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Organizzazione dei comitati di lotta per la casa

Nel documento Diritto alla casa e forme dell'abitare (pagine 169-174)

N. medio per anno dei contribut

8.3 Organizzazione dei comitati di lotta per la casa

Il mito della solidarietà comunitaria, espresso da Sennet a proposito delle comunità purificate, rappresenta la conseguenza della crescente importanza attribuita alla vita familiare. Nella società odierna, caratterizzata talvolta da una scarsa disponibilità economica, condividere competenze e servizi diventa un elemento necessario alla sopravvivenza, e permette lo svolgimento di attività comunitarie. Al contrario, il benessere contribuisce a generare isolamento facendo sì che gli individui si riconoscano per “somiglianza”, anziché per “bisogno reciproco”. Una comunità solidale riconosce quindi un “noi” in relazione a un qualcosa di esterno e di diverso, creando un sentimento di difesa dalla propria comunità e di rifiuto verso ciò che non ne fa parte (Sennet 1999a, Sennet 1999b). Esperienze del genere sono sempre più frequenti nelle società odierne, una di queste è la critical mass, un vasto movimento di ciclisti al quale partecipano con impegno e costanza diversi individui, tra cui molti degli occupanti di Roma. Circa 15 anni fa, a San Francisco, alcuni cittadini decisero di percorrere la città in bicicletta, e pedalando su strade normalmente utilizzate dalle autovetture, immaginarono cosa sarebbe avvenuto se a percorrere quelle stesse strade fossero stati in tanti e tutti muniti di bicicletta. Così, tramite passaparola e con il supporto dell’informazione digitale, costruirono una comunità di ciclisti, occupando uno spazio pubblico con un mezzo non inquinante. Uno degli ideatori raccontava:

170 “stavo parlando quando mi è venuto in mente che sarebbe stato bello formare una massa compatta di ciclisti in grado di conquistarsi uno spazio di libertà nelle strade di San Francisco. (…) Poi una scelta individuale considerata stravagante si è trasformata in una svolta collettiva per la conquista di uno spazio di libertà. Una specie di zerocrazia dove ognuno fa quello che gli pare, nel gruppo si chiacchiera, si stringono amicizie, ognuno è libero di prendere l’iniziativa”. (Fazio 2002).

Il movimento dei ciclisti si è rapidamente diffuso in tutto il mondo, sono 180 i gruppi presenti negli Stati Uniti e 111 in Europa (Savoldi 2006). Non si vanta di indossare un colore politico, perché lo scopo del movimento non è di fatto dichiarato ed effettivamente non ve ne è uno definito. In questo caso non si vuole dimostrare nulla, ma rivendicare un diritto che è quello delle pari dignità con gli altri mezzi, nel rispetto delle medesime regole, il codice della strada. Quest’azione è a suo modo una forma di resistenza alle attuali forze economiche, il gesto che si utilizza per compierlo è quello dell’azione collettiva. Secondo gli studiosi del territorio, altre esperienze simili a questa, per modalità di resistenza ai processi di esclusione sociale, sono in gran parte riconducibili ai movimenti degli

squatters, ossia degli occupanti abusivi, ed alle azioni di autogestione di servizi

sociali (Augustoni, Giuntarelli, Veraldi 2007). I beni comuni sono per definizione quelli da cui nessuno può venirne escluso, la loro tutela è anche quella di tutti gli esseri umani e si traduce in un diritto di uguaglianza. Se questi diritti vengono contesi da una parte della popolazione, senza il rispetto delle regole e a scopi personali e lucrativi, si creano profonde ingiustizie e danni alla collettività. Allo stesso modo un mondo in comune presuppone la conservazione della varietà culturale, la sua costruzione sarà così attuata in modo collettivo (Cassano 2004).

I rischi dell’individualismo nella società democratica sono stati messi in evidenza da molti autori tra cui Tocqueville in Democrazia in America, il filosofo francese giocava ad immaginare una società di individui, tutti uguali, che pensano al solo soddisfacimento dei propri interessi.

171 “Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini uguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta una specie umana; quanto al rimanente dei cittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria.” (Tocqueville 1992, p. 732).

L’autore è stato tra i primi a definire gli strumenti atti a frenare le conseguenza negative dell’individualismo, egli affermava che le azioni condotte secondo la volontà di attuare un sentimento di bene comune, abbiano la capacità di frenare la spinta individualistica che preme sulla società odierna. Diventa importante quindi sviluppare e “dare una vita politica a ogni parte del territorio, così da moltiplicare all’infinito per i cittadini le occasioni di agire insieme e per fare loro sentire ogni giorno che dipendono gli uni degli altri” (Tocqueville 1992, p. 520). L’utilizzo dell’autonomia nelle scelte che gli individui compiono, e a maggior ragione se questa viene conquistata con movimenti di lotta collettivi, è un’azione alla quale va attribuita una virtù di coraggio. L’impegno utilizzato in un percorso di autonomia è massiccio, ed espone a dei rischi come il possibile fallimento, facendosi anche carico delle conseguenze che si generano quando, nel percorso, diventa necessario infrangere delle regole. Uno scritto di Levi, successivo ad una rielaborazione dei preziosi insegnamenti di Gobetti, giustifica la nascita dei fascismi e delle guerre di quel periodo storico, non tanto dal potere coercitivo, ma dalla paura che sente l’essere umano nei confronti della libertà.

“Questo capovolgimento della politica, che va inconsapevolmente maturando, è implicito nella civiltà contadina, ed è l’unica strada che ci permetterà di uscire dal giro vizioso di fascismo e antifascismo. Lo Stato non potrà essere che l’insieme di infinite autonomie, una organica federazione. Per i contadini, la cellula dello Stato, quella sola per cui essi

172 potranno partecipare alla molteplice vita collettiva, non può essere che il comune rurale autonomo (…). Ma l’autonomia del comune rurale non potrà esistere senza l’autonomia delle fabbriche, delle scuole, delle città, di tutte le forme della vita sociale.” (Levi 1994, p. 223).

Secondo l’autore, spesso si sceglie di rinunciare alla propria autonomia piegandosi ad un’autorità per scongiurare l’angoscia della libertà (Levi 2001). L’autonomia è libertà, essere liberi presuppone una pluralità di individui che sono tali in quanto hanno delle relazioni tra di loro. I problemi che appaiono irrisolvibili con risposte individuali, possono talvolta essere risolti con la forza della cooperazione. Per realizzare l’autonomia è necessario unire le proprie forze con quelle di altri individui, un esempio lo fornisce Marx a proposito della forza produttiva. Egli affermava che:

“La somma meccanica delle forze dei lavoratori singoli è sostanzialmente differente dal potenziale sociale di forza che si sviluppa quando molte braccia cooperano contemporaneamente a una stessa operazione indivisa: per esempio, quando c’è da sollevare un peso, da girare una manovella, o da rimuovere un ostacolo. Qui il lavoro singolo non potrebbe produrre affatto l’effetto del lavoro combinato (…). Qui non si tratta soltanto dell’aumento della forza produttiva individuale tramite la cooperazione, ma di creazione d’una forza produttiva che dev’essere in sé e per sé forza di massa.” (Marx 1964, p. 367).

La libertà è plurale, non può essere intesa solo per i singoli individui, ma per tutta una comunità o per tutta una società, più in generale per tutti gli abitanti del pianeta. Il rispetto delle libertà è un obiettivo prioritario per chi abita in un’occupazione a scopo abitativo, per questo motivo è stata stabilita una rete organizzativa tra gli individui. In questo modo è più facile mantenere in piedi una struttura così vasta come quella dei comitati. La rete organizzativa permette di comunicare con le altre occupazioni per avere un confronto e dei consigli, e di rinforzare i rapporti con l’esterno, come le istituzioni e il vicinato.

Il sistema organizzativo non è rigido ed identico in ogni occupazione, ma è possibile delineare degli appuntamenti ricorrenti in quasi tutte le occupazioni di

173 Roma. Sono dei momenti di relazione, di incontro e di scambio, che fanno capo a tutti questi luoghi e che qui vengono definiti come le “modalità organizzative” nella gestione interna ed esterna delle occupazioni, ricorrente ampiamente anche nel regolamento di Action. Quella interna è relativa ai possibili problemi di condominio e di convivenza, ed a strutturarla è principalmente il regolamento dell’occupazione; quella esterna si realizza mediante le relazioni che si intrattengono con il quartiere. Ogni occupazione si riunisce in assemblea almeno una o due volte la settimana, in queste occasioni si discute di ciò che è avvenuto e ci si organizza sulle scelte da prendere. Le persone, designate a ricoprire il ruolo di coordinatori, che sono generalmente tre o cinque individui scelti tra chi vi abita che, successivamente, si incontrano tra di loro per discutere degli interventi e delle scelte da compiere. I coordinatori redigono un verbale dell’assemblea e si riuniscono a loro volta, circa una volta al mese, con tutti gli altri coordinatori delle altre occupazioni appartenenti allo stesso comitato di movimento di lotta per la casa. Questo incontro viene chiamato “consiglio” e durante il suo svolgimento si discute delle problematiche che non si sono riuscite a risolvere durante le assemblee delle singole occupazioni. In seguito alcuni, tra i membri del consiglio, si riuniscono con i responsabili degli sportelli delle agenzie del diritto, i quali si occupano di casa, lavoro, assistenza legale (civile e penale), immigrazione, detenzione, pari opportunità e violenza di genere. Assieme ai responsabili degli sportelli, vi sono anche i rappresentanti dei vari centri sociali presenti nella città ed affiliati ai movimenti di lotta per la casa. Tutti insieme concorrono a tutelare gli interessi e le vite degli occupanti, nel pieno rispetto delle loro dignità e aspettative.

Durante i vari incontri gli individui hanno occasione di confronto e di scambio di opinioni. I ruoli ruotano, ci sono sempre alcuni che si sentono maggiormente impegnati a facilitare la riunione, questo può portare alla lunga a situazioni di stress o esaurimento. Il fatto di darsi il cambio nel ruolo di facilitatore permette di non incorrere in problemi di questo tipo. Spesso il conflitto è provocato da sentimenti di sconferma, alcuni individui possono sentirsi non visti e non ascoltati, è quindi importante il potersi sentire anche apprezzati e

174 riconosciuti all’interno della comunità. Le nuove proposte vengono sviluppate in modo collegiale, i partecipanti possono modificarne gli elementi o aggiungerne di nuovi. L’importante è arrivare a formulare un’idea che i partecipanti possano approvare e condividere, fino a ritenerla accettabile. I movimenti di lotta per la casa sono diversi nella città di Roma, i più impegnati in fatto di occupazioni a scopo abitativo sono: Action; Blocco precario metropolitano; Coordinamento cittadino di lotta per la casa; Comitato auto-organizzato di resistenza urbana; Assessorato popolare contro la crisi abitativa; Comitato obiettivo casa; Casa Paund. Alcuni dei comitati sopra nominati, ad esclusione dell’ultimo, hanno un colore politico che si ispira alla sinistra italiana, altri si dichiarano invece svincolati da qualsiasi parte politica. Casa Pound rientra negli ambiti di un’opposta linea politica, ispirata all’estrema destra italiana, definendosi pertanto come i “fascisti del terzo millennio”. In questa ricerca non sono stati presi in considerazione per via delle opinioni peculiari di cui si fanno portatori, diverse dagli obiettivi principali, di carattere sociale, cui fanno capo tutte le altre occupazioni a scopo abitativo di Roma.

Nel documento Diritto alla casa e forme dell'abitare (pagine 169-174)