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CUCINA POSTMODERNA

Cos’é la cucina postmoderna di cui oggi si parla?

Modo è un avverbio latino che significa ora, poco fa ed ha dato origine

dica qualcosa di recente, attuale, con-temporaneo, accaduto da poco.

Si è moderni, secondo il senso comune, quando si lascia alle spalle un

Tutto è stato moderno e tutto il moderno è divenuto passato.

Il termine moderno ha però as-sunto un significato storico e si fa ini-ziare l’era moderna con la scoperta dell’America, anche se vi sono disu-guaglianze e diverse modernità sono i-niziate in tempi differenti.

La modernità sociale inizia con il milleseicento con l’esaltazione di un’individualità autonoma e l’imporsi della nuova scienza di Galileo.

Per la cucina, sempre più tarda a modificarsi rispetto ad altri aspetti della cultura, la modernità parte con l’inizio del secolo diciannovesimo in conse-guenza dei profondi rivolgimenti socia-li conseguenti la Rivoluzione Francese e sotto la spinta dell’industrializzazione che coinvolge tutte le attività sociali.

Ad esempio, divengono moderni, cioè attuali, i fuochi che via via si suc-cedono modificando la cucina, dal fuo-co diretto della legna a quello di carbo-ne, poi del fornello a gas, fino ad arri-vare al calore di origine elettrica e a quello generato nel cibo stesso da onde elettromagnetiche.

In modo analogo è per gli stru-menti di cucina, dalle pentole alle di-verse e sempre più complicate attrezza-ture e via dicendo.

Lo stesso avviene per la conser-vazione degli alimenti ed anche il pro-sciutto di maiale, che fino a metà del milleottocento era piccolo, salato, sec-co e tanto duro da dover essere sec-cotto, quando diviene grosso e dolce diventa moderno.

In modo analogo molti vini quando escono dai barili ed entrano nelle bottiglie diventano moderni.

Il termine moderno é divenuto prevalentemente culturale e questo

spiega come si sia potuto immaginare una cucina non più solo di un passato o dell’attualità, ma del futuro (cucina fu-turista).

Allo stesso modo si può com-prendere come la modernità sia stata superata per entrare nel postmoderno o, meglio, in quella che é stata individuata come una transizione postmoderna.

Il postmoderno inizia, per con-venzione, più o meno con la rivoluzio-ne culturale del millenovecentosessan-totto e nasce in architettura per poi dif-fondersi ad altre attività umane.

È un movimento non sempre chiaro e nel quale convivono una criti-ca del progresso sfrenato di una produ-zione industriale, ma anche dei soggetti definiti e degli stili codificati dalle tra-dizioni che si erano formate con la mo-dernità.

Di questo nuovo movimento è paladino Jean-François Lyotard che nel 1979 scrive la Condizione postmoderna e nel 1985 il famoso saggio sulla Fine della modernità. anche il senso di spaesamento che può esistere in chi ha un bagaglio di cucina moderna, vale a dire ottocentesca e del-la prima metà del millenovecento, co-dificata nella tradizione moderna quale, ad esempio, era stata codificata da Pel-legrino Artusi e dai suoi seguaci.

Uno sconcerto che deriva anche dall’ineliminabile e continua spinta ad una contemporaneità postmoderna di non sempre facile interpretazione ed accoglimento e che non può sempre piacere.

Anche in cucina il non evitabile fenomeno del postmoderno, o della transizione postmoderna, pone il pro-blema del mutamento di modelli ali-mentari basati su un’antropologia tra-dizionale, rassicurante perché pareva fissa e costante, con traumi più o meno simili a quelli che due secoli fa accom-pagnarono il non facile passaggio dalla grande cucina rinascimentale a quella moderna.

Inevitabilmente, anche in ali-mentazione ed indipendentemente dalle abitudini e volontà personali, avanza la necessità di andare oltre, travalicando perimetri e categorie apparentemente consolidate dalla modernità tradiziona-le.

Un fenomeno che pare non possa essere affrontato e risolto soltanto dalla sociologia (con il suo provocatorio a-nagramma di sociologia uguale a ciò-lo-so-già), ma che coinvolge tutti gli aspetti del nostro essere umani.

A questo punto bisogna rilevare che l’incontrastabile fenomeno dell’attualità postmoderna non può es-sere affrontato misurando soltanto la regressione o la contrazione delle prati-che di una tradizione moderna in via di dissolvimento, o soltanto con critiche o lamentele più o meno efficaci.

Non bisogna, infatti, trascurare che mai come oggi si riscontra il cre-scere e l’espandersi di interessi culinari e gastronomici in classi sociali ed in àmbiti che solo poco tempo fa erano i-nimmaginabili, con metamorfosi radi-cali anche del gusto e delle sensibilità simboliche generali attribuite al cibo ed alle sue trasformazioni, luoghi e crede nelle tradizioni e nella loro auto-revolezza, quanto nell’incapacità di provare le esperienze che erano di una modernità passata, con la volontà di trovarne di nuove.

Stiamo vivendo e con una grande velocità un periodo di mutamento an-tropologico ed esistenziale nel quale non solo è messo in discussione il rap-porto con il passato, ma che sempre più tende ad aprirsi a spazi culturali un tempo lontani, che oggi sono sempre più vicini e che portano alla necessità di un confronto e di un dialogo tra le cucine e le gastronomie mondiali, nel grande fenomeno della globalizzazione degli alimenti, delle loro simbologie e soprattutto del modo di prepararli, pre-sentarli e consumarli.

Molte sono le questioni postmo-derne che oggi provocano e interpella-no la cucina e la gastrointerpella-nomia, in modo analogo a quanto avviene per tanti altri aspetti della nostra società, ad iniziare dalla lingua.

Diversi sono anche gli atteggia-menti che si vedono emergere nelle di-verse cucine mondiali di fronte ad una postmodernità che ha aspetti e valenze diverse nelle singole società.

Mentre le cucine e le gastrono-mie orientali e tra queste le grandi cu-cine cu-cinesi si stanno aprendo alle tecni-che ed ai gusti occidentali, la cucina francese tende a svilupparsi in un’esasperata ricerca delle migliori ma-terie prime e di tecniche sempre più so-fisticate, mentre nell’area nordameri-cana avanzano sempre più audaci espe-rimenti di contaminazioni, scambi e

fu-sioni culinarie con tentativi di nuove gastronomie anche industriali.

In ogni condizione è tuttavia da rilevare che le tradizioni restano in quanto cambiano, ed è sempre più evi-dente è che la transizione postmoderna non è altro che un grande laboratorio di costruzione, in gran parte di rico-struzione delle tradizioni.

In quest’ultima situazione opera una cucina italiana che affonda le sue radici nella ricchissima varietà delle cento, mille e più tradizioni insediate

nella quasi infinita diversità territoriale e culturale del paese.

Nell’attuale non facile stagione della transizione postmoderna, fucina di nuove o rinnovate tradizioni, é sem-pre valida la necessità di tutelare le tra-dizioni della cucina italiana promuo-vendone e favorendone il miglioramen-to, un miglioramento intelligente che deve trovare un nuovo slancio interpre-tativo in una cultura del cibo e in una Civiltà della Tavola all’insegna di uno stile e di un buongusto che devono ri-manere tipicamente italiani.