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Riflessioni sul primo periodo di osservazione: sguardi a confronto

Percorso di ricerca

Riquadro 3.2 Caratteristiche del mondo clinico associate al modello biomedico

C. Griglia delle interviste di gruppo con donne provenienti da Cina, Marocco e Sri Lanka

6. MODALITÀ COMUNICATIVE DEI MEDICI Modalità ostacolant

6.5 Riflessioni sul primo periodo di osservazione: sguardi a confronto

Durante la prima fase dell’osservazione la sensazione che mi accompagnava era quella di perdere tempo e di non trovare ciò che mi interessava:

Della relazione medico-paziente si vede poco. Forse proprio perché c’è poco. Ma poco di cosa? ... Non è che si vede poco, è che quello che vedo non corrisponde ai “miei” canoni di una buona rela- zione di cura, quindi non trovo ciò che cerco. (Diario di ricerca, 23 febbraio 2009)

Proseguendo nel lavoro di ricerca, mi sono resa conto dell’errore che stavo commetten- do: inizialmente cercavo qualcosa che corrispondesse alla mia concezione (pedagogica) del prendersi cura, anziché osservare in che modalità, in che tempi, in che spazi e con quali contenuti si realizzasse la relazione medico-paziente nel contesto di ricerca. Ac- quisita consapevolezza di ciò, ho tentato di mettere tra parentesi la mia idea di relazio- ne, osservando le interazioni con maggior distacco e in modo più focalizzato e provando a comprendere quale pensiero stia alla base del lavoro con le pazienti e con le donne in gravidanza.

A tal proposito, è stato utile partecipare al meeting e assistere all’esposizione dei ca- si, poichè mi ha consentito di apprendere che il contenuto di tale esposizione si basa sul- la cartella clinica e comprende una serie di dati che raccontano la storia clinica del parto o dell’intervento svolto, senza la necessità di fare riferimento alla persona della pazien- te. Tale approccio, centrato sui dati clinici, si ritrova nella modalità di interazione du- rante il ‘giro’. Un episodio fra gli altri è stato particolarmente indicativo al riguardo: una

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mattina il serpentone di medici è giunto davanti al letto di una paziente momentanea- mente assente (si trova alla toilette). Nonostante la mancanza della donna ricoverata, il medico ha effettuato l’analisi del caso come da copione8, interagendo con le ostetriche e le specializzande e prendendo le decisioni necessarie.

Durante un colloquio di confronto sul percorso di ricerca, in cui ho esposto le mie perplessità al professor Zanconato, egli mi ha aiutato a comprendere come l’attenzione del medico sia rivolta al benessere organico della paziente e il suo compito consista in- nanzitutto nel distinguere una situazione di benessere da una di patologia. Adottando ta- le punto di vista, per garantire il benessere della paziente e del feto è indispensabile rac- cogliere e monitorare i dati clinici, che vengono riportati sulle cartelle e nel database virtuale.

In sostanza, lo sguardo medico9 opera una sorta di zoom su una piccola porzione di realtà, costituita dalla dimensione organica.

La forma mentis dei pedagogisti cozza con tale visione, poiché chi si occupa di edu- cazione considera la persona come un “tutto integrato e inscindibile”10. ‘Prendersi cura’ in ambito educativo significa preoccuparsi della crescita (e del benessere) della persona integrale, composta di varie dimensioni inestricabili le une dalle altre (corpo, trascen- denza e relazioni sociali). A partire da tale presupposto risulta faticoso comprendere la scissione e lo zoom operati dallo sguardo medico, che rischia di ridurre il ‘prendersi cu- ra’ (to care) al ‘curare’ (to cure).

Tali riflessioni, sviluppate nel corso della ricerca, hanno comportato una serie di do- mande: concentrandosi su una parte, non si rischia di dimenticarsi del tutto? Come rea- gisce questo tutto (che è una persona) a una tale riduzione? Quali possono essere le con- seguenze di questa sineddoche medica sulla relazione con la paziente? Tanto più con pazienti che hanno concezioni di salute e di benessere diverse da quelle che appartengo- no alla medicina “occidentale”?

Zoomando su una porzione di realtà si rischia di celare la parte rimanente che ha a che fare con la soggettività della persona e con la cultura di cui è portatrice. Come met-

8 Il copione individuato prevede i seguenti passaggi: il medico legge la cartella – chiede informazioni alle

ostetriche – si confronta con le specializzande – prende delle decisioni – scrive sulla cartella.

9 Il termine è di Foucault. Cfr. M. Foucault, Nascita della clinica. Una archeologia dello sguardo medico,

(trad. it.) Einaudi, Torino 1998. [Tit. or. Naissance de la clinique, Presses Universitaires de France, Paris 1963].

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Ci si riferisce alla corrente del personalismo pedagogico e in particolare al pensiero del suo fondatore, Emmanuel Mounier (1905-1950). Cfr. p. 16 del presente lavoro.

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tono in evidenza vari autori11, tali aspetti possono influenzare pesantemente l’adesione alle terapie e inficiare la messa in atto della cura, intesa in senso strettamente organico.

La rilevanza della dimensione nascosta si ingigantisce con l’aumentare delle diffe- renze e causa maggiori problemi nel curare persone appartenenti a universi culturali di- versi. Per tale ragione l’interazione con persone culturalmente distanti, pur comportando maggiori difficoltà, può (e deve) essere considerata uno stimolo per riflettere sull’importanza della dimensione culturale (che non riguarda solo chi proviene da altri paesi12), sul vissuto di benessere o di malessere della persona e su come tale aspetto debba essere trattato nei colloqui clinici.

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Cfr. O. Ayonrinde, “Importance of Cultural Sensitivity in Therapeutic Transactions. Considerations for Healthcare Providers”, in Dis Manage Health Outcomes, 2003, 11 (4), pp. 233-248; R.M. Perloff et al., “Doctor-Patient Communication, Cultural Competence, and Minority Health: Theoretical and Empirical Perspectives”, in American Behavioral Scientist, 2006, 49, pp. 835-852; R. Rivadeneyra et al., “Patient Centeredness in Medical Encounters Requiring Interpreter”, in The American Journal of Medicine, 2000, 108, pp. 470–474.

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La cultura non è legata a un territorio e non è solo “quella degli immigrati”. Esistono profonde diffe- renze nella concezione di salute e malattia all’interno di una stessa società, ad esempio fra esperti e profa- ni. Vari autori hanno sottolineato la differenza fra l’agenda del medico e l’agenda del paziente o il ruolo della famiglia e del contesto sociale allargato nel costruire il significato della malattia e quindi anche l’applicabilità di una terapia. Cfr. E. A. Moja, E. Vegni, La visita medica centrata sul paziente, op. cit.; A. Mol, “Proving or improving: on health care research as a form of self-reflection”, in Qualitative

Health Research, 16/3, 2006, pp. 405-414; L. Eisenberg, “Disease and Illness: Distinctions between Pro-

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Capitolo settimo ANALISI DEI DATI:

L’AMBULATORIO DELLA GRAVIDANZA

La seconda fase dell’osservazione partecipante ha avuto luogo nell’ambulatorio della gravidanza, il fulcro della ricerca sul campo. In tale periodo ho tuttavia proseguito la frequenza al meeting, che mi ha consentito di approfondire la conoscenza della comuni- tà medica e delle dinamiche relazionali, organizzative e di costruzione del sapere, pro- prie del setting di ricerca.