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Il concetto di “dispositivo”

Nel documento Biopolitica e libertà in Michel Foucault (pagine 39-42)

L A SOVRANITÀ COME SISTEMA DI PENSIERO

2.2. Il concetto di “dispositivo”

1. L’assunto teorico più originale messo alla prova in Surveiller et punir è sicuramente il concetto di dispositivo, l’idea cioè che il potere non abbia una natura trascendente, non sia una speciale emanazione proveniente da Dio o dalla persona del Re, ma sia riconducibile ad una serie di meccanismi molto concreti, a volte inconfessabili, coordinati tra loro. La prigione, così come viene immaginata dai suoi sostenitori alla fine del XVIII secolo, funziona come un dispositivo di potere esaustivo. Ma che cos’è un dispositivo? G. Deleuze lo definisce in questi termini: «È innanzi tutto un groviglio, un insieme multilineare. È composto da linee di diversa natura. E queste linee nel dispositivo non racchiudono o circondano dei sistemi di cui ciascuno sarebbe omogeneo per proprio conto, l’oggetto, il soggetto, il linguaggio, ma seguono delle direzioni, tracciano dei processi sempre in squilibrio, e talvolta si avvicinano, talvolta si allontanano le une dalle altre. Ogni linea è spezzata, sottoposta a variazioni di direzione..., sottoposta a derivazioni. Gli oggetti visibili, gli enunciati formulabili, le forze in esercizio, i soggetti in posizione sono come dei vettori e dei tensori. Così le tre grandi istanze che Foucault distinguerà successivamente, Sapere, Potere e Soggettività, non hanno affatto contorni definiti, ma sono catene di variabili che si svincolano le une dalle altre»73 Possiamo definire dispositivo la correlazione che si istituisce tra una serie di punti

72 Cfr. M. Foucault, La société punitive, DE, I, pp. 1324-1338.

di forza, situati a livello locale e interni al corpo sociale che si tratta di dirigere, collegati tra loro secondo una logica che è dell’ordine della strategia. In questo modo il potere viene ridotto, nominalisticamente, ad una serie di meccanismi molto concreti che ne permettono il funzionamento, e, invece di essere localizzato nelle istituzioni e negli apparati dello Stato, viene pensato come una grande strategia anonima, che non è nient’altro (ma anche niente di meno), della somma dei diversi punti di forza di cui è composto. I punti di forza che consentono al dispositivo di funzionare non seguono una logica “istituzionale”, e il più delle volte si sottraggono all’approvazione democratica. Essi obbediscono soltanto al principio della strategia e al criterio dell’efficacia. Si tratta quindi di meccanismi locali che, connettendosi gli uni con gli altri, danno luogo ad un più grande dispositivo d’insieme. Possiamo quindi definire come “potere” quella relazione che si stabilisce di volta in volta attraverso i singoli punti. In Surveiller et punir Foucault utilizza anche i termini “apparato”, “meccanismo”, “sistema”, per definire la figura di tecnologia politica rappresentata dal dispositivo. In realtà non esiste uno schema univoco per descriverlo, in quanto la sua forma concreta è variabile a seconda dei contesti ai quali si applica. Così, a proposito delle istituzioni disciplinari, Foucault afferma che «il potere disciplinare diviene un sistema “integrato”, legato dall’interno all’economia ed ai fini del dispositivo in cui si esercita. Esso si organizza inoltre come potere multiplo, automatico ed anonimo; poiché, se è vero che la sorveglianza riposa su degli individui, il suo funzionamento è quello di una rete di relazioni dall’alto al basso, ma, anche, fino a un certo punto, dal basso all’alto e collateralmente. Questa rete fa “tenere” l’insieme e lo attraversa integralmente con effetti di potere che si appoggiano gli uni sugli altri: sorveglianti perpetuamente sorvegliati. Il potere... funziona come un meccanismo. E se è vero che la sua organizzazione piramidale gli assegna un “capo”, è il meccanismo tutto intero a produrre “potere” e a distribuire gli individui in questo campo permanente e continuo»74. Il potere è dunque un fascio di relazioni che si possono

adattare ed applicare a realtà differenti. Ciò che conta, è che ad esso corrisponde un modello di funzionamento che è quello della rete: connessione di molteplicità eterogenee.

Con il termine “potere” Foucault designa dunque un insieme di relazioni che si appoggiano su di una realtà che non è costituita dagli individui intesi come “soggetti” o da elementi caratterizzati da un’unità stabile. Il potere è essenzialmente il risultato di una microfisica, verte cioè su singole parti del corpo, individuate strategicamente, e su singoli aspetti di tutto ciò che costituisce il reale e che permette di istituire una relazione con il corpo che si tratta di dirigere. Foucault specifica che «lo studio di questa microfisica suppone che il potere che vi si esercita non sia concepito come una proprietà, ma come una strategia, che i suoi effetti di dominazione non siano attribuiti ad una “appropriazione”, ma a disposizioni, manovre, tattiche, tecniche,

funzionamenti, che si decifri in esso piuttosto una rete di relazioni sempre tese, sempre in attività, che non un privilegio che si potrebbe detenere, che gli si dia per modello la battaglia perpetua,

piuttosto che il contratto operante una cessione o la conquista che si impadronisce di un dominio.

Bisogna insomma ammettere che questo potere lo si eserciti piuttosto che non lo si possieda, che non sia “privilegio” acquisito o conservato dalla classe dominante, ma effetto d’insieme delle sue posizioni strategiche – effetto che manifesta e talvolta riflette la posizione di quelli che sono dominati»75. Il “potere”, in sostanza, non è altro che la linea mobile e contingente che disegna la

connessione locale e microfisica di una somma di punti di forza. Questi punti non sono dati una volta per tutte. Essi soggiacciono continuamente al rischio del proprio rovesciamento, così che l’effetto del potere non giunge mai ad una intensità stabile e pacificata. Al contrario, nella stessa pagina, Foucault afferma che questi innumerevoli punti di scontro non sono altro che «focolai di instabilità di cui ciascuno comporta rischi di conflitto, di lotte e di inversioni, almeno transitorie, dei rapporti di forza. Il rovesciamento di questi “micropoteri” non obbedisce dunque alla legge del tutto o niente, né è conseguito una volta per tutte da un nuovo controllo degli apparati o da un nuovo funzionamento o da una distruzione delle istituzioni; in cambio, nessuno dei suoi episodi localizzati può inscriversi nella storia, se non attraverso gli effetti che induce su tutta la rete in cui è preso»76.

Ciò significa che il potere è sempre soggetto alla ineffettualità, ai malfunzionamenti, alle crisi, e che è sufficiente che il rapporto di forza soggiacente ad uno qualsiasi dei nodi della rete che lo costituisce cessi di funzionare, perché tutto il sistema divenga impotente ed inefficace ai fini della dominazione. Occorre dunque rinunciare alla sacralità del potere, alla sua presunta essenza metafisica e trascendente, per impegnarsi nell’analisi delle sue condizioni effettive di funzionamento.

2. I rapporti di forza da cui è costituito il potere fanno presa direttamente sul corpo degli individui. In Surveiller et punir Foucault afferma infatti che «il corpo è direttamente immerso in un campo politico»77 e che il potere deve essere analizzato come una «tecnologia politica del corpo»78, e cioè

come una serie di dispositivi che pongono il corpo umano come oggetto e come bersaglio. La “biopolitica” coincide con questo campo in cui si determina il rapporto di forze, la relazione bellicosa tra potere e corpo. Dire che il corpo è il bersaglio privilegiato del potere implica la rottura con una serie di posizioni caratteristiche del discorso filosofico-giuridico della modernità, prima fra tutte la concezione del potere inteso come “contratto sociale”, mediazione consensuale tra governanti e governati. Se, come sostiene Foucault nell’ultima pagina di Surveiller et punir, bisogna

75 SP, p. 35, corsivo nostro. 76 SP, pp. 35-36.

77 SP, p. 34. 78 SP, p. 34.

«discernere il rumore sordo e prolungato della battaglia» dietro lo svolgersi ordinato delle nostre vite quotidiane, ciò significa che la relazione bellicosa, a discapito dei diritti formali, non si trova mai del tutto scongiurata, nemmeno nelle società più ordinate e pacifiche. Dietro, o sotto, il silenzio della pace bisogna imparare a scorgere la guerra, una guerra magari “a bassa tensione”, ma che utilizza le stesse strategie e le stesse tattiche della guerra aperta. Questa battaglia ha luogo tra il potere e i corpi, senza alcun tipo di mediazione.

Nel documento Biopolitica e libertà in Michel Foucault (pagine 39-42)