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Uno dei costumi attribuiti ai Bramani, nelle fonti greche, è quello di evitare i rapporti sessuali, o di regolamentarli a determinate condizioni.

229 Le fonti relative al rapporto dei Bramani con la sfera “sacra” sono analizzate nel paragrafo 2.12. 230 Caes. Naz. Dial. 2 (PG 38, c. 980): Νόμος δὲ καὶ παρὰ Βακτριανοῖς, ἤτοι Βραγμανοῖς, ἡ ἐκ

προγόνων παιδεία, μὴ μεθύειν, μηδὲ ἀψύχων ἀπογεύεσθαι, οὐκ οἴνου ἀπλοῦ ἢ νόθου μετέχειν, Θεὸν τὸν ἐμὸν δεδοικότας. Riguardo a questo passo, nell’edizione di B. Breloer - F. Bömer delle Fontes

Religionum Indicarum, op. cit., si propone di correggere ἀψύχων con ἐμψύχων sulla base del raffronto

con il passo successivo dello stesso dialogo (PG 38, c. 985) e di quello molto simile di Eus. P. e. VI 10, 14 (cit. supra). Sulla correlazione dei Bramnai con la sfera divina, cui si riferisce Cesario, si rinvia al paragrafo 2.12.

231 Caes. Naz. Dial. 2 (PG 38, c. 984): Οὐ γὰρ οἶα τε ἡ καθ’ ὑμᾶς γένεσις ἀναγκάσαι Σῆρας ἀνακεῖν, ἢ

Βραχμᾶνας κρεoβορεῖν καὶ σικεροποτεῖν.

232 Caes. Naz. Dial. 2 (PG 38, c. 985): Πῶς δὲ ἐν ταυτῷ τμήματι τοὺς ἀνθρωποβόρους Ἰνδοὺς, καὶ τοὺς

ἐμψύχων καὶ θοίνης ἀπάσης ἀπεχομένους Βραχμαίους οἰκοῦντας ὁρῶμεν.

233 Sulla condanna del matrimonio e sull’astinenza dalla carne e dal vino, da parte degli Encratiti: Ipp.

97 L’anomalia compare fin dal contesto culturale greco, quando Strabone, citando Megastene, racconta – lo si è visto234 – che tra questa gente i philosophoi, per trentasette anni, si asterrebbero sia dalla carne sia dalle pratiche sessuali, e poi cambierebbero tenore di vita235. Dopo la lunga astinenza, sposerebbero molte donne per avere una prole numerosa, che garantisca loro l’assistenza necessaria, dal momento che non hanno servi236. Già da queste informazioni emerge chiaramente l’eccezionalità delle loro abitudini sessuali.

Riprendendo in mano il passo dello Pseudo-Callistene sui gimnosofisti, emergono altre notizie che ne mettono in luce il singolare comportamento nei riguardi della procreazione. Alessandro, avendo visto le loro mogli e i figli, occupati nel pascolo237, interroga il saggio Dandami e viene a sapere che essi hanno una donna per ciascuno e che ognuno la feconda finché costei genera due figli, uno per il padre e uno per la madre238.

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All’interno dei “trattati indiani” viene dato ampio spazio al tema dell’esercizio di un rigido controllo degli impulsi sessuali. Nella Collatio Dindimo afferma che i Bramani non si abbandonano alla libidine239, che presso di loro non ci sono adulteri, né incesti, che il coito avviene solo per procreare e non per il desiderio, e che non provocano in un corpo vivo la morte di un altro essere240. Riguardo al senso di quest’ultima 234 Cfr. paragrafo 2.6. 235 Str. XV 1, 59=FGrHist 715 F33: Διατρίβειν δὲ τοὺς φιλοσόφους ἐν ἄλσει πρὸ τῆς πόλεως ὑπὸ περιβόλῳ συμμέτρῳ, λιτῶς ζῶντας ἐν στιβάσι καὶ δοραῖς, ἀπεχομένους ἐμψύχων καὶ ἀφροδισίων, ἀκροωμένους λόγων σπουδαίων […] Ἔτη δ´ ἑπτὰ καὶ τριάκοντα οὕτως ζήσαντα ἀναχωρεῖν εἰς τὴν ἑαυτοῦ κτῆσιν ἕκαστον καὶ ζῆν ἀδεῶς καὶ ἀνειμένως μᾶλλον. 236 Str. XV 1, 59: γαμεῖν δ´ ὅτι πλείστας εἰς πολυτεκνίαν· ἐκ πολλῶν γὰρ καὶ τὰ σπουδαῖα πλείω γίνεσθαι ἄν, ἀδουλοῦσί τε τὴν ἐκ τέκνων ὑπηρεσίαν ἐγγυτάτω οὖσαν πλείω δεῖν παρασκευάζεσθαι. Su questo passo si vedano anche le osservazioni espresse nel paragrafo 2.11.

237 Ps.-Callisth. III 5. Testo e traduzione in Appendice II. Un breve accenno si trova anche in Iul. Val.

III 5 (ed. Rosellini): Eorum filii coniugesque pascendis pecudibus occupabantur.

238 Ps.-Callisth. III 6 (ed. Müller): Ἔχομεν δὲ ἕκαστος τὴν ἰδίαν γυναῖκα, καὶ κατὰ σελήνης γένναν

πορεύεται ἕκαστος εἰς τὴν ἰδίαν γυναῖκα καὶ πλησιάζει αὐτῇ ἕως οὗ τέκῃ δύο παιδία, καὶι λογιζόμεθα τὸν μὲν ἕνα ἀντὶ τοῦ πατρὸς, τὸν δὲ ἄλλον ἀντὶ τῆς μητρός. La traduzione in Appendice II.

239 Collatio I 2, 4: Libidini membra debilitanda non tradimus.

240 Collatio I 2, 7: Nullus apud nos incestus, nullum adulterium, nulla corruptio nominatur. Ad

concubitum non admonet nos libido, sed subolis amor. Non novimus amorem nisi pium. Abortivis haustibus procedere feta nascentia nos vetamus nec intra vivum corpus mortem investigamus alterius.

Cfr.Collatio II, p. 12 (ed. Pfister): Membra nostra libidini non tradimus; adulteria nulla committimus, nec aliquod vitium facimus, unde ad paenitentiam ire debeamus. Cfr. Historia de preliis 99, p. 224 (ed.

98 affermazione, è da notare che le espressioni impiegate nel testo sono fortemente moraleggianti, e sono indice di una ideologia che condanna le pratiche abortive241.

La testimonianza più interessante è quella del Commonitorium Palladii242, in cui vi sono diverse righe dedicate al racconto dell’accoppiamento dei Bramani con le loro donne:

Masculi habitant de illa parte Gangis fluminis in partibus Oceani maris. Feminae vero habitant de ista parte fluminis iuxta partes Indiae et omni anno mense Iulio et Augusto mariti sui navigant praedictum fluvium et pergunt ad eas. Isti enim menses apud illos sunt frigidi, eo quod illo tempore sol venit ad nos, et hoc tempore temperatum est tempus apud illos et dicunt quod sit aptum tempus ad inpregnandum mulieres suas. Cum vero fuerint per quadraginta dies cum mulieribus suis, statim redeunt ad loca sua. Cum autem fuerit pregnata mulier alicuius viri duabus vicibus et fecerit unum filium et iterum fecerit alterum, iam maritus eius ad eam non transit neque concumbit cum ea. Si autem quiscumque habuerit uxorem sterilem, transit ad eam per quinque annos et concumbit cum ea, et si per quinque annos non fuerit inpregnata, statim dimittet eam propter hanc causam.

I maschi abitano da quella parte del fiume Gange nelle regioni del mare Oceano. Le femmine invece abitano da questa parte del fiume vicino alle terre dell’India e ogni anno nel mese di luglio e di agosto i loro mariti navigano il fiume predetto e si affrettano verso di loro. Infatti tali mesi sono freschi presso quelli, proprio in quella stagione in cui il sole viene da noi, e in questo periodo il clima è temperato presso di loro e dicono che sia il momento adatto per rendere pregne le loro donne. Dopo essere rimasti per quaranta giorni con loro, subito ritornano nelle loro sedi. Quando poi è rimasta incinta la moglie di qualcuno di loro per due volte, ed ha generato prima un figlio, e poi un altro, ormai suo marito non si reca più da lei e non giace più con lei. D’altra parte chiunque abbia una moglie

Zingerle): Membra nostra libidini non tradimus. Adulteria nulla committimus, nec aliquod vitium

facimus. Le stesse parole anche nelle recesioni J1, J2, J3.

241 La questione dell’aborto meriterebbe uno studio a parte, che qui non è possibile condurre. Come

spunto di riflessione si veda Z. Minstry, Abortion in the Early Middle Ages, York Medieval Press, York 2015.

99 sterile, si reca da lei per cinque anni e giace con lei, e se in quel periodo non è rimasta pregna, per questo motivo la allontana rapidamente.

L’intento di questa descrizione è evidentemente quello di far risaltare come il processo di riproduzione venga rigidamente controllato, tramite l’allontanamento dei maschi dalle femmine.

Questo passo trova conferma in un capitolo del De gentibus Indiae et Bragmanibus, dove si precisa che quando l’uomo non torna più dalla compagna, perché ha già partorito due volte, viene messo al suo posto un sostituto, in modo che il primo trascorra il resto della vita in astinenza (ἐγκρατεύoνται)243; l’autore inserisce poi un commento che spiega come la gente dei Bramani non sia numerosa, per la brutta posizione geografica e per la continenza (ἐγκράτεια) nella riproduzione244.

Il De moribus Brachmanorum, a proposito della procreazione, riferisce che i figli vanno a sostituire il genitore, o meglio a rimpiazzarlo, così che questo poi rinuncia al coito per il resto della vita245.

Come si vede, fin dal testo di Strabone, il motivo dell’astinenza sessuale è strettamente connesso a quello della programmazione delle nascite, il cui scopo sarebbe quello di assicurare una degna assistenza dei figli ai genitori, e non tanto di garantire la riproduzione della specie.

In via generale, va osservato qui – prima di giungere a conclusioni definitive – che l’assenza di adulteri, incesti, pratiche abortive e la negazione della libido, nonché la rinuncia ai rapporti sessuali, rappresentano simbolicamente una società in cui la condizione precipua debba essere la perfetta integrità fisica e morale.

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243 Gent. Ind. I 13 (ed. Berghoff): ἀντιστήσαντες οὖν τὸ ἀντίσωμα αὐτῶν τὸν ἐπίλοιπον ἐγκρατεύoνται

χρόνον. In questo passo ἀντίσωμα indicherebbe una persona che sta al posto del marito, e si potrebbe intendere che sia un figlio, visto che nel De moribus bragmanorum di Ambrogio si dice: singulis enim

filiis in locum proprium substitutis, per totam de relinquo ab huiusmodi coitu se abstinent vitam (I 13,

ed. Pritchard).

244 Gent. Ind. I 13 (ed. Berghoff): διό οὐδὲ εἰς πλῇθος πολυάνθρωπον ἐκτέταται αὐτῶν τὸ ἔθνος, διά τε

τὴν δυσζωΐαν τοῦ τόπου, καὶ διὰ τὴν φυσικὴν ἐγκράτειαν τῆς γεννήσεως.

245 Ps. Ambr. Mor. Brachm. I 13 (ed. Pritchard): Ob quod non in magnos populos hominum eorundem

100 In ambito cristiano, vi è un’ulteriore rielaborazione del topos della procreazione, da cui emerge un’esasperazione delle abitudini sessuali dei Bramani.

Nel capitolo della Refutatio di Ippolito, più volte ricordato246, leggiamo che presso di loro non vi sono né donne né figli247, ma nel loro territorio vengono a stabilirsi altri uomini, provenienti dalla regione opposta del fiume, mossi dal desiderio di vivere come loro. Tuttavia, questi ultimi nel proprio paese ammettono le donne, da cui nascono tutti quelli che abitano lì248.

In questa singolare descrizione, la “purezza” dei costumi dei Bramani rimane integra presso una ristretta categoria, mentre la riproduzione è resa possibile soltanto in uno spazio separato e a diverse condizioni di vita.

Bisogna ancora osservare che le notizie di Ippolito riguardanti questa singolare condotta – unitamente a quelle sull’astinenza dalla carne249 – vanno inquadrate nel contesto culturale dei Padri della Chiesa dei secoli II e III, allorché era riconosciuta la connessione tra il modello di vita dei saggi indiani e l’ascetismo degli Encratiti250. Lo stesso Ippolito afferma che l’origine delle dottrine errate di costoro deriverebbe dai gimnosofisti251, mentre più direttamente Clemente Alessandrino riferisce che i Sarmanai, uno dei due gruppi dei saggi nudi, oltre a non abitare nelle città, a non avere case, a vestirsi con le cortecce, a mangiare ghiande, a bere acqua con le mani, non saprebbero nulla di nozze e procreazione, come gli Encratiti252. Leggendo questo passo, si vede bene come da una parte agisca il modulo dell’emarginazione culturale 246 Paragrafi 2.3, 2.5 e 2.6. 247 Hipp. Haer. I 24, 3: οὔτε δὲ γυναῖκες παρ’ αὐτοῖς οὔτε τέκνα εἰσίν. 248 Hipp. Haer. I 24, 4: οἱ δὲ τοῦ ὁμοίου αὐτοῖς βίου ὀρεχθέντες ἐκ τῆς ἀντιπέραν χώρας τοῦ ποταμοῦ διαπεράσαντες ἐκεῖσε ἐναπομένουσιν, ἀναστρέφοντες μηκέτι· καὶ αὐτοὶ δὲ Βραχμᾶνες καλοῦνται. βίον δὲ oὐχ ὁμoίως διάγουσιν· εἰσὶ γὰρ καὶ γυναῖκες ἐν τῆι χώραι, ἐξ ὧνπερ οἱ ἐκεῖ κατοικοῦντες γεννῶνται καὶ γεννῶσιν. 249 Cfr. supra paragrafo 2.6.

250 Il problema era stato già ben individuato da B. Berg, Dandamis: an Early Christian portrait of Indian

asceticism, cit., pp. 295-298. Si veda anche G. Piccaluga, Il rischio della continenza, in La tradizione dell’Enkrateia. Motivazioni ontologiche e protologiche (a cura di U. Bianchi), Roma, Edizioni

dell’Ateneo, 1985, pp. 485-498.

251 Hipp. Haer. VIII 7: Τίς ἡ τῶν Ἐγκρατιτῶν κενοδοξία, καὶ ὃτι ἐξ αὐτῶν καὶ οὐκ ἐξ ἁγίων γραφών τὰ

δόγματα αὐτῶν συνέστηκεν, [ἀλλ' ἐκ τῶν παρ' Ἰνδοῖς γυμνοσοφιστῶν.] “Qual è la vana opinone degli Encratiti, e il fatto che le loro dottrine sono sorte da loro stessi, e non dalle Sacre Scritture, [ma dai gimnosofisti presso gli Indiani]”. Il dato era stato già rilevato da J. Filliozat, La doctrine des brâhmanes

d’après saint Hippolyte, cit., p. 81, ma lo studioso sottolineava la dubbia autenticità della frase riferita

ai gimnosofisti.

252 Clem. Al. Strom. I 15, 5-6: καὶ τῶν Σαρμανῶν οἱ ὑλόβιοι προσαγορευόμενοι οὔτε πόλεις οἰκοῦσιν

οὔτε στέγας ἔχουσιν, δένδρων δὲ ἀμφιέννυνται φλοιοῖς καὶ ἀκρόδρυα σιτοῦνται καὶ ὕδωρ ταῖς χερσὶ πίνουσιν, οὐ γάμον, οὐ παιδοποιίαν ἴσασιν, ὥσπερ οἱ νῦν Ἐγκρατηταὶ καλούμενοι.

101 nei confronti dei popoli altri, dall’altra come esso possa essere ugualmente riferito alle comunità di determinati asceti, che dovevano essere condannati per le loro pratiche estreme di astinenza253.

A questo proposito, va rilevato che anche il passo di Palladio, esaminato sopra, dove compare il termine ἐγκράτεια, utilizzato per indicare la scelta di una vita casta, consente di accostare tale popolo al gruppo degli Encratiti, per i quali questa era una delle prescrizioni basilari254.

Diversamente da Ippolito, nei testi di altri autori cristiani viene sottolineata l’assoluta negazione dei rapporti sessuali. In un passo di Clemente Alessandrino si legge che né i gimnosofisti né i “venerabili” (Σεμνοὶ) tra gli Indiani hanno rapporti con le donne, in quanto lo ritengono un atto contro natura e contro la legge, per cui si mantengono casti255. Anche Agostino, in una breve nota, afferma che i saggi nudi si astengono dal procreare256.

In definitiva, considerando i dati raccolti, possiamo rilevare un processo evolutivo nella costruzione del topos sulla castità dei Bramani: a partire dalla tradizione greca, che attribuisce loro un periodo limitato di vita sessuale, passando attraverso i “trattati indiani”, in cui viene descritta una rigida programmazione delle nascite, si arriva alla cultura dei Padri della Chiesa, secondo i quali o la procreazione è riservata ad una ristretta cerchia, o addirittura viene negata.