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In materia di religione, le due lettere attribuite al saggio bramano presentano una struttura teologica in cui egli parla del suo Dio in termini precisamente cristiani. Lo definisce creator (2, 6) e più avanti afferma (2, 16):

Verbo propitiatur orantibus, quod solum ei cum homine est, suaque nimis similitudine delectatur. Nam verbum Deus est. Hoc mundum creavit, hoc regit

[Traduzione mia]. Per un più approfondito studio sul contesto storico, si veda Saggioro, Il paganesimo, cit., p. 686.

95 Questo è il significato che viene dato al termine da E. Wipszycka,Kościół w świecie późnego antyku,

Państwowy Instytut Wydawniczy, Warszawa 1994 [si veda la trad. it. Storia della Chiesa nella tarda

antichità, Bruno Mondadori, Milano 2000, p. 70].

96 Saggioro, Il paganesimo, cit., p. 686. 97 Saggioro, Il paganesimo, cit., p. 680.

170 atque alit omnia. Hoc nos veneramur, hoc diligimus, ex hoc spiritum trahimus,

siquidem Deus ipse spiritus atque mens est atque ideo non terrenis divitiis nec largitate munifica, sed religiosis operibus et gratiarum actione placatur.

Egli viene propiziato dagli oranti per mezzo della parola, che sola è adatta a lui insieme all’uomo, e si diletta moltissimo per la grande somiglianza di quello. Infatti Dio è parola. Ha creato questo mondo, lo regge e alimenta tutte le cose. Questo noi veneriamo, questo amiamo, e da questo noi traiamo lo spirito, dal momento che Dio stesso è spirito e mente; perciò viene placato non con ricchezze terrene né con generosità munifica, ma con opere piene di religiosità e con azioni di ringraziamento.

Queste parole restituiscono perfettamente il contesto ideologico in cui va ad inserirsi la Collatio.

Tuttavia diverse sono state le posizioni degli studiosi nell’individuare la matrice da cui discende una simile definizione. Alcuni, come Hansen98, hanno visto nell’espressione nam verbum deus est la rielaborazione di un motivo di ispirazione gnostica, che starebbe anche alla base del capitolo di Ippolito sui Bramani, dove si parla della loro idea di dio come λόγος99. Liénard, invece, aveva individuato nel passo una citazione più o meno diretta del primo capitolo della Genesi e dell’inizio del Vangelo secondo Giovanni100.

Distinguere quale sia stato esattamente l’orientamento dell’autore della Collatio in questa formulazione non è facile, data l’ampia diffusione della dottrina del Logos in ambito cristiano, sia all’interno sia all’esterno dell’ortodossia101. Tuttavia, ciò che interessa maggiormente nell’interpretazione complessiva del testo è che

98 Alexander und die Brahmanen, art. cit, p. 372.

99 Anche Cracco Ruggini, Sulla cristianizzazione della cultura pagana, cit., p. 47, individuava il legame

tra il passo (I 24, 2) della Refutatio di Ippolito e la Collatio a proposito del dio-logos. Cfr. il passo è commentato nel paragrafo 2.11.

100 La Collatio Alexandri et Dindimi, art. cit., p. 8224. Anche Steinmann nel suo commento a questo

passo (Alexander der Grosse und die ,,nackten Weisenˮ Indiens, cit., p. 278, ha messo in rilievo il richiamo al prologo del Vangelo di Giovanni.

101 Soltanto per cominciare un approfondimento sulla questione si veda M. J. Edwards, Clement of

Alexandria and His Doctrine of the Logos, in «Vigiliae Christianae» 54 (2000), pp. 159-177; J. Lashier, Irenaeus as Logos Theologian, in «Vigiliae Christianae» 66 (2012), pp. 341-361; I. Ramelli, Ethos and Logos: A Second-Century Debate Between “Pagan” and Christian Philosophers, in

«Vigiliae Christianae» 69 (2015), pp. 123-156. Utili le osservazioni sulla dottrina del Logos nello studio di E. Prinzivalli - M. Simonetti, La teologia degli autori cristiani (secoli I - V), Morcelliana, Brescia 2012.

171 l’impalcatura del discorso di Dindimo appare fortemente indirizzata verso l’esplicita contrapposizione di un dio unico, creatore del mondo e dell’umanità, il quale non ha bisogno di ricchezze terrene e di sacrifici, alla molteplicità di vari dèi.

Il meccanismo della sovrapposizione ideologica è chiaro: Dindimo e i Bramani sono qui costruzioni simboliche, funzionali alla rappresentazione di un dibattito che investe: a) la definizione della divinità; b) il culto ad essa riservato; c) il sistema religioso al quale assegnarla.

Il ragionamento del Bramano, mostrando l’antinomia delle due posizioni nei confronti delle questioni sollevate, mira a scartare naturalmente quella che appare errata e ad indicare il corretto modo di pensare.

In sostanza, la sintesi teologica prospettata da Dindimo è compresa in questi termini: a) esiste un solo dio, creatore, che è parola, spirito e mente; b) ad esso si devono destinare azioni volte al suo riconoscimento; c) soltanto in questo modo si realizza la vera religio.

Come aveva già osservato Liénard, la lezione così esposta nella seconda lettera mostra che questa corrispondenza fosse stata concepita come “un pretesto per diffondere i dogmi della fede cristiana”102.

Lo studioso aveva anche sottolineato le numerose analogie tra i motivi presenti nella Collatio e gli scritti di Tertulliano103. A questo proposito, vale la pena di tornare, ancora una volta, a quanto si legge nell’Apologeticum (XVII 1) per confrontarlo con il passo sopra citato:

Quod colimus, deus unus est, qui totam molem istam cum omni instrumento elementorum, corporum, spirituum verbo quo iussit, ratione qua disposuit, virtute qua potuit, de nihilo expressit in ornamentum maiestatis suae,

Ciò che noi adoriamo è un dio unico, che creò dal nulla a ornamento della sua maestà, tutta questa mole insieme a tutto il corredo di elementi, di corpi, di spiriti, con la parola con cui comandò, con la ragione con cui dispose, con la virtù con cui potè [Trad. P. Podolak]

102 La Collatio Alexandri et Dindimi, art. cit., p. 8224: “un prétexte pour propager les dogmes de la foi

chrétienne”.

103 Nel suo articolo (cfr. supra) Liénard ha elencato ben 17 elementi comuni tra la Collatio e

172 Come è facile osservare, non c’è molta differenza tra il testo di Tertulliano e quello della Collatio: la somiglianza stringente conferma ancora una volta che le lettere di Alessandro e Dindimo vanno inquadrate nel contesto dell’apologetica dei Padri latini del III e del IV secolo.

Liénard nel suo studio sulla Collatio sosteneva che se pure la forma epistolare era stata suggerita all’autore dal racconto dello Pseudo-Callistene, la sostanza dei contenuti derivava direttamente dal pensiero del polemista cristiano104.

Per quanto l’opinione del filologo francese appaia scientificamente fondata, soprattutto per l’analisi accurata condotta sul testo, occorre tenere presente un altro ordine di fattori, per giungere ad una lettura a tutto tondo del documento.

L’epistolario non soltanto per il genere letterario di appartenenza è ispirato all’episodio dell’incontro con i gimnosofisti contenuto nel Romanzo di Alessandro, ma anche per gran parte degli argomenti trattati.

Abbiamo già osservato più volte che i numerosi topoi sviluppati dalla letteratura del mondo classico sui Bramani costituiscono lo sfondo sul quale si innesta la costruzione ideologica e dottrinaria delle affermazioni di Dindimo sulla natura del dio unico.