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La forma: la morfologia della continuità

1.3 I quattro elementi della composizione: doppia articolazione e stratificazione 1 I quattro elementi della composizione secondo Cage nel

1.3.1.4 La forma: la morfologia della continuità

Una volta affermata l’autonomia della struttura temporale rispetto ai materiali sonori essa potrà accogliere, Cage può slittare di un livello nella sua terminologia e chiamare l’evoluzione della sonorità concreta di un brano la sua “forma”. Se la struttura è esteriore al suono, la distribuzione reale dei suoni, rumori e silenzi in una composizione, così come i motivi e i ritmi, possono essere chiamati la sua forma. Ne risulta il paradosso cagiano che “la forma è il

contenuto”58, o ancora, dal momento che la forma evolve nel tempo, Cage dirà che “la forma è il

contenuto, la continuità” o ancora “la morfologia della continuità”, e infine “la linea morfologica

della continuità del suono”59. Per riassumere i rapporti fra questa curva morfologica e la struttura,

Cage dirà nel 1958 che si trattava di “una continuità che si muove liberamente all’interno di una

rigorosa divisione delle parti”60. Questa “linea di vita” è dunque in opposizione con lo spazio

potenzialmente vuoto che essa attraversa, e nello stesso tempo complementare a questo spazio. È un rapporto simbiotico che Cage ha descritto per la prima volta in Goal: New Music, New Dance (1944); in questo saggio, Cage utilizza la parola “grazia” per descrivere ciò che in seguito chiamerà la forma: “con la chiarezza della struttura ritmica, la grazia forma una dualità […] La chiarezza è fredda, matematica ed inumana ma semplice e affine alla terra. La grazia è calorosa, incalcolabile ed umana, opposto alla chiarezza, come l’aria. Grazia, qui, non significa bellezza; vuole significare

il gioco con e contro la chiarezza della struttura ritmica”61.

La forma, in quanto elemento autonomo che può essere orientata contro la struttura, non sembra essere ancora presente nel pensiero di Cage al momento della composizione dei lavori per ensemble di percussione. Si è visto ad esempio nel paragrafo 1.1 che nella First Construction (in

Metal), la strumentazione ha il compito di rendere udibile ogni articolazione della microstruttura.

Così, ad ogni frase corrisponde un cambiamento nelle risorse sonore utilizzate da Cage, mentre le sezioni della macrostruttura sono esplicitati da una serie di cambiamenti di tempo o ancora, verso la fine del brano, dalla costanza della strumentazione. Ogni parte della struttura è quindi un blocco sonoro, scolpito in maniera differente degli altri; la ‘forma’ non deve quindi fare altro che confermare la struttura, o renderla percettibile.

58 Cage 1949, p. 62 59 Cage 1948b, p. 79 60 Cage 1958a, p. 18 61 Cage 1944, p. 91

Nel momento in cui la forma diviene invece per Cage una categoria a sé, entra in un rapporto di complementarietà con la struttura. La distinzione fra le due è così per Cage come quella fra una specie biologica e un individuo che vi appartiene, o ancora fra una forma poetica

fissa e la “linea di vita e di morte” di una poesia individuale62. Con le Sonate e Interludi, si può dire

che essendo divenuta più sottile la “divisione del tutto nelle parti”, la “morfologia della continuità” si complica in ugual misura. La scrittura di ritmi reali che contrastano con le durate strutturali soggiacenti è uno dei mezzi con cui Cage realizza questa interdipendenza. È il ruolo degli anacrusi, che molto spesso anticipano l’inizio di una frase definita strutturalmente; o ancora con gli enjambement fra una sezione e l’altra, in cui un gruppo ritmico ignora la distinzione strutturale tra due frasi, cavalcandone i due lati. Ancora, Cage gioca spesso con gruppi irregolari di valori, sovrapponendo ad esempio un ostinato di 4+5 crome ad un frammento ripetitivo di 3 crome (come nell’Interludio I, bb. 31-33). Nelle Sonate e Interludi, si ha spesso l’impressione di un gioco continuo di ciò che si chiamerebbe sincopi o emiole in una metrica tradizionale: ma per l’appunto, con l’introduzione delle frazioni nella struttura, e quindi di frasi di una battuta e mezzo o di una battuta e un quarto, non è semplice distinguere se un dato ritmo è in contrasto con la struttura, o se la conferma. L’autonomia di un ritmo, e dunque della forma come definita da Cage, si presentano invece talvolta molto chiaramente: nelle ultime 18 battute delle Sonate XIV e XV una pulsazione ritorna tutte le 9 semiminime, per stabilire un ciclo ritmico diverso sia rispetto alle battute scritte di 4/4, sia rispetto agli ultimi due cicli strutturali di 10 battute suddivise {2, 2, 3, 3}. Ancora, le prime 10 battute della Sonate XI realizzano un ciclo di {2, 2, 3, 1½, 1½} battute di 4/4, di cui le

62 Cage 1948b, p. 79. Un’altra analogia potrebbe essere quella fra le regole del gioco degli scacchi e la maniera in cui una partita singolare si svolge. Così, in Music for Marcel Duchamp per pianoforte preparato (che Cage ha composto nel 1947 per la sequenza creata da Duchamp per il film Dreams That Money Can Buy, diretta da Hans Richter; la partitura intitolata Chess Pieces, con le sue sessantaquattro caselle di musica su cartone, è stata composta invece quattro anni prima per un’esposizione dedicata all’interesse di Duchamp per gli schacchi, tenuta alla Julien Levy Gallery di New York). Il brano è notato su un solo pentagramma, in chiave di viola, e utilizza soltanto nove suoni (in due tetracordi disgiunti con un suono grave ed un suono acuto alle estremità: re2, mi2 , fa2 , la2 , si bemolle2 , re bemolle3 , mi bemolle3 e re4, tutti

preparati con una striscia di plastica tranne il re acuto, che è preparato con un bullone). La struttura è {2, 1, 1, 3, 1, 2, 1}, per cui l’unità media consiste in 11 battute di 5/4, Le prime tre sezioni (bb. 1-33) sarebbero così la fase di apertura del gioco; la serie di brevi motivi di questa sezione coincide con le frasi della microstruttura, per concludersi con una cadenza che introduce per la prima volta un accordo nel brano, che per via del re acuto rilancia verso la sezione seguente, in una sorta di enjambement. La fase della partita detta mediogioco, o le tre sezioni seguenti della macrostruttura (bb. 34-66), alterna una serie di ostinati e dei silenzi di attesa, alla maniera in cui un gioco a tempo scacchistico è scandito dall’orologio. Infine, la scale in terzine che sale lentamente e ritorna sui propri passi segnerebbe l’inizio della fase finale del gioco (bb. 67-122); alla fine del brano, le quattro battute di questa scala sono ripetute staticamente sette volte, lasciando la partita senza vincitore, in una situazione di patta.

suddivisioni sono confermate dalle durate reali: eppure, i cambiamenti di dinamica, di registro e di posizione degli accordi rendono udibile una sequenza di 8+8, 4+4+4, 3+3 e +2+2 semiminime, di modo che la forma segue un ritmo differente rispetto alle 8+8, 12 e 6+6 semiminime della struttura.

La cura formale principale di Cage nella composizione delle Sonate e Interludi, dal momento che contengono quasi tutte una o più ritornelli, era di rendere la transizione dalla fine di una

sezione al suo inizio il più naturale possibile, o ancora dare la sensazione di essere “inevitabile”63.

In questo senso, Jenkins analizza le permutazioni dell’ostinato della mano sinistra della prima parte della Sonata V: alla b. 13, la durata di questa figurazione passa da 8 crome a 10,per rivenire poi alla sua forma originale dopo qualche battuta, e ricondurre così all’inizio del brano. La seconda sezione invece riprende le variazioni nell’ostinato, introducendovi valori più lunghi e silenzi, in modo da “offuscare la distinzione fra le due metà del pezzo”64. Si può menzionare anche

l'importanza della nota si nella Sonate IV, che crea una corrispondenza fra l’inizio di questo brano e le cadenze delle due parti; o ancora, la zona di suoni che si trova all’inizio e alla fine della prima sezione della Sonata XI, che ha la doppia funzione di ricondurre all’inizio, e di offrire nuovo materiale a sviluppare nello slancio che porta verso la seconda parte del pezzo.

Un ultimo aspetto della forma nelle Sonate e Interludi riguarda l’uso del registro. La maniera in cui Cage privilegia una zona o l’altra della tastiera potrebbe essere messo in rapporto con ciò che chiamava in questa epoca la “gravità” dei suoni. In Precursori della musica moderna, Cage scrive infatti che è anziché usare il termine atonalità, è preferibile parlare di una “proto-tonalità”, dal momento che “anche in un insieme arbitrario di suoni, e perfino di rumori, vi è una attrazione (una legge di gravitazione) anteriore (“proto-”) alla situazione armonica del momento. La tecnica elementare della composizione consiste nello scoprire e prospettare il terreno sonoro; dopodiché,

bisogna che la vita abbia luogo, sia sulla terra che nell’aria”65. La “vita”, o ciò che anima una

struttura, è per Cage in questo momento sinonimo della forma, e la “gravitazione” di cui parla è quindi una delle maniere in cui un brano prende corpo. Lo si vede ad esempio nell’Interludio I, di cui la struttura di 10 suddiviso {1½, 1½, 2, 1½, 1½, 2} non produce una forma binaria ma una libera successione di sezioni relativamente autonome (A B C D E F). Mentre le sezioni A e E sono piuttosto improvvisati, dal momento che i loro gesti non hanno ripetizioni né strutturazioni troppo evidenti dei motivi, le sezioni B e D utilizzano dei frammenti ripetitivi (ad esempio, l’ostinato di

63 Cage 1958a, p. 19 64 Jenkins 2002, p.256-257 65 Cage 1949, p. 57

3+3+2+2 crome nella sezione D), e le sezioni C e F utilizzano una scrittura a due voci (laddove le altre procedevano ad una sola voce). Si avrebbe dunque in questo Interludio una forma ad arco, non A B C D E F ma A B C B’ A’ C’. Ciò che inclina questo equilibrio è comunque la “gravitazione” data dai soli suoni al di sotto di do centrale utilizzati nel brano. Questi suoni sono introdotti molto brevemente nella sezione A (alle bb. 4, 8 t 11), e nella sezione B sono presenti soltanto per marcare l’inizio (b. 16). Costituiscono in seguito la materia dell’ostinato di 4+5 crome che è presente in maniera intermittente, durante tutta la sezione C (bb. 31-34, 38, 41-42, 47-48), per rientrare poi nei ritmi anch’essi in ostinato della sezione D; nella sezione E appaiono solo brevemente (bb. 71-72 e 79-80), per dare in realtà un enjambement verse la sezione F, in cui come nella sezione C si trovano più o meno costantemente (bb. 81-86, 89-92, 94-97 e 99-100). Questi suoni danno quindi la pesantezza in questo pezzo, per cui nei termini di Cage si può dire che mentre le sezioni A e B, D e E si svolgono “nell’aria”, le sezioni C e F hanno luogo “sulla terra”.

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