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Controlli e regolamentazione dell'attività acquisitiva: le garanzie individual

prevenzione e repressione

2.9 Le intercettazioni informatiche tramite captatore

2.9.3 Il contrappasso tra una tutela onnicomprensiva e i principi di rango costituzionale

2.9.3.1 Controlli e regolamentazione dell'attività acquisitiva: le garanzie individual

Il problema del controllo dell'attività materiale di acquisizione delle informazioni è conseguenza dell'indirizzo giurisprudenziale secondo cui, il decreto autorizzativo coprirebbe anche l'area relativa all'invasione degli spazi privati assistiti da garanzia costituzionale, dal momento che l'ingresso nei luoghi di privata dimora rappresenterebbe la naturale modalità attuativa delle intercettazioni ambientali – con l'ovvio sacrificio della regolamentazione e della documentazione delle attività conseguenti. Dal combinato disposto delle norme codicistiche e costituzionali emerge come nella materia intercettativa non possano essere ammesse attività che, una volta autorizzate, sfuggano al controllo – sia ex ante ad opera dell'Autorità giudiziaria, sia ex post sugli atti relativi all'intercettazione: in tal senso la verbalizzazione delle attività materiali pare essere una necessità imprescindibile142. Non

dobbiamo dimenticare che se per le intercettazioni ambientali la costante giurisprudenza ha legittimato l'intrusione nel luogo di privata dimora col provvedimento autorizzativo dell'intercettazione ciò non può che costituire conferma in ordine alla dovuta documentazione di tutta l'attività materiale conseguente. Conclusione, questa, a favore della quale militano non soltanto i principi generali del sistema – che escludono la conformità per attività di riflesso processuale prive di documentazione – ma anche le regole poste a presidio della

142 Questo appare vero, tanto nel caso in cui il posizionamento dello strumento di captazione avvenga in occasione del compimento di atti che possono dirsi “tipici” dell'immissione consentita dell'Autorità giudiziaria, quanto nei casi in cui manchi del tutto un'attività tipizzata alla quale comunque collegare l'intervento di inserimento di detti strumenti. Cfr. A. GAITO, Vizi procedimentali e inutilizzabilità delle

conoscibilità di ciò che è stato compiuto in tema di intercettazione, stante il disposto dell'art. 267, comm 3, c.p.p., che prevede come necessaria l'indicazione, insieme alla durata, delle modalità di intercettazione. Sul punto è stata la dottrina che, nell'avvertire il pericolo, sotto il profilo costituzionale, dell'apparente vuoto normativo connesso alle modalità esecutive delle intercettazioni tra presenti, ha indicato come unica via percorribile quella di rendere effettivo il portato del su citato art. 267 c.p.p., attribuendo al decreto del p.m. l'onere di individuare le modalità dell'intercettazione medesima e la delega alla p.g.

Date queste premesse pare necessario ripensare il sistema delle garanzie, adeguandolo alle possibilità invasive che lo sviluppo tecnologico consente. La pretesa di aver creato con l'impianto del codice del 1988 un sistema di captazione occulta garantista – data la subordinazione all'autorizzazione del giudice – si scontra con il riconoscimento dell'attività gestionale in capo all'organo dell'accusa. A simile vizio di fondo la prassi ne ha cumulato uno ulteriore che consiste nella compressione della portata dell'art. 267, comma 3, c.p.p. attraverso la sostanziale eliminazione dell'indicazione delle modalità esecutive del contenuto del decreto emesso dal p.m. La situazione così venutasi a determinare non pare corrispondere alle esigenze di garanzia e controllo imposte dalla Costituzione e dalla CEDU143.

A dover essere riconsiderato, in ragione della finalità a cui è preordinato, è il contenuto del decreto esecutivo: il problema si annida nella considerazione della fase relativa all'esecuzione delle captazioni

143 La Corte Costituzionale ha sancito che l'effettività dell'art. 15 Cost. postula garanzie che attengono alla predisposizione, anche materiale, dei servizi tecnici necessari per le intercettazioni in modo che l'autorità giudiziaria possa esercitare anche di fatto il controllo richiesto. In senso più ampio, la Corte E.d.u. ha ribadito, a più riprese, come ogni intercettazione rivesta di per sé la caratteristica di ingerenza della pubblica autorità nella sfera privata, cosicchè ogni attività attraverso la quale si esplica dovrà essere minuziosamente disciplinata dalla legge.

come segmento comprendente attività meramente formali, che attengono alla documentazione degli atti medesimi – regolata dall'art. 89, disp.att. c.p.p. – la cui inosservanza non inciderebbe sul nucleo minimo delle garanzie che assicurano la copertura costituzionale delle ingerenze sulla sfera dei diritti fondamentali. La realtà dei fatti si attesta su un diverso livello: le prerogative concesse al p.m. in ordine alle disposizioni relative alle varie operazioni captative determinano prassi invalse che si scontrano con quell'effettività dei controlli imposta dall'invasione della libertà altrui, oltre che dalla conformità di ciò che concretamente viene posto in essere, al consentito. Ciò che appare evidente ictu oculis è una confusione di fondo in merito al contenuto del decreto esecutivo riconducibile probabilmente alla sovrapposizione della rilevanza giuridica del provvedimento autorizzativo al decreto stesso, che determina l'elizione del portato dell'art. 271 c.p.p. – in relazione ai vizi che affliggono il decreto per modalità e durata delle intercettazioni. All'origine di tutto si trova forse la natura stessa dell'atto – un decreto – e la regola generale della non motivazione del tipo laddove non diversamente disposto, nonostante in direzione opposta si orienti il comma 3, dell'art. 267 c.p.p. dal quale risulta, non soltanto che in tal caso il decreto debba essere motivato, ma soprattutto che lo stesso sia atto dovuto per tutte le operazioni di intecettazione, comprese quelle preventivamente autorizzate dal giudice144. La diversità di ambito operativo tra gli atti è evidente:

laddove al giudice è commesso il giudizio sulla sussistenza dei presupposti legittimanti l'intercettazione – tra i quali: limiti astratti di legittimità ex art. 266, sussistenza di indizi di reato, etc. –, al p.m.

144 La soluzione così delineata, oltre che pacifica, è l'unica praticabile tanto in una lettura congiunta con le disposizioni di cui all'art. 268, comma 3 e 3-bis c.p.p., quanto in relazione logica i primi due comma dell'art. 267 e alla convalida dell'intercettazione. Cfr. L. FILIPPI, L'intercettazione di comunicazioni, Giuffrè Editore, Milano, 1997, pp. 116 e ss.; A. GAITO, S. FURFARO, op. cit., p.20.

spetta l'individuazione e l'indicazione degli elementi, in fatto e in diritto, necessari per l'effettività dell'intercettazione.

Nel sistema complessivamente delineato forse l'elemento dissonante è proprio l'ampiezza di poteri riconosciuta al p.m. – il quale «dispone l'intercettazione» – in quanto l'attività esecutiva delle intercettazioni impone scelte di sapore giurisdizionale. L'indicazione, dovuta dal p.m., circa le modalità di intercettazione non potrà che avere ad oggetto tutto ciò che attiene all'acquisizione della prova con le relative specificità, nonché tutti gli aspetti incidenti sulla legittimità di questa che si pongono al di fuori della competenza del giudice – relgato ad un'attività autorizzativa dell'attività di intercettazione. Ciò solo potrebbe valere a fondare la necessarietà della motivazione del decreto – e non solo nei casi di utilizzazione di impianti di captazione diversi da quelli esistenti presso le Procure, come disposto con effetto limitante dall'art. 268, comma 3, c.p.p. – dal momento che le determinazioni esecutive individuano i contenuti minimi, al fine di consentire l'esercizio delle possibilità di controllo sulle attività materiali di captazione: il risultato di queste costituirà prova nel processo145.

2.9.4 Il valore probatorio e la pericolosità del mezzo: