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La città come bene comune

Nel documento Diritto alla casa e forme dell'abitare (pagine 91-95)

N. medio per anno dei contribut

5.2 La città come bene comune

In greco la pòlis indica la sede e il luogo in cui un gruppo ha la propria radice, e si caratterizza per tradizioni e costumi (Cacciari 2004). La metropoli nasce tra il Settecento e l’Ottocento, grazie alla spinta dei fattori produttivi e dei cambiamenti nei trasporti. Salvo per gli inglesi, che hanno avuto un più rapido processo di industrializzazione, il resto dell’Europa ha conosciuto prima la metropoli, cui fanno capo le relazioni economiche e gli scambi internazionali, e solo successivamente la città, che si caratterizza per avere un insediamento umano stabile ed uno status legale ben definito. In seguito a fenomeni quali la globalizzazione e la rivoluzione spazio-temporale, che hanno comportato una riduzione delle distanze ed un abbreviamento dei tempi, le città sono diventate dei luoghi che ospitano individui senza che questi si relazionino tra di loro, cittadini che condividono spazi, ma che non si incontrano e non beneficiano di un reciproco scambio. Interessante è il pensiero di Toqueville che, riflettendo sul concetto di democrazia, ha affermato che:

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“la trama del tempo si spezza ogni momento e la traccia delle generazioni scompare. Si dimenticano facilmente quelli che hanno preceduto e non si ha alcuna idea di quelli che seguiranno. (…) Poiché ogni classe si avvicina alle altre e si mescola con esse, i suoi membri divengono indifferenti e quasi stranieri fra loro. L’aristocrazia aveva fatto di tutti i cittadini una lunga catena che andava dai contadini al re; la democrazia spezza la catena e mette ogni anello da parte.” (Toqueville 1998, p. 494).

I costruttori delle città sanno che più un luogo è urbanizzato, minore è il ricorso a forme di militarizzazione negli spazi pubblici. Nelle maggiori megalopoli mondiali vivono la metà della popolazione mondiale. Queste città sono: Tokyo, San Paolo, New York, Città del Messico, Shanghai, Bombay, Los Angeles, Buenos Aires, Seul, Pechino, Rio de Janeiro, Calcutta e Osaka (Amin, Thrift 2005). Ognuna di queste ospita oltre 10.000.000 di abitanti. Le città sono anche teatro di esperienze di miseria, la mancanza dell’abitazione è spesso causa della caduta in situazioni di povertà anche assoluta. Per calcolare questi livelli bisogna rifarsi ai dati relativi ai consumi, e confrontarli con i prezzi e la disponibilità di beni e servizi. Di seguito la tabella mostra i dati relativi al numero delle famiglie e degli individui italiani in condizione di povertà assoluta, divise per zone del Paese.

Indicatori di povertà assoluta per numero di famiglie:

Italia 1.156 4,6%

Nord 435 3,6%

Centro 187 3,8%

Mezzogiorno 534 6,7%

Fonte: ISTAT 2010.

Indicatori di povertà assoluta per numero di individui:

Italia 3.129 5,2%

Nord 982 3,6%

Centro 539 4,6%

Mezzogiorno 1.608 7,7%

93 Nella metropoli contemporanea gli individui sono liberi in modo “radicale”. Lo spazio è slegato e svincolato dalla sensazione di calore che trasmette una comunità organica, ma alcuni soggetti provano ad adottare strategie attive, volte a consolidare una qualche forma di prossimità, di relazione sociale e di luogo comune (Giddens 1994, Paba 2003). Una comunità è un insieme di individui legati in qualche modo tra di loro in un mutuo scambio di influenze. Di per sé, i cittadini, hanno già in comune la condivisione di un luogo e ciò può permettere di sentire la necessità di costituirsi come comunità. I piani attuati dall’urbanistica sono largamente responsabili delle situazioni perverse presenti in un territorio (Guidicini 1982; Porrello 1983). Quando questi piani si attuano, sono destinati ad una moltitudine di soggetti che molto spesso hanno in comune il solo luogo di residenza, per capire le esigenze di un territorio bisogna osservare i suoi abitanti nelle singolarità dei loro aspetti. Per questo è utile farli diventare, essi stessi, parte attiva nelle scelte da adottare, se gli si assegna il ruolo di co- protagonisti sarà possibile aprire un dibattito che metta in gioco le loro potenzialità e desideri. Il coinvolgimento dei cittadini, parte dalla capacità dei mediatori di metterli in una situazione tale da farli diventare degli osservatori, degli analisti dei fatti sociali. Gli attori-protagonisti saranno così in grado di attivare conoscenze e competenze che li spingono a mobilitare energie, da utilizzare, come risorsa, in una definizione più ampia del concetto di cittadinanza. Gli individui svilupperanno così un maggiore senso civico e di appartenenza al luogo che vivono, perché hanno partecipato ad inventarlo e a costruirlo. Non bisogna ricorrere a situazioni per le quali:

“L’analisi delle esigenze è riferita a un Modello-Uomo che non ha nulla a che fare col destinatario reale e che per definizione è incontaminato da condizioni materiali e esperienze, e quindi estraneo a contraddizioni e conflitti, privo di storia e di spessore sociale. Perciò i requisiti cui il «progetto» deve corrispondere sono riferiti a esigenze-tipo, selezionate secondo parametri-tipo che vengono generalizzate a qualunque gruppo sociale, senza riguardo ai valori che porta, privo di storia e di spessore sociale. Il risultato è unificante e repressivo – soprattutto per le classi

94 popolari e le minoranze – perché tende a normalizzare i comportamenti e a sottometterli alle regole di chi ha il potere di decidere.” (Illich, Turner, De Carlo e La Cecla 1980, p. 60).

La coscienza collettiva urbana, si sviluppa a partire dal desiderio di vedere la città non più come “oggetto”, ma come “soggetto”. Essa ha la capacità di contribuire a modificare i comportamenti umani e di fornire immagini in grado di cambiare la società (Porrello 1983). Ha un’esistenza derivata, nel senso che esiste senza esistere, ovvero c’è non come oggetto, ma come “processo” (Tognonato 2006, p. 127) attraverso il quale, più individui, riconoscono la città come un’istituzione. Anche se non è un bene materiale, e non si può toccare né vedere, così come invece si può toccare e vedere un tavolo, essa esiste poiché subisce una trasformazione che, nonostante la sua astrattezza, la fa diventare reale. La materialità si compone dell’insieme degli oggetti e soggetti che la compongono, quali: palazzi, strade, persone, cani. La qualità dei rapporti umani si sviluppa in un determinato contesto urbano, quindi modificando l’ambiente è possibile migliorare le relazioni sociali tra gli individui.

I tratti delle struttura urbana si determinano attraverso le scelte di progettazione e pianificazione territoriale, influiscono sui modi di vita di chi vi abita e contribuiscono a determinare l’adozione di uno stile di vita piuttosto che un altro. La partecipazione dal basso contribuisce a far emergere le contraddizioni presenti in uno spazio urbano e permette di elaborare soluzioni che possano risolvere i conflitti. La democrazia si realizza attraverso la consapevolezza che la partecipazione è lo strumento mediante il quale si garantiscono libertà ed eguaglianza (Rizza 2009). A tal proposito il Comune di Roma, insieme con il Dipartimento del Patrimonio e della Casa e la Direzione Politiche Abitative, ha divulgato la “Carta dei Servizi” in una versione sperimentale. La Carta è un documento informativo che serve ad orientare il cittadino, rappresenta uno strumento volto ad assolvere compiti di comunicazione e trasparenza. In essa sono contenuti gli indirizzi, i numeri di telefono ed i siti web per comunicare con le varie istituzioni di riferimento. La Carta offre le indicazioni necessarie per avviare

95 alcune delle procedure più frequenti e spiega, in modo semplificato, i diritti dei cittadini e le azioni a tutela di questi. Alcuni dei servizi offerti sono: gestione dell’emergenza abitativa, assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, gestione mobilità degli alloggi, sanatorie e contributi ai conduttori ed ai locatori (Pacelli, Viggiano, Ferruzzi, Marino, Gismundi Patrizi, Giallella, Iorio, Correale 2010).

Nel documento Diritto alla casa e forme dell'abitare (pagine 91-95)