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Super-diversità ed educazione

2.3 L'impatto dell'immigrazione sulla scuola italiana

2.3.4 Contesti scolastici super-divers

Rispetto alla distribuzione delle scuole nelle diverse aree territoriali/regionali e focalizzando l’attenzione sulle scuole con il 30% e oltre di stranieri nel Nord Ovest si colloca il 42,1% di queste scuole, nel Nord Est il 31,6% e in Centro Italia il 20%. Questo tipo di scuole è residuale nelle Isole (4,1%) e al Sud (2,2%).

Dai dati in tabella si ricava che 789 scuole con elevata percentuale di alunni stranieri (dal 30% in su) si trovano in Lombardia (27,6% del totale di 2.855 scuole italiane con questo tipo di utenza), 434 in Emilia Romagna (15,2%), 367 in Veneto (12,8%), 305 in Piemonte (10,6%), 233 in Toscana (8,1%). Si segnala anche che in Emilia Romagna queste scuole sono il 12,5% delle scuole della regione (oltre al doppio della media nazionale), in Lombardia il 10%, in Umbria l’8,3% e in Veneto l’8,2%. Rispetto alle scuole a maggioranza straniera, quattro sono le regioni con più di 50 scuole con queste caratteristiche: Lombardia (167 scuole), Emilia Romagna (86), Veneto (75) e Piemonte (52).

Seppure rappresentino in termini di incidenza percentuale un fenomeno numericamente residuale all'interno del contesto italiano, le scuole altamente multiculturali o ad elevata concentrazione di stranieri sono, dal punto di vista della super-diversità un luogo d'indagine privilegiato «non solo perché in esse si evidenziano rischi e problematiche per gli alunni più svantaggiati, ma piuttosto perché queste scuole possono essere considerate paradigmatiche dell’Italia che verrà:

laboratori di contaminazione sociale delle differenze, moltiplicatori di capitale sociale interetnico, luoghi di nuove prossimità, spazi in cui si prefigura un modello di convivenza misto e meticcio, in un clima basato sull’apertura alla diversità, alle persone, al futuro»178.

Questo perché i contesti scolastici a maggioranza straniera e che, quindi, presentano un quadro potenzialmente più composito, sono soprattutto scuole dell'infanzia e scuole primarie. Eppure, al momento attuale sono le scuole secondarie a destare

una maggiore preoccupazione, in quanto gli alti livelli di concentrazione di studenti di

origine immigrata sono frutto dei processi di insediamento territoriale e della segregazione residenziale/abitativa che vede alcune famiglie immigrate collocarsi in ambiti particolarmente deprivati dal punto di vista socioeconomico e isolati a livello etnico-culturale rispetto alla popolazione autoctona. La composizione multietnica delle scuole è però anche una conseguenza della differente offerta formativa, delle barriere (formali o informali) di accesso ad alcuni istituti superiori particolarmente selettivi, della scelta più o meno libera o vincolata delle famiglie autoctone e straniere, date le maggiori o minori possibilità di inserimento nei percorsi liceali o tecnico-professionali. Queste realtà educative connotate in senso etnico diventano dunque problematiche, in quanto si collegano a possibili rischi socio-educativi per gli alunni, sul piano cognitivo del processo di apprendimento e dei risultati scolastici, ma anche dal versante della dimensione relazionale, del più ampio benessere e dei climi di classe.179

I dati che preme mettere in maggiore risalto su quelli indicati nella tabella successiva, riguardano: il numero di istituti con un incidenza superiore al 50% nell'area di Milano (6), di cui 3 con percentuali intorno all'80%; la sovra- rappresentazione degli istituti professionali e l'assenza di percorsi scolastici alternativi a quelli professionali e tecnici; la maggioranza dei corsi serali rispetto a quelli diurni (24 su 22), un fattore solitamente connesso alla contemporanea attività lavorativa diurna o, nella maggior parte dei casi, connesso all'accumulo di un notevole ritardo scolastico180.

Per quanto riguarda, invece, le scuole secondarie di primo grado con percentuali di studenti stranieri superiori al 50%, si nota innanzitutto che la percentuale più alta si colloca appena al di sopra del 70% (72,5% in una scuola a gestione statale della città di Torino, nella quale però è da evidenziare l'altissimo numero di studenti stranieri: 421 sui 581 complessivi).

179 Ivi, pp. 71-72 180 Cfr., p. 73

Ancora una volta è necessario notare come la città di Milano risulti la più rappresentata con cinque scuole secondarie di primo grado con oltre il 50% di alunni stranieri, addirittura due sopra il 66%. Un dato che si allinea con quello relativo alla graduatoria per numero di scuole a maggioranza straniera181 secondo la quale la

provincia di Milano si colloca al primo posto con 76 istituti, Brescia al secondo posto con 41 e Torino al terzo con “soli” 34 istituti.182

Se si considerano, invece, i valori assoluti del numero di scuole con il 30% e oltre di stranieri, la classifica delle città vede nell'ordine: Milano (173 scuole), Torino (119), Roma (103), Bologna (69), Brescia (55), Genova (54), Padova (44), Verona (42), Prato (40), Firenze (37); un primato, quello di Milano che viene ridimensionato soltanto quando si considera il peso percentuale di queste scuole sul totale di quelle presenti nelle diverse città e che vede il capoluogo lombardo assestarsi in sesta posizione con il “solo” 21,5% (una su cinque), mentre le prime posizioni sono occupate nell'ordine da Prato (31,5%) Brescia (30,5%), Bologna (25,8%), Padova (23,1%), e Torino (22,8%)183.

La concentrazione di alunni stranieri in questi contesti urbani, come messo in

181 Consultabile nella tabella in appendice 182 Ivi, p. 74

evidenza, ad esempio, da Kazepov e Barberis184, è il risultato della compresenza di

diversi fattori quali:

la micro-segregazione residenziale che concentra gli stranieri in piccoli tasselli territoriali; le strategie di aggiramento dei genitori “nativi”, derivanti da pregiudizi etnici; i meccanismi di competizione di quasi-mercato per i posti disponibili nelle scuole ritenute migliori; gli effetti delle politiche d’integrazione scolastica. Negli studi di caso, gli autori185 mettono in luce che, a Milano, lo scarso accesso degli stranieri all’offerta privata comporti un aumento di iscrizioni nelle scuole pubbliche più vicine. A Bologna, si verificano casi di elevata concentrazione, che si sommano a svantaggi multipli, anche per gli alunni italiani. A Roma sono diffusi singoli casi di squilibri tra scuole dello stesso quartiere, aggravati dalla fuga degli autoctoni.186

In conclusione, condividendo sia il punto di vista che gli auspici espressi degli estensori del documento elaborato dalla Fondazione Ismu in collaborazione con il Miur che sembrano aver colto senza, per questo, formalizzarla, la super-diversità come dimensione specifica, principalmente, dei contesti urbani,

si può affermare che l’approfondimento attraverso la lente della dimensione territoriale ha permesso di descrivere le trasformazioni della scuola italiana che, sin dai primi flussi di immigrazione, si è costituita come “scuola comune” per gli alunni autoctoni e per i figli degli immigrati, i quali sono stati inseriti all’interno delle normali classi scolastiche e non in luoghi di apprendimento separati. Questo modello di scuola attualmente, affronta la sfida posta dai fenomeni di concentrazione e dai rischi di segregazione che si stanno verificando in vari territori, comuni, città, nei diversi livelli di istruzione e con le richieste di scuole differenziate da parte delle famiglie italiane e straniere..187

Le realtà locali, in questa prospettiva, possono essere considerate come una

184 Y. Kazepov, E. Barberis, (a cura di). Il welfare frammentato, le articolazioni regionali delle politiche sociali italiane, Carocci, Roma, 2013

185 Per una trattazione più ampia dei temi messi in evidenza in questa sezione, cfr., Ivi, pp. 163-204, Rescaling, governance e frammentazione territoriale delle politiche dell'immigrazione: il caso della segregazione scolastica, di E. Barberis e A. Violante, e degli stessi autori: La frammentazione in azione: la segregazione scolastica in quattro aree metropolitane.

186 M. Santagati, V. Ongini (a cura di), Alunni, cit., p. 79 187 Ivi, pp. 79-80

dimensione cruciale che differenzia le traiettorie di vita, delineando un sistema di opportunità e di risorse a disposizione, ma anche ambienti di vita distinti per specifiche culture locali e per un diverso funzionamento delle istituzioni. Studi recenti, d’altro canto, sottolineano che i fattori di contesto (ad es. il grado di disagio economico e sociale del territorio di appartenenza), e non solo lo status socio- economico, culturale, migratorio delle famiglie, risultano determinanti nei processi di acquisizione delle competenze di base e che il miglioramento dei più svantaggiati nei processi di apprendimento non può fondarsi solo sulle scuole, ma su più ampi interventi territoriali nell’ambito di politiche sociali e di integrazione. Il nodo oggi rimane ancora quello dell’accoglienza universalistica di tutti gli “allievi in classe”, senza distinzioni legate alla provenienza e con una cura verso ambienti di apprendimento inclusivi, misti e positivi, in cui cruciali risultano essere soprattutto le opportunità di cooperazione fra scuole, territori, amministrazioni locali, in cui si mettano in discussione i pregiudizi e le chiusure verso gli “stranieri in città”, evitando il formarsi di quartieri/scuole-ghetto e migliorando la qualità dell’offerta formativa188.

CAPITOLO 3