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La tutela risarcitoria: la funzione della responsabilità civile, le

Nel documento Il danno alla persona nel rapporto di lavoro (pagine 125-131)

4. LA TUTELA RISARCITORIA E L’EFFETTIVITÀ DEI DIRITTI NEL

4.2 La tutela risarcitoria: la funzione della responsabilità civile, le

Più volte, nel corso della presente tesi, si è avuto modo di rimarcare come la tutela risarcitoria non costituisca sempre un rimedio efficace per la protezione della sfera giuridica del danneggiato.

Indubbiamente, il risarcimento costituisce un ristoro efficace per le lesioni di interessi di tipo patrimoniale; ma non è possibile sostenere che tale rimedio possa essere altrettanto adeguato di fronte alla violazione di beni giuridici non patrimoniali.

Dal punto di vista dell’effettività, la tutela in forma specifica, al contrario, costituisce un rimedio capace di rimuovere in toto le conseguenze lesive della violazione contrattuale.

Tuttavia, non è detto che tale strada sia sempre percorribile. Un esempio classico è dato dal danno all’integrità psicofisica del

lavoratore: una volta che si sia verificato, non è possibile tornare indietro nel tempo e assicurare al danneggiato il ripristino integrale della situazione giuridica preesistente alla lesione. L’unica soluzione praticabile, in questo caso, è quella del risarcimento.

Il risarcimento patrimoniale è foriero di problematiche anche per quanto concerne la sua funzione general-preventiva: tale rimedio, piuttosto che apparire come una vera minaccia capace di distogliere i consociati dal compiere atti dannosi, potrebbe essere valutato come un costo, anzi, un vero e proprio prezzo, che l’imprenditore potrebbe essere disposto a pagare per la violazione di un diritto inderogabile e indisponibile6.

Nella logica della massimizzazione del profitto, la violazione dei diritti potrebbe portare all’operatore economico un’utilità superiore all’entità dell’esborso di denaro costituito dal risarcimento.

Inutile dire come tale visione utilitaristica della responsabilità civile abbia conseguenze devastanti dal punto di vista dell’effettività dei diritti: l’operatore economico sarebbe portato a violare le norme prevenzionistiche ad libitum, ossia ogniqualvolta sia possibile trarne profitto.

Ecco allora che si manifesta l’ipertrofia della tutela risarcitoria, capace di assumere un’impropria “funzione di riempimento” ed essere “diretta a colmare il deficit dell’effettività della disciplina

inderogabile che ha caratterizzato il rapporto di lavoro nel corso della sua attuazione e che spesso solo dopo reiterate violazioni (…) approda davanti all’autorità giurisdizionale”7.

Di fronte alla problematicità del quadro, giurisprudenza e dottrina non hanno esitato a porsi interrogativi su come sia possibile dare nuovo vigore al sistema della responsabilità civile, raccogliendo suggestioni provenienti dal panorama giuridico d’oltralpe, con particolare riferimento alle astreintes francesi e i punitive damages dei

6 F.MALZANI, op. cit., p. 255.

7 P.ALBI, Adempimento dell’obbligo di sicurezza e tutela della persona, op. cit., p.

paesi di common law8.

Le astreintes, o “penalità di mora”, consistono “nell’erogazione

a favore del creditore di una somma da parte del debitore inadempiente qualora si rifiuti di ottemperare all’ordine (condanna) del giudice di eseguire la prestazione dovuta in aggiunta al risarcimento del danno”9.

È opinione diffusa che le astreintes non abbiano finalità risarcitoria; esse sono volte a offrire una tutela al creditore ogniqualvolta vi sia una violazione, da parte del debitore, di un obbligo infungibile10.

Nel nostro ordinamento, la logica delle astreintes si può riscontrare nell’art. 18 stat. lav., nella misura in cui si prevede che il datore di lavoro debba essere condannato al pagamento delle retribuzioni fino all’effettiva reintegrazione del lavoratore.

Tuttavia tale ricostruzione non è pacifica; esiste, infatti, un orientamento giurisprudenziale contrario, secondo il quale le somme erogate dal datore di lavoro troverebbero la propria ragione giustificativa nell’illegittimità del licenziamento e non nell’inosservanza, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo infungibile della reintegra del lavoratore11.

I punitive damages, invece, costituiscono una componente del risarcimento del danno nei paesi di common law. Nel caso in cui il comportamento del danneggiante sia stato volontario e riprovevole, oltre al compensatory damage – commisurato all’entità della lesione – egli dovrà corrispondere anche il punitive damage, ossia una somma di gran lunga superiore al pregiudizio sofferto, volta ad arricchire il danneggiato12.

I punitive damages creano una sorta di automatismo

8 F.MALZANI, op. cit., p. 256 e ss. 9 F.MALZANI, op. cit., ibidem. 10 F.MALZANI, op. cit., ibidem.

11 Cass., sez. lav., 17 agosto 2004, n. 16037, in IusExplorer (banca dati).

12 G. COVOTTA, Danni punitivi: la parola alle Sezioni Unite – Cass. civ., ord.,

risarcitorio: la risarcibilità del danno, in questo caso, è in re ipsa, e non è suscettibile di essere misurata in virtù dell’entità della lesione subita13.

Il fil rouge che lega le astreintes e i punitive damages è dato dalla funzione sottesa da entrambi gli istituti giuridici: quella punitiva14.

Il problema principale è stabilire se, nel nostro ordinamento, il sistema della responsabilità civile sia suscettibile di colorirsi di questa nuova sfumatura di tipo punitivo, accanto alle classiche funzioni di prevenzione e ristoro del danno.

Fino ad oggi, la risposta a questo interrogativo è sempre stata negativa.

Non mancano ricostruzioni giurisprudenziali che affermano la contrarietà all’ordine pubblico di tale funzione punitiva.

Per citare un esempio, questo è quanto afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 1183/2007: “Nel vigente ordinamento l'idea della punizione e della sanzione è estranea al risarcimento del danno, così come è indifferente la condotta del danneggiante. Alla responsabilità civile è assegnato il compito precipuo di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, mediante il pagamento di una somma di denaro che tenda ad eliminare le conseguenze del danno arrecato. E ciò vale per qualsiasi danno, compreso il danno non patrimoniale o morale, per il cui risarcimento, proprio perché non possono ad esso riconoscersi finalità punitive, non solo sono irrilevanti lo stato di bisogno del danneggiato e la capacità patrimoniale dell'obbligato, ma occorre altresì la prova dell'esistenza della sofferenza determinata dall'illecito, mediante l'allegazione di concrete circostanze di fatto da cui presumerlo, restando escluso che tale prova possa considerarsi "in re ipsa" ”15.

In un’altra sentenza, la Corte di Cassazione si occupa del problema dell’ingiustificato arricchimento: “poiché il diritto al

13Cass., sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183, in IusExplorer (banca dati). 14 F.MALZANI, op. cit., p. 256.

risarcimento del danno conseguente alla lesione d'un diritto soggettivo non è riconosciuto dall'ordinamento con caratteristiche e finalità punitive ma in relazione all'effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso ed, al contempo, lo stesso ordinamento non consente l'arricchimento ove non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro (nemo locupletati potest cum aliena iactura), anche nelle ipotesi per le quali il danno sia ritenuto in re ipsa e trovi la sua causa diretta ed immediata nella situazione illegittima posta in essere dalla controparte, la presunzione attiene alla sola possibilità della sussistenza del danno ma non alla sua effettiva sussistenza e, tanto meno, alla sua entità materiale” 16.

Il fatto che un istituto come quello dei punitive damages sia stato ritenuto contrario all’ordine pubblico ha portato, come inevitabile conseguenza, al diniego, da parte di molti giudici italiani, di delibazione delle sentenze straniere che comminassero una simile sanzione.

Proprio qualche mese fa, sul punto è stato richiesto un intervento nomofilattico delle Sezioni Unite della Cassazione17; la Corte non si è ancora espressa, ma è possibile operare qualche congettura sui possibili sviluppi che tale tematica potrà avere nel nostro ordinamento.

Innanzitutto, per comprendere a fondo il tema, è necessaria una preliminare definizione del concetto di ordine pubblico.

La sentenza n. 19405/2013 della Cassazione, in particolar modo, lo descrive “come complesso di principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo”18.

L’ordine pubblico, dunque, non è solo interno: se così fosse,

16Cass., sez. II, 12 giugno 2008, n. 15814, in IusExplorer (banca dati).

17 L’intervento è stato richiesto da ordinanze interlocutorie della stessa Corte di

non potrebbe esistere la diversità tra i vari sistemi giuridici e si dovrebbe ammettere l’inutilità del diritto internazionale privato19.

Ergo, per affermare la contrarietà di una disposizione all’ordine pubblico non è sufficiente il mero contrasto con una qualsiasi norma presente nel nostro ordinamento; il contrasto esiste laddove vengano violati i valori costituzionali essenziali. La contrarietà all’ordine pubblico sussiste ogniqualvolta al nostro legislatore sia precluso introdurre, ipoteticamente, una norma analoga a quella straniera20.

Già da questa ricostruzione si evince come il danno punitivo non possa essere ritenuto contrario all’ordine pubblico: potrebbe esserlo soltanto se la liquidazione dello stesso portasse a un risultato abnorme21.

Non solo: il punitive damage consente la modulazione dell’elemento soggettivo per decidere l’entità dell’obbligazione risarcitoria. La colpa, il dolo eventuale e il dolo specifico assumono una rilevanza importante nella determinazione del quantum da corrispondere al danneggiato22.

Ovviamente, introducendo un sistema simile nel nostro ordinamento, sorgerebbero dubbi in merito al metodo da utilizzare per commisurare l’entità del punitive damage: certo, potrebbe essere utilizzato un sistema tabellare capace di collegare la tipologia di danno alla sanzione. Ma nulla vieta che si possa fare appello a una valutazione equitativa del giudice, operata sulla base di alcuni criteri prefissati, come la gravità, l’intensità dell’elemento soggettivo e l’entità del profitto del trasgressore23.

In ogni caso, con particolare riferimento alle ipotesi delle lesioni personali, il confine tra compensazione e sanzione sarebbe

19 Cass., 16 maggio 2016, n. 9978, in Persona e danno, a cura di P.CENDON, Key

Editore, in personaedanno.it

20 Cass., 16 maggio 2016, n. 9978, in op. cit. 21 Cass., 16 maggio 2016, n. 9978, in op. cit.

22 C.SCOGNAMIGLIO, L’evoluzione del sistema della responsabilità civile ed i

danni punitivi, in Questione Giustizia, questionegiustizia.it

23 C.SCOGNAMIGLIO, L’evoluzione del sistema della responsabilità civile ed i

estremamente labile: non si può trascurare come, già adesso, nel nostro ordinamento, anche l’equità del giudice svolga un ruolo fondamentale nella determinazione del quantum risarcitorio, accanto agli indici tabellari24.

In conclusione, si può affermare che lo strumentario della tutela civile dei diritti è totalmente immerso nel contesto giuridico e culturale del tempo25.

Esso vive in una dimensione diacronica, ed è, proprio per questo motivo, suscettibile di recepire i cambiamenti che avvengono in sede sociale, prima ancora che giuridica.

Indubbiamente, la sensibilità giuridica sta attraversando un periodo di profondo cambiamento: ormai non è più possibile ignorare la diffusa inquietudine nei confronti dell’attuale sistema della responsabilità civile.

È molto difficile prevedere se il nostro ordinamento recepirà o meno la funzione punitiva della responsabilità civile, accogliendo le suggestioni internazionali.

Tuttavia, non è possibile escludere a priori che l’ormai prossimo intervento delle Sezioni Unite della Cassazione possa aprire la strada a un nuovo modo di concepire il risarcimento del danno in sede civile.

4.3 L’art 2113 cod. civ. e l’indisponibilità dei diritti del lavoratore

Nel documento Il danno alla persona nel rapporto di lavoro (pagine 125-131)