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Nuovi paradigmi organizzativi e «autonomizzazione» del lavoro.

La nuova centralità del lavoro autonomo.

1. Il lavoro autonomo: un universo di crescente complessità.

1.2. Nuovi paradigmi organizzativi e «autonomizzazione» del lavoro.

In parallelo alle vicende del mercato del lavoro autonomo, si sviluppa una distinta tendenza innovativa che interessa gli aspetti sostanziali dell’autonomia, ossia quelli riguardanti l’esecuzione della prestazione di lavoro e l’organizzazione delle relative modalità. All’inverso del fenomeno descritto nel paragrafo precedente, tuttavia, qui è la subordinazione che, pur senza mettere in discussione la qualificazione giuridi- co-formale del rapporto di lavoro, si contamina con contenuti tradizionalmente pro- pri dell’autonomia.

8. Cfr. Bureau of Labor Statistics - US Department of Labor, Contingent and Alternative Employment Arrangements - May

2017, 7 June 2018.

9. Sono classificati come independent contractors «Workers who are identified as independent contractors, independent con-

sultants, or freelance workers, regardless of whether they are self-employed or wage and salary workers”: Bureau of Labor Statistics - US Department of Labor, Contingent and Alternative Employment Arrangements, cit. 2.

Anche in questo caso, il principale vettore di cambiamento è costituito dall’evoluzione tecnologica. Il contesto è quello di «Industria 4.0», che si manifesta concretamente in forme molteplici, talune delle quali ancora solo potenziali o ipotetiche, ma tuttavia suscettibili di concretizzarsi alla velocità sostenuta tipica del mondo contemporaneo. L’ausilio della scienza organizzativa è fondamentale per comprendere la relazione tra i cambiamenti nel modo di lavorare «abilitati»10 dalle nuove tecnologie e lo sviluppo

del concetto di autonomia. Il carattere distintivo dell’Industria 4.0 è, secondo una delle possibili definizioni, «la costruzione e l’adozione di sistemi cyber-fisici, ovvero compo- sizioni di macchine, oggetti materiali e virtuali, dispositivi di comunicazione, che ten- dono a essere integrati. Questa composizione è governata da un sistema che controlla la raccolta e il trattamento della massa di dati in ogni fase del processo di produzione. Nelle versioni più ambiziose, la composizione include anche la cosiddetta Internet of things, ovvero il complesso dei dispositivi digitali ad accesso remoto, integrati nel più vasto insieme degli oggetti prodotti»11. La sua essenza risiede dunque nella capacità di

sfruttare le enormi opportunità di comunicazione remota tra le componenti dell’orga- nizzazione produttiva (macchine e lavoratori), rese possibili dalle tecnologie digitali, al fine di potenziare il coordinamento dei suddetti fattori e svincolarlo dalla necessità di una relazione di prossimità fisica tra gli stessi12.

Così definita, l’Industria 4.0 postula, quantomeno in alcuni settori e contesti, la pre- senza di un “ideal-tipo” di lavoratore polivalente, capace (come singolo oppure all’in- terno di team) di reagire in modo proattivo e adattabile agli impulsi dell’organizzazio- ne digitalizzata e di gestire le fasi di lavoro ed i relativi imprevisti esercitando scelte discrezionali, senza attendere le puntuali direttive del datore, al punto da spingersi ad individuare e codificare spontaneamente soluzioni nuove a problemi non program- mati13.

La nozione giuridica di subordinazione risulta in questo quadro attenuata, in quan- to la tipica eterodirezione “sfuma” in un più blando coordinamento, che il datore di lavoro realizza mediante l’assegnazione di direttive generali e attraverso l’indi- viduazione di obiettivi, talvolta avvalendosi del contributo dello stesso lavoratore14.

Entrano dunque in crisi l’attitudine del tradizionale concetto di mansione ad identi- ficare l’oggetto del contratto di lavoro, e quello di diligenza a fungere da principale parametro di valutazione dell’adempimento15. Secondo il nuovo paradigma tecnolo-

gico, l’obbligazione del lavoratore tende sempre più a coincidere con la messa a di-

10. L’espressione «tecnologie abilitanti», usata tra gli altri da Gasparre, A., Digitalizzazione e cambiamento organizzativo, in Salento, A. (a cura di), Industria 4.0 oltre il determinismo tecnologico. Ebook of the research program “The organization

workshop”, TAO Digital Library, Bologna, 2018, 53 e passim, illustra icasticamente la relazione tra il progresso tecnico e

l’innovazione organizzativa e produttiva.

11. Cfr. Salento, A., Industria 4.0 e determinismo tecnologico, in Salento, A. (a cura di), op. cit., 8 (6).

12. Cfr. Fabbri, T., Digital Work: An Organizational Perspective, in Ales, E., Curzi, Y., Fabbri, T., Rymkevich, O., Senatori, I., Solinas, G. (eds.), Working in Digital and Smart Organizations. Legal, Economic and Organizational Perspectives on the

Digitalization of Labour Relations, Palgrave Macmillan, Cham, 2018, 29.

13. Id.

14. Cfr. Ales, E., Protecting Work in the Digital Transformation: Rethinking the Typological Approach in the Intrinsically Tri-

angular Relationship Perspective, in Ales, E., Curzi, Y., Fabbri, T., Rymkevich, O., Senatori, I., Solinas, G. (eds.), op. cit., 11.

15. Cfr. Ales, E., Is Performance Appraisal Compatible with the Employment Relationship? A Conclusive Plea in Favour of

an Achievement-oriented Approach to Work Organisation, in Ales, E., Addabbo,T., Curzi, Y., Fabbri, T., Rymkevich, O., Sen-

atori, I. (eds.), Performance Appraisal in Modern Employment Relations. An Interdisciplinary Approach, Palgrave Macmillan, Cham, in corso di pubblicazione.

sposizione della sua professionalità16: un concetto più ampio e volatile, specialmente

laddove finisca per incorporare nell’oggetto principale della prestazione le cosiddette «competenze trasversali», o soft skills (comunicazione, leadership, lavoro di squadra, problem solving). Un concetto, inoltre, che in virtù delle anzidette caratteristiche entra in collisione con il vigente sistema degli inquadramenti professionali, chiamando in causa sia la capacità della contrattazione collettiva di formalizzare i diversi profili e le rispettive descrizioni in modo coerente con la realtà degli assetti organizzativi, sia la responsabilità della legge a disciplinare il potere di modifica unilaterale delle man- sioni (jus variandi) in modo che la irrinunciabile tutela dei diritti dei lavoratori non si ponga in contraddizione con l’efficienza dei processi produttivi, inibendo la necessa- ria flessibilità organizzativa17.

Dall’altro lato, nella “fabbrica intelligente” dell’Industria 4.0 acquistano un diverso significato anche i due elementi che, secondo l’impostazione classica, concorrono in modo fondamentale a definire le coordinate della prestazione (e dell’obbligazione) lavorativa: il tempo e il luogo. Le nuove tecnologie permettono infatti di prescindere dall’elemento spazio-temporale in un numero sempre maggiore di ipotesi, non solo a beneficio dell’impresa ma con ricadute positive anche per la conciliazione vita-lavoro, come testimonia l’interesse che ha accompagnato l’emersione del c.d. «lavoro agile» (su cui cfr. infra). Le elevate potenzialità di interconnessione remota rendono esegui- bili a distanza, attraverso la mediazione di strumenti di lavoro digitali, numerose fasi della prestazione lavorativa, specie in quei contesti ad elevata automazione dove il contributo umano si concentra sugli aspetti di controllo e gestione di processi alta- mente informatizzati. Anche in questo caso diviene possibile impostare la prestazione lavorativa in funzione del conseguimento di determinati obiettivi e risultati, in luogo del mero assoggettamento a direttive datoriali continue e pervasive, depotenziando il valore dell’orario come parametro di quantificazione dell’obbligazione di lavoro e di valutazione dell’adempimento. In simili circostanze, infatti, la valutazione della prestazione tende a spostarsi sulla capacità dell’individuo, o del team, di lavorare in modo “intelligente” ed efficace piuttosto che per lunghi, o comunque predeterminati, intervalli di tempo.

La scienza organizzativa mette in guardia, peraltro, sulle ambivalenze che accompa- gnano l’apparente esaltazione dell’autonomia dei lavoratori nell’Industria 4.0. Il mas- siccio ricorso a strumenti digitali di comunicazione e coordinamento può infatti, assai più modestamente, provocare l’effetto di sostituire i classici meccanismi direttivi e di controllo con una iper-formalizzazione delle procedure di lavoro giusta la quale al la- voratore, seppur liberato da vincoli di supervisione diretta, è unicamente concesso di esercitare una scelta all’interno di un range eterodeterminato di opzioni. Un contesto nel quale le tipiche relazioni organizzative verticali possono conseguentemente lascia- re posto ad assetti più orizzontali e decentrati di controllo reciproco tra i componenti dell’organizzazione18. Oppure, per dirla con un altro autore: «E’ il sistema cyber-fisi-

co, infatti, che richiede l’autonomia dell’operatore per poter esprimere pienamente le potenzialità produttive, e proprio a questo fine “rilascia” spazi di autonomia capaci, secondo la prospettiva mainstream, di raggiungere un grado più alto di ottimizzazione

16. Cfr. Riccio, A., Il potere di scelta del datore di lavoro. La dimensione collettivo–relazionale del lavoro subordinato, Arac- ne, Roma, 2018.

17. Cfr. Faioli, M., Mansioni e macchina intelligente, Giappichelli, Torino, 2018. 18. Cfr. Fabbri, T., op. cit.

del processo organizzativo, o di generare nuove contraddizioni tra dominanti e do- minati secondo una parte degli approcci critici. Allo stesso tempo qualunque analisi della fabbrica 4.0 non può che rilevare che la richiesta di autonomia del sistema abbia un carattere selettivo: l’autonomia è richiesta in alcune fasi e attività di lavoro e non in altre; è concessa ad alcune figure più che ad altre; è distribuita in modo disomogeneo nelle diverse unità organizzative. Se si considera, infatti, l’introduzione di tecnologia 4.0 nelle singole fasi di lavoro è possibile rintracciare nella stessa realtà mansioni o ruoli in cui la nuova tecnologia porta a concedere maggiore autonomia all’operatore, ma anche mansioni o ruoli in cui l’introduzione delle nuove tecnologie sembra invece mantenere o addirittura ridurre l’autonomia»19.

Anche in considerazione degli aspetti sopra riportati, il fenomeno dell’«autonomiz- zazione» del lavoro chiama in causa le categorie del diritto del lavoro e gli strumenti di disciplina del rapporto sotto almeno tre profili: la valutazione della prestazione, il controllo e il benessere.

Rispetto al primo, il passaggio da un paradigma “minimo” di organizzazione del la- voro, incentrato sul mero assoggettamento del prestatore alle direttive datoriali e sulla messa a disposizione delle sue energie psicofisiche per un dato intervallo di tempo, ad un modello più dinamico, fondato sulla attribuzione di spazi di autonomia esecu- tiva in una cornice result-oriented, accentua la responsabilità datoriale sul momento valutativo, sia che esso risponda a finalità disciplinari sia che si concentri sui profili retributivi, pena lo sviamento dai canoni contrattuali su cui si fonda il rapporto di lavoro. Spetta infatti al datore predisporre una serie di obiettivi realistici e misurabili, che permettano di enucleare la qualità del contributo (atteso e) arrecato dal lavora- tore, singolo o in team, senza confonderlo con i risultati dell’organizzazione nel suo complesso, siano stati essi raggiunti o meno, e senza risolversi in un indebito trasferi- mento del rischio d’impresa20. Inoltre, il datore dovrà porre in essere dispositivi idonei

a prevenire il rischio di discriminazioni legate all’applicazione di metodi algoritmici nel procedimento valutativo, specie laddove a quest’ultimo partecipino i clienti/con- sumatori attraverso i sistemi di rating che sovente fanno da cornice alle prestazioni di lavoro rese in ambiente digitale21.

Quanto al controllo sull’esecuzione della prestazione lavorativa, è utile ricordare che uno dei corollari della trasformazione tecnologica è costituito dalla c.d. “datificazione” del lavoro, intesa come capacità dei sistemi digitali di generare, elaborare e archiviare, attraverso l’interazione tra uomo e macchina, enormi quantità di dati e informazioni riferite alle singole operazioni eseguite. Da un lato, l’accumulazione e la successiva elaborazione di dati su larga scala, ottenuta grazie al ricorso a strumenti di calcolo algoritmico, contribuiscono a formulare valutazioni sempre più sofisticate e appro- fondite delle singole prestazioni (ad esempio, rispetto ai tempi di esecuzione o allo scostamento dagli standard tecnici codificati: si parla in tali casi di people analytics22).

Dall’altro, le medesime operazioni sono in grado di produrre nuovi input, adattando i processi produttivi sulla scorta dell’esperienza registrata, correggendo gli errori o

19. Cfr. Rinaldini, M., Autonomia nella fabbrica 4.0 in Salento, A. (a cura di), op. cit., 76 (70). 20. Cfr. Ales, E., op. ult. cit.

21. Cfr. Ducato, R., Kullmann, M., Rocca, M., European Legal Perspectives on Customer Ratings and Discrimination, in in Ales, E., Addabbo,T., Curzi, Y., Fabbri, T., Rymkevich, O., Senatori, I. (eds.), op. cit., in corso di pubblicazione.

22. Cfr. Dagnino E., People Analytics: lavoro e tutele al tempo del management tramite big data, «Labour and Law Issues», 1, 2017, 3, Bologna, https://labourlaw.unibo.it/article/view/6860.

incrementando l’efficacia degli interventi. Come è stato osservato, l’accumulazione di dati, applicata a modelli di “management algoritmico” che permettono di delegare l’esercizio delle scelte organizzative alla “macchina intelligente”, può tradursi in una maggiore standardizzazione delle procedure, riducendo, invece di espandere, i mar- gini di discrezionalità esecutiva dei lavoratori e, di conseguenza, gli spazi di espres- sione della loro professionalità23.

Il fabbisogno regolativo si indirizza pertanto su due aree di intervento: da un lato gli aspetti relativi alla sorveglianza sull’esecuzione della prestazione lavorativa, che de- vono essere trattati alla luce della normativa in materia di privacy e delle condizioni stabilite dallo Statuto dei lavoratori per l’installazione e l’uso di strumenti di controllo a distanza; dall’altro, l’individuazione di strumenti che consentano l’esercizio di uno scrutinio di legittimità e ragionevolezza sui procedimenti di decisione algoritmica. Anche con riferimento al benessere dei lavoratori, l’«autonomizzazione» cela nu- merose ambivalenze. Non è infatti possibile inferire un automatismo tra aumento dell’autonomia e incremento del benessere nel lavoro. E’ vero, infatti, che le ipotesi in cui l’innovazione organizzativa si presenti sotto forma di prestazioni di lavoro ad alto coefficiente di autonomia esecutiva potrebbero astrattamente provocare un migliora- mento della condizione del prestatore, legato alla possibilità di esprimere nel lavoro le proprie attitudini (anche extra-professionali) più qualificanti ottenendo una più com- pleta realizzazione di sé24. Tuttavia, si osserva anche che il passaggio dal paradigma

del lavoro eterodiretto a quello dell’organizzazione «per obiettivi» o «per progetti»25

determina un accrescimento della responsabilità a carico del lavoratore, che può sfo- ciare in casi di auto-sfruttamento, traducendosi in una sua maggiore esposizione alle nuove forme di rischio psicosociale, di cui costituisce una manifestazione tipica lo stress lavoro-correlato26.

Da qui la necessità di predisporre norme idonee a controllare il fenomeno della «po- rosità temporale», che designa il cedimento della linea separazione tra il tempo di lavoro e quello dedicato alla sfera privata27, e a reprimere lo sviluppo di quei modelli

di organizzazione dell’orario always-on tipicamente riconducibili alla sfera del lavo- ro autonomo28. Fenomeni e modelli la cui vasta diffusione è facilitata dai dispositivi

digitali che consentono la interconnessione remota continua del lavoratore con l’or- ganizzazione produttiva. Tra gli interventi normativi predisposti a tale proposito si può ricordare il «diritto alla disconnessione», definibile come «il diritto del lavoratore a interrompere i contatti con il datore di lavoro (non rispondere alle mail, spegnere il cellulare, ecc.) senza per questo incorrere nell’inadempimento della prestazione e, conseguentemente, esporsi a sanzioni disciplinari»29. Tale diritto ha trovato una di-

sciplina positiva nella legislazione francese (Loi Travail n. 1088/16) e, con esclusivo

23. Cfr. Fabbri, T., op. cit.

24. Cfr. Caruso, B., Strategie di flessibilità funzionale e di tutela dopo il Jobs Act: fordismo, postfordismo e industria 4.0, «Giornale di diritto del lavoro e relazioni industriali», 1, 81 2018, Franco Angeli, Milano.

25. Cfr. Borzaga, M., Lavorare per progetti. Uno studio su contratti di lavoro e nuove forme organizzative d’impresa, Cedam, Padova 2012.

26. Cfr. Fabbri, T., op. cit.

27. Cfr. Genin, E., Proposal for a Theoretical Framework for the Analysis of Time Porosity, «The International Journal of Comparative Labour Law and Industrial Relations», 32, 280, 2016, Wolters Kluwer, Alphen aan den Rijn.

28. Krause, R., “Always-on”: The Collapse of the Work-Life separation in Recent Developments, Deficits and Counter-Strat-

egies, in Ales, E., Curzi, Y., Fabbri, T., Rymkevich, O., Senatori, I., Solinas, G. (eds.), op. cit., 223.

riferimento alla modalità del «lavoro agile», in quella italiana (art. 18 e ss., l. n. 81/17), oltre che in alcuni accordi collettivi30. Nel caso italiano, l’attuazione concreta del di-

ritto è demandata a specifici accordi individuali, che possono ad esempio tradursi nell’attivazione di dispositivi di interruzione automatica della connessione in talune fasce orarie.

E’ interessante segnalare, in tema, una recente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea31, in cui si è stabilito che i datori di lavoro hanno l’obbligo di isti-

tuire un sistema che consenta «la misurazione della durata dell’orario di lavoro gior- naliero svolto da ciascun lavoratore». La Corte, in questa occasione, ha ricordato che la Direttiva n. 2003/88 in materia di orario di lavoro, congiuntamente alla Direttiva n. 89/391 in materia di salute e sicurezza dell’ambiente di lavoro e all’art. 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che enuncia il diritto dei lavoratori a una limitazione della durata massima dell’orario di lavoro, concorrono a «garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere a questi ultimi periodi minimi di riposo – in particolare giornaliero e settimanale – e periodi di pausa adeguati, e prevedendo un limite massimo per la durata settimanale del lavoro». Di conseguenza, la predisposizione di un sistema «oggettivo, affidabile e accessibile», che consenta al lavoratore di verificare le ore effettivamente lavorate su base quotidiana e settimanale, costituisce una precondizione affinché costui possa dimostrare e rivendicare in giudizio la eventuale lesione dei propri diritti. Né l’assol- vimento di siffatto obbligo può essere surrogato dalla mera registrazione delle ore di lavoro straordinario svolte dai lavoratori. Infatti, secondo i giudici di Lussemburgo, «la qualificazione di ore di lavoro “straordinario” presuppone [...] che la durata dell’o- rario di lavoro svolto da ciascun lavoratore interessato sia nota, e quindi previamente misurata. L’obbligo di registrazione delle sole ore di lavoro straordinario effettuate non fornisce quindi ai lavoratori un mezzo efficace per la salvaguardia dei propri diritti.

Dalla ricostruzione sinora condotta può ricavarsi una considerazione di sintesi. L’or- ganizzazione flessibile degli spazi e degli orari di lavoro e lo sviluppo di modelli di esecuzione della prestazione lavorativa preordinati al perseguimento di obiettivi co- stituiscono innovazioni, ampiamente favorite dal progresso tecnico, suscettibili di in- trodurre nel rapporto di lavoro elementi di autonomia da cui i lavoratori possono trarre vantaggio, in termini di maggior benessere, più elevata realizzazione della pro- pria personalità e miglior conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Cionondimeno, affinché la maggiore autonomia conseguita non si tramuti in un pregiudizio per gli interessi e i diritti fondamentali dei lavoratori, essa deve essere presidiata, o mitigata, da alcune irrinunciabili “rigidità”, che riaffermino il ruolo e la responsabilità organiz- zativa del datore di lavoro nell’ambito degli schemi e dei meccanismi giuridici della subordinazione, ancorché rivisitati.

30. Cfr. da ultimo i dati presentati nel rapporto introduttivo del progetto di ricerca europeo iRel. Smarter Industrial Relations

to Address New Technological Challenges in the World of Work (con il contributo economico della Commissione Europea,

ref.: VS/2019/0081): Stage 1. Construction of the State of the Art. National Report on Italy, redatto da Ales, E., Battista, L., Dazzi, D., Favretto, C., Gaglione, I., Menegatti, E., Purificato, I., Senatori, I., Tufo, M., in corso di pubblicazione in www. irelproject.eu.

31. Corte di Giustizia UE, 14 maggio 2019, C-55/18, Federación de Servicios de Comisiones Obreras (CCOO) / Deutsche

1.3. Il confine tra autonomia e subordinazione e le nuove forme di lavoro secondo

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