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La doppia articolazione, da Hjelmslev a Deleuze e Guattar

1.3 I quattro elementi della composizione: doppia articolazione e stratificazione 1 I quattro elementi della composizione secondo Cage nel

1.3.2 La doppia articolazione, da Hjelmslev a Deleuze e Guattar

Il modello teorico della doppia articolazione è stato utilizzato in più occasioni da Deleuze e Guattari sia nei loro testi scritti singolarmente, sia nei lavori in comuni dall’Anti-Edipo a Mille piani,

passando per Kafka. Per una letteratura minore66; nel presente contesto, si farà riferimento soprattutto

al terzo capitolo di Mille piani, in cui il tipo variabile di rapporto fra espressione e contenuto e ciò che definisce l’unità di uno strato. La doppia articolazione è l’uno dei modi in cui Deleuze e Guattari superano ogni ilemorfismo inteso come un’opposizione semplice fra la forma e la materia, o dell’imposizione di una forma sulla materia. Essa comporta invece almeno quattro termini, la sostanza e la forma del contenuto, e la forma e la sostanza dell’espressione. Per Deleuze e Guattari l’espressione e il contenuto non possono infatti essere ridotti ad un rapporto forma-materia, dal momento che “l’espressione ha una sostanza non meno che il contenuto, e il contenuto ha una

forma non meno dell’espressione”67. In breve, nelle parole di Deleuze e Guattari, i quattro termini

della doppia articolazione formano una “griglia [che] aveva già il vantaggio di rompere con la dualità forma-contenuto, poiché vi era una forma del contenuto non meno che una forma d’espressione”68.

I termini espressione e contenuto sono stati introdotti nella linguistica da Louis Hjelmslev, in particolare nel capitolo dei Prolegomeni ad una teoria del linguaggio intitolato “Espressione e contenuto”, e nell’articolo “La stratificazione del linguaggio” (incluso in Hjelmslev 1971). Secondo Hjelmslev, il problema della linguistica negli anni 1950 era di non distinguere solamente fra l’espressione (per il quale Hjelmslev utilizza talvolta il termine di Saussure “piano dei suoni”) e il contenuto (o il “piano delle idee”), ma di tirare tutte le conseguenze da “la doppia distinzione fra

forma e sostanza e fra contenuto (significato) e espressione (significante)”69. L’uso che Deleuze et

Guattari fanno dei concetti di Hjelmslev oltrepassa comunque il dominio della linguistica, e ancora quello della semiotica, di modo che il loro lavoro sulla doppia articolazione implica, secondo Bradir, che anziché limitare la portata di queste nozioni alla loro disciplina di origine, “Deleuze e Guattari inquadrano, giustamente secondo noi, la teoria hjelmsleviana sull’orizzonte filosofico ed

epistemologico che è suo di diritto”70.

66 Cf. AO, pp. 285-289 ; K, pp. 7-16 ; MP, pp. 53-94, 109, 113, 137; e di Guattari, L’inconscient machinique, pp. 41-44, e Chaosmose, pp. 40-43, 85-89 ; e di Deleuze, Foucault, pp. 41-42.

67 MP, p. 59 68 MP, p. 58

69 Hjelmslev 1971, p. 44 70 Bradir 2000, p. 23

Uno degli elementi della doppia articolazione hjelmsleviana che saranno ripresi da Deleuze et Guattari è il presupposto di una materia non formata, sia dal lato del contenuto che da quello dell’espressione. Per Hjelmslev, un pensiero che non è ancora stata formata linguisticamente, oppure dei fonemi presi ancora fuori da ogni formalizzazione linguistica, possono infatti essere chiamati una “materia non formata”, che spetta rispettivamente al contenuto e all’espressione. Per esprimere queste due accezioni diverse di una materia non formata, il danese ha curiosamente una sola parola, menig, che puòessere tradotto sia con “materia” sia come “senso”. Hjelmslev utilizza quindi questa parola per indicare da un lato il “senso” noetico o di contenuto, e dall’altro la

“materia” fonetica o di espressione71. La materia fonetica non formata, rappresentabile con la

diversità delle posizioni dell'apparato fonatorio, è così ciò su cui ogni lingua preleva i suoni che gli appartengono, dando così una forma a questa materia, vale a dire facendone una sostanza d’espressione. Alla stessa maniera, per esaminare una materia di contenuto non formata che prende una forma per diventare così una sostanza di contenuto, Hjelmslev analizza l’enunciato “non lo so”. Prima di essere presa in una forma di contenuto, il pensiero che corrisponde a questo enunciato è per Hjelmslev un “senso” vago o una materia di contenuto amorfa (un pensiero che potrebbe ugualmente essere espresso da un gesto). Essa prende in seguito una forma che è specifica ad ogni linguaggio (con la presenza o meno di un oggetto, o con i diversi tipi di negazione o di forme del verbo, e così via), per divenire ciò che Hjelmslev chiama una sostanza di contenuto (così, secondo questa formalizzazione del contenuto, secondo la lingua che si parla non si ha la stessa maniera di non sapere qualcosa).

Questo presupposto di una materia non formata svolgerà un ruolo importante nella lettura deleuzo-guattariana della doppia articolazione. Bisogna comunque sottolineare ancora che nella teoria di Hjelmslev la messa in forma, il passaggio cioè da una materia non formata ad una sostanza, avviene dal lato del contenuto e dell’espressione nello stesso tempo. Una delle analisi di Hjelmslev dedicate a questa coincidenza fra la forma del contenuto e la forma dell’espressione riguarda la maniera in cui l’indicazione dei colori è differente da una lingua all’altra. Ancora una volta, si tratta di un “senso” che se preso fuori dal linguaggio resta ad uno stato di un continuo

71 Cf. Hjelmslev 1968, p. 69. Secondo Bradir, “ces substances sans formes, Hjelmslev les appelle mening en danois, qu’on a traduit en anglais par purport et en français tantôt par sens tantôt par matière […]. Hors des formes, ces substances sont cela qui est pré-tendu, ce qui est donné indépendamment de toute détermination, de toute mesure, de toute catégorisation, mais aussi ce qui est appelé à trouver un sens. Le mening hjelmslevien a donc beaucoup de points communs avec la matière kantienne ; c’est un inconnaissable, mais dont le postulat sert en raison de sa possibilité de réduction en objet de connaissance” (Bradir 2000, pp. 111-112).

amorfo, al quale le diverse lingue danno delle forme o delle frontiere differenti; il confronto fra queste forme è ciò che permette di risalire verso la materia non formata. Ad esempio, analizzando

“lo spettro dei colori nel quale ogni lingua stabilisce arbitrariamente le sue frontiere”72, Hjelmslev

mette a confronto le tre sole parole che in gallese ritagliano differentemente lo stesso continuum che in francese è espresso con quattro parole, “verde – blu – grigio – marrone”. È per Hjelmslev un esempio di come una stessa materia può essere informata in maniere differenti, per produrre diverse sostanze di contenuto. Infine, questa corrispondenza o coincidenza fra una forma d’espressione e una forma di contenuto (nell’ultimo caso, una parola e la zona dello spettro luminoso al quale corrisponde), è definita da Hjelmslev come la “funzione semiotica”, le due forme essendo così i due “funtivi” della funzione.

Nella Geologia della morale, Deleuze e Guattari parlano anch’essi di una “funzione di

stratificazione”73 che mette una forma d’espressione in rapporto con una forma di contenuto.

Bisogna comunque sottolineare la natura di questo rapporto, che non privilegia nessuno dei due lati. La mancanza di una freccia che andrebbe dal significante al significato è la ragione per cui Hjelmslev parla del carattere arbitrario, o puramente convenzionale, dei termini espressione e contenuto. Dal momento che non sono che i due funtivi di una funzione semiotica, Hjelmslev può dire che “espressione e contenuto sono solidali e si presuppongono necessariamente l’un l’altro. Un’espressione è espressione solamente perché è l’espressione di un contenuto, e un contenuto è

contenuto solamente perché è il contenuto di un’espressione”74. Il rapporto fra forma e sostanza è

diverso, sia dal lato dell’espressione che da quello del contenuto: “i piani sembrano mutualmente autonomi, mentre, all’interiore di ciascun piano, forma e sostanza sono mutualmente

complementari”75. Questo aspetto della doppia articolazione hjelmsleviana sarà ripreso da Deleuze

e Guattari insieme alla teoria scolastica delle distinzioni, vale a dire che almeno in un primo momento essi diranno che fra la forma e la sostanza vi è soltanto una distinzione formale, mentre fra l’espressione e il contenuto la distinzione è sempre reale.

72 Hjelmslev 1968, p. 71 73 MP, p. 59

74 Hjelmslev 1968, p. 66-67. Cf. il passaggio che segue nel testo di Hjelmslev, citato integralmente su MP, p. 60: “Les termes mêmes de plan de l’expression et de plan de contenu et, de façon plus générale, d’expression et de contenu ont été choisis d’après l’usage courant et sont tout à fait arbitraires. De par leur définition il est impossible de soutenir qu’il soit légitime d’appeler l’une de ces grandeurs expression et l’autre contenu et non l’inverse. Elles ne sont définies que comme solidaires l’une de l’autre et ni l’une ni l’autre ne peuvent l’être plus précisément. Prises séparément, on ne peut les définir que par opposition et de façon relative, comme fonctifs d’une même fonction qui s’opposent l’un à l’autre » (Hjelmslev 1968, p. 79).

L’elaborazione deleuzo-guattariana della teoria della doppia articolazione è leggermente diversa da quella di Hjelmslev, per via della pluralità di sensi che essi danno al termine forma. Essi introducono cioè almeno una precisione ulteriore. Dapprima, in un senso derivato da Hjelmslev per Deleuze e Guattari la forma è ciò che fa di una materia una sostanza, o ciò che compie il passaggio dalla materia non formata alla sostanza di contenuto o di espressione. È in questo senso che secondo Deleuze et Guattari “le sostanze non sono nient’altro che materie formate”76.

L’accezione della parola forma è qui quella di isolare o delimitare, come diceva Hjelmslev di stabilire delle frontiere. Ma in un secondo senso, che riguarda non la sostanza ma la forma in se stessa di contenuto o di espressione, il senso della parola forma si differenzia secondo i due lati della doppia articolazione. Qui, la forma è ciò che “ordina” le sostanze di contenuto, oppure ciò che “organizza” le sostanze d’espressione. Così, ancora in riferimento alla doppia articolazione, Deleuze dirà ad esempio nel suo libro dedicato a Foucault che “la forma si dice in due sensi: essa forma o organizza delle materie, essa forma o finalizza delle funzioni, gli da degli obiettivi”, l'essenziale essendo comunque che fra le due forme “non vi è una forma comune, non vi è

conformità né corrispondenza”77. Rispetto alla musica di Cage (si veda il paragrafo seguente) si

riterrà questa distinzione fra “ordinare” (rispetto alla forma del contenuto, vale a dire il metodo cagiano) ed “organizzare” (in riferimento alla forma dell’espressione, o ciò che Cage chiama la struttura).

Nel capitolo di Mille piani in cui la teoria della doppia articolazione è sviluppata, La geologia

della morale, ogni strato è costituito da un’espressione ed un contenuto, che hanno fra essi rapporti

variabili. Il primissimo esempio che Deleuze e Guattari offrono è quello degli strati geologici e la

formazione delle rocce sedimentari, costituiti da una successione di livelli78. Per Deleuze e Guattari,

in questo caso il contenuto corrisponde al deposito dei sedimenti, e l’espressione al passaggio alla roccia sedimentaria stessa. In questo caso il contenuto è molecolare e consiste quindi nei granuli di diverse dimensioni, e un’espressione molare che è la roccia sedimentaria nella sua successione di strati; o meglio, un primo processo di sedimentazione, e un secondo, di piegamento. Le due fasi hanno comunque un doppio aspetto: la prima articolazione o la sedimentazione comprende insieme la scelta o selezione delle particole (la sabbia nel caso delle arenarie, o i depositi argillosi nel caso degli schisti), e una messa in ordine dei due tipi di granuli (il flysch essendo una

76 MP, p. 55 77 F, p. 41 78 Cf. MP, p. 55

alternanza delle arenarie e gli schisti) secondo la ciclicità con la quale i due tipi di particole si depositano, o la natura ripetitiva della sedimentazione (il tipo di granulo e l’ordine nel quale si trovano sono quindi due aspetti di una sola problematica). Il contenuto, o il deposito sedimentario, ha quindi già una sostanza e una forma. La seconda articolazione, alla quale Deleuze e Guattari si riferiscono come “piegamento”, è prodotto dalle forze di compressione o contrazione, e ancora una volta vi sono due aspetti, che riguardano la forma globale o la totalità della roccia, e la sua composizione interna articolata da una serie di livelli (qualcuno più friabile, qualcuno più solido, ma presi in un insieme che è la roccia sedimentaria).

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