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1.3 Immigrazione e super-diversità in Italia

1.3.2 L'impatto dell'immigrazione sulla società italiana

L'impatto di un fenomeno migratorio come quello che ha investito l'Italia negli ultimi vent'anni non può che essere di proporzioni notevoli e talmente ramificato da comprendere, in sintesi, tutti gli aspetti della vita sociale, culturale ed economica del Paese. Ciò che è necessario stabilire, innanzitutto, riguarda però il tessuto sociale sul quale il fenomeno è andato a impattare, a questo proposito:

L’affermarsi dell’Italia come paese d’immigrazione straniera va inquadrato in un più ampio complesso di trasformazioni che hanno radicalmente mutato il panorama demografico del paese, agendo “con rapidità e intensità precedentemente mai sperimentate nelle società occidentali, nel mondo e in misura massima nel nostro Paese”. Tra le componenti di questa transizione è bene ricordare l’innalzamento della speranza di vita alla nascita fino ai primi posti della graduatoria mondiale; il calo della natalità ormai durevolmente attestato ben al di sotto del livello di sostituzione; la lievitazione della componente anziana della popolazione, che fa dell’Italia, insieme al Giappone, il paese più “vecchio” al mondo.91

Già nel 2006, quando ancora il fenomeno non aveva assunto i tratti e le dimensioni attuali, il rapporto annuale ISTAT parlava dell'immigrazione nel contesto italiano in termini di «eterogeneità dell'arcipelago migratorio […] emerso come tratto distintivo della vicenda italiana»92, un tratto destinato a mantenersi nel tempo

nonostante l'evoluzione quanto-qualitativa del fenomeno avvenuta in un periodo relativamente molto breve.

Il panorama delle presenze straniere in Italia, infatti, incorpora una grande varietà sia dal punto di vista delle provenienze nazionali che a loro volta comprendono al loro interno gruppi etnici, religiosi e linguistici sempre più diversificati, sia dal punto di vista dell'epoca di arrivo, delle caratteristiche dei soggetti migranti secondo le categorie di genere, condizione familiare, livello di istruzione etc93.

91 L. Zanfrini, Convivere con il differente: il modello italiano alla prova dell'immigrazione, Rev. Inter. Mob. Hum., Brasilia, Anno XX°, n. 38, pp. 101-123, gennaio-giugno 2012, p. 104.

92 ISTAT, Rapporto annuale 2006, Roma, 2006, p. 315. 93 Cfr., L. Zanfrini, Convivere cit., p. 105.

Tutte le ricerche e i dossier statistici94 che affrontano il tema dell'impatto

sociale dell'immigrazione suddividono l'argomento in grandi aree quali: lavoro ed economia, educazione, società, aspetti linguistici, wellfare e salute, una suddivisione che verrà adottata anche in questo caso, con l'unica differenza che per ciò che riguarda gli aspetti relativi all'educazione e alla pluralità dei linguaggi si rimanderanno a una trattazione più ampia e dettagliata nei capitoli successivi.

Infine, l'eterogeneità del panorama nazionale, già messa in evidenza nel precedente paragrafo, ci impedisce di analizzare nel dettaglio le singole variabili da un punto di vista della distribuzione geografica, si tratterebbe, infatti, di andare ben oltre i limiti metodologici, spaziali e concettuali di questa ricerca, motivo per cui ci si limiterà in questa sede a passare in rassegna le principali aree di trasformazione generate dal fenomeno migratorio95.

In ragione del suo singolare andamento, l’immigrazione verso l’Italia ha determinato un significativo impatto sulla situazione demografica del paese e sulla

stessa composizione della popolazione. Dal saldo migratorio positivo dipende,

innanzitutto, la crescita della popolazione dell’Italia (e dell’Unione Europea); così come è solo grazie ad esso che l’Italia è riuscita per tutti gli anni 2000 ad allontanare il rischio di un declino demografico e di una contrazione altrimenti inevitabile.

Complice, soprattutto nel primo decennio del secolo, la struttura per età della popolazione straniera (oltre che la sua maggiore propensione a procreare): quale effetto di tassi di natalità e di mortalità decisamente asimmetrici nelle due popolazioni, il tasso di crescita naturale assume valore negativo per gli italiani, attestandosi intorno al -0,8 negli anni tra il 2006 e il 2015, ma risulta essere positivo per gli stranieri (+ 10,6)96. Oltre all’aumento delle presenze, gli sviluppi del

fenomeno migratorio hanno prodotto un «progressivo radicamento degli stranieri sul

territorio, attestato dal numero crescente di ricongiungimenti familiari, nuove

nascite, matrimoni contratti in Italia, unioni miste composte da coniugi o conviventi di diversa nazionalità»97.

94 Ci si riferisce ai vari rapporti ISMU, IDOS, ISTAT, CARITAS MIGRANTES etc., che sono alla base anche di questa ricerca e dei quali si renderà conto nel corso dell'analisi.

95 Per la consultazione dei dati di riferimento si rimanderà di volta in volta ai dati in appendice. 96 Cfr. Grafico 2.

Al tempo stesso l’immigrazione ha contribuito in modo determinante a rendere più variegato il panorama delle forme di convivenza e degli stili di funzionamento familiare: «famiglie “spezzate” dalla migrazione, famiglie ricostituite o ricongiunte, famiglie transnazionali sono altrettante modalità attraverso le quali si presenta la famiglia immigrata, ponendo la nostra società di fronte a modalità inedite di vivere (e dare significato al) il rapporto di coppia, la funzione genitoriale, le relazioni con la famiglia allargata».98

Un'altra dimensione investita in modo importante risulta essere, ovviamente,

il pluralismo linguistico-culturale e religioso della società italiana. Circa 130 lingue

sono andate ad aggiungersi a quelle parlate dalle minoranze linguistiche storicamente insediate nel paese mentre, «riguardo alle appartenenze religiose dei migranti, per quanto sia estremamente difficile fornirne una descrizione, la stima basata sulla loro provenienza nazionale porta a ritenere che all’incirca la metà sia rappresentata da cristiani, (il 56,4%, corrispondente a 2 milioni e 56 mila individui); fra questi il 27% è ortodosso, il 25,1% cattolico e il 2,7% protestante. Poco più di un quarto è di fede musulmana (26,3%), dato che la rende la seconda fede sul territorio nazionale con più di un milione di fedeli; mentre i buddisti sono il 3% circa e il 7,1% si dichiara ateo.99 Tuttavia, «se si considerano i valori assoluti, le dinamiche migratorie hanno

accresciuto le dimensioni di tutte le confessioni religiose. La crescente varietà

etnica, culturale e religiosa della società italiana trova eco nei processi di produzione e diffusione culturale»100.

Nel corso del tempo si è realizzata una vera e propria rivoluzione nel modo in cui i media si occupano di stranieri residenti

che si tratti di fiction, reality show, quiz, programmi d’intrattenimento o di servizio – la presenza di soggetti provenienti dalle fila dell’immigrazione è sempre più ricorrente. Diverse decine sono le testate giornalistiche dedicate alle comunità straniere e pubblicate nella loro lingua d’origine: albanese, arabo, bulgaro, cinese, francese, inglese, pakistano, polacco, portoghese,

98 Ibidem.

99 ISTAT, Appartenenza e pratica religiosa tra i cittadini stranieri, ottobre 2015, consultabile presso:

http://www.istat.it/it/files/2015/10/Religione-tr a-

glistranieri.pdftitle=Religione+tra+i+cittadini+stranieri+-+02%2Fott%2F2015+- +Testo+integrale.pdf , p. 1.

punjabi, romeno, russo, spagnolo, tagalog, ucraino. Molto più numerosi i programmi radiofonici indirizzati prevalentemente agli immigrati, in lingua italiana o straniera.101

Attraverso i loro percorsi insediativi e le loro pratiche di fruizione degli spazi pubblici, «gli immigrati hanno anche contribuito a una risignificazione di molti

luoghi, percepita più o meno positivamente dalla popolazione natia o da quote di

essa. L’immigrazione ha prodotto una serie di micro-trasformazioni del parco immobiliare, e cambiato gli stili di vita della città, le forme dell’abitare e delle relazioni pubbliche, l’identità di alcuni quartieri.»102

La proliferazione di attività economiche gestite da immigrati ha modificato visibilmente il paesaggio urbano, fino a connotare vie e quartieri, con risvolti sia positivi per le economie locali (considerato che i quartieri etnici possono risultare attrattivi dal punto di vista turistico e commerciale), sia negativi (laddove producono l’insofferenza degli abitanti originari, fino a innescare veri e propri conflitti), infatti:

Gli immigrati sono anche grandi fruitori di spazi pubblici come parchi, piazze e stazioni, eletti a luoghi d’incontro e d’aggregazione, spesso suscitando reazioni negative da parte degli altri abitanti e city users, che associano alla loro presenza la perdita di decoro dei quartieri, la crescita della delinquenza urbana, il sovraffollamento dei mezzi di trasporto pubblico, la diffusione del senso d’insicurezza.

Un’ulteriore evoluzione correlata «è costituita dall’apparire sulla scena

pubblica delle seconde generazioni. Il numero di minori stranieri residenti in Italia è

cresciuto costantemente nel corso del tempo, grazie alle nuove nascite e ai ricongiungimenti familiari, con un’accelerazione a partire dal nuovo millennio, arrivando a superare il milione nel 2008.»103

La seconda generazione in senso stretto è costituita solo dai nati da genitori stranieri nel paese di accoglienza. Essa è però spesso intesa, in senso lato, come un insieme composito di ragazzi con diverso background migratorio: sia nati in Italia, sia arrivati prima della maggiore età. Gli studi sul tema hanno nel tempo ribadito l’importanza di distinguere le cosiddette 101 Ivi, p. 107.

102 Ibidem. 103 Ibidem.

“generazioni frazionarie”: l’età in cui avviene la migrazione influenza in maniera fondamentale i percorsi di integrazione dei ragazzi. La generazione 1,25 è quella che emigra tra i 13 e i 17 anni; la generazione 1,5 ha iniziato il processo di socializzazione e la scuola primaria nel paese d’origine, ma ha completato l’istruzione scolastica nel paese di accoglienza; la generazione 1,75 si trasferisce all’estero nell’età prescolare. La generazione 2 è la cosiddetta seconda generazione in senso stretto. Dal 1993 al 2014 in Italia sono nati quasi 971 mila104bambini appartenenti alla

seconda generazione in senso stretto, con una tendenza alla crescita che si è invertita negli ultimi due anni105.

Come avremo modo di sottolineare a più riprese, la presenza delle seconde generazioni si è evidenziata in primo luogo nel sistema formativo: nell’anno scolastico 2009-10, il numero di alunni stranieri iscritti a scuola ha raggiunto la quota di 673.592, pari al 7,5% degli studenti106.