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Part time involontariFonte: Dati Istat, Rcfl; II trimestre

Occupazione e forme contrattual

Grafico 1 Part time involontariFonte: Dati Istat, Rcfl; II trimestre

Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Istat, migliaia.

Tabella 1 - STRUTTURA DELL'OCCUPAZIONE

14 18 19 19/14 19/18 19/14 19/18 Occupati tot. 22446 23476 23554 1108 78 4.9 0.3 Dip. Permanenti 14565 14941 15053 488 112 3.4 0.7 full time 11989 12275 12290 301 15 2.5 0.1 part time 2576 2666 2762 186 96 7.2 3.6 Dip a termine 2364 3142 3127 763 -15 32.3 -0.5 full time 1665 2166 2168 503 2 30.2 0.1 part time 699 976 959 260 -17 37.2 -1.7 Indipendenti 5518 5393 5374 -144 -19 -2.6 -0.4

Fonte: Dati Istat, Rcfl; II trimestre.

Var.ass. var % 2500 2550 2600 2650 2700 2750 2800 2850 2900 2950 14 15 16 17 18 19

Fonte: Elaborazioni REF Ricerche su dati Istat, migliaia.

Dal lato della regolamentazione delle forme contrattuali, una delle prime misure adot- tate è stata la riforma del contratto a tempo determinato (Legge n. 78/2014, conosciu- ta anche come riforma Poletti), la quale ha comportato una forte liberalizzazione dello stesso, eliminando l’onere della causale, aumentando il numero di proroghe e rinnovi ed estendendo la durata massima del contratto a termine a 36 mesi.

Nel marzo 2015 è stato introdotto, nell’ambito delle riforme del mercato del lavoro volute dal Jobs Act (Legge n. 183/2014), il cosiddetto contratto a tutele crescenti che ha sostituito il tradizionale contratto a tempo indeterminato, comportando inoltre il superamento della precedente normativa in materia di tutele del lavoratore ingiusta- mente licenziato.

Tra i provvedimenti legislativi di attuazione del Jobs Act vi è stato anche il decreto legislativo n. 81/2015 che ha abrogato i contratti di collaborazione a progetto e ha più esattamente definito la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo.

Negli ultimi anni sono stati presi diversi provvedimenti, di durata limitata, volti a incentivare le assunzioni da parte delle imprese. La legge di stabilità per il 2015 ha introdotto un incentivo economico per l’assunzione di personale dipendente a tempo indeterminato e per la trasformazione di rapporti a termine (Legge n.190/2014). Gli sgravi contributivi sono stati poi confermati dalla legge di stabilità per il 2016 che però ne ha praticamente dimezzato importo e durata.

Lo scopo principale di questi interventi normativi (gli sgravi contributivi da un lato e il contratto a tutele crescenti dall’altro) era quello di incentivare o comunque favorire le assunzioni con contratto a tempo indeterminato, riducendone il costo per i primi tre anni e rendendo certo il costo di una risoluzione per licenziamento.

Nel 2017 non è stato previsto alcun incentivo, mentre a partire da gennaio 2018 sono diventate operative nuove agevolazioni per le assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato di giovani fino a 35 anni, come previsto dalla legge n. 205/2017, con-

Tabella 2 - I Principali provvedimenti in materia di lavoro degli ultimi anni

Tabella 2 - I principali provvedimenti in materia di lavoro degli ultimi anni

Provvedimento Cosa stabilisce Quando entra in vigore

L. n. 78/2014 Riforma del contratto a tempo determinato. Assenza della causale per l'instaurazione del contratto; possibilità di rinnovo per 5 volte in

3 anni. marzo 2014

L. n. 183/2014 Introduzione del contratto a tutele crescenti e abolizione del diritto

alla reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo marzo 2015

L. n. 190/2014 Esonero contributivo per tre anni in caso di assunzione di lavoratori a tempo indeterminato o di trsformazione di rapporti a termine gennaio 2015 L. n. 208/2015 Esonero contributivo (di entità ridotta) per due anni in caso di assunzione di lavoratori a tempo indeterminato o di trsformazione

di rapporti a termine gennaio 2016

D.L. n. 81/2015 Abolizione dei contratti di collaborazione a progetto giugno 2015

D.L. n. 25/2017 Abolizione dei Voucher marzo 2017

L. n. 205/2017 Esonero contributivo strutturale per le assunzioni e trasformazioni con contratto a tempo indeterminato di tutti i giovani fino a 34 anni.

Prorogato per gli anni 2019 e 2020. gennaio 2018

L. n. 96/2018

Nuove restrizioni per i contratti a tempo det. e in somministrazione (obbligo di indicare la causale dopo i primi 12 mesi; durata massima del contratto abbassata da 36 a 24 mesi; riduzione del n. di proroghe)

fermate successivamente anche per il 2019.

Tra i provvedimenti adottati in materia di lavoro si deve ricordare poi l’abolizione del lavoro accessorio decisa a marzo del 2017, con l’emanazione del D.l. n. 25/2017. L’ultimo importante intervento è stato il decreto Dignità (convertito in legge ad ago- sto) che, con lo scopo principale di contrastare la crescente precarizzazione del lavoro, ha introdotto una serie di restrizioni sui contratti a tempo determinato, tra le quali in particolare la riduzione della durata massima da 36 a 24 mesi; la reintroduzione della causale dopo i primi 12 mesi; la riduzione delle proroghe ammissibili da 5 a 4; e costi contributivi aggiuntivi dello 0.5 per cento in ogni caso di rinnovo. In questo modo si è quindi rivisto il sistema di flessibilità che era stato concesso dalla riforma Poletti. Anche l’istituto della somministrazione è stato profondamente modificato da questa legge estendendo al rapporto tra l’agenzia per il lavoro e il lavoratore la disciplina del contratto a tempo determinato. Come in seguito specificatamente chiarito1, non scatta

invece alcuna limitazione se la missione di lavoro riguarda lavoratori assunti a tempo indeterminato dal somministratore: in detta situazione, gli stessi possono essere in- viati in missione sia a tempo indeterminato che a termine presso gli utilizzatori senza obbligo di causale o limiti di durata.

Intervenendo in maniera rilevante sulla disciplina del lavoro a tempo determinato, il decreto Dignità ha prodotto effetti tangibili soprattutto nel breve termine. Come vedremo, per adattare le proprie esigenze occupazionali alle nuove norme le imprese, nel periodo a cavallo tra il 2018 e il 2019, hanno reagito adottando diverse strategie tra le quali: un maggior ricorso al lavoro intermittente; la preferenza per il turnover tra lavoratori a termine, anziché per i rinnovi di contratti con i medesimi lavoratori; l’incremento delle durate medie previste, per ridurre la necessità di ricorrere alle pro- roghe; un più attento utilizzo di rapporti di lavoro identificabili come “stagionali” (esclusi dall’obbligo di causale); e soprattutto un’accelerazione delle trasformazioni dei contratti da tempo determinato a indeterminato per evitare il superamento dei 24 mesi, l’apposizione di causali, e i costi aggiuntivi.

Andamento dell’occupazione secondo le diverse forme contrattuali

I dati relativi all’andamento dell’occupazione devono quindi essere letti anche alla luce dei cambiamenti intervenuti nella normativa. I grafici seguenti illustrano l’anda- mento del numero totale di occupati, distinguendo la componente dei lavoratori di- pendenti con contratto a temine, quella con contratto a tempo indeterminato e i lavo- ratori autonomi. Le aree evidenziano i periodi di validità degli sgravi contributivi del 2015 e del 2016, e le linee segnano le date dei principali cambiamenti nella normativa. Con riferimento al periodo 2008-2018, il ritorno dell’occupazione ai livelli pre-crisi è stato dovuto esclusivamente al lavoro dipendente, che in dieci anni è aumentato di 682 mila unità (+4 per cento), a fronte di un calo di oltre mezzo milione di lavoratori autonomi, la cui quota sul totale occupati è scesa progressivamente (dal 25.5 per cento nel 2008 al 22.9 per cento nel 2018). Il forte aumento del lavoro alle dipendenze nel confronto con i livelli pre-crisi è attribuibile essenzialmente al tempo determinato che, ad eccezione degli anni a più intensa flessione nei livelli di attività (2009 e 2013), è

sempre aumentato.

Tra il 2014 e il 2017, l’occupazione dipendente a tempo indeterminato ha però pro- gressivamente recuperato le perdite subite durante la crisi, grazie soprattutto al picco di crescita del 2016, a sua volta stimolato dagli incentivi allora in vigore. Nella media dello scorso anno si è registrato un leggero arretramento (-108 mila, -0.7 per cento), con segnali di recupero visibili a partire dai mesi finali dell’anno, poi proseguiti nel corso del 2019.

Dalla fine del 2018 i dipendenti permanenti hanno ripreso infatti ad aumentare. Nel secondo trimestre dell’anno in corso la variazione positiva dell’occupazione dipen- dente (+0.5 per cento nel confronto tendenziale) è unicamente da attribuire ai contratti stabili (+0.7 per cento), mentre il lavoro a termine ha subito una contrazione dello 0.5 per cento. La quota di occupati a tempo determinato sul totale dei dipendenti, che a metà del 2018 aveva sforato la soglia del 17 per cento, si è un minimo ridimensionata negli ultimi mesi scendendo al 16.9 per cento, per effetto, oltre che del rallentamento ciclico, anche della normativa specifica varata un anno fa.

Si può così parlare di un parziale avvicendamento delle forme contrattuali: se il 2018 era stato l’anno del boom dei contratti a termine (fortemente incentivati dalle libera- lizzazioni concesse dalla riforma Poletti), nel 2019 la tendenza diventa maggiormente a favore del tempo indeterminato.

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