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La cooperazione internazionale: tra luci e ombre

prospettive europee

3.7 La cooperazione internazionale: tra luci e ombre

Alla luce delle precedenti considerazioni e in forza dell'essenzialità degli interessi coinvolti, non è possibile ignorare i “danni collaterali” - di carattere strettamente personale – derivanti dalla pretesa di ricondurre entro i canoni della legalità – e anzi della irrinunciabilità – la prassi invalsa di controllo e classificazione di mezza umanità in

nome del contrasto al terrorismo46.

A fronte dell'opposta tendenza allo schizofrenico accumulo, la via da percorrere sembra essere quella di una raccolta mirata e selettiva dei dati per un periodo limitato di tempo47: anche ove si ammettesse la

legittimità di imponenti ingerenze nella sfera dei diritti fondamentali – come avviene nel caso di raccolte omnia –, questa non si rivelerebbe effettivamente utile né in chiave di lotta al terrorismo e di tutela della sicurezza dei cittadini, né sul piano della prevenzione48 e repressione.

Il tema non è certo ignoto alla giustizia europea – come testimoniano le pronunce della Corte di Giustizia49, della Corte europea dei diritti

dell'uomo, nonché di alcune Corti costituzionali nazionali, tra le quali

46 A proposito dell'acritica fiducia nella raccolta indiscriminata di dati come strumento utile contro il terrorismo, giova ricordare il caso Wikileaks-Julian Assange del 2010, con il caso Datagate del 2013/2014.

47 Dal momento che le raccolte indiscriminate di dati sono inutili, sarà necessario un efficace controllo su questo tipo di attività che – nel nostro ordinamento – non potrà che essere affidato al Copasir ossia all'istituzione titolare, sul piano politico, del potere di vigilanza sull'attività delle Agenzie di informazione. Un controllo che – data l'estensione, a cui si è assistito negli ultimi anni, del segreto di Stato – dovrebbe essere più incisivo: lo stimolo è arrivato anche dal Garante per la protezione dei dati personali, il quale ha invitato caldamente il Copasir all'esercizio dei propri poteri di impulso e garanzia rispetto all'operato dei Servizi Italiani. In tal senso si esprime A. SPATARO, Strategie di contrasto al terrorismo in Italia, in Atti del convegno:

Terrorismo internazionale. Politiche della sicurezza. Diritti fondamentali, in Speciale QG, settembre 2016, p. 215.

48 Il Garante italiano della protezione dei dati ha affermato «[...] non è sostenibile democraticamente né utile alle indagini. Un'efficace azione di prevenzione del terrorismo deve dunque selezionare gli obiettivi sensibili in funzione del loro grado di rischio e fare della protezione dei dati una condizione strutturale della cyber

security».

49 La sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione del 6 ottobre 2015 – pur non riguardando direttamente il contrasto al terrorismo – costituisce un importante punto di riferimento. In quell'occasione, infatti, la Corte ha dichiarato invalida la decisione della Commissione 2000/520/CE che aveva ritenuto adeguato il livello di protezione dei dati personali garantito dagli Stati Uniti nel contesto del c.d. regime di Safe

Harbour – riguardante il sistema di trasferimento negli USA dei dati di molte società

private. È ipotizzabile che proprio tale sentenza e la consapevolezza dell'impossibilità di discriminare gli utenti di una realtà globale come quella digitale in ragione della loro nazionalità abbia determinato negli Stati Uniti il disegno di legge che estende ai cittadini europei alcune garanzie per il trattamento dei loro dati da parte delle autorità statunitensi – denominato Judicial Redress. Cfr. Comunicato Stampa n. 117 del 2015, il cui testo è disponibile su www.curia.europa.eu.

quella tedesca e portoghese – dalla cui interpretazione – logica e giuridica – deriva una riflessione sulle competenze delle Agenzie di informazione. È necessario, in primo luogo, evitare ogni possibile commistione tra le competenze di simile Agenzia e quelle della polizia giudiziaria: le funzioni dell'intelligence non sono investigative in senso giudiziario ed, anzi, se le agenzie entrano in possesso di notizie di reato debbono obbligatoriamente comunicarle alla polizia giudiziaria per le indagini di competenza; quest'ultima, a sua volta, dovrà comunicare al p.m. ogni notizia di reato «senza ritardo». Nonostante la necessità di rispettare le descritte divergenti finalità e competenze, le Agenzie di informazione e le forze di polizia giudiziaria sono tenute a coordinarsi tra loro.

Sarebbe auspicabile, in questo senso, il perseguimento di una compiuta sinergia tra tutte le istituzioni e le forze in campo, anziché il mero rafforzamento dell'intelligence – che pare emergere dagli indirizzi europei –, senza alcun contemporaneo intervento finalizzato a rendere effettiva la cooperazione giudiziaria internazionale.

Quest'ultima riscontra le maggiori difficoltà in ordine al proprio funzionamento nelle differenze ordinamentali sussistenti tra gli Stati europei: nella generalità di questi, infatti, non vige il principio in forza del quale la direzione della polizia giudiziaria spetti ai pubblici ministeri – con conseguente elaborazione comune delle strategie investigative e sottrazione alle medesime delle scelte politiche –, così come è sconosciuto il principio di assoluta indipendenza del p.m. rispetto al potere esecutivo. La scelta di operare prevalentemente attraverso i servizi di intelligence – per natura tenuti a mantenere “sotto chiave” le informazioni di cui dispongono –, comporta la necessarietà della guida politica50, talvolta anche a scapito

dell'efficienza operativa e della qualità dei risultati. Ulteriore ricaduta negativa di simile impostazione si stanzia nella necessaria segretezza delle regole in base alle quali operano i Servizi: la stessa comporta, a sua volta, l'irriducibile difformità ed incontrollabilità tra i modus

operandi di ciascuno.

Ulteriore decisivo ostacolo al funzionamento della cooperazione giudiziaria – che esula da problemi di struttura costituzionale – è rappresentato dal portato della diffusa resistenza a condividere, a fini investigativi, le notizie e i dati utili51. Simili difficoltà,

complessivamente considerate, vanno a minare la ratio stessa delle banche dati, nonché a compromettere la cooperazione internazionale, tanto da far presumere l'attuale mancanza di una effettiva attitudine a dar vita a forme concrete di collaborazione.

L'Europa deve essere capace di frapporre alla libertà d'azione dei gruppi criminali terroristici – e alla loro capacità di proselitismo attraverso il web – un'altrettanto agile e globale azione investigativa e repressiva, che comporti una reciproca fiducia nel grado di affidabilità dei rispettivi ordinamenti – pur sensibilmente diversi –, l'abbandono di visuali particolaristiche ed un'attenuazione dell'impatto negativo che frontiere giuridiche e culturali determinino sull'azione repressiva di così gravi fenomeni delittuosi.

Segnali positivi provengono da alcune scelte virtuose – e anche coraggiose – dell'Unione Europea, tra le quali debbono essere annoverate l'adozione del Mandato di Arresto Europeo, la costituzione

rafforzamento della repressione rimessa ai servizi di informazione, in tal senso, A. SPATARO, op. cit., p. 216.

51 Questo appare come un vero e proprio paradosso: se in astratto, infatti, si ribadisce l'importanza della raccolta e dello scambio dei dati in vista del rafforzamento della cooperazione giudiziaria sul piano concreto, poi, tra gli Stati europei, non si scambiano quelle informazioni che sarebbero davvero utili a tale scopo. Ibidem.

delle squadre investigative comuni52, la Decisione-quadro del

Consiglio UE sulla definizione dell'atto di terrorismo, nonché la creazione di Eurojust ed Europol53. Alla luce di quanto affermato

sembra condivisibile la posizione di coloro che si mostrano critici verso l'adozione di nuovi strumenti ed istituti54, coincidendo simile

prospettazione con il cuore pulsante della questione. L'energia spesa a livello internazionale, esclusivamente circoscritta nella direzione di moltiplicare gli interventi di facciata – Dichiarazioni quadro e Risoluzioni –, si è sinora mostrata nella propria inevitabile incapacità risolutiva: la stessa dovrebbe piuttosto essere finalizzata all'assunzione di un ruolo guida nel dibattito, chiedendo convergenza sugli strumenti che effettivamente dovrebbero essere risolutivi, in una cornice di pieno rispetto dei principi costituzionali.

E' necessario, dunque, che sia effettivamente percorsa e rafforzata la “vera” cooperazione internazionale, senza affidarsi ai falsi fantasmi delle raccolte di dati – big-data retenction –, invece di fornire informazioni suscettibili di essere ridestinate dai gruppi terroristici per quelle stesse attività di proselitismo che si intende contrastare55.

52 La possibilità di costituire tali squadre investigative comuni è stata riconosciuta in Italia con il D. lgs. n. 34 del 2016, mentre sono state previste a livello europeo dapprima con la Convenzione di Bruxelles – relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale del maggio 2000 – poi con la Decisione-quadro n. 2002/465/GAI e, infine, con la raccomandazione del Consiglio del maggio 2003 con la quale è stato adottato il modello formale di un accordo per la costituzione di siffatte squadre. Per soddisfare la medesima esigenza di collaborazione, le squadre investigative comuni sono state previste anche dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale – adottata dall'Assemblea Generale il 15 novembre 2000. Si veda amplius A. SERRANO', Le armi razionali contro il terrorismo

contemporaneo. La sfida delle democrazie di fronte alla violenza terroristica, Giuffrè

Editore, 2009, p. 87 e ss. 53 Vedi supra, cap. I, §

54 Su tutti, A. SPATARO, che ribadisce, a più riprese, come la sua critica non sia rivolta ai Servizi di intelligence – i quali rappresentano una via imprescindibile – quanto all'atteggiamento puntiforme dei Legislatori che manca di potenziare gli strumenti già predisposti. Cfr. op. cit., passim.

55 Da segnalare in proposito il testo licenziato, pochi giorni fa, dalla Commissione Vidino contenente importanti suggerimenti per la legge – che andrà in discussione

3.8 Dai fallimenti attuali verso la Procura Europea