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Super-diversità ed educazione

2.1 Educazione mono-culturale e pluri-culturale: profilo storico

2.1.3 Le basi del modello britannico

Per quanto riguarda il contesto britannico dal quale siamo partiti per definire i tratti della super-diversità, una delle voci più autorevoli sui temi dell'educazione in relazione all'interculturalità, Jagdish Gundara, ha messo in evidenza come

le società secolarizzate, e la scuola, devono confrontarsi allorché si pone la questione dei valori – sia laici sia religiosi – in un contesto multireligioso oltre che multiculturale. Questo tipo di contesto comporta non soltanto una pluralità di orientamenti religiosi, ma anche l'eventualità

122 C. W. Washburne, Che cos'è l'educazione progressista, La Nuova Italia, Firenze, 1942, p. 30, citato in: F. Gobbo, Pedagogia cit., p. 24.

che un certo numero di essi non sia preso in considerazione a causa della marginalità e stigmatizzazione attribuita a chi li condivide. Gli educatori, dal canto loro, non possono ignorare che tale pluralità ha al suo interno anche quelli fondamentalisti, spesso presenti anche nell'ambito del cristianesimo124

Questo comporta, secondo Gundara, che sia la scuola che gli insegnanti, così come l'educazione nel suo complesso non possano essere neutrali, perlomeno nella «misura in cui mirano alla comprensione reciproca e fanno riferimento ai diritti umani ai principi democratici»125, motivo per cui, ad esempio, «la richiesta che

l'educazione religiosa faccia parte del curricolo scolastico può essere interpretata come una sfida ai principi dell'azione e del comportamento pubblici, in quanto sembrerebbero introdurre quelli propri dell'ambito privato»126; questo perché nella

visione di Gundara la netta separazione tra sfera privata e sfera pubblica, così come nel modello educativo francese, «deve essere considerata come positiva e mantenuta nell'istituzione scolastica dove, attraverso un curricolo comune, condiviso, risultante dalle negoziazioni e decisioni condotte a livello collettivo, favorisce la comprensione reciproca tra coloro che appartengono a orientamenti differenti»127.

Soprattutto nel momento in cui affronta in modo più diretto l'analisi delle società multi-culturali e multi-religiose, le posizioni di Gundara sembrano trascendere il modello multiculturalista britannico per porre l'accento sulla centralità dei valori universali, piuttosto che relativi, isolando questi ultimi nella sfera privata e individuando nell'educazione pubblica un fattore di mediazione e condizionamento necessario a modificare gli elementi culturali e religiosi che contrastano con questi ideali universali. Infatti, pur non ignorando l'esistenza di

individui e gruppi meno garantiti di altri nei loro diritti, e ciò per motivi religiosi, per l'origine etnica o socioeconomica, per la differenza linguistica o di genere […] è per questa ragione che afferma con forza l'importanza per insegnanti ed educatori di porre i diritti umani come punto di riferimento per la loro attività, e di subordinare ad essi ogni altro valore - religioso, sociale o culturale che sia. I diritti umani sono per lui [Gundara] una delle più 124 Ivi, p. 28.

125 Ibidem. 126 Ibidem. 127 Ibidem.

importanti componenti dell'insegnamento […] la convinzione che riflettendo sul pluralismo religioso, e sulle ragioni della sua persistenza e importanza nelle società contemporanee, si possa favorire un “sistema di valori inclusivo” (che possa dunque essere condiviso anche da chi credente non è) viene ribadita da quella secondo cui, nelle società secolarizzate, multi-culturali, multi-religiose, la funzione dei sistemi educativi è perciò di assicurare lo sviluppo di un sistema di valori comuni e condivisi per potenziare l'ambito pubblico, che garantisca i diritti e i doveri di tutti i gruppi nella società. In questo senso, le comunità di fede non possono dimenticare i loro doveri verso gli altri che possono essere o non essere, credenti: analogamente, esse debbono non solamente incoraggiare l'ecumenismo ma anche sottoporre le proprie religioni ai principi e alle legislazioni dei diritti umani128.

Per certi versi, questo atteggiamento volto alla ricerca di un terreno culturale comune e condiviso si pone in contrasto con la propensione del modello multiculturalista a riconoscere, almeno nominalmente, pari valore a tutte le culture, una propensione che, storicamente, ha generato perplessità sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna e che, nuovamente in tempi recenti come si è visto, ha consentito ai critici del multiculturalismo di Stato, di porre l'accento sulle dinamiche di isolamento culturale, sulle cosiddette culture parallele e sul pericolo che queste forme di separazione portino a fenomeni di radicalizzazione, si «corre inoltre il rischio, contemporaneamente affermando la parità delle culture e la loro differenza (che in taluni casi diviene come si è visto separatezza) di non prestare sufficiente attenzione, da un lato, a ciò che esse condividono, o sono giunte a condividere, in termini di valori, credenze, strutture, istituzioni, e di ignorare, dall'altro, le differenze intra- culturali e, infine, di favorire il persistere e la diffusione degli stereotipi»129.

Infine, assume particolare rilievo il fatto che la differenza in sé non sia un «elemento fondante la distintività di un gruppo, bensì quello che, secondo una decisione di carattere sociale e/o politico, viene simbolicamente utilizzato come confine per mantenere le differenze tra un gruppo e l'altro»130, un cambio di accento

che sposta l'attenzione dalla concezione antropologica della cultura come “intero” e che vede quindi l'incontro/contrapposizione tra culture, a quella di cultura come

128 Ivi, p. 29. 129 Ivi, p. 35. 130 Ivi, p. 37.

“insieme composito” che cerca di ri-comprendere i vari “insiemi” culturali.

Da un punto di vista educativo e pedagogico, i limiti di una prospettiva centrata esclusivamente su caratteri etnici o culturali potrebbero essere «da un lato, privilegiare l'esistente e sottovalutare l'imprevedibile che possono apportare le decisioni e le scelte di immigrati e gruppi di minoranza»131, un atteggiamento che,

per certi versi, limita fortemente gli indirizzi progettuali e l'apertura nei confronti di visioni volte al cambiamento futuro, «dall'altro lato, la riduzione, piuttosto che l'ampliamento, dell'esperienza umana ed educativa, poiché si verrebbe in tal modo a disconoscere la grande importanza che hanno nell'ambiente di ciascuno di noi le credenze e gli scopi delle altre persone, cui il nostro linguaggio ci permette di far riferimento»132.

Nel dibattito pedagogico, l'insieme dei rischi fin qui elencati, ha portato alla necessità di una ri-formulazione della nozione stessa di cultura che ha permesso di giungere gradualmente a un concetto di tipo inclusivo che

non definisce solo ciò che si trasmette o si eredita dal passato (o radicalmente si inventa) e per cui un gruppo si è un tempo distinto, bensì quello che nel presente stimola e consente ai soggetti di costruire insieme una prospettiva unitaria, ma sfaccettata, sul piano culturale, sociale, politico, aperta ad ulteriori confronti e rielaborazioni. Una tale visione suggerisce in ambito europeo, di pensare ciascun individuo come chi si situa all'incrocio di numerose reti di relazioni e di influenze legate alla professione, al tempo libero, ai consumi culturali, alle appartenenze familiari e sociali, all'ambiente etc., teso ad impegnarsi in un lavoro di auto-consapevolezza culturale su chi e quanto plurali siamo noi. Secondo questa prospettiva, l'intervento educativo, e la figura stessa dell'educatore, rifonderebbero la propria centralità e la propria funzione pubblica non solamente sul tradizionale e spesso disatteso compito di preparare le giovani generazioni al loro futuro ruolo nella società, ma piuttosto su quello di sollecitarla a cogliere e a discutere il senso della storia e della cultura del loro paese, prestando ascolto alla “varietà di voci” di cui risuonano, oggi come nel passato, le scuole e le società multiculturali, così da provocare un cambiamento negli atteggiamenti, aspettative e valori.133

Una prospettiva, questa appena illustrata, che appare ancora più urgente e

131 Ivi, p. 43 132 Ibidem 133 Ivi, pp. 42-43

irrinunciabile alla luce dell'incremento esponenziale della complessità in quegli ambiti in cui si sviluppano maggiormente l'interazione, l'incontro, il confronto e l'attrito sociale e di cui la scuola (ancora più dei luoghi di lavoro nei quali permangono strutture di gerarchizzazione e stratificazione che riducono la diversificazione potenziale, e in modo paradossalmente più simile ai contesti penitenziari134), rappresenta, probabilmente, la massima espressione.