• Non ci sono risultati.

Super-diversità linguistica

3.2 Competenza linguistica, plurilinguismo e multilingualism

3.2.2 Plurilinguismo e multilingualism

Prima di affrontare l'apprendimento delle lingue nei contesti super-diversi è necessario fare il punto sui termini plurilinguismo e multilinguismo, corrispondenti, per certi versi, agli inglesi plurilingualism e multilingualism.

Nella tradizione degli studi linguistici italiani si è spesso inteso il termine

plurilinguismo «in un'accezione non esattamente assimilabile al termine multilinguismo»244 anche se dal punto di vista etimologico i termini non presentano

differenze evidenti245. Al di là delle ragioni storiche interne allo sviluppo del

vocabolario proprio della glottodidattica come scienza autonoma (costruitosi anche attraverso una serie di prestiti da altre discipline che hanno portato a un certo livello di approssimazione, spesso a causa di traduzioni e calchi dall'inglese246) è lo stesso

QCER247, nella sua versione inglese che pone l'accento su come

Plurilingualism differs from multilingualism, which is the knowledge of a number of languages, or the co-existence of different languages in a given society. Multilingualism may be attained by simply diversifying the languages on offer in a particular school or educational

243 Su quale sia il contributo e sulle caratteristiche del sistema di feedback innescato dalla funzione simbolica dei vari linguaggi convergenti in un unico repertorio super-diverso, si è accennato, invece, nella conclusione del paragrafo precedente.

244 R. Tomassetti, Le competenze dei docenti e dei formatori di Italiano L2, Novalogos/Ortica editrice, Aprilia, 2014, p. 30

245 Multilinguismo (dal latino multus, -a, -um, agg. e lingua, -ae, s. f.) e plurilinguismo (dal latino plus, pluris agg. e lingua, -ae, s. f)

246 Cfr., R. Tomassetti, Le competenze, cit., pp. 30-31

247 Council of Europe, (a cura di) Common European Framework of Reference for Languages: Learning, teaching, assessment, Cambridge University Press, Strasburgo, 2001

system, or by encouraging pupils to learn more than one foreign language, or reducing the dominant position of English in international communication. Beyond this, the plurilingual approach emphasises the fact that as an individual person’s experience of language in its cultural contexts expands, from the language of the home to that of society at large and then to the languages of other peoples (whether learnt at school or college, or by direct experience), he or she does not keep these languages and cultures in strictly separated mental compartments, but rather builds up a communicative competence to which all knowledge and experience of language contributes and in which languages interrelate and interact. In different situations, a person can call flexibly upon different parts of this competence to achieve effective communication with a particular interlocutor.248

Secondo questa formulazione, la presenza di più lingue in uno Stato o in una regione dovrebbe essere descritta dall'uso del termine multilinguismo, nel caso in cui le diverse lingue siano gestite in modo separato dalle persone (o dal punto di vista normativo/amministrativo dallo Stato)249. La compresenza in un paese «di una o più

lingue, studiate e praticate insieme alle loro culture, riguarda la realizzazione del multilinguismo nella misura in cui tale molteplicità linguistica e culturale si realizza nella convivenza di entità totalmente separate e assestanti»250.

Secondo il documento, «il plurilinguismo e il pluriculturalismo sono realizzabili invece a condizione che le diverse lingue-culture vivano una reale compresenza dialettica nei diversi individui, agenti nei diversi contesti nazionali, sociali, privati e familiari, in condizioni di reciproca accoglienza e disponibilità e che non si nutrano dell’esclusione l’una delle altre»251.

In questa prospettiva la compresenza di diversi codici linguistici e culturali dovrebbe spingere l’individuo, attraverso la scoperta di nuove potenzialità comunicative e inter-relazionali, verso una maggiore accettazione dell'altro portandolo ad arricchire, oltre che il proprio repertorio linguistico anche la propria personalità, i propri strumenti di pensiero e i comportamenti.252

Secondo gli autori del Framework, le politiche multilinguistiche, osteggiate

248 Ivi, p. 4

249 Cfr., R. Tomassetti, Le competenze, cit., p. 31 250 Ivi, pp. 31-32

251 Ivi, p. 32 252 Cfr., ibidem

dal “nuovo corso” delle politiche europee impegnate nel superamento del modello multiculturalista, porterebbero a una perdita di interesse, o addirittura a una volontà di cancellazione, nei confronti delle diverse identità presenti sul territorio di un paese «per diverse ragioni: i genitori potrebbero sentirle come una differenza “scomoda” da mantenere o i figli non ritenerli abbastanza utili ai fini della propria affermazione sociale e professionale, o anche non funzionali alla spendibilità sociale»253.

Sempre secondo questa visione, il plurilinguismo, invece, tenderebbe «alla conservazione ma anche all’evoluzione, rappresentata negli individui dalla coscienza delle differenze e nello stesso tempo dal desiderio di creare dei ponti tra queste, che permettano l’interazione e l’incontro, in cui esprimere nuove identità, non necessariamente dovute alla propria nascita, ma anche ad una scelta consapevole dell’utilizzo dei diversi codici linguistici e culturali, per costruire un proprio repertorio identitario»254.

Tale descrizione sembra andare incontro a quanto si è cercato di mettere in luce nel paragrafo precedente a proposito del repertorio individuale super-diverso. In contesti super-diversi infatti ciò che caratterizza l'apprendimento e l'acquisizione delle risorse linguistiche va ben oltre la volontà e la consapevolezza individuale e il repertorio linguistico è il risultato degli “eventi” biografici (processi di apprendimento ufficiali e informali) e dell'ambiente (dinamiche di super-contatto).

Seppure questa prospettiva sembri a favore solo dell'uso del termine

plurilinguismo (e soprattutto l'equivalente inglese plurilingualism) a discapito del

termine multilinguismo (che sembra addirittura negativo), altri documenti europei usano sempre più spesso il termine multilingualism «anche per indicare quanto finora espresso con il termine plurilinguismo»255 e dall'analisi della letteratura specialistica

in lingua inglese, risulta evidente «che il termine inglese multilingualism stia diventando una sorta di iperonimo, rilevato così anche in molti casi in italiano, in cui l’uso del termine multilinguismo viene usato in alcune traduzioni quasi come calco dall’inglese.»256

253 Ibidem 254 Ibidem 255 Ibidem 256 Ivi, p. 33

In ogni caso, la tradizione linguistica e glottodidattica italiana sembra mantenere la distinzione tra plurilinguismo e multilinguismo. Secondo Vedovelli257

si propone il plurilinguismo come risposta all’intrinseca diversità culturale e linguistica che caratterizza le comunità. In altri termini, ciò che il Quadro Comune considera come caratterizzante l’identità europea è la diversificazione di lingue e culture; l’obiettivo dell’azione politica è di trasformare tale condizione da possibile limite, cioè da ostacolo allo sviluppo, in risorsa e in guida, in punto di riferimento.258

Mentre secondo Diadori259 «la creazione di identità plurilingue rappresenta un

punto chiave dell’integrazione tra popoli e culture e nello stesso tempo un incentivo allo sviluppo economico»260 in quanto

il processo di unificazione europea è stato determinante per mettere in moto una nuova tendenza al superamento psicologico di certe barriere, di cui fanno parte anche quelle linguistiche: non solo l’ingresso di ogni nuovo stato membro ha portato alla ribalta negli ultimi anni anche lingue minoritarie che hanno pari diritti nelle sedi istituzionali della Comunità Europea, ma si sta facendo strada una nuova identità europea, sopranazionale e fondamentalmente plurilingue.261

In linea di massima questo atteggiamento “europeista” è a favore della comprensione reciproca tra individui di lingue e culture diverse e alla «gestione di più codici attraverso le interazioni, la scoperta di vicinanze e distanze tra di loro, attraverso le inferenze che queste nuove competenze permettono di fare»262.

L'accento posto dalla scelta degli studiosi italiani di utilizzare il termine plurilinguismo rimanda in modo chiaro a strumenti e pratiche diverse dalla gestione separata dei codici e all'assimilazione che deriva dal dare valori distinti a codici compresenti in un certo luogo, e fa riferimento «alla libertà degli individui di

257 M. Vedovelli, Guida all'italiano per stranieri. Dal Quadro comune europeo per le lingue alla Sfida salutare, Carocci, Roma, 2010.

258 Ivi, p. 34

259 P. Diadori (a cura di) Formazione, qualità e certificazione per la didattica delle lingue moderne in Europa, Mondadori, Milano, 2010

260 R. Tomassetti, Le competenze, cit., p. 33 261 P. Diadori (a cura di) Formazione, cit., p. 1 262 R. Tomassetti, Le competenze, cit., p. 34

scegliere le valenze culturali e linguistiche, mirando allo sviluppo di un unico repertorio variegato, che consenta la scelta, basata sulla libertà»263.

Questa prospettiva, davanti alla super-diversità, sembra troppo moderata e forse insufficiente per spiegare le dinamiche di apprendimento in un contesto super- diverso e il fatto che il repertorio linguistico super-diverso sia composto da più elementi, che hanno valori culturali e simbolici diversi.

Un passo in avanti a livello europeo per ciò che riguarda plurilinguismo e pluriculturalismo lo si deve, oltre che al Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue, al testo a cura di Daniel Coste che ipotizza un documento europeo di riferimento per le lingue dell'educazione264.

Infine, anche se si è deciso di continuare a usare il termine plurilinguismo è d'obbligo notare come le tendenze degli ultimi anni e gran parte dei testi usano il termine multilingualism, intendendolo come sostituto e sinonimo del plurilingualism individuato dal Framework nel paragrafo intitolato, appunto, What is

“plurilingualism”?265.