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Trasformazioni socio-cultuturali in corso

Percorso di ricerca

Riquadro 3.2 Caratteristiche del mondo clinico associate al modello biomedico

3.2 Trasformazioni socio-cultuturali in corso

Il presupposto teorico su cui sono stati formati migliaia di medici è il paradigma biolo- gico, biochimico, riduzionista o meccanico della scienza medica, il quale afferma (come visto sopra) che la medicina si occupa della malattia, intesa come deviazione dalla nor- ma di variabili biologiche. Gli scopi di una visita medica, gli obiettivi del medico e le modalità per raggiungerli in ogni incontro clinico sono interamente guidati da tale mo- dello teorico (desease-centered, centrato sulla malattia)7. É però parte dell’esperienza di ogni medico la consapevolezza che l’attenersi a un’indagine della malattia e all’esclusione o al trattamento di questa, sia largamente insoddisfacente:

il modello di medicina tradizionale, insegnato, appreso e praticato, non è sufficiente ad affrontare nella pratica professionale la complessità dei problemi che si presentano in un ambulatorio. É ne- cessario, e i dati di letteratura confermano un’istanza di complessità che proviene sia dai medici che dai malati, individuare un nuovo modello di medicina, con gli stessi pregi della medicina ‘tra- dizionale’ ma che, al contempo, ne temperi la freddezza e il riduzionismo. Un modello capace di prendersi cura della ‘persona malata’.8

Attualmente, scrive Melucci, siamo in un passaggio d’epoca9: nelle società del pen- siero tecnocentrico e della comunicazione istantanea, trasformazioni radicali coinvolgo- no e rendono più complessa anche la scena della cura, che «si è fatta talmente allargata e complessa, talmente popolata di figure diverse e interconnesse, talmente cangiante in

7

E. A. Moja, E. Vegni, La visita medica centrata sul paziente, Raffaello Cortina, Milano 2000, pp. 5-6.

8

Idem.

9 A. Melucci, Culture in gioco, op. cit.; Id., Passaggio d’epoca, Feltrinelli, Milano 1994. i) Visione della morte come sconfitta.

j) Divisione dello spazio clinico in front (centralinisti, cassieri, segretari) e back (me- dici, infermiere e tecnici specializzati).

k) Definizione, importanza e sacralità del medical time. l) Enfasi sulla soddisfazione del paziente.

m) Sistema basato sul profitto.

n) Riverenza nei confronti della privacy della relazione medico-paziente. o) Intolleranza verso altre modalità.

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tempo reale, […] da rendere sempre più obsoleto, e spesso generatore di frustrazioni, il presupposto-chiave del controllo lineare»10.

Manghi individua quattro processi in atto che sfidano l’identità del medico e la rela- zione con il paziente:

a) la diffusione di conoscenze mediche presso un numero crescente di persone, pre- valentemente tramite i media. Tale processo sta trasformando in profondità l’identità del paziente e i suoi atteggiamenti verso i servizi sanitari (il paziente diventa un interlocuto- re “esperto”);

b) l’aumentata sensibilità collettiva verso il diritto alla salute che, assieme al prece- dente fenomeno, genera aspettative paritarie sull’interazione comunicativa medico- paziente, ovvero la tendenza a fare oggetto di negoziazione orizzontale il significato di ogni evento interno al processo di cura;

c) il progresso scientifico e tecnologico sempre più incalzante, che potenzia l’offerta diagnostica e terapeutica e favorisce il mantenimento delle premesse verticali della dia- de medico-paziente, proprie della modernità. Al contempo trasforma i medici in eroga- tori di diagnosi e cure, che prendono forma “al di sopra delle loro teste”, in ambiti me- dici e tecnico-scientifici “superiori”. Tale credenza genera aspettative esagerate di gua- rigione e di buona salute;

d) la riorganizzazione dei sistemi sanitari secondo criteri aziendalistici, che immette nel percorso terapeutico nuovi criteri operativi e nuove figure professionali (ammini-

10 S. Manghi, Il medico, il paziente e l’altro. Un indagine sull’interazione comunicativa nelle pratiche

mediche, Franco Angeli, Milano 2005, pp. 12-13. Manghi considera la scena della cura come una “danza

di parti interagenti” (utilizzando un’espressione di Bateson): in una danza nessuno dei danzatori è in gra- do di dirigere unilateralmente il movimento d’insieme. Ciascuno reagisce agli altri non meno di quanto agisca verso gli altri. Così, «in nessun momento il medico (così come gli altri attori coinvolti del resto) può avere il controllo unilaterale delle interazioni comunicative che momento per momento vanno tessen- do la trama di quella scena. Può accadere naturalmente (e accade infatti) che il medico creda di poter e- sercitare quel controllo (e che si senta pertanto inadeguato quando non gli riesce di esercitarlo). Così co- me può accadere, specularmente (a anche questo infatti accade), che anche gli altri attori credano a questo potere di controllo da parte del medico: talora per caricarlo di aspettative salvifiche, talaltra per caricarlo di colpe (due facce, a ben vedere, della stessa credenza “moderna”). Ma questa è un’altra storia. È la sto- ria di quel che gli attori in gioco credono. La storia delle immagini dell’interazione comunicativa che o- rientano il loro agire e interagire nel contesto della cura. Non è la storia di quel che va accadendo real- mente nella più ampia “danza interattiva” che costituisce la scena della cura, connettendo il medico al pa- ziente e gli altri co-protagonisti: quelli concretamente presenti faccia a faccia nel momento, e anche, in- sieme, quelli presenti solo simbolicamente, evocati dai partecipanti del corso dell’interazione in forme solo “pensate”, spesso ampiamente o del tutto irriflesse: familiari del paziente, familiari del medico, col- leghi, maestri, amministratori, politici, amici, pensatori amati oppure odiati e molti altri ancora» (S. Man- ghi, Il medico, il paziente e l’altro, op. cit., p. 16).

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strative, organizzative, socio-assistenziali). Il medico si trova così a dover inscrivere nel proprio normale agire professionale criteri di economicità ed efficienza.

L’insieme dei fattori illustrati comporta una tendenza relazionale non priva di con- traddizioni: «da una parte sia medici che pazienti sembrano spontaneamente improntati sempre più alla reciprocità orizzontale, che tende a de-sacralizzare le configurazioni ge- rarchiche; dall’altra mantengono configurazioni simbolico-emotive verticali, associate ad aspettative crescenti di piena salute, rivolte alla medicina iperspecialistica e alle sue promesse»11. In tal senso si assiste a una ridefinizione delle dinamiche interattive che coinvolgono medici, pazienti e altri12, in cui accanto al sapere cognitivo e normativo, assume sempre più importanza il sapere relazionale13.