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45 L’edizione più recente è questa: Epistola Alexandri ad Aristotelem ad codicum fidem edidit et

commentario critico instruxit (ed. W. Walther Boer), A. Hain, Meisenheim am Glam 1973. Ma sulla

storia del testo si veda il paragrafo 1.5.2.

46 Si veda il paragrafo 1.5.

47 L’edizione più recente di questo testo è: C. Lecouteux, De rebus in Oriente mirabilibus. Édition

synoptique accompagnée d’une introduction, A. Hain, Meisenhaeim am Glam 1979.

48 Sulla storia di questo testo si legga lo studio di E. Faral, Une source latine de l’histoire d’Alexandre:

34 Da quanto è finora emerso, sulla base degli studi condotti in passato, e procedendo per deduzioni il più possibile fondate, si può tentare di delineare una ricostruzione del contesto in cui tale corrispondenza venne prodotta.

Essa si presenta con il titolo di Collatio, ovvero “disputa, confronto” e come giustamente rileva M. Steinmann49 il termine fu definito da Cassiodoro nella sua Expositio in Psalterium50. In quest’opera il vocabolo viene utilizzato più volte e l’autore lo indica come una comparatio contrariorum, cioè come una comparazione tra persone o ragioni diverse, che avviene per contrasto o per somiglianza. Seguendo ancora le notazioni di Steinmann, bisogna ricordare che nei titoli essa compare più frequentemente tra il IV e il V secolo. Le più note sono le Collationes di Giovanni Cassiano; inoltre si trovano anche la Collatio cum Maximo Arianorum episcopo, nonché il Breviculus collationis cum Donatistis di Agostino e la Collatio cum Pascentio Ariano, falsamente attribuita allo stesso autore.

Come si vede, anche questi dati riconducono alla medesima collocazione temporale, di cui si è già discusso.

Inoltre essi ci aiutano a ricomporre il quadro generale in cui dovevano essere circolate le lettere di Alessandro e Dindimo.

Si tratta, quindi, di un testo composto agli inizi del V secolo, scritto originariamente in lingua latina, per il quale non è dimostrabile l’esistenza di un modello greco. Esso fu redatto da un autore che era verosimilmente legato ad ambienti cristiani e che compilò un epistolario immaginario, ricevendo ispirazione direttamente dal Romanzo di Alessandro, in particolare dall’episodio dell’incontro con i gimnosofisti51. L’opera poi circolò in maniera autonoma.

Si deve ancora sottolineare che esisteva una versione precedente della visita di Alessandro ai saggi indiani in Plutarco52 e Clemente Alessandrino53. Pertanto il

49 Steinmann, Alexander der Grosse, cit., p. 55.

50 Cassiod. in psalm. 2, 76, 18 Hoc schema dicitur syndyasmos, quod Latine interpretatur collatio sive

coniunctio; fit autem ex comparatione contrariorum, quando aut personae aut causae, sive in contrarium, sive in simile, omparantur. E si vedano anche i passi I 11, 12 e II 62, 18.

51 Si veda a questo proposito il paragrafo 1.2.3. 52 Plu. Alex. 64.

35 patrimonio letterario a cui poteva far riferimento il compilatore della Collatio era già piuttosto ampio e ben attestato54.

Per comprendere meglio il valore che dovette assumere il nostro breve scritto, è necessario ripercorrere i tratti fondamentali del contesto storico in cui esso deve essere inserito.

A questo proposito sono utilissime le notizie fornite dallo studio di L. Cracco Ruggini Sulla cristianizzazione della cultura pagana: il mito greco e latino di Alessandro dall’età antonina al Medioevo55. Nel saggio si mette in rilievo che la produzione latina del IV e del V secolo su Alessandro comincia con la traduzione in latino di Giulio Valerio Polemio e che grazie ad essa il Romanzo di Alessandro diventa popolare in Occidente. Strettamente correlato alla redazione di Giulio Valerio, vi è poi l’Itinerarium Alexandri, una “sorta di guida anonima, pure essa certamente non cristiana, composta ad uso di corte fra il 340 e il 345”56, in occasione della spedizione contro la Persia di Costanzo II. Inoltre a Roma – fin dai tempi degli Scipioni – l’emulazione di stampo celebrativo della figura del Macedone era divenuta un topos letterario costante, specie in riferimento a nuove spedizioni in Oriente. In questa ricostruzione, la studiosa ipotizza che agli inizi del IV secolo ci sia stato un rinnovato interesse per le imprese di Alessandro, stimolato dalle campagne orientali prima di Diocleziano (nel 397), e più tardi di Costanzo e Giuliano (avvenute nel 345 e nel 363)57.

Nel medesimo clima culturale – secondo il quadro delineato da Cracco Ruggini – rientrano anche l’Epitoma rerum gestarum Alexandri Macedonis e il Liber de morte testamentoque Alexandri, pervenuti entrambi nel manoscritto di Metz, operette databili tra la fine del IV e gli inizi del V secolo. Esse sarebbero il prodotto di uno stesso cenacolo in cui era rimasto vivo il retaggio dello stile classico e l’interesse per le vicende asiatiche di Alessandro58.

Al limite di un “equivoco equilibrio” tra il paganesimo e il cristianesimo si troverebbe la versione latina dell’Epistola Alexandri ad Aristotelem de itinere suo et

54 Sulle possibili connessioni tra il racconto di questo episodio e i contenuti, nonché l’interpretazione,

delle lettere di Alessandro e Dindimo si tornerà a discutere nel corso del capitolo 2.

55 Cracco Ruggini, Sulla cristianizzazione della cultura pagana, cit. in n. 17. 56 Cracco Ruggini, cit. p. 5

57 Cracco Ruggini, cit., pp. 6-7; p. 13; p. 19. 58 Cracco Ruggini, cit., p. 7.

36 de situ Indiae, già presente come interpolazione nella recensio α dello Pseudo- Callistene. Anche questa lettera sarebbe databile tra il IV e il V secolo, poiché il testo presenta molti cristianismi e volgarismi tardi, ma il ritmo prosastico ha una elaborazione stilistica di un certo livello. I contenuti, poi, sarebbero privi di ogni traccia di cristianesimo59.

Per terminare questo excursus storico-culturale, la studiosa conclude che fino al III secolo, quando il paganesimo e l’impero sono ancora strettamente congiunti, vi è un richiamo alla figura di Alessandro che è sempre collegato ad una visione politica. Al Macedone, infatti, si ispirarono i sovrani ellenistici, poi i grandi capitani della repubblica romana ormai in declino, e i vari imperatori di Roma che si impegnarono per instaurare un dominio di tipo ellenistico-orientale. In seguito, ebbe fortuna per lo più la diffusione di un certo gusto per la letteratura romanzesca sulla sua biografia. Questo sarebbe testimoniato dalla traduzione latina della versione greca di Callistene, eseguita da Giulio Valerio Polemio60.

Più tardi, nel IV secolo e nel V, il processo di cristianizzazione delle fonti scritte su Alessandro si sarebbe manifestato in maniera chiara nel Commonitorium e nella Collatio, di cui Cracco Ruggini spiega in maniera ampia e dettagliata le ragioni, facendo riferimento al fatto che per entrambe le operette i motivi sarebbero derivati direttamente da Megastene e Onesicrito, che starebbero alla base della composizione dei due testi. Ma poi, gli stessi contenuti si ritroverebbero anche negli scrittori cristiani, come Ippolito, Clemente Alessandrino e Bardesanes, cui è connesso il Commonitorium, e Tertulliano e Ambrogio, cui è da assimilare la Collatio, perché anch’essi avrebbero avuto all’origine le stesse fonti greche61. In definitiva esse presentavano il carattere di diatriba cinico-stoica, che doveva essere quello principale, in cui l’ideale di astinenza e fuga dal mondo sarebbe stato poi riutilizzato in chiave cristiana per la singolare coincidenza con le nuove istanze del rigorismo ascetico e della vita monastica62.

59 Cracco Ruggini, cit. p. 18. 60 Cracco Ruggini, cit., p. 19. 61 Cracco Ruggini, cit., pp. 35-42. 62 Cracco Ruggini, cit., pp. 47-50.

37 Ora, alla luce di quanto è stato affermato dalla studiosa, possiamo ricavarne delle osservazioni utili per descrivere quale doveva essere il clima culturale in cui circolò la Collatio nella sua prima redazione.

Tra il IV e il V secolo il cristianesimo si afferma sia a Oriente che a Occidente come religione di stato, in seguito all’editto di Tessalonica emanato da Teodosio I nel 380. Parallelamente il monachesimo si diffondeva, in tutte le regioni dell’impero, attraverso forme di ascetismo più o meno rigorose, come quelle di Basilio di Cesarea, di Antonio e Macario ad Oriente, e di Eusebio, Martino e Priscilliano in Occidente63. Non è improbabile, quindi, che le tracce della diffusione dei nuovi ideali di vita abbiano lasciato un segno anche nella Collatio.

In ogni caso, poiché gli influssi del pensiero cristiano nel testo sono innegabili64, è possibile ipotizzare ragionevolmente: a) che l’autore li abbia ricevuti da un ambiente a lui vicino, o quanto meno da contatti diretti con la letteratura dei Padri della Chiesa65; b) che parimenti abbia rielaborato o riadattato un materiale narrativo più antico, che era già disponibile e di provenienza greca.

Che la Collatio tragga origine da una forma di diatriba cinica, o che per lo meno costituisca una sorta di esercizio retorico in cui vengono messi a confronto due punti di vista contrapposti, è anch’essa un’idea formulata in maniera corretta da Makowsky e Cracco Ruggini66.

Pertanto, con buona approssimazione, possiamo congetturare che l’opera sia un testo stratificato, non solo per le diverse reminiscenze linguistiche che sono riscontrabili – da Virgilio e Lucrezio, a Seneca, Ambrogio e Tertulliano67 – ma anche per la complessità del sostrato culturale e dei diversi livelli ideologici e concettuali che si sovrappongono e che “giocano” all’interno del tessuto narrativo.

Indubbiamente la corrispondenza tra Alessandro e Dindimo si presenta, fin dalle origini, come un testo di carattere moralistico. Questo aspetto si rafforza maggiormente nel corso dei secoli successivi, soprattutto quando essa finisce per

63 Per una storia sintetica del monachesimo delle origini si veda il cap. XI di A. Pincherle, Introduzione

al cristianesimo antico, Laterza, Bari 1971. Inoltre S. Pricoco, Il monachesimo, Laterza, Bari 2003. E

ancora G. Filoramo (ed.), Monachesimo orientale. Un’introduzione, Morcelliana, Brescia 2010.

64 E per questo si rimanda al paragrafo 1.2.2. sull’autore della Collatio.

65 Sui raffronti con i testi di Tertulliano e Ambrogio si veda lo studio di Liénard, La Collatio Alexandri

et Dindimi, cit., ma anche Morelli, Sulle tracce del romanzo e della novella, cit.

66 In particolare, Makowsky e Cracco Ruggini.

38 essere rimanipolata e riplasmata dagli enciclopedisti medievali68. Ma soprattutto tale peculiarità era stata già evidentemente riconosciuta quando Alcuino decise di farne dono a Carlo Magno, insieme all’epistolario di Seneca e Paolo, fatto che è testimoniato dall’epigramma inviato dal monaco all’imperatore, databile agli anni 800-80469. Per finire, volendo trarre spunto ancora una volta dalle osservazioni di Cracco Ruggini70, sarebbe interessante congetturare che, se è vero che fino al III secolo il richiamo alla figura di Alessandro ebbe esplicitamente una valenza politica, soprattutto da parte di quanti gestirono la sfera del potere per diversi secoli, e lo fecero appellandosi ad un’idea di “monarchia universale”, anche nella letteratura e nell’iconografia l’immagine del grande sovrano abbia continuato a mantenere una connotazione simile. Che poi anche il Romanzo di Alessandro, insieme a tutti i testi ad esso connessi, come appunto la Collatio, abbia contribuito a tenere viva la dimensione “mitica” del personaggio come simbolo della sovranità, è una questione ancora tutta da discutere e all’interno della quale varrà la pena di indagare.