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La corrispondenza apocrifa tra Alessandro e Dindimo ebbe un’ampia e duratura fortuna nel Medioevo.

Nel X secolo – come si è già osservato – la Collatio fu inserita come interpolazione nell’Historia de preliis da Leone Arciprete1. Tuttavia essa godette di una diffusione indipendente, sia prima che dopo la sua incorporazione in tale opera2.

Nei numerosi manoscritti in cui essa è riportata, si trovano altri tra i testi romanzeschi che trattano le vicende di Alessandro, come le Res Gestae Alexandri Macedoni di Giulio Valerio Polemio, o il Commonitorium Palladii. Ma soprattutto la Collatio nella tradizione manoscritta è associata all’Epistola Alexandri ad Aristotelem3, il che spiegherebbe il motivo dell’ampia diffusione di entrambe le operette in epoca medievale e i loro frequenti rimaneggiamenti. In diversi casi, poi, essa è stata trascritta insieme alle lettere di Seneca e Paolo4. Quest’ultimo dato è da mettere in relazione con il dono dei due epistolari a Carlo Magno da parte del monaco Alcuino5.

Le lettere di Alessandro e Dindimo vengono spesso menzionate e inserite, riadattandole, nelle opere di diversi autori, come Giovanni di Salisbury, Goffredo di Viterbo, Giacomo di Vitry, Vincenzo di Beauvais, Tommaso di Cantimpré6. Inoltre, va ricordato che si assiste anche alla produzione di traduzioni e rifacimenti in volgare

1 Si veda il paragrafo 1.4.3.

2 G. Cary, A note on the Mediaeval History of the Collatio Alexandri cum Dindimo, cit., pp. 124-129. 3 Nell’edizione di Steinmann sono elencati 77 manoscritti contenenti la Collatio e in una trentina di essi

compare anche l’Epistola Alexandri ad Aristotelem: Steinmann, cit., pp. 98-111.

4 Cary, A note on the Mediaeval History, pp.125-126; L. Bocciolini Palagi, Il carteggio apocrifo di

Seneca e San Paolo, Olschki, Firenze 1978, p. 19 e p. 36. Si veda il paragrafo 5.2.

5 Makowsky, De collatione Alexandri Magni et Dindimi, cit., p. 36; Morelli, Sulle tracce del romanzo

e della novella, cit., p. 51; G. Cary, A note on the Mediaeval History of the Collatio Alexandri cum

Dindimo, cit., pp. 124 - 129; Steinmann, Alexander der Große und die ,,nackten Weisenˮ Indiens, cit., pp. 83-84.

6 Cary, A note on the Mediaeval History, cit., pp. 127-128; Hahn, The Indian Tradition in Western

Medieval Intellectual History, cit., pp. 313-234; Gelders R., Genealogy of Colonial Discourse: Hindu Traditions and the Limits of European Representation, in «Comparative Studies in Society and History»

179 della Collatio, come è avvenuto per il poema allitterante Alexander and Dindimus, opera in versi scritta in medio-inglese durante il XIV secolo7.

Molti autori, appartenenti al periodo compreso tra l’XI e il XIV secolo, citano la Collatio, o in qualche modo ricordano i Bramani e il loro modo di vivere, riecheggiando le descrizioni fornite dai Padri della Chiesa dei primi secoli8.

Tuttavia da un’analisi, sia pure parziale, dei dati a nostra disposizione, è possibile notare come l’immagine di tale popolo abbia subito un’ulteriore evoluzione nel senso di una moralizzazione rivolta a fini edificanti9.

Nei confronti dei Bramani, ad esempio, viene espressa ammirazione da Pietro Abelardo, in alcuni passi delle sue opere teologiche10.

La ricostruzione della ricezione medievale dell’immagine dei Bramani, indipendentemente dal Romanzo di Alessandro, come prototipo del giusto modo di comportarsi per i cristiani, ci viene fornita da un articolo quanto mai significativo di T. Hahn del 1978, The Indian Tradition in Western Medieval Intellectual History11. Nel suo lavoro lo studioso affermava che “per molti scrittori medievali i Bramani – o gimnosofisti – erano simbolo di bontà naturale; essi incarnavano la possibilità, o addirittura la certezza, della salvezza senza Rivelazione e al di fuori della Chiesa istituzionale. Dal quarto secolo in poi, gli scrittori occidentali hanno mostrato progressivamente un maggiore favore verso gli Indiani, e durante il XII secolo se ne era materializzata un’immagine coerente. Gli Indiani appaiono come persone semplici e rette che piacciono a Dio, e invitano all’imitazione cristiana, attraverso la loro stretta osservanza delle leggi di natura. Dal XII al XIV secolo gli occidentali hanno riprodotto questo ritratto abbastanza spesso da permetterci di essere sicuri che si tratti di una visione convenzionale. Questa idealizzazione degli Indiani riflette chiaramente i valori cristiani, e non fornisce informazioni molto affidabili sulla vita orientale. Eppure è il

7 Si veda l’edizione recente di O. Khalaf, Alexander and Dindimus, Winter, Heidelberg 2017. Una

parziale traduzione in italiano del testo si trova in Alessandro nel Medioevo occidentale (a cura di P. Boitani, C Bologna, A. Cipolla, M. A. Liborio), Lorenzo Valla, Milano 2007, pp. 341-345.

8 Per la storia della diffusione del testo e delle descrizioni dei Bramani in epoca medievale si veda il già

citato articolo di Cary.

9 Questa era l’idea di Cary, che si è cercato di sviluppare nei paragrafi successivi.

10 Cary, cit., p. 126; Hahn, The Indian Tradition in Western Medieval Intellectual History, cit., pp. 225-

226.

180 carattere artificioso di questa tradizione che attira la nostra attenzione, perché la sua invenzione ci dice molto sullo stato d’animo dell’Occidente medievale”12.

Il contenuto della corrispondenza tra Alessandro e Dindimo – secondo la prospettiva di Hahn, che aveva correttamente interpretato l’evoluzione del ritratto dei Bramani presentato dalle fonti letterarie, a partire dagli autori classici e soprattutto attraverso le testimonianze dei Padri della Chiesa – ha contribuito a dotare i saggi indiani del carattere speciale di “pagani virtuosi”, sotto ogni aspetto, tanto da sembrare migliori dei cristiani13. E ancora, lo specialista sosteneva che in tutti i testi che dipendono dalla Collatio, “la personalità e il ruolo di Dindimo si ampliano (a spese di Alessandro), e la sua natura cristiana diventa sempre più pronunciata”14.

Degno di nota è il fatto che Hahn avesse utilizzato il saggio di G. Cary, pubblicato nel 1954, A Note on the Mediaeval History of the Collatio Alexandri cum Dindimo15, nel quale veniva illustrato come nei rifacimenti medievali della Collatio i moralisti cristiani si fossero impossessati della figura di Dindimo e ne avessero fatto l’emblema dell’asceta convenzionale16. Secondo Cary, la vicenda di Alessandro e del saggio bramano si ridusse, in funzione edificante, ad una serie di precetti morali rivolti alla figura di un re, ormai sminuito, e in qualche modo da biasimare17. Infine, lo studioso rilevava come la corrispondenza fosse stata poi inserita in opere ideate a scopo didattico o enciclopedico18.

Partendo da questa sintetica ricostruzione del quadro culturale di epoca medievale, in cui va collocata la fortuna della Collatio, possiamo tentare qui di

12 In Hahn, The Indian Tradition, cit., p. 213. Il testo originale, qui tradotto, è questo: “for many medieval

writers the Brahmans - or Gymnosophists - stood as a symbol of natural goodness; they embodied the possibility, or even the certainty, of salvation without Revelation and outside the institutional Church. From the fourth century on, Western writers showed progressively greater favor towards the Indians, and by the twelfth century a coherent image had materialized. The Indians appear as a simple, upright people who please God, and invite Christian imitation, through their strict adherence to the laws of nature. From the twelfth to the fourteenth century Westerners reproduced this portrait often enough for us to be sure that it is a conventional view. This idealization of the Indians clearly reflects Christian values, and it does not provide very much reliable information about Eastern life. Yet it is the made-up character of this tradition that gives it a claim on our attention, for its invention tells us a great deal about the frame of mind of the medieval West”.

13 Hahn, The Indian Tradition, cit., pp. 219-220: “infuse them with an individuality, a special character

as virtuous heathens in every way like, not to say better than, Christians”.

14 Hahn, The Indian Tadition, cit. p. 220: “the personality and the role of Dindimus are expanded (at

the expense of Alexander), and his Christian nature becomes more and more pronounced”.

15 Cit. in n. 2. 16 Cary, cit., p. 129. 17 Cary, cit., p. 129. 18 Cary, cit., p. 129.

181 ripercorrere alcune tappe significative della storia del testo, analizzandone in maniera più approfondita le trasformazioni subite nel corso dei secoli, e indagando sugli sviluppi della raffigurazione di Alessandro e Dindimo. Ai fini della nostra ricerca, per mostrare i meccanismi con cui i topoi ormai codificati vennero rimodulati, sarà utile scegliere uno specimen di alcuni autori significativi, che in vario modo utilizzarono tanto la corrispondenza tra i due personaggi quanto l’immagine dei Bramani.