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nel ricordo degli amici ed ex compagni di scuola

Nel documento Annuario 2017/2018 (pagine 157-160)

Tiziano e Paolo

A Rudi

Quando ci lascia un amico, un colle- ga o un compagno di scuola, spesso il dolore è pari a quello per un fami- liare, soprattutto se è stato accanto a noi per molti anni, diventando quasi come un fratello, colui che si chiama nei momenti di difficoltà, ma anche di gioia o di felicità.

A volte è l’amico che ci ha visto cre- scere, cadere e magari ci ha aiu- tati a rialzarci, insomma è parte di noi. Così, quando lo perdiamo, per sempre, è terribile e vogliamo che il mondo intero sappia quanto è stato importante per noi, chi era veramente, senza lasciare niente al caso, senza lasciare che altri par- lino di quello che faceva, di come

si comportava; soprattutto però vorremmo che tutti sapessero gli aneddoti più divertenti, dolci, per far capire quanto meravigliosi sono stati quei momenti vissuti insieme.

Il tuo entusiasmo e lo spirito vitale che hai sprigionato continuerà a sostener- ci, nel tuo ricordo, rallegrando le nostre giornate.

Una mattina fredda di gennaio una folla quasi sterminata si è stretta attorno alla salma di Rudi Buratti, il “signore di Montalcino”, stroncato crudelmente dalla malattia a soli cin- quantasei anni. Fra i volti commos- si e feriti dal dolore, anche quelli di

PAOLO BARCHETTI TIZIANO TOMASI

San Michele 1980, classe VS: in terza fila, il primo a partire da destra è Rudi Buratti cui è dedicato il ricordo di Tiziano Tomasi (in camicia a scacchi in primo piano) e di Paolo Barchetti (terzo in seconda fila a partire da sinistra, di blu vestito)

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qualche trentino (Paolo, Tiziano, Lu- ciano) e qualcun altro, confuso fra la folla stordita da una tristezza senza fondo, che era già nostalgia. C’era- no i compagni di scuola, i compagni di banco dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, quella mattina di gennaio, a dare l’ultimo addio a Rudi, il rude ed allo stesso tempo elegante – come sanno essere rudi ed elegan- ti allo stesso tempo gli uomini nati all’ombra delle Alpi –, enologo nato a Comano in Trentino e che, a cavallo fra il secondo e il terzo millennio, rese grande il Brunello di Montalcino. A metà degli anni Settanta aveva in- trapreso la strada dell’Istituto Agra- rio; era uno dei tanti i giovani che uscivano dalla temperie degli anni Settanta, che per un attimo aveva- no trasformato anche Trento in una città al passo con la contempora- neità, grazie alla voglia di impara- re e di guardare avanti, di scoprire nuove strade, una nuova alba. “Rudi

era già allora il migliore di tutti noi“,

così lo ricorda Luciano, il compagno di banco degli anni di San Michele. Dal Trentino, Rudi Buratti se ne era andato poco dopo i vent’anni. Un paio di vendemmie a Toblino e poi via, verso la Toscana, Siena, Montal- cino, Castello Banfi, che allora stava esplodendo e stava cominciando a far conoscere il Brunello agli ameri- cani, quindi a tutto il mondo. Verso il tempio di Montalcino lo aveva indiriz- zato Giulio Margheri, direttore e ricer- catore del laboratorio di San Michele, dopo aver letto la sua tesina sulla potenzialità e la dinamica dei polife- noli nel vino. Aveva capito che quel ragazzo aveva della stoffa e meritava la chance dei grandi orizzonti. Anche quella volta il vecchio direttore ci ave- va visto bene. Aveva 22 anni quando arrivò sulle colline senesi e da quel giorno non lasciò più la Toscana. Ne divenne, anzi, un suo autentico pro- tagonista.

L’incontro con Ezio Rivella, di cui fu braccio destro fino alla fine degli anni Novanta, lo proiettò nell’uni- verso dei grandi dell’enologia inter- nazionale. Fu così che Rudi Buratti, partito con lo zaino carico di sogni e

di speranze dalla periferia del Trenti- no, divenne il signore del Brunello nel mondo… ma questa è una storia già raccontata a piene mani da più voci. Di Rudi ora contano i ricordi degli amici, che escono dalle parole rotte dall’emozione di Tiziano: “Il successo e

la sterminata competenza professionale di cui era depositario, in cui si mescola- vano in egual misura sperimentazione, innovazione, curiosità, coraggio, inven- zione e rivisitazione del passato, non gli avevano mai fatto dimenticare le sue origini semplici. Davanti ad un bicchie- re, ad un buon bicchiere, i suoi occhi si illuminavano e sussurrava con gentilez- za: - Questo vino è come un cielo stel- lato. Era, il suo, lo stupore fanciullesco che si rinnova continuamente dinnanzi allo spettacolo di un disegno complesso che si rivela con semplicità.”

Nella semplicità,  Rudi era così. Re- sterà così. Per tutti. Poi, dopo, il Brunello, Montalcino, la Toscana e il Trentino… ma prima, prima di tutto, il Cielo Stellato. La complessità e la semplicità. Le figlie Alexandra, Carlot- ta e la moglie Ursula potranno anda- re fiere dei suoi insegnamenti. Qualche anno fa, complice una cena a Montalcino, chiesi a Rudi di assag- giare alcune microvinificazioni di incroci con il Sangiovese che negli anni ho selezionato. La sua reazione è stata un’approvazione entusiastica, i suoi occhi si sono riempiti di curio- sità e di gioia: ‘’Come posso fare per

provare queste nuove varietà?’’ fu la

sua riflessione. Dopo qualche giorno, Rudi mi chiamò per prender contat- ti con FEM. Un anno dopo proprio Buratti e l’amministrazione di Ban- fi sottoscrivevano  l’accordo con la Fondazione Mach di San Michele per lo sviluppo e la cooperazione tecno- logica nel campo del miglioramento varietale viticolo. Un progetto che, oltre alla creazione di due campi sperimentali in Toscana e di 8 nuove varietà selezionate dall’attività di mi- glioramento genetico FEM, prevede- va di testare i nuovi vitigni ed even- tuale coproduzione. Fu promotore e artefice di tecniche e progetti unici nel panorama vitivinicolo, su tutti il concetto di vinificazione Horizon con

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L’ANGOLO UDIAS

un tino di fermentazione metà in le- gno e metà in acciaio.

ll primo ad entrare in cantina, l’ultimo ad uscire, solo dopo aver controlla- to che ogni singolo dettaglio fosse al proprio posto, che ogni vino stesse evolvendo nel migliore dei modi e che ogni membro del suo team la- vorasse con la stessa sua passione, accuratezza e puntualità. Ha lavora- to così ogni giorno, ininterrottamente fino al suo ultimo respiro.

Il giovane team enologico che Bu- ratti ha avuto l’opportunità di cre- scere seguirà i suoi insegnamenti, continuando a lavorare con la sua stessa passione per la ricerca e per quel territorio amato fin dai primi giorni. Rudy ha avuto l’opportunità di vivere l’energia dell’inizio della storia di Banfi, fin dai primi anni Ottanta, quando iniziarono i più importanti progetti di ricerca che hanno fatto crescere Banfi rendendola ciò che è oggi. Negli anni, dal 1999, quando è diventato direttore enologo, ha tra- sferito al suo team tutte le sue co- noscenze, giorno dopo giorno, lavo- rando fianco a fianco e tramandando loro il senso di umiltà, di coraggio, di amore per la sperimentazione e di lungimiranza che lo hanno sempre contraddistinto.

Troppo brusca è stata la sua improv- visa scomparsa; troppo intensa l’e- mozione dell’ultimo addio nella sua

Comano, il 3 febbraio, con accanto gli amici dell’amato coro di montagna che lo hanno accompagnato in musi- ca nel suo ultimo viaggio.

Gli episodi del passato, scrive Sten- dhal, “sono grandi affreschi su un

muro, che – dimenticati da gran tempo – ricompaiono a un tratto. Anche se ac- canto a quei frammenti ben conservati ci sono grandi spazi dove non si vedo- no che i mattoni sul muro”. Su queste

scene, prosegue Stendhal, non vi sono quasi mai indicate le date, ma che importanza ha, quando il dipinto sembra fresco e i personaggi pieni di vita? 

Attraverso quei brandelli di affre- sco, rimane una serie di frammenti del nostro comune passato che il trauma della scomparsa di Rudi ha materializzato dentro di noi, come le immagini di altrettante foto du- rante lo sviluppo del negativo. Ora si rincorrono i ricordi degli ultimi incontri a Montalcino, a San Michele in laboratorio, non importa la data, perché quel che conta sono la viva- cità di quei momenti, la naturalezza delle sue parole, l’amicizia sincera di lunga data.

La figura di Rudi è viva non solo però nel ricordo, ma soprattutto nei suoi modi di essere, che sono e saranno sempre vivi e attuali e sono e saran- no un suggerimento prezioso per affrontare la quotidianità della vita.

Montalcino 1986: Rudi Buratti il primo a sinistra in piedi, mentre l’autore del ricordo, Tiziano Tomasi, è il primo a partire da destra, in seconda fila

OLTRE LA SCUOLA

Nel documento Annuario 2017/2018 (pagine 157-160)