• Non ci sono risultati.

prevenzione e repressione

2.8 Il ricorso alle intercettazioni: il difficile connubio tra tutela dei diritti fondamentali ed esigenze investigative

2.8.4 La conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico: la distanza dalla disciplina delle intercettazion

2.8.4.1 Sviluppi nella disciplina

Negli ultimi vent'anni, lo sviluppo delle nuove tecnologie ha prodotto notevoli mutamenti negli ordinamenti nazionali e sovranazionali, al punto da provocare il passaggio ad una “nuova era giuridica”.

Il Decreto Pisanu del 2005 è intervenuto sull'obbligo di conservazione dei dati del traffico telefonico e telematico, creando un nuovo regime di acquisizione più agile che attribuisce al p.m. nuove possibilità apportando modifiche alle tipologie di dati, tempi di conservazione e modalità di acquisizione di cui all'art. 132 del D.lgs. n. 196 del 2003 – recante il Codice in materia di protezione dei dati personali.

Il D.l. n. 7/2015 ha introdotto una sorta di “nuovo statuto della prova informatica e telematica”110, che ha inciso sul settore delle

110 Cfr. P. CAPUTO, La conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico

comunicazioni, in particolare sulla conversazione dei dati, data

retention. La regolamentazione dei tempi di conservazione e dei modi

di acquisizione dei dati esterni alle conversazioni telefoniche e comunicazioni telematiche viene interessata da diverse norme della L. 43 del 2015 e quella che ne risulta è una disciplina di difficile interpretazione, tanto da rendere legittimo l'interrogativo se nel rapporto tra compressione del diritto alla riservatezza e tutela della sicurezza si sia effettivamente ricavato un beneficio111.

L'art. 226 disp. att. c.p.p, al comma 3, nel prevedere una serie di adempimenti, dispone «l'immediata distruzione dei supporti e dei verbali». Simile prescrizione, in seguito alla riforma de qua, si arricchisce di una comma 3-bis che espressamente deroga alla regola di garanzia della privacy abilitando le forze di polizia a conservare i tabulati fino a ventiquattro mesi dalla loro acquisizione112. In una

materia dalle così profonde contraddizioni, mal si comprende la scelta di consentire la data retention alle forze di polizia fino a due anni: simile prerogative rischia di produrre un'inutile accumulazione di informazioni presso gli uffici di queste113.

La modifica introdotta all'art.4-bis della Legge di conversione non costituisce modifica al regime di conservazione dei dati di traffico

111 Si veda amplius S. SIGNORATO, Contrasto al terrorismo e data retention:

molte ombre e poche luci, in Il nuovo pacchetto antiterrorismo, R. E. KOSTORIS, F.

VIGANO' (a cura di), Giappichelli Editore, Torino, 2015, pp. 81-88.

112 Così recita il comma 3-bis:« in deroga a quanto previsto dal comma 3, il procuratore può autorizzare, per un periodo non superiore a ventiquattro mesi, la conservazione dei dati acquisiti, anche relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, quando gli stessi sono indispensabili per la prosecuzione dell'attività finalizzata alla prevenzione dei delitti di cui al comma 1» 113 Se, infatti, ai sensi dell'art. 132 del codice privacy i dati di traffico telefonico devono essere cancellati dopo due anni non si capisce perchè laddove le forze di polizia – avvenuta la distruzione dei supporti – necessitino nuovamente di quelle informazioni non debbano reiterare la richiesta di acquisizione al Procuratore distrettuale, ma possano accedere ad una propria banca dati. Cfr. A. CISTERNA,

All'Aise l'attività di informazione verso l'estero, in Il quotidiano del diritto – il Sole 24 ore, n. 19, 2016, p. 3.

telefonico e telematico previsto dall'art. 132 del Codice privacy, ma piuttosto una previsione in deroga, che riguarda i “soli” casi di cui agli artt. 51, comma 3-quater e art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p., prevedendo che i dati relativi al traffico vengano conservati dalla data di entrata in vigore della legge di conversione – 21 aprile 2015 – fino al 31 dicembre 2016 – a decorrere dal quale le disposizioni in esame cessano di applicarsi. Tali dati vengono conservati dai gestori «per finalità di accertamento e repressione dei reati». Ad una attenta lettura, la norma appare difficilmente interpretabile, in quanto disegna un regime di conservazione del traffico telefonico deteriore rispetto a quello ordinario e proprio nelle indagini per i reati de quo114. La

difficoltà di contemperare le esigenze di giustizia e quella di riservatezza che da sempre caratterizzano tale materia – come dimostrato dalle innumerevoli modifiche intervenute sull'art. 132 del codice privacy115 – trovano conferma delle diverse interpretazioni cui

si presta la norma, a seconda che la dizione «per finalità di accertamento e repressione dei reati» venga intesa come riferita solo ai

114 Ciò comporta che il range temporale più favorevole ex art. 132 Codice privacy sarà compresso via via fino alla totale distruzione alla data del 31 dicembre 2016 nella nuova versione. Cfr. A. CISTERNA, ivi, p. 5.

115 Nella versione originaria – adottata in attuazione della dir. n. 2002/58/CE – prevedeva un obbligo del gestore di conservare i dati di traffico per fini di accertamento e repressione per trenta mesi. Con la modifica del 2004 – l. n. 45 – fu previsto un termine di conservazione di ventiquattro mesi, prorogabile solo per i reati più gravi. Solo un anno più tardi, il pacchetto Pisanu conferma, da un lato, il doppio termine di conservazione dei dati – di traffico telefonico e telematico – e introduce, dall'altro, per i soli reati di terrorismo, una sospensione generale dell'applicazione dell'art.132 fino al 31 dicembre 2007, con il conseguente obbligo di conservazione di tutti i dati esterni alle conversazioni fino a quella data. Nel 2008, la legge di ratifica della Convenzione di Budapest, prevede un nuovo termine di conservazione dei dati di traffico, da tre a sei mesi, per lo svolgimento di indagini preventive ai sensi dell'art. 226 disp. att. cpp. ovvero per finalità di accertamento e repressione di specifici reati. A concludere è intervenuto il d.lgs. 109/2008 – in attuazione della dir. Frattini – ad unificare i termini di conservazione dei dati di traffico telefonico che diventavano per tutte le categorie di reati di ventiquattro mesi, e la conservazione di dati di traffico telematico veniva prolungata a 12 mesi. Cfr. P. CAPUTO, op. cit., p. 2 e ss.

reati di cui all'art.407, comma 2, lett. a) e 51, comma 3-bis, oppure a tutti i reati – così come poteva indurre a pensare l'espresso riferimento alla finalità di accertamento e repressione dei reati.

Analogamente sofferta è stata l'individuazione del soggetto abilitato ad acquisire i dati presso il gestore di telecomunicazioni. In origine lo strumento giuridico utilizzato per ottenere dal fornitore di servizi l'elaborazione e la consegna dei dati era quello di cui all'art. 248 c.p.p. Oggi è previsto che si proceda all'acquisizione con decreto motivato del pubblico ministero, che può essere emesso anche su istanza dei difensori delle parti processuali116. Su richiesta del Ministro

dell'Interno o, su sua delega, i responsabili dei servizi centrali, il Questore o il Comandante provinciale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza hanno la facoltà di richiedere al Procuratore della Repubblica, presso il Tribunale del capoluogo del distretto, l'autorizzazione ad acquisire i dati esterni relativi alle comunicazioni telematiche e telefoniche intercorse117.

Ci troviamo di fronte, nel complesso, ad una normativa, che non risponde appieno alle richieste della Corte di Giustizia dell'Unione Europea almeno per ciò che concerne il rapporto tra l'obbligo di conservare i dati e una minaccia per la pubblica sicurezza, e la mancata previsione che tale obbligo sia correlato alla necessità di prevenire gravi reati118.

116 Tale attività può risultare utile anche agli indagati e ai loro difensori, in quanto diventano acquisibili nell'ambito di attività investigative difensive o tramite istanza rivolta al pm, per provare il fondamento di un alibi addotto e la propria non colpevolezza, cfr. A. SPATARO, op. cit., p. 186.

117 Cfr. P. CAPUTO, op. cit., p. 4 e ss.

118 La Corte ha infatti precisato che la particolare invasività di questo strumento investigativo – che per sua natura comporta la conservazione dei dati di ciascun cittadino, per consentire eventualmente l'acquisizione in sede processuale dei soli dati degli indagati – non fosse nella direttiva 2006/24/CE, contemperata di correttivi adeguati, in base alla gravità del reato per il cui accertamento si proceda, al termine di conservazione dei dati stessi e al vaglio giurisdizionale che, nella direttiva, non era previsto come necessario. Tali carenze integrerebbero, secondo la Corte, una