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Il confine tra autonomia e subordinazione e le nuove forme di lavoro secondo la giurisprudenza.

La nuova centralità del lavoro autonomo.

1. Il lavoro autonomo: un universo di crescente complessità.

1.3. Il confine tra autonomia e subordinazione e le nuove forme di lavoro secondo la giurisprudenza.

Il problema del lavoro autonomo si è di recente presentato all’attenzione dei giudici da due punti di vista. Il primo è quello della demarcazione delle situazioni di confi- ne tra l’autonomia genuina e le forme di subordinazione nelle quali i tipici poteri di etero-direzione si esprimono in maniera “attenuata”, come negli esempi proposti nel paragrafo precedente, a fronte dell’emergere di esigenze materiali di tutela che attra- versano trasversalmente le diverse qualificazioni giuridiche. Il secondo riguarda in- vece l’interpretazione di fenomeni inediti, originati da modelli di business digitale che tendono a lasciare in ombra o a travisare la figura del datore di lavoro, specie laddove questa venga ricostruita ricorrendo ai metodi qualificatori tradizionali.

Simili problemi si sono riscontrati in numerosi ordinamenti, vuoi per il carattere glo- bale dei processi innovativi da cui hanno tratto causa, vuoi perché, pur con tutte le cautele e le varianti del caso, la distribuzione delle tutele fondata sulle caratteristiche funzionali del rapporto, in base allo schema binario subordinazione/autonomia, è un dato ricorrente a livello comparato, come si ricordava in apertura di questo capitolo. Per esaminare il primo ordine di questioni, è interessante collocarsi al livello dell’U- nione Europea, sulla scorta di attente ricostruzioni dottrinali dell’evoluzione del con- cetto di lavoratore subordinato in quell’ordinamento32. Tali ricostruzioni mostrano

che la Corte di Giustizia, dai tempi ormai risalenti della pronuncia Lawrie-Blum, con cui aveva ricondotto la definizione giuridica di rapporto di lavoro alla «circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retri- buzione», identificando quindi i parametri qualificatori fondamentali con l’eterodire- zione e la corrispettività33, abbia via via precisato e corretto in senso estensivo detta

nozione, attraendo al suo interno situazioni non pienamente collimanti con una con- cezione rigorosa della subordinazione.

Ad esempio, nella pronuncia Allonby la Corte ha affermato che «La qualificazione formale di lavoratore autonomo ai sensi del diritto nazionale non esclude che una persona debba essere qualificata come lavoratore ai sensi dell’art. 141, n. 1, CE se la sua indipendenza è solamente fittizia e nasconde in tal modo un rapporto di lavoro ai sensi del citato articolo»34. In particolare, la condizione di dipendenza a cui guar-

dano i giudici di Lussemburgo non corrisponde ad una stretta soggezione al potere direttivo di un terzo, bensì ad una più generica restrizione della propria «libertà di determinare l’orario, il luogo e il contenuto del loro lavoro», mentre non riveste alcun rilievo qualificatorio il fatto che sul lavoratore non gravi alcun obbligo di accettare i singoli incarichi, indice decisivo di autonomia secondo un orientamento riaffermato anche di recente dalla giurisprudenza italiana (cfr. infra). Analogamente, in Danosa la

32. Cfr. Menegatti, E., The Evolving Concept of “worker” in EU law, «Italian Labour Law e-Journal», 1, 2019, 71, Bologna, https://illej.unibo.it/article/view/9699. Come avverte l’A., la nozione europea di lavoratore è sempre il frutto di una interpreta- zione teleologica da parte della Corte di Giustizia, ponendosi costantemente in funzione del miglior conseguimento del fine al quale la normativa è preordinata (ad esempio, la libertà di circolazione o la parità di trattamento tra uomo e donna).

33. Corte di Giustizia UE, 3 luglio 1986, C-66/85 - Lawrie-Blum / Land Baden-Württemberg, ECLI:EU:C:1986:284, par. 17, in cui peraltro la Corte ha ritenuto sussistere i predetti requisiti anche in un rapporto di tirocinio di preparazione alla professione di insegnante, nel quale la tirocinante aveva fornito prestazioni didattiche retribuite.

34. Corte di Giustizia UE, 13 gennaio 2004, Allonby / Accrington & Rossendale College e altri, ECLI:EU:C:2004:18, parr. 71 e 72.

Corte ha ravvisato gli elementi costitutivi della subordinazione anche nella figura di un membro del Consiglio di amministrazione di una società che fornisca prestazioni a quest’ultima, anche in presenza di una diversa qualificazione da parte del diritto nazionale ovvero in mancanza di un formale contratto di lavoro tra le parti, laddove la lavoratrice in questione, pur disponendo di un «margine di valutazione discrezio- nale nell’esercizio delle sue funzioni [dovesse] nondimeno rendere conto della sua gestione al comitato di vigilanza e collaborare con quest’ultimo», soggiacendo altresì all’autorità disciplinare del medesimo comitato35.

Da ultimo, la Corte di Giustizia sembra avere timidamente accolto all’interno del pro- prio procedimento valutativo elementi posti al crocevia tra le caratteristiche funziona- li del rapporto e la dipendenza economica del lavoratore autonomo nei confronti del proprio committente. Nella pronuncia FNV Kunsten, infatti, i giudici europei hanno coniato la nozione di «falsi lavoratori autonomi» per designare coloro i quali, ancorché legati ad un committente da un contratto di prestazione di servizi (avente ad oggetto, nella specie, la sostituzione dei componenti titolari di un’orchestra), non solo subisca- no limitazioni alla propria libertà di scelta dell’orario, dei luoghi e dei contenuti della propria attività, ma altresì non partecipino ai rischi commerciali del datore di lavoro e siano integrati «nell’impresa di detto datore di lavoro per la durata del rapporto di lavoro, formando con essa un’unità economica»36.

I problemi della seconda specie hanno trovato un terreno fertile nel campo del lavoro on demand tramite piattaforma (costola del più ampio settore noto come gig economy), producendo ricadute giudiziarie soprattutto con riferimento ai servizi di trasporto di persone e di consegna di beni a domicilio. Si tratta di casi, noti alle cronache, nei quali il servizio viene organizzato dall’impresa attraverso una infrastruttura digitale capace di potenti funzioni di calcolo e comunicazione remota, che consentono di mantenere un costante coordinamento tra i lavoratori e l’organizzazione, prescindendo da qual- siasi interdipendenza fisica tra gli stessi. Il coordinamento costituisce, a ben vedere, l’essenza del servizio fornito dalla piattaforma. Cionondimeno, il suo carattere «im- materiale»37, dovuto alla natura degli strumenti utilizzati (ad esempio, applicazioni

per smartphone) e alla loro attitudine a consentire un esercizio attenuato dei poteri di direzione e controllo sulle prestazioni di lavoro, offusca la percezione del ruolo ricoperto della piattaforma nel mettere in relazione il lavoratore e il fruitore finale del servizio, e soprattutto complica l’operazione qualificatoria sul rapporto tra lavoratore e piattaforma, alterando la riconoscibilità dei tipici poteri del datore di lavoro.

Il primo aspetto da rilevare, su cui pare essersi formato un convincimento diffuso tra le Corti di varie latitudini, condiviso anche dalla Corte di Giustizia UE, è che le «piat- taforme della on-demand economy non possano sottrarsi all’applicazione delle regole in materia di lavoro e, soprattutto, di concorrenza, trincerandosi dietro una supposta na- tura di “technology company” (in altri termini, di impresa di software), e non di impresa di trasporto di persone, di consegna di cibo a domicilio, ecc.»38.

35. Corte di Giustizia UE, 11 novembre 2010, C-232/09, Danosa contro LKB Līzings SIA, ECLI:EU:C:2010:674, par. 49. 36. Corte di Giustizia UE, 4 dicembre 2014, C-413/13, FNV Kunsten Informatie en Media / Staat der Nederlanden, ECLI:EU- :C:2014:2411, par. 36.

37. Cfr. Ales, E., Protecting Work in the Digital Transformation, cit., 23.

38. Cfr. Biasi, M., Uno sguardo oltre confine: i “nuovi lavori” della gig economy. Potenzialità e limiti della comparazione, «Labour and Law Issues», 2, 2018, 6 (3), Bologna, https://labourlaw.unibo.it/article/view/8797. Per quanto concerne la Corte di Giustizia, il riferimento è alla sentenza del 20 dicembre 2017, C-434/15, Asociación Profesional Elite Taxi / Uber Systems

Assodato tale profilo preliminare, che consente di ridimensionare la presunta ecce- zionalità delle imprese digitali e ricondurle all’ordinarietà degli schemi di interpreta- zione giuridica, e volgendo l’attenzione sui profili applicativi, l’esperienza giurispru- denziale più significativa in Italia, giunta finora al secondo grado di giudizio, è quella compiuta dalle Corti torinesi con riferimento al caso di alcuni “ciclofattorini” impie- gati dalla piattaforma di consegna di cibo a domicilio Foodora. I lavoratori, reclutati con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, avevano domandato l’accer- tamento della sussistenza di un rapporto di subordinazione invocando di essere stati soggetti alle direttive e al continuo controllo da parte della piattaforma. L’istruttoria aveva permesso di ricostruire le seguenti circostanze di fatto: 1) le prestazioni veni- vano eseguite per mezzo di strumenti in possesso dei collaboratori – una bicicletta e uno smartphone – corredati da un apparato tecnico specifico, composto da casco, giubbotto e bauletto recante i segni distintivi della committente, fornito in comodato da quest’ultima; 2) i riders erano liberi di aderire alle chiamate che l’impresa periodi- camente diramava, tramite la propria piattaforma digitale, sulla base dei fabbisogni previsti; 3) la committente conservava la facoltà di rifiutare le disponibilità ricevute, così come ai lavoratori era consentito di revocarle con un dato un preavviso. In difetto di preavviso l’impresa poteva disporre l’esclusione del lavoratore dai turni successivi; 4) qualora invece la disponibilità fosse stata accolta, il prestatore, una volta comprova- ta tramite geo-localizzazione la propria presenza nel punto di partenza predefinito, e ricevuti gli indirizzi di raccolta e di recapito del materiale, avrebbe dovuto effettuare la consegna entro un intervallo tassativamente imposto, pena l’applicazione di una sanzione; 5) durante l’esecuzione della prestazione, la posizione del lavoratore veniva monitorata staticamente attraverso il medesimo dispositivo digitale: in questo modo la committente, allorché avesse rilevato il rischio di un discostamento dalle tempisti- che stabilite, avrebbe potuto trasmettere una telefonata di sollecito; 6) il compenso per le prestazioni effettuate veniva determinato su base oraria, commisurandolo alla effettiva disponibilità del prestatore.

Sia il Tribunale39 che la Corte d’Appello di Torino40 hanno ritenuto che le modalità

concrete di svolgimento del rapporto fossero inquadrabili nel genus del lavoro auto- nomo. Indice dirimente, a questo fine, la mancanza del requisito della obbligatorietà della prestazione, ossia la reciproca libertà delle parti di scegliere se effettuare o rice- vere le singole prestazioni offerte. Come riassunto dalla Corte d’Appello: «Erano loro [i lavoratori] che decidevano se, e quando, lavorare senza dovere giustificare la loro decisione e senza doversi cercare un sostituto, inoltre potevano anche non prestare servizio nei turni per i quali la loro disponibilità era stata accettata, revocando la stes- sa o non presentandosi». Ma non solo. Con riferimento alle prestazioni concretamente rese e alle relative modalità di esecuzione, l’ingerenza della committente nell’attività

SpainSL, ECLI:EU:C:2017:981, in cui si è stabilito che «un servizio d’intermediazione, come quello di cui al procedimento

principale, avente ad oggetto la messa in contatto mediante un’applicazione per smartphone, dietro retribuzione, di conducenti non professionisti, che utilizzano il proprio veicolo, con persone che desiderano effettuare uno spostamento nell’area urbana, deve essere considerato indissolubilmente legato a un servizio di trasporto e rientrante, pertanto, nella qualificazione di «ser- vizi nel settore dei trasporti», ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 1, TFUE».

39. Trib. Torino 7 maggio 2018. In merito cfr. Senatori, I., Subordinazione e autonomia alla prova della gig-economy: la pa-

rola ai giudici, «Giustiziacivile.com», Roma, 10, 2018.

40. C. App. Torino 4 febbraio 2019, cfr. Carabelli, U., Spinelli, C., La Corte d’Appello di Torino ribalta il verdetto di primo

grado: i riders sono collaboratori etero-organizzati, «Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale», Ediesse, Roma,

dei collaboratori, praticata tramite azioni quali la geo-localizzazione e il controllo dei tempi di compimento delle consegne, è stata reputata interamente compatibile con lo schema della collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c., e quindi non in contraddizione con la natura autonoma del rapporto, in quanto coessen- ziale alle specificità del servizio fornito e alle corrispondenti necessità organizzative e di coordinamento. Su tale passaggio, invero, si è verificato un dissenso tra i giudici di primo e secondo grado. Questi ultimi infatti, sovvertendo sul punto la decisione del Tribunale, hanno ritenuto che le modalità di coordinamento concretamente poste in essere nel caso di specie integrassero i presupposti di applicazione dell’art. 2, d. lgs. n. 81/15, in materia di collaborazioni etero-organizzate, dando quindi luogo all’ap- plicazione delle norme sul lavoro subordinato. Detta divergenza di opinioni tuttavia non attiene ai temi della fattispecie e della qualificazione del rapporto, ma al distinto problema dell’interpretazione e degli effetti della norma appena citata, che si propone per l’appunto di svincolare la questione delle tutele dal dilemma qualificatorio. Su questo aspetto si tornerà infra.

L’analisi comparata mostra che le incertezze interpretative di fronte al fenomeno del lavoro tramite piattaforma accomunano i giudici di molti Paesi, che ancora faticano ad individuare un approdo qualificatorio sicuro, pur prevalendo gli orientamenti che non ravvisano nei rapporti tra lavoratori e piattaforme gli elementi della subordinazione.41

Un caso peculiare è quello del Regno Unito, nel cui ordinamento esiste una legge che designa una categoria intermedia tra lavoratori subordinati (employees) e autonomi (independent contractors), quella dei workers, contraddistinta da elementi definitori che richiamano alcuni, ma non tutti, gli indicatori della subordinazione “piena”, e ai quali si ricollegano effetti obbligatori e contenuti di tutela del lavoratore prossimi a (ma non del tutto coincidenti con) quelli propri di quest’ultima. Tale assetto regolativo ha forse agevolato il raggiungimento di soluzioni interpretative favorevoli ai lavoratori, dal momento che i test qualificatori utilizzati dai giudici britannici hanno condotto in molti casi ad accordare ai lavoratori delle piattaforme il riconoscimento dello status corrispondente alla categoria intermedia42.

Infine, seppur non propriamente attinente al lavoro tramite piattaforma, merita una menzione la posizione assunta da una Corte statunitense in un caso originato dalla as- serita erronea qualificazione di due addetti alle consegne come lavoratori autonomi da parte di un’impresa logistica43. L’interesse per la pronuncia discende dal fatto che essa

ha aperto la strada a una recente iniziativa legislativa del Parlamento della California, intesa a ridefinire in senso estensivo i criteri di qualificazione dei rapporti di lavoro funzionali all’applicazione di alcuni standard minimi di tutela in materia salariale e di orario di lavoro44. La Corte, dopo avere in prima battuta fornito un inquadramento

del tema in tutte le sue implicazioni giuridico-economiche, evidenziando in partico- lare che i pregiudizi derivanti dalla erronea qualificazione del rapporto si estendono ben al di là delle condizioni di lavoro, compromettendo anche la concorrenza tra le imprese e la loro lealtà fiscale nei confronti dello Stato, ha ritenuto che il caso sotto- posto al suo esame non dovesse essere risolto attraverso l’ordinario (e più restrittivo)

41. Cfr. Cagnin, V., Gig-economy e la questione qualificatoria dei gig-workers: uno sguardo oltreconfine, in Perulli, A. (a cura di), Lavoro autonomo e capitalismo delle piattaforme, Cedam, Padova, 2018, 35.

42. Sul punto cfr. diffusamente Biasi, M., Uno sguardo oltre confine, cit.

43. Supreme Court of California 30 April 2018, Dynamex Operations West, Inc. v. The Superior Court of Los Angeles County. 44. Cfr. supra nt. 5.

test di common law, che identifica l’autonomia esclusivamente con la libertà dal potere di direzione o anche solo di generico coordinamento da parte del committente, bensì facendo uso del cosiddetto “ABC test”, in forza del quale opera nel rapporto di lavoro una presunzione di subordinazione, superabile solo dimostrando la ricorrenza cu- mulativa di tre indicatori di autonomia: assenza di un potere di direzione e controllo, estraneità della prestazione all’usual course of the business, e abituale impiego del lavo- ratore in una occupazione indipendente.

Ricorrendo a questo articolato test qualificatorio, in luogo di quello più blando di common law, la Corte californiana ha superato le secche interpretative in cui possono condurre le analisi incentrate sulle modalità funzionali di esecuzione della presta- zione, per dare spazio ad un indicatore di subordinazione di natura diversa, ovvero l’attinenza della prestazione al core business dell’impresa. In questo quadro, è la com- parabilità dello status socio-economico dei lavoratori, evidenziata dalla loro analoga integrazione nell’organizzazione produttiva, ad assumere il sopravvento, rendendo irrilevante la eventuale divergenza delle definizioni formali, anche allo scopo di im- pedire l’instaurarsi di condizioni di concorrenza al ribasso tra i lavoratori. Come ha rilevato la Corte, «Treating all workers whose services are provided within the usual course of the hiring entity’s business as employees is important to ensure that those workers who need and want the fundamental protections afforded by the wage order do not lose those protections. If the wage order’s obligations could be avoided for workers who provide services in a role com- parable to employees but who are willing to forgo the wage order’s protections, other workers who provide similar services and are intended to be protected under the suffer or permit to work standard would frequently find themselves displaced by those willing to decline such coverage»45.

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