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Vissuto delle mediatrici linguistico-cultural

Percorso di ricerca

Riquadro 3.2 Caratteristiche del mondo clinico associate al modello biomedico

C. Griglia delle interviste di gruppo con donne provenienti da Cina, Marocco e Sri Lanka

6. MODALITÀ COMUNICATIVE DEI MEDICI Modalità ostacolant

7.5 Vissuto delle mediatrici linguistico-cultural

Per comprendere il vissuto delle mediatrici rispetto al loro lavoro e alla collaborazione con i medici, occorre chiarire che il lavoro di mediazione non si limita alla presenza in ambulatorio e all’azione di interpretariato ma si estende anche al di fuori dell’ospedale, dove si amplia notevolmente e comporta un’azione di educazione alla salute e di ac- compagnamento al cambiamento.

L’azione di educazione alla salute può essere considerata un ampliamento (e una preparazione) del lavoro in ambulatorio e riguarda l’ambito sanitario: consiste nello spiegare alle donne l’importanza dei controlli periodici e degli esami in gravidanza, dell’allattamento al seno, ecc..

Facciamo capire alle donne che, durante la gravidanza, devono venire qua, ogni mese, a fare il controllo. Perché in Cina.. in città, sì. Però le donne che ci sono in Italia vengono quasi tutte dalla campagna..In campagna fanno molti meno controlli [...] Molto meno, non è ogni mese.. Qua inve- ce, dobbiamo fare capire che è importante fare l’ecografia, fare il controllo ogni mese ...perché tante donne non capiscono. (Khun, Intervista individuale, 15 dicembre 2009)

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Molte pazienti, spiega la mediatrice riferendosi alle donne cinesi, provengono da zo- ne rurali della Cina e hanno un livello di istruzione molto basso. Ciò comporta una dif- ficoltà a comprendere concetti troppo astratti e di conseguenza l’incapacità di interlocui- re con il medico. In tali casi spetta alla mediatrice approfondire la situazione e poi spie- gare alla donna cosa comporta un determinato disturbo e che tipo di comportamento ri- chiede. Inoltre, accanto alle spiegazioni che riguardano i trattamenti, alle mediatrici spetta il compito di far conoscere alle donne/alle famiglie il sistema sanitario italiano e il contesto in cui muoversi.

L’accompagnamento della donna e/o del nulceo familiare al cambiamento è stato in- dividuato dalla mediatrice dello Sri Lanka durante l’intervista, come uno dei compiti fondamentali della mediatrice. Esso non riguarda solo l’ambito sanitario ma comprende tutto ciò che comporta la nuova vita nel paese di accoglienza. Molte donne, giunte dallo Sri Lanka tramite ricongiungimento familiare, vivono con estrema difficoltà la necessità di adattarsi alla società di accoglienza e oppongono resistenza al cambiamento, in parti- colare rispetto ai ruoli ricoperti da uomo e donna all’interno della famiglia e della socie- tà civile. Spesso, nella fase iniziale dell’esperienza migratoria, manca loro la consape- volezza della necessità di adattarsi. Inoltre, i mariti si trovano a dover gestire un carico familiare notevolemente appesantito rispetto al paese d’origine, poiché devono occupar- si della moglie non ancora autonoma. Tale carico può diventare insostenibile e portare a delle forti crisi familiari se la donna non inizia un percorso di adattamento. Di fronte a tali situazioni la mediatrice ha il compito di sostenere la famiglia e di accompagnarla nel cambiamento. Per far ciò dev’essere in grado di interagire col contesto familiare e sociale circostante, in modo da guadagnare la fiducia degli assistiti e da poter fungere da punto di riferimento per il gruppo di connazionali. Pertanto si tratta di una professione che richiede pazienza e dedizione: per poter essere di aiuto occorre saper osservare, a- scoltare e approfondire le situazioni nei vari aspetti. Per quanto riguarda l’aspetto sani- tario, occorre inoltre conoscere i luoghi, il funzionamento del sistema italiano e alcune nozioni mediche di base.

A fronte del consistente carico di lavoro e della preparazione richiesta dalla loro pro- fessione, le mediatrici avvertono talvolta un senso di frustrazione dovuto alla mancanza di riconoscimento e di valorizzazione del loro impegno e della loro opera di mediazio- ne.

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Un giorno mi sono sentita umiliata sentendo una cosa da un medico: ..ma non per criticarmi, que- sto medico mi conosce bene, ..voleva fare una battuta, “Ah, lei parla bene, l’italiano. Come mai sei qua?” Mi ha fatto una battuta, (risolino).. però, sotto sotto, mi sono sentita un po’ ..ferita..

Sì. Mi sono detta: pensate così della mediazione? Davanti a voi i nostri pazienti dimostrano che hanno capito tutto. Quando vado a casa, mi chiamano, “come si fa? Non abbiamo capito..” perché non hanno capito bene. Hanno questo atteggiamento, sono molto riservati, la nostra gente. ..Per non disturbare il medico, non chiedono di ripetere le cose.

(Christine, Intervista individuale, 13 novembre 2009)

Esprimendo il suo fastidio e il suo rammarico per come viene considerata la professione che svolge, la mediatrice sottolinea il fatto che il suo lavoro non è riducibile alla tradu- zione, anzi comporta un lavoro all’esterno, col gruppo di connazionali che fanno riferi- mento a lei. Tale lavoro richiede una disponibilità costante, da parte sua, a offrire spie- gazioni, a proporre soluzioni, a rispondere alle telefonate anche in tarda serata, ecc.. La mediatrice avverte quindi l’affaticamento dovuto al consistente carico di lavoro, motiva- to anche dalla sensazione che il suo lavoro non venga compreso e riconosciuto nè dai medici, nè dal personale sanitario in genere, nè, talvolta, dalle pazienti.

D’altro canto, le mediatrici apprezzano molto la disponibilità di alcuni medici, che dimostrano attenzione verso il loro lavoro e una sensibilità particolare verso i bisogni delle pazienti di origine straniera.

Sono andata all’ambulatorio quel giorno, il giorno del professore, ma lui era in sala parto. ..Tutte le dottoresse presenti hanno collaborato molto. La dottoressa Lia, che faceva le visite assieme col professor Zanconato, quando sono arrivata in ambulatorio mi ha detto “potete andare dal professo- re, che ora è in sala parto, aspettate lì, e quando uscirà ti farà questo certificato”...Quando sono an- data su, ho incontrato la dottoressa che ha fatto la visita, lei mi ha dato ascolto, ha sistemato tutto.. il marito era soddisfatto. [...] Sì, e dopo mi ha chiamata per ringraziarmi. ..È stato un lavoro soddi- sfacente..

(Christine, Intervista individuale, 13 novembre 2009)

Riguardo alla qualità del lavoro con le pazienti le mediatrici sottolineano la necessità di poter lavorare sulla continuità della relazione con la donna. Quando ciò non avviene il lavoro di mediazione fallisce in partenza ed è vissuto come un fallimento.

Khun: Non è facile essere mediatori, no? .. Perché un mediatore non è proprio semplicemente un

traduttore. Nel senso che tu devi capire dove sono i problemi. Allora, il problema più grosso è quando vengo chiamata nel momento in cui una donna ha già deciso di non allattare. Nel momento in cui mi chiamano “Dai, vieni Khun, che questa ha la testa dura e non vuole allattare. Prova a spiegare che è importante il latte materno.. ”, cioè...quello non è un lavoro da 30 minuti! ..

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Khun: È! Quando è iniziata la gravidanza, avrebbe dovuto capire l’importanza dell’allattamento al

seno.. ok? Perché abbiamo lavorato su questo da tanti anni .. E per le donne cinesi l’allattamento è molto problematico.. rispetto alle altre donne

Ric: Ma.. quindi qui il problema è: ..

Khun: Creare una relazione di fiducia.. questo per me è un lavoro importante, da fare prima del

parto. Non al momento del parto.

(Khun, Intervista individuale, 15 dicembre 2009)

La mediatrice propone l’organizzazione di corsi pre-parto con la collaborazione delle mediatrici. In tal modo potrebbero partecipare ai corsi anche le donne che non conosco- no la lingua, le quali sono attualmente escluse da tale possibilità. Ciò consentirebbe di instaurare con loro una relazione continuativa nel corso della gravidanza, presupposto chiave per un buon lavoro di mediazione e di accompagnamento.