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Concetti di riferimento e chiavi interpretative

Capitolo III: La chiave di lettura narrativa dell'identità europea L'identità costruita nelle reti di relazioni sociali.

5. Concetti di riferimento e chiavi interpretative

Prima di descrivere il piano della ricerca empirica, appare appropriato dedicare ancora un paragrafo alla definizione e al chiarimento di concetti centrali in questo studio e che rappresentano delle chiavi di lettura per interpretarne poi i contenuti dell'analisi empirica. Il primo di essi è il concetto di identità, termine che è utilizzato sia nel linguaggio corrente che in diverse altre discipline, motivi che spingono a definirne il senso col quale esso è inteso nell'approccio sociologico e, in particolare, in questo lavoro.

Come si è detto, in questo studio si utilizza la definizione sociologica di identità, andando oltre la distinzione tra la sua componente individuale e quella collettiva (Eder 2009), e nel suo

125 significato relazionale e non riduzionistico di costruzione sociale e prodotto storico (Sciolla 1983a). Tale definizione rimanda l'identità da un lato alle dinamiche di riconoscimento e alla capacità riflessiva dell'uomo di definirsi, sia come individuo che in quanto appartenente a determinati gruppi sociali, e a percepire la propria continuità e coerenza nel tempo (Ibid.); dall'altro ai significati e alle norme che mediano e definiscono il comportamento individuale e collettivo e i rapporti sociali: sistemi di significato, rappresentazioni della realtà, valori e modelli di comportamento che si trovano nel patrimonio culturale di una società e che si è accumulato nel tempo attraverso l'esperienza collettiva, il linguaggio, la tradizione (Crespi 2004). Con i processi di europeizzazione e globalizzazione la categorizzazione di sé in una collettività è affiancata dall'internalizzazione delle norme e dei valori di tale collettività o gruppo, e dalla formazione di una relazione di affiliazione transnazionale (Favell et alii 2011).

Dell'identità si tengono presenti la dimensione cognitiva, nel senso di percezione di essere parte di un gruppo, quella valutativa, secondo la logica di inclusione/esclusione dal gruppo, e quella affettiva, come sentimento di attaccamento e appartenenza (Tajfel 1974).

Le due “facce” dell'identità, personale e sociale, spesso tenute separate, in questo studio non vengono disgiunte, sulla base dell'assunto che l'identità personale è sempre anche sociale in quanto si forma nell'interazione sociale, attraverso i processi di identificazione e appartenenza a un gruppo o la presa di distanza da gruppi; l'identità sociale è personale perché si definisce attraverso scelte e elaborazioni derivanti dall'identità personale. Quando si parla di identità si fa riferimento all'identità come costruzione sociale, non data (Kohli 2000; Risse 2010) e non si può evitare di rimandare al rapporto con gli altri, alla dimensione dell'intersoggettività e del riconoscimento (Crespi 2004).

Questa definizione serve per fare chiarezza dei termini che sono utilizzati nella letteratura e in questo studio - le identità etniche, culturali e politiche sono forme o componenti dell'identità sociale – e per individuare i diversi modi di intendere l'identità: in senso essenzialista, formata

126 da elementi culturali ed etnici, e nella accezione costruttivista, basata su elementi politici, simbolici e legati alla vita sociale.

Un'ulteriore precisazione merita la distinzione tra i termini identità e identificazione, i quali non sono sinonimi ma sono concetti collegati tra loro. L'identificazione è una delle componenti dell'identità, attraverso la quale il soggetto si rifà alle figure rispetto alle quali si sente uguale e con le quali condivide alcuni caratteri (Sciolla 1983a); produce il senso di appartenenza a un'entità collettiva definita come “noi”, ed è considerabile come la manifestazione di un legame emotivo, manifestazione del prendere parte alla situazione di un altro e di integrarne certi aspetti. L'identificazione è un processo temporaneo, che contribuisce alla nascita dell'identità, ma si distingue da essa (Eder 2009). L'identità è ciò che emerge dal “compromesso” tra la definizione di sé esterna, quella inviata dagli altri e attribuita, e ciò che proviene dall'interno, che deriva dal soggetto, non solo attraverso il processi di identificazione ma anche attraverso altre componenti, la differenziazione, coerenza, continuità temporale, orientamento, ecc.

L'oggetto di studio di questo lavoro, l'identità europea colta attraverso le narrazioni e i significati di Europa, è concepita come un'entità processuale, in costruzione, non esclusiva e multipla, composta di varie parti che non si escludono tra loro ma convivono e si integrano. Così come è possibile l'affiliazione a diversi gruppi di appartenenza, anche l'identità europea non compete con quella nazionale o locale ma semplicemente vi coesiste.

Ancora, è bene distinguere tra le identità europee e l’identità degli europei (Therborn 2011). Mentre le prime si riferiscono alle identificazioni con l’Europa, le seconde si riferiscono alle molteplici identità che una stessa persona può avere e di cui quella europea è una tra le altre. Dell'identità europea si cerca di tenere insieme, in questa analisi, le sue diverse dimensioni ed “estensioni”: le determinanti sociali, individuali e collettive, la dimensione politico- istituzionale, quella geografica e spaziale, la componente civica – legata alla cittadinanza e riferita all'Europa politica - e quella culturale – riferita all'eredità storica e vicinanza culturale

127 degli europei (Bruter 2004).

In questo lavoro spesso vengono citati i termini Europa e Unione europea (Ue), termini dei quali se ne assume la non coincidenza di significato e si sostiene che anche il riferimento ad essi da parte dei cittadini europei sia diverso. Si parla di Europa come entità sociale, storica e culturale, di cui il continente rappresenta la sua dimensione spaziale, nonostante non siano definiti chiaramente i confini, e della quale possono esserci diverse definizioni, dunque una pluralità di Europe. Per Ue intendiamo l'unione politica sovranazionale e intergovernativa composta dai ventisette paesi europei, che parla in nome dell'Europa ma non è l'Europa di per sé (Favell et alii 2011).

Col concetto di europeizzazione, termine inizialmente inteso in letteratura solo nel suo significato “politico” come risultato dell'integrazione istituzionale in Europa, si fa qui riferimento a quel processo orizzontale di integrazione sociale e culturale che si sta realizzando in Europa. L'europeizzazione è inglobata nella prospettiva di costruzione dello “spazio sociale europeo” dal basso (Delanthy e Rumford 2005), che non coinvolge soltanto le istituzioni politiche e burocratiche, ma riguarda da vicino la dimensione micro della vita sociale: società civile, individui, famiglie, istituzioni economiche e del lavoro, che danno vita a pratiche sociali transnazionali e generano nuove forme di coesione, solidarietà o conflitto sociale non più “solo” nazionali. In questa prospettiva infatti vengono incluse le nuove diseguaglianze che il processo d’integrazione europea produce e le dinamiche legate alle questioni di solidarietà, della distribuzione dei beni economici, della giustizia sociale e del riconoscimento sociale che si sviluppano a livello transnazionale (Leonardi 2012).

La descrizione dei processi di trasformazione in atto sembra essere più efficace attraverso l'utilizzo del termine transnazionale, in questo lavoro spesso preferito rispetto ai termini “internazionale” o “sovranazionale” poiché esso consente di descrivere uno spazio sociale superando la dimensione statale e che, ancora una volta, emerge da una dinamica “dal basso”. Il concetto di internazionalità difatti rimarca la separazione degli spazi nazional-statali e con il

128 termine sovranazionale si evidenzia più la cornice istituzionale europea, in entrambi i casi descrivendo processi “dall'alto” (Beck e Grande 2006).

Un altro concetto utilizzato nella sociologia contemporanea e associato all'idea di Europa è quello di cosmopolitismo (Beck 2005), idea che ha origine nell'orientamento filosofico e socio-culturale in riferimento all'apertura, alla consapevolezza e al riconoscimento dell'altro, dei diritti universali e dell'eterogeneità culturale, politica e religiosa. Importato sul piano politico e sociale, e rivisto in un'accezione “metodologica” come nuovo modo di pensare e interpretare la realtà che ci circonda, viene identificato come una risposta alla globalizzazione, all'aumentare delle interdipendenze internazionali e alla permeabilità dei confini nazionali che fa leva sul potenziamento delle organizzazioni e istituzioni internazionali poiché tale interdipendenza globale rende impotenti e inefficienti gli stati nazionali (Beck e Grande 2004). L'atteggiamento cosmopolita è uno sguardo riflessivo e dialogico che si interroga sul “senso del mondo e della mancanza di confini” ed è legato anche a un “tipo di identità”, rappresentata da coloro che dimostrano una particolare apertura e sentimento di appartenenza al continente europeo o al mondo, che non hanno difficoltà a concepire una dimensione spaziale senza confini interni e hanno maggiormente fiducia nelle istituzioni di governance globali. Questo atteggiamento viene spesso messo in evidenza per contrasto rispetto a coloro che davanti ai “sintomi” della globalizzazione reagiscono con atteggiamenti di etnocentrismo e risposte volte al rafforzamento delle caratteristiche identitarie nazionali e locali.