3.3 “Mantova” e “Piceno” Un combattimento negato
3.4 Organici e diserzion
Nel corso del 1944, rispetto a un aumento graduale delle truppe combattenti, l'esercito aveva dovuto confrontarsi con una progressiva riduzione della forza alle armi che rendeva difficile mantenere gli impegni assunti con gli Alleati. Secondo le valutazioni di Loris Rizzi, le 387.527 unità stimate il 10 dicembre 1943 si erano ridotte a 272.520 nel settembre 194461. «Cause di questa diminuzione erano il numero relativamente elevato di militari inviati in licenza e in congedo e le continue diserzioni o assenze arbitrarie dai reparti62. Lo svecchiamento delle unità, insieme alla scelta selettiva del corpo ufficiali, era
61 Le cifre indicate sono desunte rispettivamente dal carteggio conservato in AUSSME SMRE
4222/V/I/1/9 e 4222/V/1/2, Ufficio operazioni, Dati di forza alla data del 10/12/43 e 27/09/44 in Loris Rizzi, L'esercito italiano nella guerra di liberazione: appunti e ipotesi per la ricerca in “Italia Contemporanea” 1979, 135, p 70.
divenuto un obbligo imposto dai vertici alleati. A fronte di una grande carenza di specialisti ed ufficiali motivati di grado intermedio ed inferiore, «si assisté ad una gonfiatura abnorme dei quadri superiori» in seguito alla liberazione di Roma che rese disponibile un gran numero di ufficiali superiori e di personale in servizio permanente, rimasto bloccato nella capitale dopo l'Armistizio63. L'esercito provvide a congedare gli ufficiali più anziani delle unità non combattenti: dai residenti nei territori liberi il provvedimento fu successivamente esteso anche ai non residenti purché dimostrassero un impiego civile nelle aree liberate. Per favorire lo svecchiamento e colmare i vuoti organici vennero tenute delle lezioni a studenti universitari già alle armi. Gli allievi ufficiali delle accademie militari vennero impiegati nei ranghi dei sottufficiali, inserendosi in un ruolo già aspramente criticato dai vertici per la loro ascendenza negativa sulla truppa. Tra gli ufficiali in servizio vi fu un avvicendamento ed un passaggio dei più motivati ai reparti combattenti e i rapporti della censura riportano le osservazioni compiaciute della truppa64. Contemporaneamente, la truppa mise in discussione la leadership di ufficiali e superiori che pretendevano di imporre i metodi autoritari propri del vecchio regime: «Da corrispondenza di militari di truppa risultano in modo sempre più accentuato la disistima verso gli ufficiali e la perdita di ogni senso disciplinare»65. Nonostante gli avvicendamenti, dettati soprattutto dalla necessità di riqualificare il corpo ufficiali, gli interventi attuati
63 L. Bedeschi, L'ideologia politica cit, p. 39.
64 La necessità di epurare e sfrondare la classe militare dirigente portò allo scioglimento del
Corpo di Stato Maggiore e del relativo servizio, presa dal consiglio dei Ministri il 3 Novembre 1944. Cfr. M. Ruzzi Gli italian Pionieer, cit, p. 41.
dai vertici per rimediare alla mancanza endemica di personale furono poco efficaci. Dal saggio di Marco Ruzzi scopriamo che gli inglesi, attenti ed interessati osservatori, nel settembre 1944 avevano stimato l'esistenza di 9.537 “all ranks no productive”66. Si trattava di personale inutile ai fini della guerra in corso, assegnato in eccesso a distretti, depositi, campi di transito e quartier generali. Il Generale Browning responsabile MMIA provvide a ribadire la normativa vigente e a sollecitare il trasferimento del personale eccedente ad altri impieghi.
Lo sfoltimento e la riqualificazione del corpo ufficiali fu un processo necessario e limitato, contrariamente alla riduzione organica della truppa connessa alle diserzioni, che costituì per i vertici militari italiani il problema più complesso da risolvere. «Le forze di polizia, insufficienti anche per il contenimento della delinquenza comune, non avevano abbastanza risorse da dedicare alla ricerca dei disertori o dei renitenti»67. Fenomeno già allarmante all'indomani dell'armistizio, il personale addetto alla giustizia militare si rivelò insufficiente al disbrigo delle numerose pratiche giudiziarie. Si assisté ad un progressivo inasprimento delle pene, fino alla proposta di immediata fucilazione dei disertori in flagranza di reato68. Le diserzioni nelle truppe combattenti si verificarono prematuramente già all'interno del Primo Raggruppamento
66 Ibid, p. 65
67 Nicolò da Lio, La guerra non è né bella né comoda. Il gruppo di Combattimento “Cremona”
nella guerra di Liberazione 1943-46, Digitalprinti, Rimini 2012, p.95
68 Il Ministero della Guerra valutò l'opportunità di varare un'amnistia, di fatto mai attuata per le
conseguenze sociali e morali che avrebbe comportato il perdono verso i disertori. Diversamente, il generale Primieri, comandante del Gruppo di combattimento “Cremona” richiese di poter giustiziare sul posto i militari che avessero tentato di disertare.
motorizzato e proseguirono con il CIL. senza poter trovare rimedi efficaci. Il fenomeno si estese alla truppe provenienti dalla Sardegna e destinate a formare i Gruppi di combattimento69. «Molti militari inviati in licenza, preda di una propaganda subdola e denigratrice, non rientrarono ai reparti»70.
«Al 31 dicembre 1944 i procedimenti penali pendenti per reati di diserzione o abbandono sono 75.000 per l'esercito, 4600 per la Marina e 4000 per l'aeronautica71». Il fenomeno delle diserzioni era diffuso sia presso le unità ausiliarie che presso i Gruppi di combattimento, fino a raggiungere il 5 per mille al giorno della forza organica nel mese di dicembre72. In quello stesso mese il Gruppo “Friuli” contava 1.489 assenti arbitrari, il “Cremona” ne aveva 1.26273. L'assenza di una pena per i disertori minava la fiducia nell'istituzione e abbassava ulteriormente il morale degli uomini che erano rimasti o che avevano fatto ritorno ai reparti. Dato che il tempo intercorso tra l'illecito e il processo rendeva inefficace il provvedimento e limitava, agli occhi della truppa la severità della pena, nel novembre 1944 lo Stato Maggiore persuase gli inglesi ad abbreviare il corso e l'istruzione delle cause, istituendo di tribunali divisionali straordinari. Per ammissione di Attilio Levi, volontario del Gruppo “Friuli”, il Gruppo «era un insieme di “poveri” diavoli, che soffrivano il freddo di notte e la nostalgia di giorno, che vivevano in un reparto con lo stesso senso di subire una
69 Gli uomini ritornati sul continente videro peggiorate le proprie condizioni di vita alimentari,
igienico-sanitarie e ricreative. La scarsa attenzione dimostrata dai vertici dell'Esercito per i propri uomini rappresentava uno degli elementi cardine del complesso sistema di cause e responsabilità che contribuirono a deprimere il morale dei reparti e a favorire le diserzioni presso quelle divisioni:
70 G. Mastrobuono, Il Gruppo di combattimento Cremona, cit, p. 31. 71 M.Ruzzi Gli Italian Pioneer cit., p. 64
72 Ivi 73 Ibid, p. 99.
sciagura ineluttabile […]. La viva materia umana sembrava talmente avvilita da non dover rispondere all'opera educativa di chi la voleva plasmare per trasformarla in soldati, nei più moderni ed efficienti soldati del mondo»74.
Paradossalmente, il fenomeno subì una limitazione quando i reparti vennero impiegati in linea75. Tuttavia la carenza di organico iniziale e la mancanza di complementi costrinse lo Stato Maggiore ad adottare diversi provvedimenti per colmare i vuoti di organico soprattutto nei Gruppi di combattimento.