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Sapere relazionale e malessere comunicativo dei medic

Percorso di ricerca

Riquadro 3.2 Caratteristiche del mondo clinico associate al modello biomedico

3.3 Sapere relazionale e malessere comunicativo dei medic

Comunicazione e relazione col paziente occupano in medicina uno strano spazio: da un lato ne viene, retoricamente, esaltata l’importanza, dall’altro non si crede necessaria una formazione né si ritiene possibile la ricerca in questo campo. Si considerano tali capaci- tà non obiettivabili e, sul piano della loro acquisizione, innate o insegnate dalla vita o, al meglio, apprese per imitazione da un modello14.

Basandosi sulla teoria delle rappresentazioni sociali15, Manghi afferma che «nel suo agire e interagire quotidiano, il medico viene orientato momento per momento da im- magini dell’interazione comunicativa che esso è venuto incorporando nel corso della sua formazione personale e professionale, e che continua a coltivare e trasformare nel vivo degli eventi interattivi ai quali prende parte»16. In altre parole, se ne è fatto una rappresentazione. Tali immagini e rappresentazioni costituiscono una sorta di “sociolo-

11 G. Magistrali, C. Chiari, L. Borghi, Introduzione, in G. Magistrali (a cura di) La comunicazione che cu-

ra, Maggioli, Ravenna 2009, pp. 5-9.

12 Anspach attribuisce un carattere triadico all’interazione comunicativa fondamentale (M. Anspach. Á

charge de revanche. Figures élémentaires de la réciprocité, Seuil, Paris 2002): il medico, il paziente e

l’altro (un terzo attore che può essere individuale, collettivo o simbolico). (S. Manghi, Il medico, il pa-

ziente e l’altro, op. cit., p.18).

13 I saperi medici di tipo cognitivo comprendono le conoscenze di carattere analitico e strumentale con-

cernenti modelli e procedure espliciti e coscienti, finalizzati alla lettura dei sintomi di malattia, alla loro interpretazione e alle cure che ne vengono fatte derivare. I saperi medici di ordine normativo comprendo- no invece gli orientamenti ideali e pratici di natura deontologica, morale, valoriale, ideologica o religiosa. Anch’essi sono codificati o codificabili in forme discorsive esplicite e ripetibili. S. Manghi, Il medico, il

paziente e l’altro, op. cit., pp. 25-26.

14 E. A. Moja, E. Vegni, La visita medica centrata sul paziente, op. cit., p. VII. 15

R. M. Farr, S. Moscovici (a cura di), Rappresentazioni sociali, (trad. it.) Il Mulino, Bologna 1989. [Tit. or. Social Representation, Cambridge University Press, 1984].

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gia implicita” che il medico proietta sulla scena della cura per procurarsene una descri- zione, posizionarsi al suo interno, interpretare le altrui parole, intenzioni e comporta- menti, compiere previsioni, formulare giudizi, attivare strategie d’azione e così via. Si tratta insomma del sapere relazionale del medico, per la maggior parte inconsapevole ma con una valenza prescrittiva ineludibile17.

Le caratteristiche del sapere relazionale individuate da Manghi sono:

La circolarità comunicativa. Ogni emittente è allo stesso tempo destinatario, se- condo una logica della reciprocità di tipo circolare (a-centrica/policentrica)18. Il medico è una parte dei processi interattivi più ampi nei quali è immerso.

La generatività. Il sapere delle relazioni (del medico) è un principio generatore di atteggiamenti, giudizi e prese di posizione. Esso concorre attivamente a strutturare i contesti entro i quali il medico stesso si trova ad agire e interagire. Ciò in quanto i pro- cessi di percezione e conoscenza sono sempre processi generativi19.

L’inconsapevolezza. «Nel qui e ora dell’azione, i saperi relazionali intervengono attraverso modalità funzionali largamente inconsapevoli, in quanto nello stabilizzarsi di questi saperi sono intensamente coinvolti livelli di organizzazione fisiologica paleo e mesoencefalici»20.

L’origine sociale. I saperi relazionali che orientano l’azione si vanno formando e riformando attraverso la partecipazione dell’attore a contesti interattivi, comunicativi, sociali. L’ordine comunicativo che rende possibile e significativo ogni possibile evento di cura, incluso ovviamente l’esito stesso della cura, è in ogni caso, che ne siamo co- scienti o meno, un «ordine negoziato»21; «risultato dinamico cioè di un incessante pro-

17 Ivi, pp. 25-26.

18 C. E. Shannon, W. Weaver, The Mathematical Theory of Communication, op. cit..

19 P. Watzlawick (a cura di), La realtà inventata. Contributi al costruttivismo, (trad. it.) Feltrinelli, Milano

1988. [Tit. or. Die erfundene Wirtlichkeit, R. Piper & Co, Verlag, Munchen 1981].

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S. Manghi, Corpo e destino. La trama vivente dell’attore sociale, in P. Borgna (a cura di) Corpi in a-

zione. Applicazione di un modello di attore sociale, Rosenberg & Sellier, Torino 1995. Manghi segue qui

il modello bioculturale di attore sociale di L. Gallino (L’attore sociale, Einaudi, Torino 1987): i livelli pa- leoencefalici regolano i comportamenti routinari, modali, esibizionistici e affiliativi; i livelli mesoencefa- lici regolano le reazioni emotive contingenti e immediate. In entrambi i casi si tratta di funzioni non ri- conducibili alle modalità d’azione prefigurate dall’intelligenza “neo-corticale”.

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A. L. Strauss, L’Hôpital et son ordre négocié, in A. L. Strauss, I. Bazsanger (a cura di) La trame de la

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cesso di ordinamento, o meglio ancora co-ordinamento, che si forma e riforma senza posa nel tempo»22.

La funzione fiduciaria. Il sapere delle relazioni svolge una funzione essenziale nell’istituzione della responsabilità fiduciaria. Il paziente, nel suo affidarsi al medico, agisce anche sulla base dei segnali emozionali che vengono scambiati nel qui e ora degli incontri faccia-a-faccia, regolato per vie inconsapevoli attraverso modalità comunicative affettivo-emozionali. Lo stesso vale simultaneamente e reciprocamente per l’agire del medico. «In questo ordine di scambi comunicativi [...] è sempre in gioco il riconosci- mento reciproco delle rispettive identità»23.

I resoconti dei medici intervistati da Manghi esprimono un diffuso malessere comu- nicativo, una “fatica psichica” crescente che spesso diventa insofferenza. C’è anche chi associa questa fatica ai ritmi di lavoro da “catena di montaggio”, senza sentirsi chiamato a un maggior impegno nel mantenimento della complessa dinamica interattiva che, giorno per giorno, dà corpo al processo di cura; e senza sentirsi esasperato per le derive involutive di tale dinamica. Tuttavia, la maggior parte dei medici avverte l’aumentata densità e complessità dell’interazione comunicativa quotidiana: la scena allargata della cura richiede un impegno comunicativo crescente. Il malessere, tuttavia, è sì una conse- guenza dei processi in atto ma è anche mediato dalle immagini delle interazioni che i medici hanno interiorizzato. Il ruolo del sapere relazionale incorporato è quindi fonda- mentale nel generare la fatica psichica dei medici24. Ciò pone l’accento sul paradigma di riferimento e sui processi di formazione che hanno portato i medici ha interiorizzare de- terminate tipologie di interazioni.