Le tabernae dell'antica Roma.
Niente di nuovo sotto il sole!
Oggi come ieri le strade, ora an-che autostrade, sono state, rimangono e resteranno anche luoghi di
alimenta-zione e di diffusione degli alimenti e dei gusti.
Nell’antica Roma, madre di tutte le grandi strade italiane e di tutto il ter-ritorio dove era arrivato il suo impero, queste sono punteggiate dalle tabernae
o cauponae, locali che, dato il loro scarso numero, l’insufficiente qualità del cibo e la scarsa igiene, sono fre-quentati da clienti di basso ceto sociale.
Da un’insegna marmorea di una taverna presente a Roma, nei Musei Capitolini, sappiamo che offriva pollo, pesce, prosciutto e pavone (Abemus in ce(na) pullum, piscem, pernam, pao-nem...), ma certamente anche altri cibi meno nobili, per alcuni indizi interes-santi che ci sono giunti fino ad oggi.
Caponata e capon magro sono, infatti, due preparazioni di cucina po-vera che nel nome fanno riferimento al-le caupone, anche se di certo in quelal-le romane non vi era la melanzana, che sarebbe stata portata dagli Arabi in Si-cilia almeno dopo un millennio.
Ritornando alla insegna della ta-berna dell’antica Roma, si vede che già il prosciutto non corre soltanto lungo le strade, ma vi si ferma nei posti di risto-ro, anzi in quelli migliori.
Il turismo gastronomico non è invenzione moderna, come ci dimostra, un piccolo esempio tra i tanti, quello della ora citata epigrafe marmorea, in-segna di una taberna, sosta o albergo romano, che contiene due diversi tipi di segnali.
Un primo gruppo di segnali è di tipo simbolico e quindi rivolto a tutti, anche stranieri e soprattutto analfabeti, come potevano essere gli schiavi e i conduttori di carri.
Accanto alle raffigurazioni di un cuore (amore e attenzione per il cliente, o insegna del locale, ma più probabil-mente indice di amore mercenario) e di un’erba (foraggio per gli animali) vi è anche la raffigurazione di una ruota (rimessa o officina per i carri), quindi attenzione e servizi per il viaggiatore.
Un secondo tipo d’informazioni è un vero e proprio menù del giorno o delle specialità del locale, indirizzate a chi sa leggere ed ha una cultura gastro-nomica, quindi a una clientela di alto livello, come di elevata qualità è la
“carta dei cibi”.
L’insegna marmorea, infatti, dice Abemus in ce(na) pullum, piscem, per-nam, paonem.
Pollo, pesce, pavone e pernam o coscia, quindi prosciutto, sono le spcialità gastronomiche del locale che e-rano offerte per la cena e cioè il pasto principale, soprattutto per i viaggiatori che dopo un’intera giornata di cammi-no, a cavallo o su di un più o meno tra-ballante veicolo, con il riposo cercava-no anche, secondo le loro possibilità, un conforto gastronomico.
Il prosciutto è soltanto uno dei diversi cibi prosciugati, non solo dal sale, ma anche dal sole, che hanno per-corso le strade, come i pesci salati, le olive in salamoia e i fichi secchi.
Per meglio comprendere come i piatti sopra indicati, e il prosciutto, fos-sero cibi prelibati, da T. Kleberg (Ho-tels, restaurants et cabarets dans l’antiquité romaine - Uppsala, 1957, pag. 54-5) si sa che le tabernae o cau-ponae offrivano ai clienti meno abbien-ti salsicce, carne bollita, verdura, lardo, prosciutto e latte, a prezzi che oggi di-remmo popolari.
In un’iscrizione rinvenuta a I-sernia (C.I.L. IX 2689, II-sernia - Cit. A.
Tacca - Perna et Parma - Ed, Tipolito-tecnica, Parma, 1990, pag. 36) si pos-sono leggere alcune battute tra cliente ed oste.
Padrone, fammi il conto!
Hai un sesterzio di vino, un asse di pane e due di companatico.
D’accordo.
Per la ragazza otto assi.
D’accordo anche per questo.
Il fieno del mulo due assi.
Questo mulo mi manderà in ro-vina!
Un conto che, ragazza e fieno del mulo a parte, non arriva ai due sesterzi e quindi, oggi si direbbe, economico.
Bisogna, infatti, considerare che ai tempi di Traiano un cliente riceveva dal suo padrone, giornalmente, una sportularia di sei sesterzi (J. Carcopino - Vita quotidiana a Roma all’apogeo dell’Impero - Laterza, Bari, 1983, pag.
211).
La ragazza che entra nel conto del viaggiatore potrebbe far riconside-rare il senso del simbolo del cuore ri-portato sulla epigrafe marmorea, inse-gna di una taberna, dandogli un signi-ficato di un amore erotico o, più preci-samente, di un servizio erotico merce-nario.
Crolla l’Impero Romano, ma non la ristorazione sulle strade.
Nel Medioevo la ristorazione di strada si espande conseguentemente all’incrementarsi dei pellegrinaggi e degli scambi commerciali.
Negli ostelli e ricoveri (riman-gono ancora molti toponimi, come ri-cò) i pellegrini trovano pane, vino, formaggio e certamente carni salate.
Nel XV secolo nei paesi islamici nascono i primi caffè, che nelle città europee si diffondono all’inizio del XVII secolo, in sostanza i primi locali di ristoro mondani frequentati per mo-tivi culturali e politici, dando avvio ad una ristorazione collettiva di qualità.
Tuttavia in questo periodo, lungo le strade, rimangono le stazioni di po-sta, che assieme all’alloggio dei
viag-giatori e allo stallatico offrono una cu-cina semplice e sempre pronta.
Durante il XIX secolo, una risto-razione collettiva s’insedia nelle sta-zioni termali e nei grandi alberghi ri-volgendosi a una clientela più esigente sotto il profilo alimentare e del servi-zio.
Nel XX secolo si progettano e si realizzano nuove strutture di ristoro collettivo indirizzate al contenimento dei costi e dei tempi, in altre parole specializzate nel ristoro economico e rapido per chi è in viaggio, studia o la-vora.
In sintesi, si assiste a una nuova mutazione della ristorazione, difatti dalle stazioni di posta nascono gli au-togrill mentre i refettori si trasformano in mense. motivi di studio, turismo e lavoro.
In seguito all’incremento della rete viaria, nasce e si sviluppa la risto-razione autostradale, finalizzata a una ben determinata tipologia di utenza, cioè il viaggiatore e quindi a decine di migliaia di persone aventi diverse ca-ratteristiche (età, nazionalità, profes-sione, ecc.) ed esigenze (lavoro, turi-smo, professione).
Le particolarità della fermata per la ristorazione autostradale sono svaria-te e ben precise: di norma è di breve durata; è finalizzata a soddisfare diver-se richieste alimentari che vanno dal semplice caffè, al panino, sino al pasto completo; l’aspettativa del cliente è quella di trovare anche altre tipologie di servizi: i servizi igienici, il market,
l’edicola, la connessione wi-fi, punti ri-creativi per bambini, zone adibite alla sosta degli autotrasportatori (aree tru-cker) e delle motociclette, aree per ca-ni, ecc. Tutto questo, ogni ora del gior-no, in altre parole ventiquattro ore il giorno.
Nonostante che ogni giorno mol-tissimi viaggiatori usufruiscono delle aree di servizio della rete autostradale, l’unione Nazionale Consumatori ri-scontra disservizi nella ristorazione .
Tra i punti a sfavore dei consu-matori vi sono i costi eccessivi dei pro-dotti e in generale uno scarso rapporto qualità prezzo degli stessi.
Inoltre, è carente l’offerta dei prodotti alimentari destinati a particola-ri categoparticola-rie di consumatoparticola-ri quali celia-ci, vegetariani e vegani.
Disagi sono segnalati anche da individui allergici a causa della man-canza di un’adeguata etichettatura dei prodotti alimentari.
Altri reclami riguardano la scar-sità di aree attrezzate per bambini e strutture idonee per disabili.
É con la ristorazione di strada che si diffonde l’invenzione tipicamen-te italiana del panino, che oggi ha una sempre maggiore diffusione in tutta Europa. Panino: un piccolo pane che tagliato in due è riempito di alimenti e condimenti e tra questi soprattutto sa-lumi.
Una preparazione che può essere mangiata senza uso di posate e tavola e quindi particolarmente adatta come
“cibo da strada” o street food.