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Il potere disciplinare

Nel documento Biopolitica e libertà in Michel Foucault (pagine 64-71)

L A POLITICA DELLA VITA

3.2. Il potere disciplinare

1. Vediamo ora come si attua materialmente la politica della vita. Alla nascita e allo sviluppo del primo polo del biopotere, il potere disciplinare, Foucault ha dedicato le analisi contenute in

Surveiller et punir. In questo testo questa forma di potere viene colta nel suo esercizio più estremo,

all’interno dell’istituzione carceraria. Nonostante la limitazione del campo di indagine, l’intento di Foucault è quello di mettere in luce il funzionamento di un potere molto più diffuso e quotidiano nel suo esercizio all’interno dello spazio sociale. Il carcere non rappresenta che una soltanto delle

134 G. Canguilhem, Il normale e il patologico, Torino, Einaudi, 1998, p. 201. 135 Ivi, p. 204.

istituzioni che fungono da laboratorio per questa nuova modalità di potere, che si esercita interamente sulla vita. Esso è costituito da un insieme di tecniche che hanno cominciato ad insediarsi a partire dal XVII secolo, in una serie di luoghi di enfermement: la prigione, ma anche la caserma, il manicomio, la scuola e l’ospedale137. Queste tecniche, concentrate nelle istituzioni

cosiddette “totali”, assumono il vivente come oggetto pertinente per la loro azione. Riassumiamo brevemente le caratteristiche del potere disciplinare cercando di evidenziarne le condizioni di funzionamento.

Innanzitutto le discipline mirano ad “imporre una condotta”, scomponendo le molteplicità umane. Esse posseggono una “vocazione” analitica. G. Deleuze ha sintetizzato efficacemente questa necessità con la formula: «imporre una condotta qualunque ad una molteplicità umana qualunque»138. Questa specifica forma di potere si incarica di rendere “docile” il corpo individuale,

modificandolo in modo tale da renderlo produttivo, oppure da renderlo più forte, o semplicemente obbediente. L’idea regolativa che sottostà a queste operazioni è la ricerca del controllo totale dei processi fisici, la plasmabilità e la manipolazione al di là di qualsiasi limite. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che gli individui siano considerati come puri oggetti, semplice materiale sul quale inscrivere gli automatismi utili al massimo controllo e al miglior ordine possibile: individualizzazione coercitiva.

Il potere disciplinare ha come bersaglio e come correlativo il corpo individuale. Fin dalle prime pagine di Surveiller et punir Foucault insiste sul fatto che il potere disciplinare è una «tecnologia politica del corpo»: «anatomia politica»139. Essendo una microfisica, applicandosi al

dettaglio, esso può investire sia il corpo singolo nella sua unità che singole parti del corpo, andando a modificare l’elemento ricettivo, più sensibile all’adattamento, così da produrre un “corpo docile”, sottomesso, disponibile alla manipolazione. Il corpo deve diventare una semplice superficie di applicazione del potere, riducendo ogni reazione incontrollata. La disciplina viene definita «un’arte del corpo umano»140 in quanto è capace di agire sapientemente, nei punti giusti, in modo da ridurre

ogni velleità di resistenza. Il potere disciplinare si configura sia come una tecnica che come un sapere, in quanto è in grado, grazie alla sue procedure, di estrarre l’una dall’altro: potere-sapere. La disciplina, da un punto di vista storico, trova la propria origine nelle esperienze monastiche compiute nei primi secoli del cristianesimo e nelle successive istituzionalizzazioni avvenute nel medioevo. La canonizzazione dei vari ordini monastici ci ha infatti tramandato una serie di pratiche ascetiche, di astinenza o penitenziali, sviluppate nei secoli fino al loro massimo grado di

137 In una nota di Surveiller et punir Foucault delimita il campo della propria analisi: «Sceglierò gli esempi nelle

istituzioni militari, mediche, scolastiche e industriali» (SP, p. 166).

138 G. Deleuze, Foucault, cit., p. 53. 139 SP, p. 36.

perfezionamento. Foucault delinea una lunga fase di addestramento a cui è stato sottoposto il soggetto occidentale. Attraverso questo movimento è divenuto finalmente evidente “che cosa può un corpo?”. Non è un caso se il modello disciplinare di tipo monastico sia fuoriuscito dall’ambito ristretto in cui storicamente è sorto per diffondersi, ad un certo momento della storia europea, grazie agli eserciti, ad ampi settori della società che lo hanno fatto proprio piegandolo alle finalità più varie. Nella seconda metà del XVIII secolo, quando la disciplina si è oramai istituzionalizzata, Foucault afferma che «il soldato è diventato qualcosa che si fabbrica: da una pasta informe, da un corpo inetto si è creata la macchina di cui si ha bisogno»141. L’esercizio è la principale modalità di

applicazione del potere disciplinare. I corpi vengono quotidianamente sollecitati per ottenere da loro il massimo della forza utile e il minimo della forza politica di resistenza: «La disciplina fabbrica così corpi sottomessi ed esercitati, corpi “docili”. La disciplina aumenta le forze del corpo (in termini economici di utilità) e diminuisce queste stesse forze (in termini politici di obbedienza). In breve: dissocia il potere del corpo»142. Il modus operandi dell’addestramento disciplinare è

indirizzato in modo immediato sulle forze somatiche. Qui il potere si presenta evidentemente come rapporto di forze. L’azione compiuta dal potere disciplinare è in primo luogo quella di una dissociazione, in quanto separa il corpo da ciò che è in suo potere, così da riuscire, in un secondo momento, a ricomporre quelle forze piegandole ad una diversa finalità. Il potere disciplinare si presenta come una serie di tecniche concertate atte alla scomposizione e alla ricomposizione delle energie, dei poteri, e delle forze, che trovano nel corpo la loro sede naturale. Il corpo umano funge da punto di accesso, da interfaccia tra il potere e la vita. L’azione ripetuta del potere disciplinare sul corpo consente di ottenere un ulteriore effetto di assoggettamento, sull’anima questa volta: un corpo docile ha come correlativo un soggetto obbediente.

2. Perché il corpo possa essere catturato all’interno dell’apparato disciplinare è necessario che la scomposizione delle forze venga compiuta in modo analitico sugli assi temporale e spaziale. Il corpo dev’essere inserito in un campo ben delimitato. Il potere disciplinare si dà come compito quello di ritagliare uno spazio e di scandire un tempo, e lo fa al livello della “microfisica del potere”: piccole porzioni di spazio e piccole frazioni di tempo, così da investire il corpo umano nel dettaglio. Le tecniche messe in atto, ereditate dalla tradizione monastica, sono prima di tutto la clausura, lo spazio cellulare, e il quadrillage, un reticolo fatto di localizzazioni elementari ritagliate all’interno della cella. Oltre allo spazio inteso in senso materiale, i singoli individui vengono suddivisi in uno spazio ideale, gerarchia e rango, che garantisce la massimizzazione della differenziazione interna. La disciplina dimostra di essere prima di tutto una forma della tattica, in

141 SP, p. 159. 142 SP, p. 162.

quanto determina la costruzione dei “quadri viventi” «che trasformano le moltitudini confuse, inutili o pericolose in molteplicità ordinate»143. La ripartizione disciplinare ha quindi «la funzione di

trattare la molteplicità in se stessa, di distribuirla e di ricavarne il maggior effetto possibile»144.

Il tempo disciplinare è un tempo cronometrico. «L’impiego del tempo – afferma Foucault – è una vecchia eredità. Le comunità monastiche ne avevano senza dubbio suggerito il modello rigoroso. Esso si era presto diffuso. I suoi tre grandi procedimenti – stabilire delle scansioni, costringere a determinate operazioni, regolare il ciclo di ripetizione – si sono ben presto ritrovati nei collegi, laboratori, ospedali»145. Nei luoghi di reclusione moderni, spazi disciplinari, il tempo viene

scomposto nei suoi elementi essenziali e ricostituito in serie. Ciò che si vuole ottenere è l’annullamento dei “tempi morti”, così che resti soltanto il tempo attivo, che produce e progredisce, «un tempo di buona qualità», che sia cioè «un tempo integralmente utile»146. Il corpo umano viene

scomposto nella somma dei gesti che è in grado di attuare. I singoli gesti, le singole operazioni del corpo, vengono a loro volta giudicati e classificati, in modo da isolare una ristretta parte di essi, quella che si dimostra più utile, cioè capace di coniugare efficacia e rapidità: la massima forza espressa nel tempo più breve. «Si definisce una sorta di schema anatomo-cronologico del comportamento – afferma Foucault. L’atto viene scomposto nei suoi elementi, la posizione del corpo, delle membra, delle articolazioni viene definita, ad ogni movimento sono assegnate una direzione, un’ampiezza, una durata; l’ordine di direzione è prescritto. Il tempo penetra il corpo, e con esso tutti i controlli minuziosi del potere»147.

Il potere disciplinare si basa sull’azione diretta sugli elementi da addestrare. Condizione della sua efficacia è che gli individui siano sottoposti ad una pressione e ad un controllo permanente. Occorre, affinché la disciplina abbia effetto, un sistema deterrente capace di catalizzare l’attenzione dei soggetti, in modo tale che questi ultimi acquisiscano la consapevolezza di non potersi in nessun caso sottrarre al controllo. Attraverso la sorveglianza totale, garantita da una corretta suddivisione spaziale e da un sistema di penalità fatto di sanzioni articolate in una lunga serie di graduazioni punitive, è stato possibile ottenere questo risultato. Il controllo esercitato dal potere disciplinare è dunque un controllo deterministico in presenza, ma totalmente inefficace in assenza. È un controllo individualizzato che conosce uno ad uno gli individui situati nel suo campo. La sorveglianza si caratterizza come una funzione imprescindibile per ogni potere disciplinare.

Come abbiamo visto precedentemente, la filosofia del potere di Foucault può essere definita come una «filosofia dei dispositivi»148 in quanto si fonda su di una analisi relazionale. Il concetto di

143 SP, p. 174. 144 SP, p. 175. 145 SP, p. 175. 146 SP, p. 177. 147 SP, p. 178.

dispositivo costituisce il raccordo teorico fondamentale capace di garantire una spiegazione delle pratiche effettive del potere, colte dal punto di vista del loro funzionamento concreto. Il dispositivo è la configurazione di potere in grado di collegare elementi situati a livelli diversi, come possono esserlo dei regolamenti, delle pratiche di incarcerazione, dei sistemi di sorveglianza, ecc. L’esempio paradigmatico del dispositivo è il Panopticon. La “figura di tecnologia politica” inventata da Bentham, rappresenta, secondo Foucault, il diagramma, cioè la forma astratta da ogni ostacolo, di un dispositivo disciplinare esaustivo: «il Panopticon non deve essere inteso solamente come un edificio onirico: è il diagramma di un meccanismo di potere ricondotto alla sua forma ideale; il suo funzionamento, astratto da ogni ostacolo, resistenza o attrito, può felicemente essere rappresentato come un puro sistema architettonico e ottico: è in effetti una figura di tecnologia politica che si deve distaccare da ogni uso specifico»149.

3. Il potere disciplinare non è un potere assoluto. Nonostante la sua efficienza esso inevitabilmente si scontra con delle resistenze. L’ostacolo del potere disciplinare, ciò che ne interrompe o ne impedisce il corretto funzionamento, è la disorganizzazione, l’incapacità di adeguarsi, la pigrizia, la tendenza delle forze interne di un corpo a respingere o a non accettare: tutto ciò che nel corpo resiste e rifiuta il comando. Sarebbe utopico secondo Foucault pensare che il potere disciplinare, pur essendo una forma assolutamente nuova e ben sperimentata, abbia un’efficacia totale ed esaustiva. In una pagina centrale di Surveiller et punir dedicata al training disciplinare Foucault afferma che ciò che resiste al potere disciplinare è il corpo-organismo:

Il corpo naturale, portatore di forze e sede di una durata; è il corpo suscettibile di operazioni specifiche, che hanno il loro ordine, il loro tempo, le loro condizioni interne, i loro elementi costitutivi...

Nell’esercizio che gli viene imposto e al quale resiste, il corpo disegna le sue correlazioni essenziali e respinge spontaneamente l’incompatibile... Richiesto di essere docile fin nelle sue minime operazioni, il corpo si

oppone e mostra le condizioni di funzionamento proprie ad un organismo. Il

potere disciplinare ha come correlativo una individualità non solo analitica e “cellulare” ma anche naturale e “organica”.150

Il corpo naturale, in opposizione al corpo-macchina, è portatore di un proprio “ordine”, dice Foucault, di un proprio andamento biologico specifico, un’attività interna che ne determina gli sviluppi e le trasformazioni. Occorre allora fare attenzione alle risposte del corpo, in quanto, più della coscienza, sono indicatrici di un livello intollerabile raggiunto dal potere. Il corpo è l’elemento

149 SP, p. 239.

privilegiato proprio perché le sue forze non appartengono all’ordine della coscienza e rispondono agli stimoli in modo differente. Ma soprattutto, il corpo viene valorizzato in queste pagine perché è portatore di un ordine “altro”, di una capacità di opposizione che è la forma primigenia della sua attività. Foucault contrappone esplicitamente due modelli di funzionamento, che sono anche due modalità differenti di rapportarsi al corpo: la disciplina si indirizza al corpo-macchina, mentre la resistenza fa appello al corpo-organismo come ad una realtà irriducibilmente altra rispetto al potere. Il corpo è allora sede di una spontaneità che si fa linguaggio e sintassi della resistenza.

In Surveiller et punir sono numerosi i passaggi in cui Foucault definisce esplicitamente l’istituzione disciplinare ed i suoi procedimenti come “meccanismi”. Fin dall’inizio, egli afferma che «Il grande libro dell’Uomo-macchina venne scritto simultaneamente su due registri: quello anatomo-metafisico, di cui Descartes aveva scritto le prime pagine e che medici e filosofi continuarono; quello tecnico-politico, costituito da tutto un insieme di regolamenti militari, scolastici, ospedalieri e da processi empirici e ponderati per controllare o correggere le operazioni del corpo»151. Non si tratta di una metafora. La disciplina si incarica di addestrare gli individui a

diventare pezzi di una macchina, riducendoli a “ingranaggi” che assicurano, loro malgrado, la perpetuazione del rapporto di potere ed il suo indefinito funzionamento. Il potere disciplinare è una «meccanica del potere»152 perché fa entrare il corpo umano in un ingranaggio che estrarrà da esso il

massimo delle forze utili, e ciò è possibile soltanto se «il corpo si costituisce come elemento di una macchina multisegmentaria»153. La disciplina funziona quindi come un meccanismo che sovrappone

le sue regole ad un corpo che è piegato ad una forzata docilità. Abbiamo visto tuttavia, che a questa dinamica esso non smette di rispondere in maniera specifica, manifestando le proprie condizioni di funzionamento e costringendo il potere a ricominciare sempre daccapo la sua azione. La perfetta correlazione tra una «disciplina-meccanismo»154 ed il corpo-organismo deve rimanere un’utopia. I

programmi di razionalizzazione dei riformatori sette-ottocenteschi sono destinati a realizzarsi soltanto in maniera incompleta, in quanto a quest’epoca manca un’adeguata conoscenza anatomica e fisiologica che sia in grado di permettere la riduzione dell’ostacolo costituito dalla natura stessa dell’oggetto da addestrare, il corpo.

Quando scrive queste pagine, Foucault deve aver avuto ben presente un saggio di Canguilhem, intitolato Machine et organisme e pubblicato nella raccolta intitolata La connaissance

de la vie, nel quale l’epistemologo francese afferma la radicale «irriducibilità dell’organismo alla

macchina»155: «Con Taylor ed i primi tecnici della razionalizzazione dei movimenti dei lavoratori –

151 SP, p. 160. 152 SP, p. 162. 153 SP, p. 193. 154 SP, p. 244.

sostiene Canguilhem – noi vediamo l’organismo umano allineato, per così dire, sul funzionamento della macchina. La razionalizzazione è propriamente una meccanizzazione dell’organismo per quanto essa miri all’eliminazione dei movimenti inutili, dal solo punto di vista del rendimento considerato come funzione matematica di un certo numero di fattori. Ma la constatazione che i movimenti tecnicamente superflui sono dei movimenti biologicamente necessari è stata il primo scoglio incontrato da questa assimilazione esclusivamente tecnica dell’organismo umano alla macchina»156. Nonostante le differenti periodizzazioni (Foucault anticipa la meccanizzazione della

società al XVIII secolo, mentre Canguilhem la situa nel XX) le analogie tra le due posizioni sono evidenti. Per entrambi gli autori i processi vitali sono portatori di un’attività essenziale, che è costitutiva della loro stessa natura. L’essere vivente infatti è prima di tutto il portatore di uno specifico ordine interno, che si caratterizza come una certa forma di creazione situata a livello organico. La vita, in questo senso, è prima di tutto creazione di un proprio andamento fondamentale, che non può essere – per definizione – sottomesso ad alcuna forma di controllo positivo e di potere.

4. Negli ultimi capitoli di Surveiller et punir Foucault disegna l’immagine di una società, quella della fine del XVIII secolo, interamente attraversata dai meccanismi disciplinari: «Possiamo dunque parlare – dice Foucault – di formazione di una società disciplinare in quel movimento che va dalle discipline chiuse, sorta di “quarantena sociale” fino al meccanismo indefinitamente generalizzabile del “panoptismo”. Non è che la modalità disciplinare del potere abbia sostituito tutte le altre; ma si è infiltrata fra le altre, talvolta squalificandole, pur servendo loro da intermediario, collegandole fra loro, prolungandole, e soprattutto permettendo di portare gli effetti del potere fino agli elementi più sottili e più lontani. Essa assicura una distribuzione infinitesimale del potere»157. Il primo asse del

biopotere trova dunque il suo punto di massima espansione nella piena età moderna, quando diventa il supporto di una rete coestensiva al corpo sociale, “infiltrata” (infiltrée) - dice Foucault -, e sovrapposta a tutti i rapporti di potere precedentemente vigenti. La società disciplinare è dunque una “società panottica”158, una società completamente sorvegliata, in cui gli individui sono l’oggetto

di un’ispezione permanente e di un controllo minuzioso ed accurato da parte del potere. La polizia gioca qui un ruolo centrale, in quanto garantisce il collegamento tra le varie istituzioni totali: «tra le differenti istituzioni disciplinari chiuse (fabbriche, esercito, scuole), tende una rete intermedia,

156 Ivi, p. 126.

157 SP, p. 251, corsivo nostro.

158 Per un’analisi più dettagliata del Panopticon ci permettiamo di rinviare al nostro Dal Panopticon architettonico al

agente là dove quelle non possono intervenire, disciplinando gli spazi non disciplinari... disciplina interstiziale e metadisciplina... il potere poliziesco deve vertere “su tutto”»159.

Questa enorme fortuna goduta dalle discipline non durerà a lungo, perché a loro volta verranno infiltrate e sostituite da una diversa forma di potere, che Foucault definisce potere di “sicurezza”. L’analisi della società disciplinare, che nelle intenzioni di Foucault doveva servire da schema di intelligibilità per lo studio delle relazioni di potere vigenti, viene rapidamente abbandonata. In un’intervista del 1978 Foucault afferma infatti che «La disciplina, che era così efficace per mantenere il potere, ha perso una parte della sua efficacia. Nei paesi industrializzati, le discipline entrano in crisi... In questi ultimi anni, la società è cambiata ed anche gli individui; essi sono sempre più diversi, differenti e indipendenti. Vi sono sempre più categorie di persone che non sono sottomesse alla disciplina, così che noi siamo obbligati a pensare lo sviluppo di una società senza disciplina... è evidente che noi dobbiamo separarci nell’avvenire dalla società disciplinare di oggi»160. Queste affermazioni sono contemporanee alla ridefinizione dello schema analitico

impiegato nell’analisi del potere, e si pongono come intermediarie rispetto al passaggio verso l’analisi di quelle che Foucault definirà società di sicurezza. Nella prima lezione del corso dello stesso anno (1978) egli si chiede: «Possiamo allora sostenere – e questo è il punto decisivo della mia analisi – che, nelle nostre società, l’economia generale del potere si sta trasformando all’insegna della sicurezza?»161. Questi interrogativi danno il via, come dicevamo, al passaggio

verso l’analisi di un differente modo di funzionamento del potere. Foucault si dimostra sempre più scettico a proposito della portata ermeneutica del concetto di “società disciplinare”, fino a decidere di abbandonarlo definitivamente. Egli infatti riduce gradualmente l’importanza che inizialmente aveva accordato alla disciplina, per spostare la sua attenzione verso una differente tecnologia del potere, costituita dai dispositivi regolatori.

Nel documento Biopolitica e libertà in Michel Foucault (pagine 64-71)