prospettive europee
3.3 Il coordinamento delle indagini nell'impianto del Decreto legge 7 del
3.3.2 La condivisione delle informazioni: verso un' unica banca dat
La novità di maggior rilievo non può non essere individuata in quella introdotta dal comma 3, dell'art. 9 del D. l. in commento, la quale integra l'art. 117 c.p.p. – recante la disciplina sulla condivisione di atti ed informazioni tra i diversi uffici giudiziari –, sostituendo il comma 2-
bis ed andando così a disciplinare i registri e le banche dati delle DDA
– rectius dei poteri del PNAA di accesso ai medesimi.
Il comma da ultimo citato – ai fini della trattazione – può essere suddiviso idealmente in due parti: la prima si limita ad aggiornare il testo in punto di accesso ai registri in ragione delle intervenute modifiche ad alcune tipologie di essi – cd. antimafia. Per effetto della modifica, è prevista la facoltà per il PNAA – nell'esercizio delle funzioni di cui all'art. 371-bis c.p.p. – di accedere a tutti i registri inerenti al procedimento penale e di prevenzione11. Di maggiore
impatto è, invece, la modifica inerente le banche dati, la quale muove dall'assunto per cui i sistemi informativi della DNA rappresentano un modello di riferimento anche a livello internazionale per il contrasto alla criminalità organizzata. Allo stato dell'arte, la mera estensione del patrimonio informativo della DNA anche ai reati di terrorismo
11 Parte della dottrina ha evidenziato come ratio della norma sia di consentire al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo il controllo sull'iscrizione dei procedimenti nei registri dedicati, cfr. sul punto L. BRESCIANI, Artt. 117-118, in
Commento Chiavario, II ed., Torino 1993, p. 62. In argomento si veda anche A.P.
determina la disponibilità, per i diversi interlocutori nazionali ed internazionali, di un patrimonio informativo unico, che consente un'azione di contrasto alla criminalità perseguibile soltanto grazie alla concentrazione delle informazioni a disposizione delle diverse procure italiane. Simile raccolta rappresenta molto più della semplice somma dei patrimoni informativi delle Procure da cui è ottenuto, in quanto custodisce tutta l'informazione che nasce dalla messa a fattor comune, dall'analisi, dall'integrazione e dal confronto con altre banche dati e con tutto ciò che nella rete è disponibile in riferimento agli elementi acquisiti dagli atti processuali12.
In un contesto criminale caratterizzato dalla molecolarità delle strutture e dalla pulviscolarità13 delle condotte, composto da non-Stati e territori
indefiniti, diviene indispensabile unificare la raccolta delle informazioni e sviluppare sistemi di elaborazione e di analisi che tengano conto della complessità dei big-data – ossia del sistema delle informazioni relative alla criminalità organizzata di ogni tipo: in tal senso era fondamentale abbattere le barriere territoriali e concettuali sulla specificità dei reati. Simile approccio appare foriero di una portata rivoluzionaria: mentre, infatti, il testo previgente prevedeva la facoltà per il PNA di “consultare” direttamente le banche dati istituite presso le DDA e di realizzare eventuali collegamenti reciproci, quello vigente è riferito alle banche dati «logiche dedicate alle procure distrettuali e realizzate nell'ambito della banca dati condivisa dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo»14. E', quindi, la DNA
che deve assumere il compito di curare la formazione di un bacino di conoscenze, previa adozione di tutti i meccanismi necessari a
12 Evidente il riferimento ai poteri del Procuratore disciplinati dall'art. 371-bis lett. c), c.p.p. e cioè l'acquisizione ed elaborazione di notizie, informazioni e dati ai fini del coordinamento investigativo.
13 In tal senso, F. ROBERTI, L. GIANNINI, op. cit., cit., p.112. 14 I. CIARNIELLO, op. cit., cit. p. 5.
salvaguardare il segreto istruttorio. Il patrimonio informativo giudiziario italiano trova, quindi, nella DNA e nei suoi sistemi il naturale centro di riferimento e di analisi. Il sistema delineato garantisce sicurezza, riservatezza e tracciabilità, consentendo, altresì, un'elaborazione sinergica dei dati: la rapidità decisionale nel campo dell'antiterrorismo rappresenta, infatti, un fattore particolarmente critico – ma al contempo decisivo – per il successo delle indagini e della prevenzione.
La ratio della disposizione si traduce nel consentire al titolare delle rispettive funzioni a livello nazionale di verificare la sussistenza di ipotesi di coordinamento non attuate o di procedimenti rilevanti ex art. 51, comma 3-bis e 3-quater c.p.p., ma non correttamente iscritti: la prassi attuativa della stessa ha, tuttavia, sollevato non trascurabili problemi applicativi.
Tra le questioni interpretative poste all'attenzione degli interpreti rileva l'interrogativo circa l'esistenza o meno di un diritto in capo al PNAA di ottenere copia degli atti dei procedimenti e la sussistenza di un obbligo o di una facoltà per le DDA di popolare le banche dati. Sotto il primo profilo, avendo il Legislatore in precedenza optato per una scelta “debole” sui poteri di coordinamento del PNAA, l'attribuzione di un potere più stringente era destinato a scontrarsi con la spinta dei singoli uffici giudiziari a preservare la propria autonomia ed il proprio potere diffuso, rispetto ad una ideale gerarchizzazione insita nell'espansione delle potestà dell'ufficio15. Simile conflitto è stato oggetto di un
intervento chiarificatore del CSM, che – con delibera del 2012 – ha statuito come l'esistenza di questo diritto si desuma dal sistema e specificamente dalla presenza di banche dati cui il PNA ha diritto di
accesso16- e dei cui atti ha, quindi, diritto ad avere una copia: il comma
2-bis diviene, così, norma di assoluta centralità nella strutturazione dei rapporti tra DNA e DDA.
Siffatta primazia è, poi, stata minata a seguito dell'emersione del nodo applicativo relativo allo scarso popolamento delle banche dati – cd. sistema SIDDA/SIDNA17 – ad opera dei singoli uffici distrettuali.
In forza della caratterizzazione delle banche dati quali strumenti centrali ai fini dell'esercizio delle funzioni del PNA, è evidente come il tentativo degli uffici di preservare la segretezza delle proprie indagini – non condividendone i dati con il sistema SIDDA/SIDNA – pregiudichi l'efficace operatività dell'intero sistema di coordinamento nazionale delle attività investigative, dal momento che la DNA non svolge attività diretta di acquisizione delle notitiae criminis, né di indagine. Ancora una volta è stato un intervento del CSM a prescrivere ai singoli uffici di predisporre regole uniformi per l'organizzazione delle banche
16 La stessa delibera ha inoltre precisato che il PNA «può richiedere a qualsiasi ufficio del pubblico ministero la trasmissione di atti d'indagine che ritenga collegate ad altre indagini in corso presso una direzione distrettuale antimafia ed impartisce direttive sullo scambio di atti tra le diverse procure distrettuali antimafia» in
Delibera del Consiglio Superiore della Magistratura, “Rapporti fra Procura
nazionale antimafia e procure distrettuali in merito alla trasmissione degli atti di indagine”.
17 Il sistema informativo della Direzione Nazionale Antimafia SIDDA/SIDNA ha compiti di analisi e studio dei sistemi per l'informatizzazione degli uffici delle DDA e della DNA, nonché dei sistemi di raccolta e gestione automatizzata dei dati. È quindi un archivio informatizzato e dinamico delle informazioni provenienti dai procedimenti penali e di prevenzione in materia di criminalità organizzata. Il sistema informativo di ciascuna DDA è stato ideato come unità autonoma e autosufficiente, analogamente a quello della DNA: a quest'ultima, però, spetta il compito di realizzare e gestire il patrimonio informativo comune all'intera organizzazione, nel quale siano organicamente ed efficacemente strutturati i dati d'interesse. A livello centrale è stata prevista la creazione di una banca dati nazionale riusltante dalla fusione delle informazioni provenienti da ciascuna delle banche dati distrettuali: i patrimoni informativi locali, infatti, sono periodicamente trasferiti in DNA. I fini di tale attività di “fusione” sono l'individuazione di correlazioni tra indagini effettuate da DDA diverse, al fine di promuoverne la cooperazione – e quindi aumentarne l'efficienza –, costituzione di un quadro complessivo sulla criminalità organizzata in Italia. Cfr. F. ROBERTI, Il coordinamento nazionale, op. cit., p. 144 ss.
dati18.
Simile soluzione continua a qualificarsi in termini di scelta “debole”, demandando alla buona volontà degli uffici requirenti – nel tentativo di preservarne l'autonomia – l'efficacia delle banche dati: dagli atti del CSM risulta come, nonostante l'intervento dello stesso, la situazione sia rimasta sostanzialmente immutata.
L'intervento normativo in parola coglie, poi, l'occasione per spostare l'attenzione dal contenitore – i registri – al contenuto – le informazioni ivi riportate: l'esercizio dei poteri di coordinamento ed impulso si fonda, infatti, sulla conoscenza delle informazioni, mentre l'accesso ai registri ne costituisce solo una delle possibili modalità19.
In questo senso, sarebbe stato necessario dar vita ad un'unica banca dati, attraverso un tendenziale accentramento rispetto alla precedente visione “stellata” del sistema: all'interno della stessa avrebbero dovuto transitare tutti gli elementi informativi delle banche dati gestite a livello locale, in modo da garantire la riservatezza e confidenzialità delle informazioni e la loro assoluta ed esclusiva gestione in capo ai Procuratori distrettuali che ne siano titolari. Elemento fondante la coerenza – anche sotto il profilo giuridico in termini di riservatezza – di simile logica di accentramento strutturale è la disposizione per la quale, in ogni caso, nessun dato custodito nella banca dati della Procura distrettuale possa essere sottratto all'esigenza conoscitiva del PNAA, pena l'impossibilità di coordinare e dare impulso alle indagini: la banca dati fisica attualmente presente nelle Procure distrettuali
18 Cfr. G. SPANGHER, Considerazioni sul processo “criminale” italiano, Giappichelli Editore, Torino, 2015, p. 14 e ss.
19 Sarebbe contraddittorio se l'accesso del PNA all'insieme delle informazioni di registro concernenti le attività di indagine e la cognizione penale in generale, dovesse essere solo la conseguenza dell'accorpamento, per via informatica, dei vari registri e non già l'espressione di un potere originale e funzionale all'esercizio delle funzioni di coordinamento e impulso demandategli. Sul punto si veda F. ROBERTI, L. GIANNINI, op. cit., pp. 103-104.
viene, così, resa speculare alla equivalente presso la DNA.
3.4 La nuova struttura organizzativa della DNA(A): le modifiche