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Maternità e vulnerabilità

Percorso di ricerca

Riquadro 3.2 Caratteristiche del mondo clinico associate al modello biomedico

V. Livello ideologico Tale livello comprende le differenti concezioni filosofiche e religiose, la propria visione della vita, del mondo, ecc Il Ramadan, per esempio, è cari-

4.2 Donne migranti e maternità

4.2.1 Maternità e vulnerabilità

La maternità per le donne immigrate si arricchisce di nuovi significati, ma anche di vul- nerabilità, per ragioni essenzialmente legate a due motivi22:

 la diversità culturale dei contesti di cura e di assistenza: la cultura esterna spesso non è più coerente con quella interiorizzata, il mondo esterno non corrisponde più al- le aspettative; è possibile percepire insicurezza e confusione rispetto alla propria ca- pacità di pensare;

 la mancanza della madre e del sistema familiare allargato: la donna sperimenta una sorta di lutto per la lontananza dal proprio paese, dalle persone care, dal clima, dai sapori, ma soprattutto dal gruppo di donne della propria famiglia, che le potevano of- frire conferme utili in gravidanza, per ricevere un adeguato contenimento alle paure e per trovare quei significati che permettono di «presentare il mondo a piccole dosi al proprio bambino»23.

Gli operatori trasmettono modelli di cura differenti, che dis-confermano il mondo in- teriore della donna; per cui essa può trovarsi ad affrontare il dilemma se rimanere fedele alla propria tradizione oppure intraprendere un percorso di trasformazione, che può es- sere però vissuto come un tradimento delle proprie origini24. In sostanza, «la nascita, come evento cruciale del ciclo di vita familiare, pone la famiglia immigrata di fronte a maggiori rischi sul campo affettivo e, soprattutto, sociale, in quanto, trovandosi sprovvi- sta della propria rete parentale di supporto, va facilmente incontro a vissuti di solitudine e di emarginazione sociale»25. Si pone quindi, dal punto di vista delle strutture socio- sanitarie e dei professionisti in vari ambiti, la necessità di accompagnare e sostenere la donna migrante nel percorso verso la maternità.

21

Ivi, pp. 104-105.

22

Cfr. M. R. Moro, D. Neuman, I. Réal, Maternità in esilio. Bambini e migrazioni, Raffaello Cortina, Mi- lano 2010, [Tit. or. Maternités en exil - Mettre des bébés au monde et les faire grandir en situation trans-

culturelle, La pensée sauvage, Grenoble 2008] e M. Dotti, S. Luci, Donne in cammino. Salute e percorsi di cura di donne immigrate, op. cit..

23 D. W. Winnicot, I bambini e le loro madri, (trad. it.) Raffaello Cortina, Milano 1987. [Tit. or. Babies

and their mothers, Addison-Wesley, Reding (MA) 1987].

24

M. Dotti, S. Luci, Donne in cammino, op. cit..

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Nel corso degli ultimi anni, in Italia, sono state condotte varie ricerche, in ambito psicologico, che hanno messo in evidenza il vissuto delle donne in gravidanza, le poten- zialità e i nuclei problematici su cui occorre lavorare26. Brolo e collaboratori27, utiliz- zando il gruppo come strumento di lavoro narrativo con donne provenienti da vari paesi, hanno messo in evidenza l’importanza di alcune tematiche: il significato attribuito alla scelta del nome del bambino, come possibilità di mediare fra le due culture; la nostalgia come condizione affettiva permanente; la solidarietà di genere come risorsa e supporto reciproco. Villano e Zani28 considerano la migrazione un evento in cui la questione i- dentitaria assume un ruolo centrale, specie per le donne. La autrici hanno lavorato sul racconto si sé in lingua madre, con donne maghrebine, albanesi e cinesi. Le donne ma- ghrebine, in particolare, hanno sottolineato il tema della solitudine rispetto alla mancan- za della rete parentale, che tradizionalmente funge da supporto nella cura, nell’allevamento dei figli e nella continuità delle usanze e delle abitudini comunitarie e religiose. Anche Castiglioni29 definisce la condizione della donna immigrata come co- stantemente in bilico tra tradizione e modernità, tra un passato ricco di valori e un futuro incerto. Il rischio, secondo l’autrice, è che il processo di adattamento e integrazione si risolva con un non riconoscimento reciproco tra le culture, con conseguenti meccanismi difensivi di ancoraggio rigido al “tradizionalismo” della propria storia e di tutela della propria identità, fortemente messa a repentaglio dalla migrazione. Castiglioni porta alla luce alcuni temi centrali nei racconti di donne maghrebine ed egiziane: il corpo, la ma- ternità (fortemente desiderata poiché considerata la realizzazione di un progetto divino attraverso la coppia) e la contraccezione (vissuta come tensione verso il nuovo). Chino- si30, mediante un lavoro con gruppi omogenei, aventi la funzione di incontro- conoscenza e sostegno-aiuto, ha cercato di conoscere e valorizzare le competenze ma- terne di donne provenienti da Cina, Tunisia, Albania e Senegal. Il lavoro con i gruppi si è svolto in varie fasi, nel corso delle quali le donne sono passate da un vissuto di resi-

26 Ivi, pp. IX-XII.

27 P. Brolo, M. C. Gemmi, F. Mahri, M. Manghi, L. Panna, M. Sparano, S. Suyen, Le emozioni e la cura

della nascita: geografia di nuovi percorsi fra famiglie immigrate e servizi, in M. Tognetti Bordogna (a

cura di) Arrivare non basta. Complessità e fatica della migrazione, Franco Angeli, Milano 2007, pp. 291- 305.

28 P. Villano, B. Zani, “Essere donne e immigrate: la descrizione di sé e degli altri nel racconto delle don-

ne albanesi e maghrebine”, Relazione presentata al Workshop di psicologia culturale dal titolo “Cultura e differenze”, Padova, 10-11 aprile 2003.

29

M. Castiglioni (a cura di), Percorsi di cura delle donne immigrate, op. cit..

30

L. Chinosi, Gruppi di mamme straniere nella migrazione: in gruppo per rinsaldare l’identità indeboli-

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stenza al cambiamento e di immobilità, a una consapevolezza circa gli obiettivi della funzione genitoriale, mediata fra le tradizioni del paese d’origine e le novità della nuova realtà. Di Vita, Errante e Vinciguerra31 hanno analizzato le rappresentazioni materne di un gruppo di donne in gravidanza provenienti da diversi paesi (Bangladesh, Sri Lanka, Romania, Polonia, Mauritius, Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana, Cina, Maghreb), attra- verso una metodologia quanti-qualitativa32. Sono emersi alcuni nuclei narrativi rilevanti, quali il rapporto con la madre e le figure femminili di riferimento, l’immagine del cor- po, l’approccio con i servizi. La ricerca ha evidenziato come i significati attribuiti alla gravidanza siano culturalmente determinati e come la mancanza di una rete sociale di protezione incrementi la vulnerabilità psichica in questo momento della vita. L’esperienza di ricerca-intervento condotta da Balsamo33

con un centinaio di donne ma- ghrebine a Torino, ha messo in evidenza il loro vissuto in relazione al tempo durante la gravidanza: è avvertita la conflittualità fra tempi interiori, che seguono ritmi propri e rappresentano lo spazio della relazionalità, e tempi sociali, che richiedono ritmi diversi. 4.3 Punto di vista degli operatori socio-sanitari

I problemi suscitati in campo sanitario dalla presenza di persone provenienti da altri pa- esi non riguarda solo la capacità di risposta istituzionale, ma anche le capacità indivi- duali dei singoli operatori socio-sanitari di costruire un dialogo terapeutico, essenziale per assicurare l’efficacia di ogni atto di cura34

.

Gozzoli35 rileva che, dinanzi a una crescente richiesta di assistenza sanitaria da parte di partorienti migranti, gli operatori sociosanitari si confrontano sempre più spesso con modi differenti di vivere la maternità, sperimentando nuove difficoltà professionali di ordine linguistico, culturale e relazionale. Ciò anche a causa del fatto che molto spesso la gravidanza e il parto costituiscono la prima occasione di contatto delle donne migran- ti con i servizi.

La relazione di cura con le madri migranti, dunque, mette inevitabilmente in discus- sione gli operatori dei servizi sociosanitari, sia rispetto alla problematicità dell’indagare

31

A. M. Di Vita, M. Errante, M. Vinciguerra, “La grossesse dans une perspective transculturelle: femmes immigrées à Palerme”, in L’autre, 2008, 1, 9, pp. 101-117.

32 Sono stati utilizzati il riadattamento dell’Intervista per le rappresentazioni materne in gravidanza e il

Test del disegno dello spazio simbolico di vita familiare.

33 F. Balsamo (a cura di), Da una sponda all’altra del Mediterraneo, op. cit.. 34

V. De Micco, La frontiera mobile: migrazioni e sanità ..., op. cit., pp. 1-54.

35

C. Gozzoli, Servizi sociali, famiglia e sfida migratoria, in E. Scabini, G. Rossi (a cura di), La migrazio-

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a fondo la domanda d’aiuto, legata alle rappresentazioni della vita, del benessere e della malattia, sia rispetto al riconoscimento di saperi e usanze che le donne chiedono di met- tere in atto durante la gravidanza, il parto, l’allattamento, la cura e il contatto fisico col figlio, che non sempre sono condivisi dal sistema ospedaliero occidentale. Per gli opera- tori, i nuovi incontri comportano la messa in gioco della capacità di legittimare prospet- tive di salute e di benessere diverse dalla propria e di ri-conoscere il paziente, la sua sto- ria, le sue competenze, oltre che le sue sofferenze: «è lo scambio con l’altro che modifi- ca»36.

L’accesso ai servizi delle donne immigrate è legato essenzialmente a maternità, cure ginecologiche, prevenzione, IVG, e contraccezione37. Spesso gli operatori si confronta- no con la conoscenza insufficiente che queste donne hanno delle regole di accesso ai servizi e dello stesso uso dei servizi loro dedicati38. Secondo l’esperienza di ricerca e di servizio del Dipartimento materno-infantile dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, accanto a una maggiore diffusione delle informazioni – attraverso una forma- zione universitaria più attenta alle dinamiche interculturali delle professioni sanitarie – tra le soluzioni più vicine alle esigenze delle donne migranti si configura la tessitura di una rete di supporto istituzionale che includa anche le reti informali e di mutuo aiuto delle donne migranti. Questa prospettiva, consentendo la compartecipazione agli inter- venti sia da parte dei professionisti, sia da parte delle famiglie, contribuirebbe a definire «spazi di reciproco riconoscimento e condivisione di parole intorno all’evento nascita, in cui l’operatore può cogliere i significati e le difficoltà del divenire genitore in terra straniera e simbolicamente rappresentare per la puerpera una co-madre supportiva»39. In tal senso, in Italia, negli ultimi anni, sono state realizzate esperienze cliniche che pro- pongono una rilettura della relazione con l’utenza migrante basata sul riconoscimento delle storie, delle fratture e delle potenzialità, attraverso una diversa concezione della diagnosi e dell’ascolto da parte del clinico40.

36 M. R. Moro, D. Neuman, I. Réal, Maternità in esilio, op. cit., p. 11. 37

Cfr. P. Inghilleri, M. Castiglioni, F. De Cordova, “I cittadini stranieri e i servizi socio-sanitari italiani: modalità di comunicazione e cambiamento dell’identità”, in Ikon. Forme e processi del comunicare, 1998, n. 37, pp. 12-37.

38 L. Lombardini, Donne migranti e ostetriche: migrazione e maternità, in V. Pellegrino (a cura di), Me-

diare tra chi e che cosa, Unicopli, Milano 2007, pp. 111-119.

39 A. M. Di Vita, Presentazione, op. cit., p. XIV. 40

Cfr. ad esempio S. Dal Verme, Le donne nella clinica transculturale, in M. L. Cattaneo, S. Dal verme (a cura di), Terapia transculturale per le famiglie migranti, Franco Angeli, Milano 2009, pp. 173-195; C. Gozzoli, G. Tamanza, L’ICG nello studio dei processi migratori, in V. Cigoli, G. Tamanza, L’intervista

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