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2.2 Le teorie dell'identità nel pensiero sociologico 1 Le origin

2.2.4 L'identità nella fenomenologia sociale

Si può osservare come tutte le interpretazioni si pongono davanti al “problema” che deriva dalla crescente complessità della realtà sociale e del “complessificarsi” dell'attore sociale stesso (Ghisleni e Moscati 2001), chiamato ad assumere diversi ruoli sociali in un contesto fatto di diversi “mondi” tra loro disomogenei. Nella prospettiva fenomenologica questo tema risulta centrale e il concetto di identità è una chiave interpretativa per comprendere come la “realtà oggettiva” diventa “soggettiva” e parte della coscienza degli individui(Sciolla 1983a). Come nelle altre correnti, particolare attenzione viene data al ruolo svolto dal processo di socializzazione, attraverso il quale l'individuo interiorizza il “mondo della vita quotidiana”, elabora cognitivamente il mondo sociale e l'insieme delle conoscenze necessarie per orientare l'azione. Questo processo viene descritto e sviluppato da Peter L. Berger e Thomas Luckmann inizialmente in The Social Construction of Reality (1966), opera nella quale, ripartendo dal pensiero di Schutz, gli autori sostengono una tendenziale coerenza tra l'identità e l'universo culturale dei valori e collegano il manifestarsi di “asimmetrie” e di definizioni contrastanti della realtà a una socializzazione “mal riuscita” (Sciolla 1983a). Dipinta in questi termini e definita come una struttura che va ad organizzare la realtà sociale e la conoscenza, l'identità della fenomenologia sembra vicina a quella parsonsiana, ma il carattere di negoziazione e flessibilità, già sostenuto nel modello interazionista, emerge nella distinzione che i due autori operano tra la socializzazione primaria e quella secondaria: le interiorizzazioni della realtà sociale avvenute nella socializzazione primaria non possono essere modificate senza dar luogo a comportamenti patologici o a processi di “ristrutturazione totale” dell'identità; l'individuo invece può modificare parzialmente la propria identità per quelle dimensioni che dipendono dalla realtà interiorizzata nella socializzazione secondaria, perché riferita a “sotto- mondi” meno radicati nella coscienza e legati a specifici ruoli (Ibid.).

35 approfondisce il legame tra individuo e società e il processo di metamorfosi dell'identità nel contesto di pluralizzazione culturale e differenziazione sociale che caratterizza la società moderna. Adesso la possibilità di “mondi divergenti” e ambivalenti non è più l'eccezione dovuta a una socializzazione mal riuscita ma una condizione normale e tipica dell'individuo moderno (Ibid.). La pluralizzazione dei mondi della vita sociale porta ad una relativizzazione della stabilità e attendibilità degli ambiti istituzionali del vivere associato e la sicurezza e il senso della realtà non sono più cercati in questi ambiti ma nella sfera soggettiva, così che l'esperienza personale diventa il più importante punto prospettico da cui definire la realtà13 (Parmiggiani 1997).

Rispetto alle altre correnti di pensiero, la fenomenologia approfondisce la dimensione soggettiva e ne evidenzia il suo carattere riflessivo, perché vivere in uno stato di continuo rinnovamento di esperienze e di significati porta a un costante sforzo di riflessione e definizione di sé.

L'ampliamento e la potenziale infinità delle scelte possibili che portano a enfatizzare la libertà e l'autonomia del soggetto, capace di progettare autonomamente la sua esistenza, mettono però in discussione la possibilità di trovare il “criterio integratore” che rendeva l'identità individuale coerente con un sistema unitario e condiviso di codici culturali, come descritto da Parsons. Il moltiplicarsi dei riferimenti simbolici porta Berger a descrivere anche gli aspetti negativi di questa condizione di “mancanza di casa” (homeless), nella quale l'identità è un “sé componenziale” fatto da una pluralità di elementi che si incastrano ma che non giungono all'unità e stabilità.

L'identità così definita è permette di affrontare una complessità e frammentarietà che non

13 Il concetto di pluralizzazione dei mondi vitali modifica il modello schutziano del mondo vitale, il quale implica l'esistenza di un ordine di significato integrato, stabilito collettivamente e mantenuto attraverso il consenso di tutti. Per Schutz nel mondo della vita quotidiana comprendiamo il senso dell'agire nostro e altrui e diamo un'interpretazione unitaria al mondo sociale esterno. L'esperienza mediata del mondo sociale è derivabile dall'esperienza immediata dell'altro, dalla relazione face to face. La pluralizzazione dei mondi vitali interrompe il flusso tra il pubblico e il privato, tra identità personale (concreta) e identità sociale (anonima), rende impossibile il passaggio dall'esperienza immediata dell'altro a quella mediata del mondo sociale. Per questo Berger lega la pluralizzazione dei mondi vitali all'idea di crisi e alienazione del mondo moderno, alla crisi dell'identità (Sciolla 1983a).

36 riguarda solo l'ambiente esterno ma caratterizza anche l'interiorità dell'attore sociale: di fronte al moltiplicarsi delle risorse simboliche e delle possibilità percepite, l'identità diventa una scelta, una costruzione del soggetto. Si delinea il modello “moderno” di identità come costruzione, alla base del quale vi è l'idea che l'individuo crea la propria biografia attraverso la scelta delle priorità fra le infinite alternative, sempre in un rapporto dialettico con l'immagine dell'altro e il contesto sociale. Tale processo di costruzione non è mai definito del tutto, l'identità appare come una questione “irrisolta” che accompagna l'individuo nel corso della sua esistenza: l'identità è l'obiettivo della ricerca dell'uomo moderno (Sciolla 1983a).

Una prospettiva originale è quella descritta, infine, da Niklas Luhmann, nella sua analisi del rapporto tra identità, sistema e ambiente. Se la maggioranza delle teorie sociologiche mantengono il riferimento all’individuo alla base dell'identità, anche se costruita in rapporto all'ambiente e all'altro, Luhmann “slega” l'identità dal soggetto e la definisce sulla base delle operazioni selettive che essa consente nel sistema (Luhmann 1983 [1979], Sciolla 1983c), perché nella sua riflessione l'autore non parte dalla domanda “cos'è l'identità?”, ma da “come viene costituita l’identità nel sistema?” (Esposito 1993). Nell’approccio di Luhmann le identità si costituiscono solo nel sistema e per il sistema in conseguenza delle sue operazioni14. Non si può parlare di identità senza fare riferimento ad un sistema che “condensa” l’identità nel procedere delle proprie operazioni15.

Dall'interpretazione sistemica di Luhmann il soggetto è “stratificato” internamente e la sua

14 Per comprendere l'approccio di fondo è utile far riferimento alla distinzione costruttivista tra domande-cosa (Was-Fragen) e domande-come (Wie-Fragen): nel primo caso ci si chiede “che cosa” c’è, e nel secondo “come” un dato viene osservato da un osservatore. La questione, di conseguenza, non sarà che cos'è l'identità (un interrogativo che, in questa forma, per un approccio sistemico ha poco senso) ma come viene costituita l’identità nelle operazioni (Esposito 1993).

15 Quando un sistema opera in condizioni di chiusura (e questo, secondo l'impostazione autopoietica di Luhamnn vale per tutti i sistemi), le sue operazioni rielaborano i risultati di altre operazioni dello stesso sistema e costituiscono il presupposto per altre operazioni. Il sistema, cioè, opera sempre in condizioni di ricorsività. Ma in queste condizioni di circolarità quando il numero delle operazioni aumenta si tendono a generare delle configurazioni riconoscibili, che vengono confermate da ogni ulteriore operazione: ad esempio, quando disponiamo della nozione di sedia ogni ulteriore contatto con delle sedie, per quanto differiscano per forma, colore, dimensioni ecc., consolida la nostra nozione. Questo è il meccanismo che starebbe alla base della costituzione di identità a tutti i livelli: da quello estremamente concreto degli oggetti percepibili a quello più astratto dei temi e dei concetti di cui si può trattare nelle comunicazioni (il materiale che va a comporre la semantica), fino alle identità più complesse che organizzano la comunicazione più elaborata. Luhmann distingue, in ordine crescente di complessità, le identità di persone, ruoli, programmi e valori (Ibid.).

37 identità “combinatoria” gli permette di gestire elementi conflittuali del proprio sé attraverso la provvisorietà e convertibilità della propria biografia: davanti a ruoli contraddittori e a una dilatazione di possibilità, percepite come vere alternative di vita, qualunque azione l'individuo compia la considera come temporanea e reversibile. La scelta permette comunque di mantenere aperto lo spettro delle possibilità e l'attore individua se stesso in diverse biografie (Sciolla 1983a).

Nel sistema della società le identità sono fondamentali e strutturano la memoria, grazie alla quale è possibile riconoscere il “mondo” che si ripresenta “in forma nuova ad ogni incontro” senza dover ripartire ogni volta da capo (Esposito 1993). Questo genere di identità non costituisce un “problema”: nel pensiero di Luhmann non c’è nessun aggancio per un atteggiamento normativo, per una “critica” di identità inadeguate, incomplete o incongruenti. L’identità non può essere incompleta perché manca un modello di completezza a cui fare riferimento (Ibid.).