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Le prospettive teoriche accennate nei precedenti paragrafi mostrano l'evolversi della riflessione sull'identità con l'avvento della modernità. Il bisogno di identità, caratteristica comune a tutti gli individui nelle società di ogni tempo, solo nell'età moderna è vissuto come problema (Sciolla 1983). Le ragioni che hanno provocato il fenomeno di “crisi dell'identità” - la letteratura parla di “ricerca dell'identità” e “frattura del sé”, intese come riconsiderazione dei tradizionali elementi costitutivi delle identità - sono ricondotte alle trasformazioni che segnano le origini della società moderna, di ordine economico, sociale e nella sfera della cultura: dallo sviluppo dei processi di individualizzazione e differenziazione alle nuove condizioni di vita e di lavoro, che influenzano l'emerge di nuove concezioni del mondo, valori e idee e che trasformano le strutture comunitarie tradizionali all'interno delle quali si

38 formavano le identità individuali e collettive. L'aumento della mobilità spaziale e sociale e l'ampliamento delle opportunità di scelta portano l'identità a diventare anch'essa il risultato di una scelta individuale piuttosto che di un'attribuzione sociale (Ibid.).

Lo sviluppo della complessità sociale e l'emergere dell'individualismo, correlati da Émile Durkheim all'intensificarsi della divisione del lavoro nella società industriale, determina il passaggio da una solidarietà “meccanica”, tipica della società premoderna - dove non vi è spazio per le individualità e le differenze e prevale la coscienza collettiva del gruppo - alla solidarietà “organica” della società moderna, in cui ogni individuo svolge funzioni diverse e la solidarietà non si fonda più sull'uguaglianza ma sulla differenza e l'identità individuale può distinguersi dal gruppo (1962[1893]).

Di tale processo la letteratura sociologica mette in rilievo, come è noto, due aspetti: da un lato, queste condizioni danno agli individui la possibilità e l'autonomia di scegliere, possibilità di auto-realizzazione e di formarsi un'identità che non deriva dalla tradizione, dalla cultura o dalla religione e che li distingue gli uni dagli altri; dall'altro, tale metamorfosi sociale conduce alla “frammentazione” dell'identità (Sciolla 1983a) che deriva dal dissolversi di quella che Tönnies descrive come la comunità organica, a cui consegue la perdita dei valori autentici di solidarietà, dei rapporti di intimità, della cultura, di significati ed esperienze condivisi (1963[1887]).

Lo sviluppo di unità sociali sempre più complesse e differenziate, collegato all'individualizzazione e associato alla nascita dello stato nazionale, è un processo descritto anche da Norbert Elias (1990[1987]) nella sua “Teoria dell'integrazione sociale”: adottando una prospettiva processuale, Elias descrive il processo di crescente integrazione dell'umanità che avviene attraverso il passaggio in stadi che vanno da unità sociali ridotte e poco differenziate a unità sociali ampie, maggiormente differenziate e più complesse. Ricostruendo lo sviluppo delle forme organizzative sociali, chiamate “unità di sopravvivenza”, dal primo stadio, la tribù, allo stato-nazione, Elias arriva a considerare anche un piano di integrazione a

39 livello sovranazionale. A tale processo di sviluppo delle società è collegato il cambiamento della posizione dell'individuo al suo interno: da uno stadio di sviluppo all'altro infatti l'identità si trasforma e si modifica l'equilibrio tra “identità-Io” e “identità-Noi”16. Nelle fasi di transizione, e col passaggio alla società moderna, l'equilibrio identitario Io-Noi entra i crisi, perché le formazioni di gruppi al livello più elevato d'integrazione non hanno ancora sufficiente potenziale per produrre un'identità-Noi e gli individui restano fermi, nella struttura della personalità, allo stadio precedente. I diversi “riferimenti-Noi” e piani di integrazione - che vanno dalla cerchia dei familiari e degli amici, a quelli legati alla città, alla nazione, formazioni continentali fino a comprendere l'intera umanità – non coinvolgono l'identità-Io con la stessa intensità: l'identità-Noi è più forte quanto più il Noi è vicino al soggetto – come nel caso della famiglia, il luogo di nascita, di abitazione e l'appartenenza nazionale - e diminuiscenel caso di forme di integrazione a livello sovranazionale.

Anche nel pensiero di Elias si ritrova il “problema moderno dell'identità” derivante dal moltiplicazione di “Noi”, di cerchie sociali, riferimenti e mondi vitali, di possibilità di esperienze che rendono le diverse e simultanee appartenenze dell'individuo non più integrabili in un universo simbolico unitario (Sciolla 2010). In questa condizione emerge un'identità personale “dominante”, perché la soggettività prevale sull'identità sociale, ma permangono legami e fonti di identificazione sociali. L'importanza del riconoscimento da parte degli altri infatti si modifica nelle forme che storicamente assume, ma non scompare. Le “identità-Io” e “identità-Noi” restano strettamente connesse tra loro perché il processo di formazione dell'identità personale avviene attraverso identificazioni selettive con immagini culturali e sociali, e attraverso la presa di distanza o negazione di esse17.

16 Per Elias l'identità di un essere umano rappresenta una relazione bilanciata tra gli ideali-Io e i sentimenti-Noi degli altri esseri umani. I cambiamenti nella struttura dell'equilibrio Io-Noi sono strettamente intrecciati alle modificazioni del contesto e dalla forma organizzativa dell'unità di sopravvivenza al cui livello si attesta il processo di integrazione (Leonardi 2012).

17 Nel tentativo di superare quelle concezioni statiche e dualistiche che vedono uomo e società contrapposti come due unità diverse e antagonistiche, Elias critica come modello di homo sociologicus la concezione dell'homo clausus, chiuso, isolato dagli altri esseri umani e dalla società, proponendo la concezione di homines aperti, soggetto caratterizzato dalla “pluralità” e “processualità” e inserito in un contesto di relazioni

40 Queste categorie proposte da Elias sono utili concetti analitici anche per leggere la costruzione identitaria al piano di integrazione sovranazionale. Come si è detto, per ogni slittamento da un'unità di sopravvivenza a un'altra, più complessa e popolosa, l'equilibrio originale tra l'individuo e la società si evolve. Elias individua un “effetto ritardante” per cui mentre la dinamica dei processi sociali procede da uno stadio ad un altro immediatamente superiore (o inferiore), gli individui coinvolti in questa trasformazione restano, nella loro struttura della personalità e nel loro habitus sociale, fermi allo stadio precedente. L'unità sociale stato-nazione stimolava un forte senso di sicurezza e una “carica affettiva” per gli individui, più attivi e vicini ai centri decisionali, elementi mancanti o deboli nella dimensione europea. Con il processo di integrazione sovranazionale, dovuto al fatto che gli stati nazionali non sono più in grado di assolvere alla funzione di “unità di sopravvivenza”, potere e risorse sono trasferite al livello superiore e gli individui si trovano lontani dai centri decisionali. Queste relazioni di potere giocano un ruolo centrale nell'equilibrio Io-Noi e per lo sviluppo della parte collettiva dell'identità (Leonardi 2012). Attraverso un lungo “processo di apprendimento”, di inclusione e riconoscimento degli individui al piano di integrazione sovranazionale, l'habitus sociale cambia e si “impara” a vivere all'interno di questo nuovo stadio (1990[1987]).

L'adozione di queste categorie porta a concepire l'identità come un'appartenenza multipla, non esclusiva, e che nasce attraverso relazioni conflittuali di potere tra chi è incluso e chi è escluso socialmente (Leonardi 2012). Non si può parlare di identità senza fare riferimento al concetto di riconoscimento e alla dimensione dell'intersoggettività, “intesa non come incontro di soggetti già formati ma come l'essenziale relazionalità a partire dalla quale si rende possibile la stessa formazione della soggettività” (Crespi 2004, p. 12).

Più che di crisi dell'identità, nella società moderna si potrebbe parlare, come Sciolla sostiene, di crisi di una certa concezione di identità, storicamente determinata, stabile e essenziale, dinamiche che assume un'identità dalla continua trasformabilità culturale e storica (Elias 2000[1939]; Sciolla 1983a).

41 dotata di coerenza e unicità. L'individuo moderno è un soggetto in grado di gestire tratti conflittuali del proprio sé senza “frantumarsi” e di “fronteggiare una pluralità di mondi senza cadere nell'anomia”, riuscendo a “mantenere la propria continuità nella discontinuità e frantumazione dell'esperienza” (Sciolla 1985, p. 109).