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Comunità linguistica e funzione simbolica del linguaggio

Super-diversità linguistica

3.1 Problemi e definizion

3.1.2 Comunità linguistica e funzione simbolica del linguaggio

insieme di atteggiamenti sociali riguardo alla lingua»198. Anche il concetto di comunità linguistica, tradizionalmente molto dibattuto, con la super-diversità torna

centrale. Esistono, al momento attuale diverse definizioni del concetto, infatti, si può intendere come una comunità linguistica l'insieme di tutte le persone che usano una determinata lingua o dialetto199, oppure «ogni aggregato umano caratterizzato da

un'interazione regolare e frequente per mezzo di un insieme condiviso di segni verbali e distinto da altri aggregati simili a causa di differenze significative nell'uso del linguaggio»200, o ancora come «comunità tenute insieme dalla densità degli

scambi comunicativi e/o dall'integrazione simbolica riguardo alla competenza comunicativa […]»201, quest'ultima definizione mette al centro il rapporto del

parlante con la propria lingua, un atteggiamento riproposto da Labov202 che considera

la comunità linguistica come «un gruppo di parlanti che condivide un insieme di atteggiamenti sociali riguardo alla lingua»203.

Infine, può essere tenuta in considerazione anche la definizione data da Berruto204, secondo cui «una comunità linguistica è formata da tutti i parlanti che

considerano se stessi utenti di una stessa lingua, che svolgono regolari interazioni attraverso un repertorio condiviso di segni linguistici e che hanno in comune una serie di valori normativi riguardo al linguaggio: essa può coincidere o intersecarsi con, o includere, o essere inclusa in una comunità sociale»205.

Nel contesto della super-diversità, le definizioni fin qui elencate si dimostrano insufficienti. Anche le definizioni che considerano l'uso del linguaggio e le norme sul linguaggio condivise dalla comunità, e quelle che si basano sulla volontà dei membri di far parte della stessa comunità linguistica, sono limitate.

198 Ivi, p. 18

199 J. Lyons, Introduction to theoretical linguistics, Cambridge University press, Cambridge, 1968, p. 14

200 J. Gumperz, The speech community, in International Encyclopedia of the Social Sciences, Macmillan, p. 269

201 J. A. Fishman, Language in Sociocultural change, Stanford University Press, 1971 202 M. Labov, The Study of Language in its Social Context, Springer, 1970

203 Ivi, p. 18

204 G. Berruto, La semantica, Zanichelli, Bologna, 1979, p. 19 205 Ibidem

Ciò che entra in crisi in un contesto linguisticamente super-diverso è il concetto stesso di comunità, in questo senso ciò che distingue i membri di una comunità linguistica da quelli che non ne sono membri, è il fatto che i primi condividono informazioni linguistiche e sociali e anche «modalità simili di valutazione e interpretazione di comportamenti comunicativi, e un senso di identità verso la lingua come simbolo di appartenenza al gruppo»206. Questo è esattamente ciò

che viene messo in discussione dalla super-diversità linguistica.

Per certi versi, conveniente l'atteggiamento di autori che negano esplicitamente l'esistenza della comunità linguistica, come ad esempio Hudson207,

secondo cui «può darsi che non esistano comunità linguistiche nella società se non come prototipi nella mente della gente: in questo caso la ricerca della vera definizione di comunità linguistica è completamente priva di senso»208, un

atteggiamento che «pur non riconoscendo una categoria epistemologica comunità

linguistica, ne ammette l'esistenza come oggetto di pensiero collocato nella

sensibilità linguistica e identitaria del parlante – la comunità linguistica è allora la proiezione di tutte le istanze di identificazione simbolica che i singoli parlanti hanno nei confronti di un insieme di varietà»209.

Inserendo nell'analisi la funzione simbolica del linguaggio attraverso la quale si trasferiscono «al linguaggio i simboli di identità e separatezza personale e del gruppo»210 e la funzione comunicativa intesa come «quella che permette alla lingua

di servire come veicolo per lo scambio di informazioni fra le persone»211 non si può

fare a meno di considerarle alla luce di quanto detto dalla linguista, esperta di lingue creole, Suzanne Romaine, ossia che: «we are what we speak»212.

In questo senso l'interazione plurilinguistica (e multi-modale) che si amplifica in contesti di “super-contatto” porta a una situazione nella quale le due funzioni, vanno in direzioni diverse e, a volte, opposte.

Partendo dal presupposto secondo cui

206 V. Dell'Aquila, G. Iannàccaro, La pianificazione, cit., p. 17

207 R. A. Hudson, Sociolinguistics, Cambridge University Press, Cambridge, 1980, p. 43 208 Ibidem

209 V. Dell'Aquila, G. Iannàccaro, La pianificazione, cit., p. 16 210 Ivi, p. 19

211 Ibidem 212 Ibidem

Quando queste due funzioni coincidono, come nella maggioranza dei casi, non si creano nel parlante frizioni fra uso linguistico e coscienza linguistica (un abitante di Oxford usa l’inglese e si sente ideologicamente legato a una tale lingua); talora però, e particolarmente nelle situazioni di minoranza linguistica o di forte contrapposizione identitaria con i propri vicini, i valori comunicativo e simbolico possono divergere ed essere appoggiati a lingue diverse, o percepite come diverse (un abitante di Dublino usa l’inglese, ma si sente ideologicamente legato alla lingua irlandese, anche se spesso la conosce a malapena). Sul piano del valore simbolico allora – che evidentemente è quello che conta per la costruzione dell’identità personale e di gruppo – il fatto di possedere (anche perfettamente) diversi codici linguistici non implica che questi siano portatori di particolari valenze identitarie o che autorizzino o incoraggino la collocazione del parlante all’interno di una particolare comunità linguistica.213

Se poste in relazione con tutte le dinamiche di contatto, identificazione e diversificazione individuale poste in evidenza nell'analisi di luoghi super-diversi (come le grandi città, o le scuole) le due funzioni (simbolica e comunicativa) divergono in modo radicale.

La frase di Suzanne Romaine “we are what we speak”, se viene applicata ai luoghi super-diversi, permette di trovare una quasi infinita gradazione di individui linguisticamente e comunicativamente “super-diversi” con, da un lato, le comunità di immigrati linguisticamente chiuse e apparentemente impermeabili alla lingua e alla cultura del paese che li ospita, e dall'altro, individui in grado di includere nel proprio repertorio linguistico decine (se non addirittura centinaia) di varianti e modalità comunicative che unite a quella rete di affiliazioni di cui parla Vertovec e di cui abbiamo parlato nella prima parte della ricerca, diventano la loro propria identità.

Si tratta di esperienze, percorsi di apprendimento e processi di definizione della “dotazione linguistica” (in termini di strumenti e risorse) che convergono nel concetto di repertorio che nella super-diversità si mostra in tutta la sua ampiezza.