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Oggetto, modalità di esecuzione e tutele del “nuovo” lavoro autonomo (Ales).

La nuova centralità del lavoro autonomo.

2. Oggetto, modalità di esecuzione e tutele del “nuovo” lavoro autonomo (Ales).

Come ampiamente noto, il legislatore italiano, fin dalla fine degli anni Cinquanta, sia pure con diversa intensità, ha intrapreso un’opera di costruzione di tutele del lavoro non subordinato e, dunque, in assenza di tertium genus, autonomo, le quali, per confor- mazione e sostanza, possono anche avvicinarsi molto, fino a coincidere per espressa indicazione legislativa, con quelle tradizionalmente circoscritte alla subordinazione. In ordine cronologico, infatti, è dato risalire all’art. 2 della legge 14 luglio 1959, n. 741 (c.d. legge Vigorelli) per ritrovarvi già non solo l’indicazione dell’esistenza, nella real- tà fattuale e giuridica, di “rapporti di collaborazione che si concretino in prestazione d’opera continuativa e coordinata”, ma anche la presenza di “accordi collettivi” che ne regolavano il trattamento economico e normativo, ai quali, il Governo era chiamato ad “uniformarsi” nell’assicurare “minimi inderogabili”, attraverso l’emanazione di “norme giuridiche, aventi forza di legge”.

Che il legislatore del 1959 intendesse riferirsi ai rapporti di agenzia e di rappresen- tanza commerciale, risulta confermato dall’utilizzo dell’aggettivo “altri” da parte dell’art. 409 n. 3 del codice di procedura civile nel momento (1973) in cui estende, oltre i succitati rapporti, l’ambito di applicazione del nuovo Titolo IV del codice di proce- dura civile (Norme per le controversie in materia di lavoro), aggiungendo alla definizione contenuta nell’articolo 2 della l. n. 741 del 1959 l’inciso “prevalentemente personale,

anche se non a carattere subordinato”, riferibile ai “rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata”.

Tuttavia, proprio l’espressa ricomprensione dei “rapporti di collaborazione che si con- cretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente per- sonale, anche se non a carattere subordinato” nell’ambito di applicazione del Titolo IV come fattispecie distinta, sebbene non già tipizzata da norme di diritto sostanziale, testimonia della rilevanza socio-economico-giuridica assunta al tempo dagli stessi, inaugurando una stagione di interventi tuttora in corso.

In prima battuta, risulta interessante riflettere sul ‘ceppo tipologico’ sul quale si in- nesta l’azione legislativa in relazione all’oggetto della prestazione dedotta in contratto. I riferimenti all’opera e al suo carattere prevalentemente personale contenuti nell’articolo 409 n. 3 richiamano, infatti, l’articolo 2222 del codice civile (Contratto d’opera), il quale, come noto, esclude in radice il vincolo di subordinazione, proprio come sembra fare, al di là della poco felice formulazione (“anche se non a carattere subordinato”), l’art. 409 n. 3. In realtà, come altrettanto noto, l’articolo 2222 si riferisce anche al “servizio”, da intendersi come attività svolta in autonomia da colui che la compie. Opera (anche intellettuale ex articoli 2230 e ss. cod. civ) e servizio sono, dunque, l’oggetto dedotto in quello che correntemente si definisce contratto di lavoro autonomo.

Riconducibile al servizio, sembra essere l’attività “di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore (..)” ovvero quella compiuta dai cosiddetti raider, della quale si occupa l’articolo 47-bis Decreto Legisla- tivo 15 giugno 2015, n. 81, definendoli “lavoratori autonomi”. Peraltro, l’intero Capo V-bis (Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali) del D.lgs. n. 81, introdotto dal d.l. 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla l. 2 novembre 2019, n. 128, nel quale la disposizione appena citata si colloca, stabilisce minimi di tutela specifici in favore dei prestatori di dette attività, sottraendole, dunque, alla disciplina protettiva dettata in generale per i rapporti di lavoro autonomo di cui alla l. 22 maggio 2017, n. 81 (v. infra).

Di contro, resta salvo quanto previsto dall’articolo 2, comma 1 dello stesso d.lgs. n. 81 del 2015, anch’esso modificato dal d.l. n. 101, per i “rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente” ovvero l’applicazione (dal 1° gennaio 2016) della “disciplina del rapporto di lavoro subordinato”. Come ampia- mente ed aspramente dibattuto in dottrina, quanto al ‘ceppo tipologico’ sul quale si innestano, detti “rapporti di collaborazione” presentano non poche difficoltà di col- locazione. Qualora, infatti, si escluda che l’articolo 2 comma 1 d.lgs. n. 81 del 2015, per quanto disposizione di diritto sostanziale e non processuale, affermi l’esistenza di un tertium genus rispetto a subordinazione e autonomia, costituito dall’etero-orga- nizzazione e distinto, dunque, sia dall’etero-direzione (tipica della subordinazione) che dall’auto-organizzazione (tipica del lavoro autonomo), ma anche dalla prestazione d’ope- ra coordinata, la quale ricorre, ai sensi dell’art. 409 n. 3, nei casi in cui l’auto-organizza- zione avvenga “nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti”, in quel caso, allora, si potrebbe ritenere, anche in considerazione del venir meno del luogo e del tempo della prestazione quali ulteriori elementi distintivi dell’e- tero-organizzazione nonché dell’applicazione della disciplina del lavoro subordinato, che il legislatore stia agendo sul ‘ceppo tipologico’ della subordinazione da intendersi,

ormai, sempre di più “autonomizzata”46 e, dunque, non più soltanto etero-diretta ma

anche etero-organizzata, come avviene, ad esempio, nel lavoro agile di cui agli articoli 18 e ss. della l. n. 81 del 2018 e, più in generale, per quelle modalità di svolgimento del lavoro subordinato nelle quali, anche a fini retributivi, emerge con prepotenza la rilevanza del profilo qualitativo della prestazione, da intendersi in termini di perfor- mance.47

In questa prospettiva, dunque, la subordinazione, intesa quale ”ceppo tipologico” consisterebbe dei due rami dell’etero-direzione e dell’etero-organizzazione (per la quale ultima, infatti, il legislatore prevede l’applicazione delle tutele del lavoro subor- dinato): lo stesso avverrebbe per il “ceppo tipologico” autonomo, in cui i due rami sa- rebbero costituiti dalla prestazione autonoma pura e da quella coordinata ex articolo 409 n. 3 codice procedura civile.

D’altro canto, laddove si accetti che le “prestazioni di lavoro” di cui all’articolo 2 com- ma 1 risultino innestate sul ‘ceppo tipologico’ della subordinazione - nonostante la rilevanza eventualmente assunta dal loro profilo qualitativo le avvicini notevolmente al risultato e, dunque, se si vuole, al servizio, ma anche, in casi estremi, alla riuscita dell’impresa -, detto innesto esclude la responsabilità del lavoratore per l’eventua- le esito negativo del complesso delle attività, circoscrivendo quella responsabilità al caso in cui, dato un modello organizzativo efficacie e trasparente, la valutazione della prestazione si possa fondare sui medesimi canoni.48

Tanto detto rispetto all’oggetto della prestazione e alla sua qualificazione nelle singole fattispecie prese in considerazione dal legislatore, una seconda prospettiva d’analisi è quella legata alle modalità di svolgimento della prestazione stessa o di compimento dell’opera o del servizio. In particolare, soprattutto all’esito della novella del 2019, il legislatore esclude l’esclusività dell’apporto personale del prestatore, consentendo che esso sia anche soltanto prevalente. Con particolare riferimento alle collaborazioni etero-organizzate, per le quali si è appena proposto un innesto sul ‘ceppo tipologi- co’ della subordinazione, risulta necessario prospettare un’interpretazione della lo- cuzione “prevalentemente personale” che non necessariamente sia riconducibile in via esclusiva alla possibile presenza di “sostituti o ausiliari” (così l’articolo 2230 cod. civ.) ma che, invece, consenta di riferirla alla dimensione ‘collettiva’ della prestazione di lavoro subordinato, nella quale i lavoratori, proprio perché etero-organizzati e non etero-diretti, sono chiamati ad agire come gruppo e non in quanto monadi, perdendo così di rilievo il carattere personale della singola prestazione.

Un ulteriore spunto di riflessione circa le modalità di esecuzione è offerto dal rife- rimento operato, in via esclusiva, dall’articolo 47-bis comma 1 e, in via eventuale, dall’articolo 2 comma 1 d.lgs. n. 81 del 2015, alle piattaforme (anche) digitali. Sebbene formalmente ai soli fini di cui al comma 1 dell’articolo 47-bis, il comma 2 dello stesso definisce piattaforme digitali come “i programmi e le procedure informatiche utiliz- zati dal committente che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono stru-

46. E. Ales, Subordination at Risk (of “Autonomisation”): Evidences and Solutions from Three European Countries, in ILLeJ, Issue 1, Vol. 12 (2019), 65 – 69.

47. Is Performance Appraisal Compatible with the Employment Relationship? A Conclusive Plea in Favour of an Achieve- ment-Oriented Approach to Work Organisation, in T. Addabbo, E. Ales, Y. Curzi, Tommaso Fabbri, O. Rymkevich, I. Senatori (eds.), Performance Appraisal in Modern Employment Relations. An Interdisciplinary Approach, Palgrave McMillan, 2019, 255 – 262.

mentali alle attività di consegna di beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione.”. In questo modo, il legislatore ottiene l’ef- fetto di operare una netta distinzione tra committente e piattaforma, smentendo, al- meno per i raider, l’esistenza, pure sostenuta in dottrina, del sinistramente affascinante algoritmo quale datore di lavoro. Ciò che appare chiaro, invece, è che “i programmi e le procedure informatiche” sono strumenti, privi di responsabilità propria, almeno in termini giuridici, utilizzati dal committente, il quale risponde, in ultima istanza, delle condizioni di lavoro in quanto persona fisica o giuridica, ivi compreso l’obbligo di as- sicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali nonché il rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (articolo 47-septies49)

Nella prospettiva della responsabilità, non deve fuorviare, dunque, il riferimento alle piattaforme come soggetti che fissano il compenso e determinano le modalità di esecuzione della prestazione, facendo ciò parte di un’autonomia decisionale riconosciuta loro dal com- mittente il quale accetta il rischio, proprio in termini di responsabilità, della perdita di controllo diretto sugli elementi essenziali della prestazione in considerazione dei van- taggi operativi che derivano dall’utilizzo di algoritmi capaci di auto-apprendimento, quand’anche non dotati di una vera e propria intelligenza artificiale. Nell’ottica del legislatore, dunque, è la piattaforma che, ferma restando la natura autonoma della prestazione, tale qualificata dal legislatore, ne imposta lo svolgimento concreto in ter- mini di coordinamento e collegamento tra rider e cliente, risultando, la piattaforma, prima destinataria dei riscontri reputazionali, tipici di una relazione necessariamen- te triangolare tra committente, prestatore e cliente,50 nella quale il primo trasferisce

all’ultimo, attraverso la seconda, larga parte del proprio potere di apprezzare la con- formità dell’esecuzione del servizio alle condizioni stabilite dal contratto (argomento ex articolo 2224 cod. civ.).

La rinnovata enfasi posta sul servizio come attività non etero-diretta, caratteristica che accomuna sia le collaborazioni ex articolo 2 comma 1 sia i raider, consente di com- prendere, a fronte della ‘continuità intrinseca’ ascrivibile al servizio stesso, l’esigenza di tutela fatta propria dal legislatore sia per le prime, alle quali, in considerazione del ‘ceppo tipologico’, si applica lo statuto protettivo del lavoro subordinato (a meno che non ricadano nelle eccezioni previste dall’articolo 2 comma 2 o che le Commissioni certificazione, su richiesta delle parti ex articolo 2 comma 3, non escludano l’etero-or- ganizzazione, optando per una riconduzione al ‘ceppo tipologico’ autonomo, in uno dei rami sopra citati), sia per le seconde, per le quali il legislatore disegna uno specifico statuto protettivo cui si aggiunge necessariamente, laddove compatibile, quello proprio del lavoro autonomo, secondo quanto previsto sia dal codice civile che dal Titolo I della l. n. 81 del 2017.

In questa prospettiva, un primo elemento distintivo in termini di tutele riguarda la for- ma contrattuale e le informazioni che necessariamente deve ricevere il prestatore. Quan- to alla prima, essa è prevista ad probationem. Quanto alle seconde, in considerazione

49. Il D.L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla L. 2 novembre 2019, n. 128, ha disposto (con l’art. 1, comma 2) che “L’articolo 47-septies del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, introdotto dal comma 1, lettera c), si applica decorsi novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

50. E. Ales, Protecting Work in the Digital Transformation: Rethinking the Typological Approach in the Intrinsically Trian-

gular Relationship Perspective, in E. Ales, Y. Curzi, T. Fabbri, O. Rymkevich, I. Senatori, G. Solinas, Working in Digital and Smart Organizations. Legal, Economic and Organizational Perspectives on the Digitalization of Labour Relations, Palgrave

del riferimento operato dall’articolo 47-ter comma 2 d.lgs. n. 81 del 2015 alle sanzioni previste dall’articolo 4 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152,51 esse consisto-

no in quelle indicate nel medesimo decreto, attuativo della direttiva 91/533/CEE, concernente l’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, tenuto conto dell’ampia formulazio- ne (“ogni informazione utile per la tutela dei loro interessi, dei loro diritti e della loro sicurezza”) dell’articolo 47-ter comma 1. In considerazione dell’abrogazione di quest’ultima da parte della Direttiva 2019/1152/UE del 20 giugno 2019 relativa a con- dizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione Europea, a partire dal 1 agosto 2022, le informazioni da fornire saranno comunque quelle ivi contenute nel Capo I. Resta fermo, in caso di mancato rispetto degli obblighi di comunicazione, il diritto del prestatore “a un’indennità risarcitoria di entità non superiore ai compensi percepiti nell’ultimo anno, determinata equitativamente con riguardo alla gravità e alla durata delle violazioni e al comportamento delle parti”(art. 47-ter comma 2).

Un secondo elemento distintivo in termini di tutele riguarda i “criteri di determina- zione del compenso complessivo [del lavoratore] che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente”, i quali possono essere definiti dai “contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e dato- riali comparativamente più rappresentative a livello nazionale” (articolo 47-quater52).

Una simile indicazione desta sorpresa, in quanto adottata dal legislatore in palese contrasto con la giurisprudenza della Corte di Giustizia EU,53 secondo la quale “il di-

ritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che la disposizione di un contratto collettivo di lavoro (..), contenente tariffe minime per i prestatori autonomi di servizi, affiliati a una delle organizzazioni di lavoratori parti del contratto, che svolgono per un datore di lavoro, in forza di un contratto d’opera, la stessa attività dei lavoratori subordinati di tale datore di lavoro, esula dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE [e, dunque, non è in contrasto con il diritto della concorrenza] solo qualora tali prestatori siano «falsi autonomi», ossia prestatori che si trovano in una situazione paragonabile a quella di detti lavoratori. Spetta al giudice del rinvio procedere a una tale valutazione.”. Avendo il legislatore (improvvidamente?) qua- lificato esplicitamente i raider come veri lavoratori autonomi, la regolazione anche dei soli “criteri di determinazione del compenso complessivo” da parte di contratti

51. Attuazione della Direttiva 91/533/CEE concernente l’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condi- zioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, “Art. 4. Misure di tutela 1. In caso di mancato o ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi di cui agli articoli 1, 2, 3 e 5, comma 2, il lavoratore può rivolgersi alla direzione provin- ciale del lavoro affinché intimi al datore di lavoro a fornire le informazioni previste dal presente decreto entro il termine di quindici giorni. 2. In caso di inottemperanza alla richiesta della direzione provinciale del lavoro si applica al datore di lavoro la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 9-bis, comma 3, del decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608. Le omissioni o le inesattezze relative alle indicazioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 5, comma 2, sono punite con la sanzione amministrativa da lire 100.000 a lire 500.000. 3. L’importo delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo è versato su apposito capitolo dello stato di previsione della entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al capitolo 1176 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, concernente il Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. 4. In deroga ai commi 1, 2 e 3, nei confronti delle pubbliche amministra- zioni si applicano le disposizioni della legge 7 agosto 1990, n. 241.”.

52. Il decreto legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni dalla L. 2 novembre 2019, n. 128, ha disposto (con l’art. 1, comma 2) che “L’articolo 47-quater del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, introdotto dal comma 1, lettera c), si applica decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

collettivi appare difficilmente compatibile con quanto affermato dalla Corte. A meno che il legislatore stesso non abbia (diabolicamente?) voluto fornire alla giurisprudenza nazionale uno strumento per ribaltare la qualificazione legislativa di “veri autonomi”, proprio sul presupposto del ricorrere della “falsa autonomia” dei raider.

In ogni caso, solo i contratti collettivi di cui sopra possono stabilire una retribuzione determinata in base alle consegne effettuate, altrimenti vietata dall’articolo 47-quater comma 2, il quale, in loro assenza, dispone che ai lavoratori “deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collet- tivi nazionali di settori affini o equivalenti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”. Verrebbe da chiedersi se questo non sia un ulteriore indizio di ‘falsa autonomia’ costruito (diabo- licamente?) ad arte dal legislatore, visto anche che a ciò si aggiunge che ai raider deve “essere garantita un’indennità integrativa non inferiore al 10 per cento per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli, deter- minata dai contratti di cui al comma 1 o, in difetto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali” (articolo 47-quater comma 3).

Un’ulteriore indicazione in direzione della “falsa autonomia” si rinviene nell’articolo 47-quinquies comma 1, ai sensi del quale ai raider “si applicano la disciplina antidiscri- minatoria e quella a tutela della libertà e dignità del lavoratore previste per i lavoratori subordinati, ivi compreso l’accesso alla piattaforma.” A ciò si aggiunge il divieto di esclusione dalla piattaforma e di riduzione delle occasioni di lavoro ascrivibili alla mancata accettazione della prestazione offerta dalla piattaforma stessa.

In un’ottica costituzionale, la presenza di uno specifico statuto protettivo, quale quel- lo appena descritto, porterebbe ad escludere profili di illegittimità della disciplina in termini di ‘falsa autonomia’, quali quelli rilevati dalla Corte nella sentenza n. 121 del 1993. Rimane tuttavia insoluta da parte del legislatore la questione relativa alla co- pertura previdenziale diversa dalla tutela antiinfortunistica. L’espressa qualificazione autonoma del rapporto farebbe ritenere non applicabile la legislazione sull’assicura- zione invalidità, vecchiaia e superstiti, risultando, tuttavia, difficilmente immaginabi- le una sottrazione alla contribuzione previdenziale delle somme percepite dai raider. In assenza di specifiche forme sostitutive, si potrebbe, dunque, ritenere applicabile l’articolo 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335. Soluzione che tuttavia non fugherebbe, sul versante previdenziale, i dubbi circa l’incostituzionalità dell’assetto normativo, così come rilevati nella già citata sentenza n. 121 del 1993.

3. Ruolo del sindacato ed esperienze alternative di organizzazione dei lavoratori

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