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Cesellatori di zolle Il ‘68 a San Michele

Nel documento Annuario 2017/2018 (pagine 44-47)

Quando nel 1883 moriva a Londra il grande filosofo tedesco Karl Marx, il fondatore dell’istituto Agrario Ed- mund Mach operava a San Michele da nemmeno dieci anni, ma il pensie- ro rivoluzionario che stava dilagando in Europa non poteva minimamente intaccare un impianto scolastico e sperimentale che si basava su una precisa strategia asburgica.

Del resto, ci vorranno altri decenni per passare dall’idealismo imperan- te di fine ‘800 al materialismo del ‘900 che, nel bene e nel male, permea an- cor oggi la nostra società.

Il bicentenario della nascita di Marx (5.5.1818) e il cinquantenario della contestazione studentesca (1968) sono ricorrenze celebrate nell’anno appena concluso, ma che andrebbero approfondite per conoscere meglio da dove veniamo ricordando come era- vamo, per meglio orientarci su dove potremmo o dovremmo andare.

Limitandoci al più recente ‘68 - figlio comunque di Marx e dell’altro filoso- fo ebreo tedesco Marcuse - ricordia- mo qui come quell’evento epocale sia stato vissuto mezzo secolo fa dagli studenti di allora, a San Michele, pe- riferia di Trento.

Un luogo, San Michele, piuttosto vici- no a quella città che con la sua facol- tà di Sociologia fu capofila nazionale (e non solo) del Movimento studente- sco, culla della contestazione giovani- le contro tutto e tutti. Nonostante ciò, San Michele restò lontano dagli avve- nimenti, non si fece coinvolgere più di tanto, mantenendosi sullo sfondo. Eppure, sia l’Università di Trento che l’Istituto Tecnico Agrario avevano avuto lo stesso padre, quell’avvoca- to Bruno Kessler considerato ultimo degli illuminati alla presidenza della Giunta provinciale trentina.

Gli studenti di Sociologia influenza- rono subito i più giovani liceali e gli

Il nuovo edificio scolastico dell’Istituto Agrario visto da est ANGELO ROSSI

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STORIA RECENTE Il Ministro accompagnato

dal Presidente Bruno Kessler, dal Prof. Franco Defrancesco (responsabile del laboratorio) e dal Prof. Giovanni Manzoni

allievi degli istituti tecnici di città, ma stentarono ad attaccare la roccaforte di San Michele. “Cesellatori di zolle”, ci gridavano di là dalle vetrate delle porte sbarrate dell’allora modernissi- mo complesso scolastico. Con noi as- serragliati all’interno durante la ricre- azione delle 10:30 a respingerli con altrettanti sfottò all’insegna del “via da qua, noi qui vogliamo studiare!” Le incursioni di quelli di Trento dura- rono poche settimane, capirono che ... non c’era trippa per gatti, mentre in città le fila si ingrossavano sempre più, alimentate anche da centinaia di operai, tutti stanchi di un padronato che in fabbrica non sarebbe mai più stato quello di prima. Nella città del Concilio poi c’era, e rimase a lungo, anche dopo il Vaticano II, una cappa che tutto copriva, cui faceva diretto riferimento il partito di maggioranza assoluta (DC) e con cui anche gli altri schieramenti politici dovevano gioco- forza regolarsi.

Fuori dal coro - il Trentino è terra di cori - le voci dissonanti erano sem- pre state poche fino all’avvento di Sociologia, fino al controquaresima- le dell’attivista di quella facoltà Pa- olo Sorbi che in Duomo interruppe la predica di un povero frate, conte- stando e ribellandosi ad ogni forma di autorità e tradizione consolidata allo scopo di scardinare la rigidità di pensiero e costruire un mondo nuo- vo, rispettoso della libertà personale

e dell’autodeterminazione degli indi- vidui. Ipse dixit.

Se Sorbi fu subito buttato fuori dai fedeli, uno spiraglio si aprì dopo altri controquaresimali in cui i contestato- ri leggevano brani di Padre Balducci e Don Milani: il cattolico trentino si trovò spiazzato dal... verbo cristia- no e reagì rabbiosamente perché metteva in crisi un’identità che a sua volta poggiava sull’autoritari- smo della Chiesa cattolica. E questo è solo un esempio dello spessore e dello spettro d’azione della protesta studentesca, ma che a San Michele giungeva solo come eco di cronaca. Del resto, noi studenti dell’Agrario, venivamo quasi tutti dalle periferie, chi figlio di contadini, chi comunque reduce dai collegi religiosi dove si passavano - oggi “inauditi” - almeno tre anni di scuola media inferiore. Chi non ha provato non può capire, ma farebbe bene a conoscere. Rispetto ai “cittadini” eravamo più “imbranati” come si diceva allora e questo, credo, sia stato il primo motivo per cui a San Michele la protesta sessantottina non attecchì subito; il secondo riguardava gli insegnanti: quasi tutti venivano da Trento, molti ben preparati da istitu- ti confessionali, altri dalla borghesia illuminata, tutti comunque allineati al modello d’istruzione tradizionale. Fu così che per trovare negli studen- ti di San Michele lo spirito del ‘68 si dovette attendere l’anno successivo,

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all’indomani cioè della pubblicazio- ne sulla G.U. della legge istitutiva dell’Ordinamento dei Periti agrari. A quel provvedimento nazionale, con un’azione ben orchestrata dal segre- tario di UDIAS Tonon sul filo di lana (perché stava cadendo il Governo), venne inserito un comma all’ultimo articolo che equiparava al titolo di Perito agrario anche (e solo) i diplo- mati della cessata Scuola Tecnica Agraria (triennale) di San Michele. Nelle aule di noi diplomandi la notizia arrivò subito ed ebbe l’effetto di una deflagrazione: era chiaro che abilita- re alla professione “agenti rurali che già occupavano tutti i posti possibili” sarebbe equivalso a vanificare tutti i nostri sforzi in vista dell’esame fina- le e dell’agognato inserimento nel mondo del lavoro. Sul Mostador, or- gano del CSITA, li avevo bollati come “tecnicelli al ferrocianuro” per signi- ficare un’attività di cantina riservata agli enotecnici e fino allora preclusa ai non abilitati. Così la pensavamo allora, anche se poi le cose andaro- no ben diversamente al punto che furono proprio quei “tecnici” a in-

stradarci e a rendere meno trauma- tico il nostro avvio professionale. Fatto sta che che si organizzò il pri- mo vero sciopero degli studenti, contro quella disposizione, ma an- che contro la Scuola, contro i pro- fessori, contro tutti. Insomma, una decisione che agli occhi dei rivolu- zionari di Trento in qualche modo ci riabilitò, ma che non valse a sal- vare l’estate di un’intera classe con- dannata a presentarsi agli esami di riparazione di settembre con tutte le materie perché aveva rimediato un bel 7 in condotta. Quelli erano i tempi, meditate studentes, meditate.  E ringraziate, se volete, chi si è battu- to - non importa per cosa - per ren- dervi la vita, se non migliore, almeno diversa. Non battersi per niente e per nessuno non può appartenere ai gio- vani: prendete questa frase e volge- tela pure al positivo, senza negazioni. Purché rimangano libere la mente e ... le mani dallo smartphone!

Usatelo quando serve e non asser- vitevi del tutto, per progettare voi almeno il coperchio: la pentola è già fatta.

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STORIA RECENTE Il taglio del nastro da parte del Ministro Gui. Si riconoscono tra le Autorità l’Arcivescovo Gottardi, il Presidente Bruno Kessler e Luigi Dalvit, Presidente della Regione e lo storico Prof. Umberto Corsini

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