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V. Interazioni complementari e simmetriche Il quinto assioma attesta che tutti gli scambi comunicativi si fondano sull’uguaglianza o sulla differenza e possono essere

2.6 Comunicazione non verbale

Nella comunicazione interpersonale46 oltre alla componente verbale (simbolico- convenzionale o digitale), intesa come «la produzione, per mezzo dell’apparato vocale, di suoni istituzionalizzati organizzati in modelli anch’essi istituzionali»47

, ricopre un ruolo fondamentale la comunicazione non verbale (analogica), che comprende una vasta gamma di componenti comunicative in grado di trasmettere significati, difficilmente in- terpretabili se scorporate dal contesto socio-culturale48.

Sapir ha definito la comunicazione analogica come «un codice elaborato che non è scritto da nessuna parte, non è conosciuto da nessuno, ma è compreso da tutti»49. Come sostiene Hall «quello che le persone fanno è spesso più importante di quello che dico- no»50, poichè la comunicazione analogica è il luogo dove si manifesta l’“inconscio cul- turale”, che viene appreso in modo informale attraverso l’imitazione e determina le a- zioni delle persone: «la cultura controlla il comportamento in modo profondo e persi- stente, per lo più fuori dalla consapevolezza e quindi al di là del controllo consapevole degli individui»51. Nonostante ciò, la comunicazione analogica può veicolare contenuti

46 Per comunicazione interpersonale si intende una interazione comunicativa tra più persone, solitamente

in una situazione di compresenza (“faccia a faccia”). Essa viene caratterizzata dalla possibilità di feedback e dalla interscambiabilità dei ruoli fra emittente e destinatario del messaggio. In C. Giaccardi, La comuni-

cazione interculturale, op. cit., p. 51.

47 G. F. Mahl, G. Schulze, Ricerca psicologica nell’area extralinguistica, in T. A. Sebeok, A. S. Hayes,

M. C. Bateson (a cura di), Paralinguistica e cinesica, (trad. it.) Bompiani, Milano 1970, p. 87. [Tit. or.

Psychological research in the extralinguistic area, in T. A. Sebeok, A. S. Hayes and M. C. Bateson (eds), Approaches to Semiotics, Mouton & Co. Publishers, The Hague, The Netherlands 1964].

48

A conferma dell’importanza della comunicazione non verbale, gli studi di A. Mehrabian hanno dimo- strato che delle informazioni che arrivano al soggetto coinvolto in una conversazione, il 30%-38% viene dal tono di voce, il 55%-60% dal linguaggio del corpo e il 7%-10% dal contenuto. (P. Bortolotti, Al di là

delle parole: la comunicazione non verbale, in M. Visentin (a cura di), Comunicare. Manuale teorico-

pratico. Corso base, Cleup, Padova 2003, p. 109).

49 E. Sapir, Il linguaggio, (trad. it.) Einaudi, Torino 1969, p. 10. [Tit. or. Language. An Introduction to the

Study of Speech, Harcourt, Brace, New York 1921].

50

E. T. Hall, The Silent Language, op. cit., p. 2.

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anche intenzionalmente: ad esempio, in occasione di cerimonie ufficiali, l’organizzazione degli spazi, i riti di saluto e la disposizione dei partecipanti sono ele- menti che si preparano con estrema cura, perché si è consapevoli del loro significato e della notevole importanza che rivestono per la buona riuscita dell’evento.

Secondo gli studi di Anolli52, il non verbale comprende varie dimensioni:

 l’aspetto paralinguistico, ovvero l’insieme delle modalità non verbali che danno forma al discorso (il ritmo, il tono della voce e l’uso delle pause)53

;

 l’aspetto cinesico, cioè tutti quegli elementi che non riguardano l’emissione voca- le (la mimica facciale, lo sguardo, i gesti, la postura)54;

 la prossemica55, che riguarda l’organizzazione delle distanze e dello spazio (la territorialità, il contatto corporeo e la distanza spaziale)56;

 la cronemica, che ha a che fare con la concezione e la percezione del tempo (mo- nocronico o policronico)57.

Anche se la società “occidentale” sembra attribuire centralità al piano verbale, la co- municazione digitale e quella analogica sono entrambe fondamentali per la buona riu-

52 L. Anolli, Psicologia della comunicazione, op. cit., p. 213.

53 Il termine “paralinguistica” è stato coniato da G. L. Trager nel 1958. Con esso si identificano tutte le

componenti non verbali del parlato (tono, intensità, velocità) e le emissioni non verbali (ehm, uhm, ah, ...) che servono da riempitivi della conversazione.

54 La cinesica nasce come disciplina socio-antropologica che studia la comunicazione attraverso

l’osservazione del volto, della postura e dei movimenti del corpo. Ricordiamo gli studi di A. de Jorio del 1832, La mimica degli antichi investigata nel gestire napoletano, e di C. Darwin del 1872, L’espressione

delle emozioni nell’animale e nell’uomo.

55 La prossemica è il linguaggio della prossimità (dal latino proximus) e concerne gli usi sociali nonché

comunicativi dello spazio e della distanza interpersonale. «Prossemica è i termine che ho coniato per le osservazioni e le teorie che concernono l’uso dello spazio dell’uomo, inteso come una specifica elabora- zione della cultura». (E. T. Hall, La dimensione nascosta, op. cit., p. XII).

56 La distanza che si ammette rispetto alle altre persone è un dato di natura, ma la sua dimensione e il suo

valore sono determinati dalla cultura; secondo alcune ricerche, nelle cosiddette “culture occidentali” si possono identificare 4 fasi di vicinanza/distanza: 1) distanza intima – dal contatto corporeo fino a 45 cm; 2) distanza personale – dai 45 cm ai 120 cm; 3) distanza sociale – dai 120 cm ai 250 cm; 4) distanza

pubblica – dai 2,5 agli 8 m. In P. Bortolotti, Al di là delle parole: la comunicazione non verbale, op. cit.,

pp. 114-116.

57

La cronemica (dal greco Krònos, tempo) è lo studio del potenziale comunicativo dell’organizzazione del tempo, nonché di come esso influenza l’azione, le interazioni, la comunicazione all’interno di una cul- tura e tra differenti culture. A tal riguardo si possono identificare tre diversi orientamenti: le culture orien- tate al passato, le culture orientate al presente e le culture orientate al futuro. Secondo Hall esistono due differenti atteggiamenti verso il tempo nelle società complesse: il tempo monocronico e il tempo policro- nico. I due modelli sono distinti e di solito non si mescolano. Il tempo monocronico tende a prevalere nel- le società orientate al futuro; il tempo policronico in quelle orientate verso il passato, mentre in quelle o- rientate al presente possono essere presenti entrambi.

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scita dell’interazione. I due livelli, infatti, si integrano e danno luogo a un unico flusso di informazioni, avvalendosi di diversi codici e canali. In tal senso, il rapporto fra lin- guaggio digitale e analogico può assumere diverse forme:

 si parla di congruenza, quando tra i due livelli c’è sintonia e reciproco sostegno;  si ha divergenza, nel momento in cui una delle due forme di comunicazione con-

traddice l’altra;

 quando la comunicazione non verbale svolge un ruolo di trasmissione dei signifi- cati, avviene una sostituzione;

 quando la comunicazione analogica serve a disciplinare quella digitale, si tratta di regolazione;

 c’è metacomunicazione, quando una delle due forme serve ad interpretare l’altra. Lo studio della comunicazione non verbale, soprattutto a partire dal lavoro di Hall, è divenuto l’oggetto principale della comunicazione interculturale. La percezione e l’organizzazione dello spazio e del tempo, il modo in cui i soggetti si muovono, si rela- zionano e comunicano, rappresentano tutti elementi impliciti della cultura, senza la comprensione dei quali anche la componente esplicita (la comunicazione verbale) risul- ta difficile da interpretare e può generare incomprensioni intra- e interculturali. Come scrive Hall,

il lato tacitamente acquisito della cultura include una vasta gamma di pratiche e di soluzioni ai problemi che originano dalle esperienze condivise della gente comune […]. Ho osservato ripetu- tamente che se le persone non si attengono a queste invisibili e fondamentali regole di comporta- mento e di comunicazione è impossibile far funzionare la cultura58.

Rogers e Steinfatt identificano varie ragioni per cui attribuire importanza alla comu- nicazione non verbale59.

 Dato che gran parte della comunicazione analogica non è intenzionale, si può af- fermare (seguendo le indicazioni di Watzlawick) che essa non può essere evitata.  Prima ancora di parlare, le persone comunicano una serie di messaggi attraverso

l’abbigliamento, la postura, lo spazio occupato e la distanza con gli altri soggetti

58

E. T. Hall, Il potere delle differenze nascoste, in M.J.Bennett, Principi di comunicazione intercultura-

le, Franco Angeli, Milano 2002, p. 73.

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interagenti; quindi la comunicazione analogica precede quella verbale, nelle inte- razioni “faccia-a-faccia”.

 A causa della difficoltà di controllare i messaggi non verbali, per la maggior parte inconsapevoli, la comunicazione non verbale è particolarmente affidabile riguar- do al messaggio veicolato.

 La comunicazione non verbale può essere fonte di profonde incomprensioni, so- prattutto quando il messaggio verbale è insufficiente; questo vale in particolar modo nelle relazioni multiculturali, dove spesso accade che i partecipanti all’interazione comunicativa non associno alla comunicazione analogica gli stessi significati.

 Quando le difficoltà linguistiche impediscono una comunicazione fluida, la co- municazione analogica acquisisce un ruolo decisivo; perciò è importante conosce- re le regole che valgono nei diversi contesti culturali.