali perché potessero trarre valutazioni favorevoli o sfavorevoli relativamente all’operato del partito e allo stato d’animo dei combattenti al fronte. In sintesi posso affermare che la differenza sostanziale tra l'organizzazione della censura postale in vigore durante la prima guerra mondiale e l'apparato censorio fascista risiedeva proprio nella natura politico-informativa e repressiva caratteristica di quest'ultimo. La sfera d'azione della censura postale sotto il regime si spinse ben oltre i confini della vita pubblica, della politica e della sicurezza nazionale fino a penetrare nella sfera intima degli scriventi: come garante della stabilità sociale voleva incidere

profondamente sulla famiglia e sul lavoro come veicoli di stabilità politica e sociale.

Per il resto la posta militare recuperò il nucleo logistico del precedente conflitto mondiale adeguandone la struttura alla nuova estensione dei fronti: gli Uffici di Concentramento, definitivamente delegate le funzioni censorie alle Sezioni Militari delle Commissioni provinciali, mantennero le proprie competenze di coordinamento ramificandosi sul territorio nazionale e coloniale34. La corrispondenza ricevuta dai vari uffici postali civili e militari, veniva da lì ripartita con un sistema di caselle a seconda degli scacchieri, dei reparti e dei diversi corpi militari35. Dal precedente conflitto venne recuperata l'organizzazione degli uffici di Posta Militare per la tutela del segreto militare: un numero convenzionale indicativo dell'Unità e la dicitura “zona di guerra” sostituivano la chiara indicazione della dislocazione dei reparti; le lettere dovevano riportare qualifica, cognome e nome, compagnia, plotone e reggimento di appartenenza del militare e il numero distintivo dell’Ufficio Posta Militare36.

34 Alcuni uffici di concentramento, se preposti allo smistamento e all’invio della posta in altri