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Di senso di appartenenza si parla anche nella riflessione sulla tarda modernità (Giddens 2007) e nella società postindustriale (Touraine 1970), in modo ancora più urgente e con una pervasività maggiore che in passato, perché in questo contesto sociale è ancora più difficile ricostruire le dinamiche di riconoscimento e circoscrivere i confini dell'identità. Oltre alla perdita dei tradizionali legami comunitari, dei riti di passaggio e dei modelli di ruolo definiti, già avvertiti nella modernità, viene evidenziato adesso l'emergere di percorsi biografici più “tortuosi” e di diversi meccanismi di socializzazione - dovuti anche al declino delle agenzie e istituzioni socializzanti “classiche” - che avvengono in contesti di incertezza e disorientamento. L'identità che si costruisce in questo ambiente frammentario e caotico, attraverso percorsi individuali, è considerata fluttuante, transitoria, dai confini incerti e multiforme, frutto di processi di negoziazione continui.

Le sfide contemporanee all'identità riguardano la difficile costruzione del senso di “continuità nel cambiamento”: la difficoltà, per l'identità, è quella di “perdurare nei passaggi”, perché il soggetto è costantemente sollecitato da nuovi e infiniti riferimenti simbolici ed è impegnato nella ricerca di nuove combinazioni che consentono di “tenere insieme la molteplicità e incompiutezza dell'Io” (Melucci 2000).

Diversi sono gli autori che hanno affrontato questo tema, ed anche in questo caso le chiavi interpretative sono differenti e in talvolta divergenti: alcune interpretazioni accentuano gli

42 effetti di “disancoramento” dalla società e di disorientamento dell'individuo e descrivono identità deboli, provvisorie e labili, viste come unità che perdono consistenza frammentandosi in una “pluralità di sé” e in una “biografia fai da te” (Beck 2000); altre letture invece enfatizzano gli aspetti di autonomia del soggetto e definiscono l'identità tardo moderna come la manifestazione di un più alto grado di auto-riflessività e libertà (Melucci 1991), poiché un “sé plurale” e una maggiore complessità sono visti come fonte di risorse, arricchimento e compiutezza dell'identità.

Le cause della crisi identitaria contemporanea sono fatte risalire principalmente al mutamento globale in atto, e coinvolgono tutte le sfere della vita individuale e collettiva e le dimensioni - sociale, politica, culturale, economica e tecnologica – che su di esse incidono. Le relazioni sociali sono sempre più stabilite a grande distanza e la società è “stirata” (Giddens 2007) su tutto il mondo, con effetti sull'organizzazione sociale, sull'integrazione spaziale e sulla capacità di controllo diretto, da parte dei soggetti, sulle condizioni delle proprie azioni. Tali trasformazioni sono colte da Zigmund Bauman nella “liquefazione delle strutture e delle istituzioni sociali” (1992), mentre Giddens parla dell'effetto di disembedding, uno sradicamento dei rapporti sociali dai contesti locali e ricollocamento in un arco spazio- temporale indefinito (1999). Ulrich Beck sottolinea lo “scavalcamento” dei confini dello stato nazionale, principale organizzatore della società nello spazio nella modernità (2000) e Manuel Castells sostiene il sovrapporsi di uno spazio virtuale, composto da “flussi di comunicazioni digitali”, a quello fisico, un mondo artificiale in cui entrare in rapporto con gli altri e interagire (2000). Queste diverse interpretazioni hanno un punto in comune: la nuova libertà e le inedite forme di socialità che si prospettano al soggetto contemporaneo nascono da una profonda modificazione dei confini spaziali e simbolici dell'appartenenza. Alla perdita dei legami comunitari e alla mancanza di certezze valoriali si sommano, nella tarda modernità, una serie di processi che trasformano i confini dell'appartenenza: la globalizzazione, la transnazionalità, l'europeizzazione, il conflitto interculturale (Rampazzi 2009). Questi

43 processi, sostenuti dallo sviluppo dei mezzi di trasporto e della comunicazione digitale che annullano i limiti derivanti dalla distanza fisica, proiettano l'agire sociale nello spazio globale. Aumenta la velocità con cui è possibile spostarsi e l'accessibilità a luoghi distanti. Lo spazio diventa più “piccolo” e modi, ritmi e confini dell'agire si ridefiniscono secondo una logica che da un lato è di “de-territorializzazione” (Shore 2000), come dimostrato dall'annullarsi della dimensione territoriale nello spazio virtuale, dall'altro è di tipo “ri-territorializzante”, nel senso che consente forme di radicamento spaziale diverse da quelle del passato (Giddens 2007). A questo fenomeno si riferisce Ulrich Beck quando parla di “poligamia di luogo”, la possibilità di cogliere il senso di appartenenza da più luoghi distanti geograficamente e culturalmente tra loro, ma tutti importanti ai fini della costruzione identitaria (Beck e Grande 2006). L'avere “appartenenze plurime” significa essere “figli di più culture, che si intrecciano con modalità complesse nella definizione costantemente rinnovata che i soggetti elaborano di sé”(Rampazzi 2009, p. 29).

I processi di globalizzazione e europeizzazione generano effetti diversi e discordanti: favoriscono processi di ibridazione delle culture, di metissage di tradizioni e lo sviluppo di culture che non sono ancorate ad alcun territorio; diffondono modelli culturali omologanti, per effetto dell'invadenza di una cultura e di un'economia forti e centrali nell'ambito di quelle periferiche, che sembrano “livellare” le diversità dei contesti sociali; allo stesso tempo potenziano le rivendicazioni della propria diversità e le spinte di tipo particolaristico, rivalorizzando le culture e gli interessi locali e favorendo l'interconnessione tra culture locali (Geertz 1999). A processi di “meticciamento” delle identità, di interazione e contaminazione, si affiancano dinamiche di riscoperta di sentimenti etnici e fenomeni di chiusura e conflitto (Habermas 2008). Il processo di globalizzazione è affiancato da un processo parallelo di regionalizzazione, attraverso il quale sistemi locali tornano ad acquisire centralità nella società globale. E ancora, effetti di liberalizzazione e possibilità di realizzazione sono controbilanciati da una sempre maggiore dipendenza degli individui e della collettività da un

44 ordine globale. Ulrich Beck, richiamando la teoria dell'integrazione sociale di Elias, rileva come nella “società del rischio l'auto-produzione delle condizioni di vita sociali diventa problema e oggetto di riflessione (anzitutto per via negativa, nella forma dell'esigenza di prevenzione dei pericoli)” e sostiene che la percezione dei rischi globali possa favorire una solidarietà sociale a livello planetario in quanto “diviene forse per la prima volta esperibile la comunanza di un destino che – in modo abbastanza paradossale – risveglia, con l'assenza di confini della minaccia prodotta, una coscienza quotidiana cosmopolitica”(Beck 2000, p. 255). I processi di transnazionalizzazione contribuiscono alla formazione di nuove forme di appartenenza e di solidarietà fuori dai confini nazionali portando allo sviluppo della percezione di una responsabilità collettiva nei confronti del sistema mondiale. Ma allo stesso tempo questo processo accresce il senso di disorientamento e di impotenza degli individui e delle istituzioni tradizionali di fronte alle difficoltà di comprendere e affrontare la crescente complessità che si è venuta determinando. In tale quadro teorico, che Zigmund Bauman identifica come “post-modernità”, questo autore colloca un tipo di identità “liquida”: la perdita dei confini identitari, in senso culturale, religioso ed etnico, lascia gli individui senza i riferimenti essenziali per il proprio Io mentre la mobilità e le nuove tecnologie forniscono l'opportunità di sperimentare identità alternative e risorse simboliche sconosciute. Ne emerge un'identità molteplice, fluida e transnazionale(1992).

I problemi che nascono da questi cambiamenti interessano tutte e tre le dimensioni dell'identità individuate dalla tipologia di Sciolla. L'allentarsi delle appartenenze “forti”, da cui traevano senso i modelli tradizionali di ruolo ed entro le quali si organizzava la dimensione locativa dell'identità, produce forme di appartenenza fragili e fonti di riconoscimento temporanee e precarie. La “liquidità” del contesto genera una crescente incertezza che non consente la coerenza interna né il senso di continuità dell'Io della dimensione integrativa. In un contesto di questo tipo diventa molto più difficile che in passato affrontare il problema delle “scelte”, la dimensione selettiva(Rampazzi 2009).

45 Il processo di costruzione della società europea che sta prendendo forma è una delle dinamiche di transnazionalizzazione che portano a sviluppare o riscoprire nuove forme di legami, strutturati su più livelli spaziali, che vanno da un'appartenenza di tipo sovranazionale, definita come astratta e troppo “intangibile” per poter garantire una vera identità culturale, e modelli identitari locali, legati a dimensioni circoscritte quindi troppo particolaristiche per poter rispondere alle esigenze di coesione sociale (Crespi 2004).

In un'Europa caratterizzata dal pluralismo culturale, messa in discussione delle appartenenze sociali e declino delle forme politiche tradizionali, fattori sui quali era principalmente fondata la coesione nel passato, vi sono teorici che propongono la condivisione di valori universali, che garantiscano maggior spazio al riconoscimento della diversità delle culture e dell'autorealizzazione individuale come elementi su cui costruire la solidarietà sociale, ma tale ipotesi appare difficile da realizzare di fronte alla pluralità degli interessi particolari e alla molteplicità dei valori. La dimensione del conflitto, motore delle identità, può allora essere percepita come risorsa e fattore di coesione sociale, in un contesto che valorizza la dimensione dialogica e interattiva. Questa complessità rende l'analisi dell'identità europea, intesa sia a livello individuale che collettivo nel suo significato relazionale, di costruzione sociale e prodotto storico (Sciolla 1983a, 1994), contingente con molti fattori di non facile categorizzazione.

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