Capitolo 2. Piano Indeterminazione e cartografia 2.1 Cage cartografo
2.1.5 Le composizioni Ryoanji (1983-1985)
Il metodo compositivo utilizzato da Cage nella serie di composizioni solistiche intitolate
Ryoanji, per oboe, flauto, voce, contrabbasso e voce, e trombone, con un accompagnamento per
percussione o orchestra (1983-1985), deriva dalla procedura utilizzata nella serie omonima di
incisioni e disegni a matita alla quale Cage si è dedicato negli stessi anni25. Nel 1982, Cage fu
invitato da André Dimanche, il curatore delle Éditions Ryoan-ji, a disegnare una copertina per l’edizione francese del libro pubblicato in lingua inglese con il titolo Mushroom Book; il riferimento al giardino secco giapponese nel nome della collana editoriale, e la qualità granulare della carta utilizzata per le copertine, hanno suggerito a Cage di distribuire sulla copertina quindici ronde, per rappresentare il numero di pietre che si trovano nel Ryoanji. Negli anni successivi, Cage ha creato una serie di opere grafiche anch’esse realizzate disponendo in maniera casuale quindici pietre su una lastra da incisione o su un foglio di carta, e tracciando attorno ad esse con punte d’incisione o matite (per una discussione del giardino giapponese e dei lavori visivi in questione, si vedano i paragrafi 3.1 e 3.1.3).
Nel caso delle composizioni musicali, la procedura di Cage è stata leggermente differente. Ha innanzitutto riprodotto in scala reale l’area del giardino giapponese, non una volta su ogni foglio di carta come con i disegni, ma quattro volte sui due fogli che costituiscono ciascuna delle otto sezioni dei brani musicali, le quali durano circa due minuti ciascuna e sono chiamate da Cage
altrettanti “soli” o “giardini di suoni”26. In seguito, Cage ha chiesto ai musicisti ai quali i vari brani
sono dedicati di indicare una zona del loro strumento all’interno della quale sarebbe agevole produrre i glissandi microtonali che costituiscono l’unica materia sonora della parte solistica delle composizioni Ryoanji. Una volta scelti i parametri della fascia di registro globale del brano, Cage ha determinato per via del caso la porzione di questo spazio di registro che sarebbe utilizzata in ogni
sezione (si veda qui sotto per altre considerazioni sul registro dei brani in questione)27. A questo
25 Per i rapporti fra le opere grafiche e le composizioni Ryoanji, cf. Cage su Kostelanetz, a cura di, 19912, pp.
134-136, Cage 1986a, Retallack, a cura di, 1996, pp-169-245; inoltre, Pritchett 1993, pp. 188-191, e Charles 2005.
26 Note introduttive alle parti strumentali.
27 Per la scelta del registro, è interessante la discussione fra Cage e Michael Bach Bachischta, riprodotto su Retallack, a cura di, 1996. Cage ha composto brani intitolati Ryoanji per oboe (per James Ostryniec), flauto (per Robert Aitken), voce (per Isabelle Ganz), contrabbasso e voce (per Joelle Leandre), trombone (per James Fulkerson).
punto, Cage ha usato una procedura quasi identica a quella dei lavori visivi, posizionando cioè le quindici pietre sulle due facciate di ogni sezione dei brani per poi disegnare delle tracce attorno ad esse, con alcune differenze che vale la pena di sottolineare. Da una parte, ha tracciato soltanto attorno alla metà superiore o inferiore delle pietre (osservando che se lo spazio orizzontale della notazione rappresenta il tempo, è impossibile ritornare sui propri passi per completare il cerchio di un tracciato intero); qualora due tracciati si sovrappongano in uno stesso momento, Cage richiede l’uso di suoni registrati fino ad un totale di quattro voci, riprodotte con altoparlanti distanziati nello spazio; infine, Cage non ha utilizzato la sua collezione di pietre originali per ottenere le linee curve da collocare in partitura, ma una serie di duplicati in plastica che gli permetteva di tracciare con precisione. Il motivo offerto da Cage per questa scelta è che “la musica è caratterizzata dal
dettaglio”28; se Cage può accogliere nelle opere visive le imperfezioni del tracciato in quanto
prodotte dall’angolatura inevitabilmente variabile della matita nel suo corso attorno alla pietra, erano accolte da Cage, nel caso dei brani musicali tali imperfezioni non sono desiderabili. Bisogna comunque osservare che Cage non richiede al musicista un’intonazione microtonale che riproduca le curve della partitura con esattezza, sapendo bene che nessun musicista potrebbe replicare nell’intonazione ogni dettaglio delle curve: ciò che conta è invece lo sforzo di avvicinarsi, nella ricerca delle risorse strumentali, includendo o anzi accentuando le imperfezioni nel suono, di soffio o di arcata, all’interno del glissando, in modo che i suoni prodotti possano somigliare ai “suoni della natura”29.
Nell’accompagnamento per percussione dei brani Ryoanji, che nelle parole di Cage che
“dialoga”30 con lo strumento solista, il percussionista sceglie due strumenti da suonare in modo
sincrono, uno in legno e l’altro in metallo, per produrre in tal modo “un singolo complesso di suoni
non specificati suonati all’unisono”31. La parte consiste in una serie di attacchi singoli e di pause
che si svolgono in un tempo metricamente costante; per realizzare questi attacchi, Cage ha distribuito cinque soli impulsi ritmici in ognuna di una serie di battute la cui lunghezza va dalle dodici alle quindici semiminime. Dal momento che i cinque attacchi sono disseminati nelle battute in questione per via del caso, essi non formano alcun pattern ritmico ripetitivo analizzabile.
Come si può vedere nelle tabelle riprodotte qui sotto, lo spazio totale di registro di un
28 Cage su Retallack, a cura di, 1996, p. 243 (cf. p. 280). 29 Note introduttive alle parti strumentali.
30 Cage, note di sala per la prima esecuzione mondiale della versione per contrabbasso e orchestra, Angers, festival Musique du XXe Siècle, 18/06/1984.
brano è utilizzato soltanto nella prima sezione del brano Ryoanji per voce, e nella terza sezione del brano per contrabbasso. Una sola porzione della registro totale è quindi solitamente presente in una parte o l’altra dei brani, di modo che una serie di quadri inferiori o intervalli diastemmatici di grandezza minore sono presenti all’interno del primo. Oltre ad agire come una sorte di lente d’ingrandimento variabile o a dare luogo ad una prossimità cangiante alla materia sonora, ciò ricorda la distinzione fra gli spazi “potenzialmente attivi” ed “attualmente attivi” con cui Cage
descriveva i suoi brani degli anni cinquanta32; ancora, uno spazio di registro largo oppure ristretto
ha l’effetto di produrre glissandi che, nelle parole di Cage, “saranno microtonali in maniera molto
approssimativa, o molto fine”33.
Registro utilizzato in tre delle composizioni Ryoanji (1983-1985)
Versione per voce: estensione totale: fa2-la3; intervallo minimo: sol2 -la2; intervallo massimo: fa2-la3.
sezione 1 2 3 4 5 6 7 8 9
estensione fa2-la3 re♯3-la3 sib2-mi3 mi3-sol3 fa2-la2 fa♯2-mi3 do3-sol3 sol2 -la2 re2-sol3
Versione per flauto: estensione totale: do3-do4; intervallo minimo: sol♯3-la3; intervalli massimi: do3-
lab3, mi3-do4.
sezione 1 2 3 4 5 6 7 8
estensione sol3-si3 do3-lab3 sol♯3-la3 mi3-do4 re3-fa♯3 sol3-si3 fa♯3-do4 re3-sol3
Versione per contrabbasso: estensione totale: sol1-fa♯2; intervallo minimo: re2-mib2; intervallo
massimo: sol1-fa♯2.
sezione 1 2 3 4 5 6 7 8
estensione la1-mi2 re2-fa♯2 sol1-fa♯2 sib1-mib2 sol♯1-fa♯2 re2-mib2 re♯2-fa♯2 sib1-fa2
Lo spazio delle altezze è così modulato localmente, all’interno di quadro globale immobile. Ciononostante, le sezioni che compongono ciascun brano sono in un certo senso indiscernibili l’una dall’altra: l’orecchio non può distinguere fra un glissando notato con una curva esile all’interno di una sezione la cui l’estensione è larga, e un glissando notato con una curva più estesa in una sezione dall’estensione minore; gli spazi di registro non sono dunque espliciti, e non è possibile cogliere il passaggio dall’uno all’altro. È sufficiente cioè incrociare due variabili, la grandezza differente dei tracciati grafici, che implica una diversa escursione nel registro, e lo
32 Cf. Cage 1961a, pp. 20, 21 e 158. 33 Retallack, a cura di, 1996, p. 280
spazio di registro che cambia da una sezione alla successiva, per fare sì che i cambi di spazio di registro non risultino afferrabili dall’orecchio, e che la successione delle sezioni non offra un reale orientamento all’ascoltatore, ma uno spazio di registro costantemente modulato. Ancora: se è vero
che Cage richiede “un silenzio di lunghezza indeterminata dopo ogni solo”34, è anche vero che per
via della distribuzione casuale delle pietre sui fogli, i silenzi si producono all’interno delle sezioni, soprattutto in quelle meno dense; l’impossibilità di distinguere una sezione dall’altra è rafforzata dunque dal modo imprevedibile in cui i silenzi o i vuoti appaiono nelle sezioni singole, e da una sezione all’altra. Il risultato è che le suddivisioni strutturali non sono percepibili in quanto tali. Nel prossimo paragrafo, si cercherà di comprendere se ciò sia un aspetto rilevante della ‘struttura indivisa’ che caratterizza la maggior parte dei lavori cagiani dagli anni cinquanta fino agli anni settanta.