1. LA TUTELA DELLA PERSONA NELL’AMBIENTE DI LAVORO
2.3 Il nesso di causa
Il danno ingiusto, contra ius, incide su interessi giuridicamente rilevanti del danneggiato.
Tuttavia, al fine di ottenere il risarcimento del danno, non è sufficiente il requisito dell’ingiustizia: occorre anche accertare il nesso di causa tra il fatto, doloso o colposo – posto in essere dal danneggiante – e l’evento dannoso27.
24 Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, con nota di E. NAVARRETTA, Il
valore della persona nei diritti inviolabili e la complessità dei danni non patrimoniali, in Resp. civ. e prev., 2009, I parte, p. 63 e ss.
25 Cass., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, con nota di E. NAVARRETTA, Il
valore della persona nei diritti inviolabili e la complessità dei danni non patrimoniali, in Resp. civ. e prev., 2009, I parte, ibidem.
26 U. BRECCIA, L.BRUSCUGLIA, F.D.BUSNELLI,F.GIARDINA,A. GIUSTI, M.L.
LOI,E.NAVARRETTA,M.PALADINI,D.POLETTI,M.ZANA, op. cit., p. 677.
27 U. BRECCIA, L.BRUSCUGLIA, F.D.BUSNELLI,F.GIARDINA,A. GIUSTI, M.L.
L’accertamento del nesso di causa è una fase necessaria per poter determinare se al danneggiante sia imputabile o meno l’evento lesivo; il problema, però, si pone quando vi siano fattori eterogenei che possano aver contribuito al verificarsi dello stesso28.
Un rapido sguardo al codice civile permette già di individuare i riferimenti presenti al nesso di causa: l’art. 1223 cod. civ. prevede che il debitore inadempiente debba risarcire la perdita subita e il mancato guadagno “in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.
Inoltre, l’art. 1227 cod. civ. riguarda il caso in cui anche il fatto colposo del creditore abbia concorso a cagionare il danno.
Nell’ambito del codice penale, invece, il nesso di causa è disciplinato dall’art. 40: la norma sottesa da quest’ultimo articolo impone che nessuno possa essere punito – per un fatto previsto dalla legge come reato – se l’evento dannoso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione o dell’omissione. Inoltre,
“non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
L’art. 41 cod. pen. riguarda il concorso di cause: “Il concorso
di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra la azione od omissione e l'evento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilite. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.”
Tuttavia, le disposizioni codicistiche non sono sufficienti per disegnare i contorni della causalità giuridicamente rilevante.
A tal proposito, numerose teorie sul nesso di causa sono state elaborate da dottrina e giurisprudenza.
28 M.C.CIMAGLIA, Danno alla persona del lavoratore e accertamento del nesso di
Un esempio, è dato dalla teoria della “causa prossima”: è considerata come unica causa dell’evento dannoso la causa ultima, quella che prevale su tutte le altre e produce un cambiamento nella situazione fattuale esistente29.
La tesi dello “scopo della norma”, invece, è quella che ravvisa un nesso di causalità tra il fatto che si è verificato e le conseguenze lesive, le quali devono rientrare nel novero di quelle che la norma di riferimento è volta a prevenire30.
Ancora, “la teoria dell’equivalenza delle condizioni” – detta anche teoria della “condicio sine qua non” – identifica la causa nella totalità degli elementi indispensabili al verificarsi del danno, così come tutti gli antecedenti, senza possibilità di distinzione tra causa prossima e causa remota31. Secondo quest’ultima ricostruzione, è sufficiente che il danneggiante abbia posto in essere l’antecedente indispensabile al prodursi dell’evento dannoso per poter affermare che egli abbia causato l’evento; nessuna rilevanza viene attribuita, quindi, all’esistenza di altre cause concorrenti32.
In dottrina, c’è chi ha sostenuto il “principio di causalità umana”, facendo aggio sugli artt. 40 e 41 cod. pen.
Intanto, occorre premettere che queste ultime disposizioni citate, in quanto foriere di principi generali dell’ordinamento, possono essere applicate anche in sede civile.
Il principio della causalità umana è particolarmente utile nel caso in cui vi sia un concorso tra condizioni ambientali – o fattori naturali – e il comportamento umano; se vi è una causa sopravvenuta, tale causa è capace di escludere ogni altro nesso di causalità laddove essa sia stata sufficiente a determinare, da sola, l’evento lesivo. In quest’ultima ipotesi, la causa sopravvenuta è quella determinante ed esclusiva33.
29 M.C.CIMAGLIA, op. cit., p. 250. 30 M.C.CIMAGLIA, op. cit., ibidem. 31 M.C.CIMAGLIA, op. cit., ibidem. 32 F.MALZANI, op. cit., p. 69. 33 M.C.CIMAGLIA, op. cit., p. 251.
Com’è evidente, tale ricostruzione si colloca agli antipodi rispetto a quella dell’equivalenza delle condizioni.
Nella ricostruzione del nesso causale, in sede civile è stata spesso adottata la teoria della causalità adeguata, respinta generalmente, invece, in sede penale.
In base a quest’ultima teoria, sono idonee a costituire causa tutte quelle condizioni “tipicamente adeguate a produrre l'evento in
base ad un criterio di prevedibilità basato sull'id quod plerumque accidit”.
La causalità adeguata si pone come un modello generalizzante; essa richiede la tipica idoneità della condotta a cagionare quel tipo di evento lesivo 34.
In sede penale, l’accertamento del nesso eziologico è foriero di particolari problematiche inerenti alla garanzia dei diritti dell’imputato, e, per questo, richiede una valutazione più stringente rispetto a quella che normalmente viene operata in sede civile.
La difficoltà nello stabilire la causalità rispecchia un problema prettamente scientifico: le leggi scientifiche, infatti, possono essere universali o probabilistiche.
Quelle universali sono sempre vere e non conoscono alcun tipo di eccezione: di fronte a un evento A ,si verifica, nel cento per cento delle ipotesi, la conseguenza B. Se la fattispecie concreta è soggetta a una legge scientifica universale, la ricostruzione del nesso causale è molto semplice.
Le leggi probabilistiche, invece, mettono in luce una correlazione di tipo statistico: di fronte all’evento A, l’evento B si potrebbe verificare, ad esempio, nel sessanta/settanta per cento dei casi.
Per citare una vicenda emblematica, basti pensare al caso giurisprudenziale inerente al Petrolchimico di Porto Marghera: gli imputati furono tutti assolti poiché non fu possibile dimostrare una
34 Nota alla sent. Cass., sez. un. 11 gennaio 2008, n. 576., di R. BLAIOTTA,
correlazione statistica, tra la condotta dei debitori dell’obbligo di sicurezza e l’evento lesivo, che avesse una probabilità prossima al cento per cento. Si ritenne che residuasse il ragionevole dubbio che l’evento lesivo potesse essersi verificato indipendentemente dalla condotta del datore di lavoro35.
Tuttavia, quando entrano in gioco beni giuridici fondamentali come la sicurezza dei lavoratori e la salubrità dell’ambiente, non è possibile ricostruire il nesso causale basandosi solo su leggi universali, certe al cento per cento. Di fronte alla lesione della salute, non possono essere trascurate anche percentuali significativamente più basse.
Una soluzione era stata prospettata dalla sentenza della Cassazione Penale del 2002 (caso Franzese), che ha consentito una suddivisione della sequenza causale in due fasi: una relativa alla causalità generale (data dalle leggi probabilistiche), mentre, l’altra, relativa alla causalità individuale. Se sussiste una legge probabilistica astratta che afferma la possibile correlazione causale tra evento e conseguenza dannosa, allora si può procedere all’accertamento dell’esistenza del nesso causale con riferimento al caso concreto.
Questa suddivisione della sequenza causale, tuttavia, ha lasciato priva di risposta la problematica inerente agli eventi lesivi che hanno un’eziologia multifattoriale (si pensi, ad esempio, alle malattie con un incerto periodo di latenza)36.
Per tentare di superare l’empasse, parte della dottrina ha riproposto la teoria tedesca dell’accertamento alternativo.
Tale istituto rappresenta uno strumento per gestire il dubbio; esso interviene ogniqualvolta l’esito dell’istruzione probatoria provi la colpevolezza dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio, ma, tuttavia, residuino incertezze riguardo alla ricostruzione del fatto che costituisce reato.
Molto chiare, sul punto, sono le parole di Masera: “Il giudice
che disponga di un valido studio epidemiologico può accertare oltre
35 F.MALZANI, op. cit., p. 57. 36 F.MALZANI, op. cit., ibidem.
ogni ragionevole dubbio che una quota dei soggetti che hanno contratto quella certa patologia non si sarebbero ammalati in mancanza dell’esposizione; ma non può precisare – a ragione dei limiti euristici intrinseci al metodo di ricerca epidemiologico – quali soggetti abbiano contratto la malattia proprio a causa dell’esposizione, e quali invece si sarebbero ammalati ugualmente”37.
Grazie all’accertamento alternativo è possibile pervenire a una sentenza di condanna anche qualora non si possano identificare con esattezza i soggetti danneggiati.