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In conclusione: l’ipertrofia della tutela risarcitoria del danno nel

Nel documento Il danno alla persona nel rapporto di lavoro (pagine 137-147)

4. LA TUTELA RISARCITORIA E L’EFFETTIVITÀ DEI DIRITTI NEL

4.4 In conclusione: l’ipertrofia della tutela risarcitoria del danno nel

In un panorama giuridico complesso come quello descritto finora, è il risarcimento del danno a costituire la soluzione rimediale preponderante.

Ancora timidi, nel nostro ordinamento, sono i tentativi di espandere la funzione della responsabilità civile verso un nuovo versante, quello punitivo, diffuso invece nei paesi di common law.

Tuttavia, la classica funzione general-preventiva della responsabilità civile – definita da Navarretta come “general deterrence”, ossia il “disincentivo a commettere illeciti”49 –non sempre è idonea a sortire l’effetto sperato: nonostante la minaccia del risarcimento del danno, non sono comunque infrequenti i casi di violazione degli obblighi di sicurezza.

Come già affermato in precedenza, non sono rare le ipotesi in cui il datore di lavoro possa addirittura arrivare a considerare il risarcimento come il prezzo da pagare per operare una violazione sistematica dei diritti dei lavoratori, al fine di massimizzare gli utili della propria attività economica.

In ogni caso, la tendenza ipertrofica della tutela risarcitoria, capace di fagocitare il necessario momento dell’adempimento dell’obbligo di sicurezza, trova la sua ragione d’esistere anche in un altro fattore: la progressiva svalutazione del vincolo contrattuale50.

Occorre peraltro considerare come le tendenze normative recenti, accogliendo istanze di flessibilizzazione, hanno contribuito a

48 P. ALBI, Indisponibilità dei diritti, inderogabilità delle norme, effettività dei

diritti nel rapporto di lavoro, op. cit., ibidem.

49 E.NAVARRETTA, Funzione del risarcimento e quantificazione dei danni non

patrimoniali, in Resp. civ. e prev., 2008, III parte, p 500 e ss.

depotenziare il contratto di lavoro.51.

Gli esempi, sul punto, non sono pochi: particolarmente significativa è la disciplina delle cd. tutele crescenti introdotte dal d.lgs. n. 23/2015 e, prima ancora, si può fare riferimento alla l. n. 92/2012, ossia la riforma Fornero, che ha inciso profondamente sull’art. 18 stat. lav.

Gli interventi di flessibilizzazione non hanno coinvolto soltanto la disciplina del licenziamento: basti pensare alla disciplina del contratto a termine degli artt. 19 e ss. del d.lgs. n. 81/2015, nonché all’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001. In merito a quest’ultimo articolo, si può addirittura sostenere che esso codifichi espressamente il nesso tra flessibilità del lavoro e tutela risarcitoria: non è possibile, in caso di violazione della disciplina del contratto a termine, la costituzione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato con la pubblica amministrazione. L’unico rimedio esperibile è quello del risarcimento52.

L’obiettivo perpetrato dalle citate riforme era, chiaramente, la promozione dell’occupazione; tuttavia, sull’altare del mercato del lavoro sono stati sacrificati alcuni importanti standard protettivi tipici del lavoro subordinato tradizionale. Ma l’efficacia di una siffatta idea, già nel 1993, era fortemente messa in dubbio da giuristi del calibro di Massimo D’Antona53.

Il rapporto di lavoro, a seguito di tutta questa serie di interventi, ha subito un chiaro indebolimento; tuttavia i diritti di lavoratori, almeno in una prospettiva ex ante, sono ancora individuati e disciplinati dal legislatore, nonché dalla Costituzione.

51 P.ALBI, Adempimento dell’obbligo di sicurezza e tutela della persona, op. cit.,

ibidem.

52 P.ALBI, Adempimento dell’obbligo di sicurezza e tutela della persona, op. cit.,

ibidem.

53 M. D’ANTONA, Il protocollo sul costo del lavoratore l’autunno freddo

dell’occupazione, in Riv. it. dir. lav., 1993, I parte, p. 411 ss.; M.MARIUCCI, Dopo

la flessibilità cosa? Riflessioni sulle politiche del lavoro, in WP C.S.D.L.E. Massimo D’Antona, n. 27/2005.

Su questa discrasia tra la dimensione normativa e quella reale, particolarmente incisive sono le parole di Mariucci: “Anche se i diritti proclamati sulla carta non sono realizzati è necessario che restino scritti, per mantenere viva la tensione tra diritti e realtà (…) Tra norma e fatti è bene infatti che sia mantenuta viva una dialettica, purché si sia consapevoli della tensione contraddittoria tra i due termini, e non si confonda qualche buona sentenza delle corti internazionali, a partire da quelle della corte di giustizia europea, con la dimensione effettiva delle condizioni concrete di lavoro e di vita. Quei diritti si tratta infatti di inverarli nelle società di oggi, il che è tutt’altro paio di maniche”54.

Non si può che auspicare tale inveramento dei diritti, sia nella società che nel rapporto di lavoro.

Affinché ciò possa accadere, in primo luogo, è assolutamente necessario un recupero della forza del vincolo contrattuale: e tale esigenza è molto sentita nell’ambito dell’attuale quadro normativo, dove la debolezza del contratto di lavoro regna sovrana.

Laddove il legislatore non operi una riforma, mutando totalmente la disciplina attuale del rapporto di lavoro, vi è pur sempre uno strumento idoneo a far sì che il vincolo contrattuale si rafforzi: il riferimento è, necessariamente, ai principi costituzionali.

Solo i principi costituzionali sono idonei a ricostruire la centralità del valore della persona del lavoratore55.

Sicuramente, potrebbe essere auspicabile una maggiore sensibilizzazione ai valori costituzionali da parte degli operatori economici, a prescindere dalla minaccia del risarcimento del danno e dall’entità dello stesso.

Tuttavia, è inutile negarlo: laddove determinati valori del nostro ordinamento non vengano assorbiti dalla morale personale dei

54 M.MARIUCCI, Dopo la flessibilità cosa? Riflessioni sulle politiche del lavoro, in

WP C.S.D.L.E. Massimo D’Antona, n. 27/2005.

soggetti agenti, è solo la minaccia di una conseguenza giuridica negativa a dettare il comportamento dei consociati56.

Ecco perché, in un quadro così indebolito dal punto di vista della tutela ex ante, potrebbe essere auspicabile una funzione punitiva della responsabilità civile.

Quanto appena affermato non si basa sulla convinzione che l’elemento del punitive damage possa essere efficace dal punto di vista rimediale: una volta che si sia realizzata la lesione a un interesse non patrimoniale, qualsiasi ristoro di tipo economico non può certo ripristinare in toto la sfera giuridica del danneggiato.

Tuttavia, l’introduzione di un punitive damage potrebbe innalzare notevolmente il costo opportunità dell’inadempimento degli obblighi di sicurezza. E quindi, questo espediente, capace di rendere più pesante il momento della minaccia, potrebbe sortire l’effetto di rafforzare la tutela della persona del lavoratore ex ante.

La soluzione del punitive damage è stata prospettata anche dall’ordinanza del Tribunale di Trapani – già citata in precedenza – al fine di risolvere il problema della scarsa effettività del sistema rimediale previsto per l’abuso dei contratti a termine nei rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione57.

Se quest’ultima teoria dovesse essere accolta dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e risultare idonea a risolvere quello specifico problema di carenza di tutela, mutatis mutandis, potrebbe essere applicata all’intero sistema della responsabilità civile.

In conclusione, l’obiettivo perseguito da questa tesi era quello di mettere in luce la profonda discrasia che, ad oggi, in molte realtà lavorative, è presente tra il momento della prevenzione e quello del

56 Il riferimento è al pensiero filosofico di T. Hobbes: gli uomini, nello stato di

natura, tendono a sopraffarsi al fine di soddisfare i propri desideri naturali. Solo col passaggio dallo stato di natura a quello civile è possibile assicurare una convivenza pacifica, volta all’autoconservazione della specie umana. Voce Hobbes, Thomas, in

Enciclopedia Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/

57 Si tratta dell’ordinanza Trib. Trapani 5 settembre 2016, n. 1067 citata nel

risarcimento del danno; tra il fisiologico adempimento dell’obbligo di sicurezza da parte dei soggetti debitori e il momento patologico della violazione dei diritti della persona del lavoratore, con il conseguente abuso del rimedio risarcitorio.

Indipendentemente da quale sia la strategia concretamente adottata – che siano i punitive damages o un rafforzamento del vincolo contrattuale – è necessario che i diritti inviolabili del lavoratore siano tutelati sul piano della prevenzione.

Tale esigenza è avvertita in modo molto stringente nel diritto del lavoro; ciò è dovuto al fatto che, come messo in luce nei capitoli precedenti, le occasioni potenzialmente lesive dei beni giuridici fondamentali del lavoratore sono numerosissime.

L’auspicio è che sia proprio il diritto del lavoro a superare quello stesso “paradosso” citato nella premessa della presente tesi, e che i giuslavoristi possano diventare pionieri in questo percorso – che si prospetta tortuoso, ma non impossibile – verso a una piena valorizzazione della persona del lavoratore.

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