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Super-diversità ed educazione

2.1 Educazione mono-culturale e pluri-culturale: profilo storico

2.1.1 Il modello mono-culturale francese

Se si focalizza l'attenzione sulla diversità utilizzandola come categoria interpretativa alla luce della quale leggere alcuni fenomeni sociali e politici comuni a gran parte delle popolazioni del mondo:

107 F. Gobbo, Pedagogia interculturale, Il progetto educativo nelle società complesse, Carocci, Roma, 2000, p. 17.

oggi riconosciamo che ogni Stato ha storicamente dato (e tuttora tende a farlo) risposte negative alla diversità, mettendo in atto processi che possono andare dall'esclusione alla separazione, anche fisica, di uno o più gruppi culturali, alla diffusione della credenza sul collegamento tra mobilità sociale e lavorativa e percorso di scolarizzazione – condivisa anche da coloro che difficilmente potranno godere di un reale miglioramento e di una effettiva partecipazione alla vita sociale. Si tratta di processi l'uno diverso dall'altro, ma che continuano ad indicare l'esistenza di una tensione tra le tendenze degli Stati a centralizzare e a conservare sé stessi, e l'esistenza di una pluralità di popolazioni e di culture. Questa tensione si produce, in particolare, nel modo in cui gli Stati cercano di perpetuare e di celebrare sé stessi attraverso l'identificazione con una nazione. L'educazione è stata una delle strutture principali grazie alle quali questo mito è stato realizzato e riprodotto.108

In Europa, uno dei contesti nei quali negli ultimi due secoli è stato maggiormente evidente questo sforzo da parte dello Stato nel tentativo di omogeneizzare la popolazione attraverso il sistema scolastico è sicuramente quello dello Stato francese. In Francia, la scuola prodotta dal «modello repubblicano è la scuola di tutti e per tutti, senza distinzioni, che attraverso la trasmissione […] di un sapere laico deve permettere l'emancipazione di chi appartiene a ceti sociali, o a gruppi, a lungo discriminati nella loro ricerca del sapere e di un miglioramento delle condizioni e delle prospettive di vita»109. Un modello che punta a confinare le

diversità locali nell'ambito familiare e domestico, in modo che non intervengano nel processo di costruzione formale del “cittadino”.

In questo senso, la scuola originata dai principi della rivoluzione francese è stata modellata come “un'agenzia dello Stato-nazione” volta a trasmettere «una sola cultura nazionale, un'etica laica, e valori patriottici»110 con l'obiettivo di

democratizzare la società, ma giungendo a forme estreme di “ricerca dell'uniformità culturale” sfociate, in alcuni casi, nell'imposizione dello stesso curricolo sia alla popolazione scolastica francese sia a quella delle colonie (quando la Francia era una potenza coloniale)111.

Ovviamente questa tendenza a rendere il sistema educativo uno strumento di

108 Ivi, pp. 17-18. 109 Ivi, p. 19. 110 Ibidem. 111 Cfr. Ibidem.

uniformazione culturale non è esclusiva della Francia, né tanto meno, dell'Europa, e si è affermata con modelli simili e dimensioni variabili in contesti come quello statunitense e australiano, due stati costituitisi attraverso il costante sovrapporsi di flussi e dinamiche migratorie. In questi casi, per certi versi, uno dei moventi principali, tra gli altri, può essere individuato «nell'esigenza dello Stato che il suo sistema educativo insegni l'unità e la lealtà nei confronti dell'ideale, a prima vista, comprensibile in quanto aiuta a diminuire il potenziale conflitto intergruppo»112,

motivo per cui i sostenitori dell'educazione interculturale

avranno un orientamento molto probabilmente diverso da quello del sistema d'istruzione pubblica, dato che i due hanno finalità in conflitto tra loro […] riconoscere la natura di questo potenziale conflitto è importante per ambedue le parti: l'educazione interculturale deve venire a patti con lo Stato moderno,; questi, dal canto suo, deve venire a patti con la diversità che lo caratterizza.113

D'altronde, come abbiamo visto e come vedremo, la diversità può essere considerata come un valore o un disvalore a seconda di quale gruppo dominante o di maggioranza sia in grado di assegnare e definire le sfere del “noi” e del “loro”, una dinamica che vediamo all'opera costantemente anche negli ultimi tempi.

Nel processo di formazione degli Stati moderni, i vari Stati (europei e non) «si sono costruiti un'identità di nazione e si sono dati come compito primario quello di formare cittadini leali e devoti all'entità politica “Stato”, intesa innanzi tutto come nazione»114. Al di là del fatto che questo obiettivo sia molto spesso entrato in

contrasto con le richieste di riconoscimento e autonomia da parte di minoranze inglobate in questo percorso di inclusione, più o meno forzata a seconda del caso, e al di là del fatto che in Europa non sembra esistere uno Stato unitario composto “realmente” da una sola nazione omogenea, è molto interessante notare, fin da subito, come nei sistemi educativi di questi Stati

il curricolo, soprattutto quello di storia e di lingua, è uno dei modi per mantenere 112 Ivi, p. 20.

113 Ibidem. 114 Ibidem.

l'identità dello Stato come nazione, in particolare grazie alla “invenzione di un canone” - di solito storico e/o letterario, appunto – che di tale nazione esprime l'identità, la sua importanza (in confronto agli altri) o la sua superiorità. Il “canone” ha di solito un carattere normativo, presentandosi come una proposta e interpretazione legittime di un passato (per esempio la tradizione speculativa greca come punto di origine del pensiero filosofico e argomentativo specificamente occidentale) e di una tradizione linguistico-letteraria che dovrebbe fornire un importante punto di riferimento e di riconoscimento identitario per le giovani generazioni – anche per quelle che sono avviate ad un percorso di assimilazione. Le scuole hanno l'incarico di trasmettere tale tradizione, e di esserne al tempo stesso garanti (a salvaguardia delle regole ideali del parlare e dello scrivere, e della scelta esemplare degli autori).115

Dato per assunto che l'invenzione di un “canone” sia organico alla creazione dell'immaginario comune di ogni nazione116, e che in tempi più recenti sia divenuto

un tassello importante e successivamente un nodo critico intorno al quale dibattere l'esistenza e i confini di un terreno culturale comune alla cosiddetta civiltà occidentale117, è necessario notare come la visione, soprattutto teorica, del processo

di scolarizzazione abbia trovato, anche in questi contesti, elaborazioni innovative grazie a pedagogisti in grado di confrontarsi con il mutamento sociale.